La Russia cerca i giornalisti Rai Battistini e Traini

Il ministero dell’Interno della Federazione Russa ha inserito ha inserito Stefania Battistini e Simone Traini, giornalisti della Rai, nella lista dei ricercati, insieme ad altri reporter internazionali come Nicholas Simon Connolly della Deutsche Welle e le giornaliste ucraine Natalya Nagornaya, Diana Butsko e Olesya Borovik. La notizia è stata diffusa dall’agenzia Tass, che cita il database del ministero russo. L’accusa, mossa dal governo russo, riguarda un presunto “ingresso illegale” nel Paese, avvenuto lo scorso agosto, quando Battistini, accompagnata dall’operatore Simone Traini, seguì una squadra di militari ucraini nella regione russa di Kursk, documentando l’operazione per il Tg1. Mosca ha definito l’azione come una violazione “delle leggi russe e delle regole elementari dell’etica giornalistica”, accusando i giornalisti di essere “complici dell’aggressione”. Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha reagito prontamente alla decisione di Mosca. “Ho fatto convocare alla Farnesina l’ambasciatore della Federazione russa in Italia per manifestare la nostra sorpresa a causa della singolare decisione di Mosca di inserire la giornalista Battistini nella lista dei ricercati diramata dal ministero dell’Interno russo”, scrive su X ministro. Nel frattempo, la Tass ha riportato che nel database del ministero dell’Interno russo la dicitura accanto al nome di Battistini recita: “Ricercata ai sensi di un articolo del codice penale della Federazione Russa”, senza specificare ulteriormente il capo d’accusa. L’inserimento di Battistini nella lista dei ricercati segue una precedente inchiesta aperta dai servizi di sicurezza dell’FSB russo a metà agosto, che accusava la giornalista e l’operatore Traini di aver attraversato illegalmente il confine russo-ucraino per effettuare riprese nella zona di Sudzha, nella regione di Kursk, teatro di una recente incursione delle forze ucraine. Oltre a Battistini, la lista dei ricercati include anche il corrispondente della CNN, Nick Walsh, segno di un’escalation delle tensioni tra Mosca e diversi paesi occidentali e le loro testate giornalistiche. (in foto, Stefania Battistini del Tg1)
Dibattito Trump-Harris: dove seguirlo in diretta TV in Italia

A meno di due mesi dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, Abc si prepara a trasmettere, alle 21 ora locale (le 3 del mattino in Italia), il dibattito tra Donald Trump e Kamala Harris, il secondo confronto tra i candidati, ma il primo tra di loro. Come seguirlo in Italia: L’attesa per questo dibattito, che al momento sembra essere l’unico faccia a faccia tra Trump e Harris, è alta anche in Italia. La trasmissione dell’evento è prevista in diretta su diverse emittenti: Rai, Mediaset, La7, Sky e Discovery. Rai: Viale Mazzini offrirà due finestre sull’evento. Il Tg1 seguirà il dibattito in diretta dall’una fino alle 5, con uno speciale all’interno del Tg1 Mattina dalle 7:15 fino all’inizio dell’edizione delle 8. RaiNews 24 si collegherà dalle 2:30 alle 5:30 con ospiti e servizi dedicati. Mediaset: Su Canale 5, dopo l’edizione della notte, andrà in onda lo “Speciale Tg5: I duellanti“, condotto da Cesara Buonamici, con traduzione simultanea del dibattito in italiano. La7: Dalle 00:30 partirà la #maratonamentana con Enrico Mentana, direttore del TgLa7, che introdurrà il dibattito. Sky Tg24: Sul canale 100 e 500 di Sky e sul canale 50 del digitale terrestre, la diretta inizierà alle 3 del mattino, con commenti e analisi. I momenti salienti verranno riproposti all’interno della puntata di “TG Mondo”, condotta da Liliana Faccioli Pintozzi, alle 19:15 dell’11 settembre. Discovery: Il confronto sarà trasmesso anche sul canale Nove, di Warner Bros Discovery, in diretta dalle 2:30 del mattino.
Sulzberger (NYT) sul Post: difendere la libertà di stampa

L’editore del New York Times, A.G. Sulzberger, ha pubblicato un raro articolo di opinione sul Washington Post, chiedendo un “fronte comune dei media” per difendere la libertà di stampa di fronte alle crescenti minacce globali. Questo intervento segue un aumento degli attacchi alla stampa indipendente in paesi come Ungheria, India e Brasile, e sottolinea come tali minacce potrebbero avere un impatto significativo sulle elezioni statunitensi del prossimo novembre. Nel suo articolo, Sulzberger ha evidenziato come Donald Trump si sia distinto per i suoi sforzi aggressivi di limitare la stampa libera negli Stati Uniti. “Spero che la nostra nazione, con le protezioni per la libertà di stampa esplicitamente inserite nel Primo Emendamento, mantenga la rotta a prescindere dall’esito di questa o di qualsiasi altra elezione”, ha dichiarato Sulzberger. Il suo appello è un richiamo all’unità tra le organizzazioni giornalistiche, sottolineando che le sfide odierne non possono essere affrontate da una sola istituzione. Sulzberger ha ringraziato il Washington Post per aver ospitato il suo intervento, considerando la lunghezza e la rilevanza dell’articolo. “È questo un altro esempio di come il Post, oltre a essere uno stimato rivale, sia stato da tempo uno dei nostri partner sul fronte della libertà di stampa. Siamo davanti a sfide che non possono essere risolte da una sola istituzione”, ha scritto Sulzberger al suo staff. Il New York Times e il Washington Post hanno già collaborato in passato su questioni cruciali per la libertà di stampa, come il caso dei Pentagon Papers. Quando il Times fu bloccato dall’amministrazione Nixon, il Post pubblicò i documenti segreti sulla guerra del Vietnam, culminando in una storica sentenza della Corte Suprema che affermò il diritto dei media di pubblicare tali documenti in nome del Primo Emendamento. NUOVE TATTICHE DI CONTROLLO Gli attacchi alla libertà di stampa non si limitano alle dittature tradizionali come Russia, Cina e Arabia Saudita, dove i giornalisti sono sistematicamente censurati, imprigionati o uccisi. I nuovi leader autoritari nelle democrazie hanno adottato metodi più sottili e sofisticati per indebolire il giornalismo indipendente. Questo approccio meno drammatico ma altrettanto pericoloso segue un “manuale” composto da cinque tattiche principali: Creazione di un clima ostile: questa tattica consiste nel seminare sfiducia nel giornalismo indipendente e normalizzare le molestie contro i giornalisti. L’obiettivo è creare un ambiente in cui la repressione della stampa diventa socialmente accettabile. Attraverso la diffusione di disinformazione e attacchi verbali, si mina la credibilità della stampa e si incoraggiano comportamenti ostili verso i giornalisti. Manipolazione legale e regolamentare: i leader autoritari utilizzano leggi fiscali, regolamenti sull’immigrazione e norme sulla privacy per punire i giornalisti e le organizzazioni mediatiche. Questi strumenti vengono impiegati per infliggere danni finanziari e burocratici alle testate indipendenti, rendendo difficile il loro funzionamento e la loro sostenibilità economica. Sfruttamento dei tribunali: viene impiegato un ampio ricorso ai contenziosi civili e ad altre cause legali per infliggere sanzioni economiche e logistiche ai media sfavoriti. Questi contenziosi spesso mancano di fondamento legale e servono più a intimidire che a ottenere giustizia. Le cause legali infondate o eccessivamente onerose possono esaurire le risorse delle testate indipendenti e scoraggiare il giornalismo critico. Espansione degli attacchi: incoraggiare attacchi ai giornalisti da parte di sostenitori influenti in vari settori amplifica l’effetto delle strategie repressive. Questo può includere pressioni da parte di figure di spicco nel settore pubblico e privato che sostengono la causa del governo contro la stampa indipendente, creando una rete di intimidazione e repressione. Premi ai media favorevoli: supportare i media che dimostrano fedeltà al governo attraverso sussidi e appalti, e facilitare l’acquisizione di testate indebolite da questi sforzi. Questo approccio non solo punisce i media indipendenti ma premia anche quelli che contribuiscono a consolidare la narrativa del governo, garantendo un controllo crescente sulle informazioni disponibili al pubblico. Come sottolinea Sulzberger, la creazione di un ambiente in cui le azioni repressive contro i media siano meno evidenti e più complicate è una strategia particolarmente efficace perché meno visibile e più difficile da combattere rispetto ai metodi di repressione più diretti. UNITÀ CRUCIALE La collaborazione tra il New York Times e il Washington Post su questi temi evidenzia la necessità di un’azione concertata. I due giornali dimostrano che la difesa della libertà di stampa è un obiettivo comune che trascende le rivalità editoriali. Sulzberger ha espresso gratitudine per l’opportunità di pubblicare il suo intervento sul Washington Post e ha ribadito che la protezione della libertà di stampa richiede un impegno collettivo. La sua dichiarazione sottolinea l’importanza di mantenere la stampa libera e indipendente come pilastro essenziale della democrazia. In un periodo di crescente sfiducia nei media e di pressione sui giornalisti, il sostegno reciproco tra le principali testate giornalistiche è fondamentale per garantire che la verità possa continuare a emergere e che i diritti dei cittadini possano essere protetti. (in foto, AG Sulzberger, editore del New York Times)
Il Secolo XIX: nuova proprietà dal 29 settembre

A partire dal 29 settembre, il giornale genovese “Il Secolo XIX” avrà un nuovo proprietario: Blue Media, una società che è stata creata da poco ed è parte del grande Gruppo MSC, che opera in tutto il mondo in vari settori, come quello delle navi e del trasporto. Questo passaggio è stato deciso durante un incontro molto importante a Roma, che si è tenuto presso la sede della FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali). All’incontro erano presenti molte persone, tra cui Simone Gardella e Maurizio Introna, rispettivamente Amministratore e Direttore Generale di Blue Media. Con loro c’era anche Michele Brambilla, che dal 29 settembre diventerà il nuovo direttore del giornale “Il Secolo XIX”, prendendo il posto di Stefania Aloia, che continuerà a lavorare per il gruppo GEDI, l’attuale proprietario del giornale, che ha ringraziato tutti i giornalisti de “Il Secolo XIX” per il loro impegno e il lavoro svolto negli anni. Durante l’incontro, c’erano anche la Segretaria Nazionale della FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana), Alessandra Costante, e i rappresentanti dei giornalisti che lavorano per “Il Secolo XIX” e per altre associazioni di giornalisti della Liguria. Oltre a “Il Secolo XIX”, Blue Media ha comprato anche altri giornali legati a questo quotidiano, come “Il Secolo XIX del Lunedì”, “The MediTelegraph”, “L’Avvisatore Marittimo”, “Giornale del Ponente Ligure” e “l’Automazione Navale Tecnologie per il Mare & Trasporti”. Questa acquisizione è un grande passo per Blue Media, che vuole diventare più forte nel settore dell’informazione e della comunicazione. Michele Brambilla inizierà il suo lavoro come nuovo direttore proprio il 29 settembre, la stessa data in cui ci sarà il passaggio ufficiale di proprietà da GEDI a Blue Media.
Falsa notizia sulla morte di Bossi: smentita da Famiglia e Salvini

Venerdì mattina, il sito di gossip Dagospia ha pubblicato una notizia falsa sulla morte di Umberto Bossi, fondatore della Lega, alimentando preoccupazioni sulla sua salute già precaria. La notizia è circolata rapidamente su chat e siti web, ma è stata subito smentita. Renzo Bossi, figlio del politico, ha dichiarato all’agenzia di stampa Adnkronos che simili voci erano già emerse in passato e che, in effetti, tali notizie “allungano la vita” del padre. Anche altri esponenti della Lega, incluso l’ex senatore Roberto Castelli, hanno confermato che si trattava di una fake news. Dopo la smentita, Dagospia ha rimosso l’articolo originale e pubblicato un nuovo pezzo con le correzioni e un titolo che rettifica la notizia precedente, seguendo lo stile abituale del sito. Il segretario della Lega, Matteo Salvini, che si trovava a Palazzo Chigi per un vertice, ha contattato Bossi telefonicamente per confermare le sue condizioni di salute. Salvini ha affermato: “Abbiamo scherzato sull’ennesima sciocchezza giornalistica” e ha annunciato che andrà a trovare Bossi per aggiornarlo sui risultati dell’Autonomia e le novità governative. Anche Wikipedia aveva brevemente riportato la data della presunta scomparsa di Bossi, prima di correggere l’errore.
Metro in liquidazione: stipendi bloccati e caos in redazione

Alla ripresa delle pubblicazioni dopo la pausa estiva, il quotidiano free press Metro si trova ad affrontare una situazione drammatica. Con un comunicato pubblicato il 29 agosto 2024, il Comitato di Redazione (Cdr) ha denunciato le gravi condizioni lavorative e finanziarie che colpiscono giornaliste e giornalisti della testata. LA DENUNCIA DEL CDR All’inizio di agosto, senza preavviso alle rappresentanze sindacali e senza documentazione formale, il Direttore/Editore di Metro ha comunicato la messa in liquidazione della New Media Enterprise Srl, società editrice del quotidiano. Una decisione che il Cdr definisce preoccupante per la tempistica e le modalità con cui è stata gestita, lamentando una totale assenza di trasparenza. I giornalisti di Metro, già da anni sottoposti a decurtazioni salariali e ammortizzatori sociali, non hanno ricevuto l’intero stipendio di giugno e nessun pagamento per il mese di luglio. Da marzo, inoltre, i buoni pasto sono stati sospesi e i contributi previdenziali risultano omessi, come segnalato dal Fondo Complementare dei Giornalisti Italiani. Di fronte ai solleciti della redazione, la risposta della direzione è stata di attendere la riapertura degli uffici amministrativi a settembre, un atteggiamento che il Cdr considera inaccettabile e che scarica sui lavoratori le conseguenze di una crisi editoriale più ampia. “Chiediamo dunque che in tempi rapidi siano fornite alla redazione tutte le necessarie rassicurazioni sul ristabilimento di normali condizioni lavorative – a partire dal regolare pagamento degli stipendi – indispensabili per garantire un futuro alla preziosa esperienza del quotidiano freepress Metro”, conclude il Cdr. LA REPLICA DELL’EDITORE L’Editore di Metro ha risposto alle accuse evidenziando il contesto di crisi strutturale che colpisce l’intero settore editoriale, aggravato dalla competizione con le piattaforme digitali e dalla diffusione di disinformazione. L’assenza di sovvenzioni statali, di cui altri quotidiani stampati beneficiano, ha reso ancora più difficile la sopravvivenza di Metro, unico free press tra i quotidiani nazionali. Per garantire la continuità del giornale, la salvaguardia del marchio e dei posti di lavoro, la società è stata posta in liquidazione, con l’obiettivo di dare priorità ai compensi dei dipendenti rispetto ad altre spese aziendali, in linea con le entrate pubblicitarie previste. L’Editore ha inoltre assicurato che il nuovo organo amministrativo procederà a una valutazione delle risorse disponibili alla riapertura di settembre, stabilendo un ordine di priorità creditizia per i pagamenti. Nella nota, l’Editore sottolinea che il Cdr e i giornalisti sono stati informati della chiusura estiva degli uffici e del contesto economico-finanziario, definendo “inopportune” le critiche pubbliche espresse dal sindacato. L’invito è a evitare speculazioni e ad attendere la ripresa delle attività amministrative per ottenere le risposte necessarie. FUTURO INCERTO Il botta e risposta tra Cdr e Editore evidenzia una profonda crisi all’interno di Metro, simbolo delle difficoltà di un settore editoriale in cerca di soluzioni per affrontare una fase di trasformazione e incertezze economiche. La redazione attende ora risposte concrete per poter continuare a garantire un’informazione libera e indipendente ai propri lettori, mentre il futuro del giornale resta appeso a un delicato equilibrio tra ristrutturazione e necessità di rilancio.
IA e giornalismo: a Bolzano si parla di etica, privacy e diritti d’autore

Venerdì 20 settembre 2024, dalle 10 alle 13, l’Università di Bolzano ospiterà un importante seminario intitolato “Come conciliare etica e legalità tra privacy e diritto d’autore nell’era dell’intelligenza artificiale”. L’evento, promosso in collaborazione con la Federazione nazionale della Stampa italiana (Fnsi) e il Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige – Journalistengewerkschaft von Trentino-Südtirol, offre crediti formativi per giornalisti, giuristi e docenti universitari. Il seminario sarà inaugurato dai saluti di Rocco Cerone, segretario del sindacato regionale, e Gianfranco Benincasa, presidente dell’Ordine dei giornalisti di Trento. Seguirà l’intervento del professor Martin Lintner, teologo moralista e preside dello Studio teologico accademico di Bressanone, che esplorerà gli aspetti etici e filosofici dell’IA nel contesto dell’informazione e del giornalismo. I professori Federico Boffa e Francesco Ravazzolo, della Facoltà di Economia dell’Università di Bolzano, discuteranno dell’impatto degli algoritmi evoluti sul mondo dell’informazione. Successivamente, il professor Cosimo Accoto, docente di filosofia della tecnologia all’Università di Modena e Reggio Emilia e ricercatore al Mit di Boston, approfondirà la rivoluzione tecnologica dell’IA. L’avvocato Bruno Del Vecchio, consulente legale di Fnsi e Sjg, affronterà il tema della protezione del diritto d’autore in un giornalismo sempre più influenzato dall’intelligenza artificiale. Seguirà l’intervento di Guido Rispoli, procuratore generale presso la Corte d’Appello di Brescia, che analizzerà gli aspetti giuridici ed etici dell’applicazione dell’IA nel giornalismo. Chiuderà la mattinata Andrea Repetto, data protection officer del Sindacato dei giornalisti del Trentino Alto Adige, con un focus sulle sfide normative legate all’IA nel giornalismo. Le conclusioni saranno affidate ad Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi, che si concentrerà su le conseguenze dell’intelligenza artificiale sull’occupazione.
Il confine violato: procedimento penale per i giornalisti Rai in Russia

Il servizio di sicurezza russo Fsb ha avviato un procedimento penale contro i giornalisti Rai Stefania Battistini e Simone Traini, accusati di aver attraversato illegalmente il confine russo nella regione di Kursk e di aver effettuato riprese nell’insediamento di Sudzha. L’indagine si basa sull’articolo 322 del codice penale russo. Inoltre, il FSB sta valutando anche la presenza del corrispondente della Cnn, Nick Paton Walsh, in un posto di blocco russo nella stessa area, per decidere eventuali ulteriori azioni legali. GIORNALISTI COME BERSAGLIO Il reportage, trasmesso dal Tg1, ha documentato l’offensiva ucraina in corso nella regione di Kursk, una delle prime incursioni delle forze di Kiev in territorio russo. Battistini e Traini hanno mostrato immagini dei veicoli colpiti e hanno intervistato i residenti locali, descrivendo una situazione di tensione e conflitto. Stefania Battistini ha raccontato durante l’edizione serale del telegiornale di essere entrata in territorio russo in modo semplice, seguendo le norme internazionali per i reporter di guerra, con un’auto blindata contrassegnata come “press”. Ha sottolineato che, sebbene i giornalisti siano una figura protetta, ciò non sempre li salva, spesso trasformandoli in bersagli. Ha inoltre chiarito che non erano gli unici giornalisti presenti sul fronte: oltre a loro, c’erano già stati la tv ucraina, il New York Times, la Cnn e la France Press. Il servizio realizzato è stato fatto con l’intento di mostrare i fatti al pubblico, rispettando le leggi russe. “INFILTRATI ILLEGALMENTE” Il Ministero degli Esteri russo ha espresso una ferma protesta all’Italia per le azioni di giornalisti della Rai, accusati di essersi infiltrati illegalmente nella regione di Kursk per coprire un presunto attacco terroristico ucraino. Le autorità russe hanno affermato che i giornalisti italiani hanno violato le leggi locali e sostenuto propagandisticamente il regime di Kiev, atti considerati criminali secondo il codice penale russo. Nonostante le minacce, è stato ribadito il diritto e il dovere della stampa di documentare gli eventi in territori di conflitto. AUTONOMIA DELLE REDAZIONI L’ambasciatrice italiana a Mosca, Cecilia Piccioni, convocata per discutere della questione, ha difeso l’indipendenza della Rai, chiarendo che le redazioni pianificano autonomamente le loro attività. Sebbene il Ministero degli Esteri russo non abbia confermato le indiscrezioni su eventuali ulteriori azioni, ha sottolineato l’importanza per i corrispondenti stranieri di rispettare le leggi locali, un avvertimento implicito che evidenzia la delicatezza della situazione. IL RIENTRO IN ITALIA Stefania Battistini avrebbe voluto rimanere a Sumy dopo aver documentato lo sconfinamento ucraino in Russia nella cittadina di Sudzha, umiliando Putin. Tuttavia, la Rai ha deciso di farla rientrare in Italia, giudicando troppo rischiosa la permanenza dopo l’apertura di un procedimento penale da parte delle autorità russe per “attraversamento illegale del confine”. Nonostante le sue rimostranze, Battistini è stata richiamata senza ricevere una nota di solidarietà dall’azienda. La decisione ha suscitato reazioni contrastanti: il senatore Filippo Sensi e il deputato Stefano Graziano criticano il governo italiano per la mancanza di una risposta forte, mentre Maria Elena Boschi di Italia Viva contesta la scelta della Rai di richiamare i giornalisti, accusandola di penalizzare il loro lavoro. Dario Carotenuto del Movimento 5 Stelle esprime preoccupazione per la loro impossibilità di continuare le indagini in Russia, mentre Giulia giornaliste denuncia minacce di morte e insulti rivolti a Battistini, attribuiti a sostenitori della propaganda putiniana e filorussi italiani. La decisione della Rai di richiamare anticipatamente i due reporter ha generato caos sia all’interno dell’azienda che a livello diplomatico. Giampaolo Rossi e Roberto Sergio, rispettivamente direttore generale e amministratore delegato della Rai, hanno deciso di far tornare i due giornalisti dopo il loro reportage esclusivo dalla città russa di Sudzha, nonostante non ci fossero rischi immediati per la loro sicurezza. Questa decisione è stata vista come una risposta alle pressioni diplomatiche e alle preoccupazioni riguardanti le relazioni con la Russia. La Farnesina e i servizi di sicurezza avevano proposto alternative meno drastiche, come spostare i giornalisti da Sumy a Kiev. Tuttavia, i vertici Rai hanno optato per il rientro immediato, il che ha sollevato interrogativi su quanto questa mossa sia stata influenzata dalla volontà di evitare conflitti con Mosca. Imbarazzo anche tra gli alleati dell’Italia e ha infastidito Palazzo Chigi, che sta già affrontando difficoltà nel mantenere una posizione coerente sul conflitto ucraino. Il governo di Giorgia Meloni, alle prese con critiche e pressioni interne ed esterne, potrebbe dover rivedere la sua strategia per evitare ulteriori tensioni e mantenere il sostegno internazionale. “IL GIORNALISMO NON È UN CRIMINE” Il reportage, unico nel suo genere, ha mostrato immagini che nessun’altra emittente era riuscita a documentare, provocando la reazione di Mosca e diventando un caso internazionale. L’Usigrai e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) hanno condannato l’ipotesi di un processo contro gli inviati, definendolo inaccettabile e ricordando che il giornalismo non è un crimine. Solidarietà è arrivata anche da forze politiche e sindacati giornalistici, sia italiani che esteri. Unirai, l’associazione dei giornalisti Rai, ha dichiarato: “Solidarietà ai colleghi Stefania Battistini e Simone Traini, inviati sul fronte di guerra russo-ucraino. Ferma condanna nei confronti di chi cerca di mettere a repentaglio la libertà d’informazione e l’incolumità dei giornalisti”. Usigrai e Fnsi denunciano come inaccettabile l’intenzione delle autorità russe di processare Stefania Battistini e Simone Traini del Tg1, entrati in territorio russo seguendo le truppe ucraine. Secondo le due organizzazioni, il giornalismo non dovrebbe essere soggetto ad autorizzazioni preventive, e minacciare azioni legali contro chi informa è una forma di condizionamento inaccettabile. I giornalisti di tutto il mondo chiedono garanzie di accesso alle zone di conflitto per poter raccontare ciò che accade. Usigrai e Fnsi esprimono piena solidarietà ai giornalisti che rischiano la vita per il dovere di informare.
Blackout Fastweb: stop alla pubblicazione dei giornali Caltagirone

Il disservizio causato dall’inaffidabilità di Fastweb ha avuto ripercussioni devastanti nel mondo dell’informazione italiana. Nella giornata odierna, il Messaggero e altri tre quotidiani del gruppo Caltagirone — Il Mattino, Il Corriere Adriatico e Il Quotidiano di Puglia — non sono riusciti a pubblicare né in edicola né in versione digitale. Il Gazzettino è riuscito a uscire solo in una versione incompleta. Questo imprevisto ha provocato un grave danno per lettori, azienda e giornalisti, compromettendo l’informazione capillare sui fatti italiani e internazionali che questi quotidiani garantiscono quotidianamente. Il blackout, iniziato ieri sera alle 23, ha avuto un impatto immediato e prolungato. Nella mattinata di oggi, il problema persisteva senza una risoluzione in vista, causando la paralisi delle redazioni web e impedendo l’aggiornamento in tempo reale delle notizie a causa del completo crash del sistema agenzie. Il problema non è isolato: solo 50 giorni fa, Fastweb aveva già causato un disservizio simile. Il guasto al sistema che ha colpito nuovamente oggi è stato criticato pesantemente dai diretti interessati. “Alla base di questo disservizio, indipendente dalla nostra volontà, c’è un guasto al sistema che Fastweb non è riuscita a risolvere con prontezza”, ha dichiarato il Messaggero. L’amministratore di Fastweb, Walter Renna, spesso vanta la velocità del collegamento offerto dalla sua azienda. Tuttavia, questo episodio solleva interrogativi sulla reale affidabilità della rete Fastweb, evidenziando la mancanza di una rete adeguata di protezione e di backup. Questo aspetto viene visto come una grave negligenza che mina la fiducia nel sistema. Le lamentele degli utenti non si limitano a questo episodio. Il sito DownDetector ha registrato numerose segnalazioni di disservizi da parte di clienti Fastweb, che si aggiungono a un aumento dei costi per la linea fissa, con aumenti che variano tra 1 centesimo e 4,49 euro al mese dal 1° gennaio. Questo malcontento si inserisce in un contesto più ampio di insoddisfazione per i servizi offerti. Inoltre, Fastweb è stata recentemente esclusa dall’appalto per il nuovo cloud della Pubblica Amministrazione, che è stato assegnato a un consorzio guidato da Tim. Questa esclusione è avvenuta dopo che Fastweb aveva proposto uno sconto molto aggressivo, che alcuni esperti temevano potesse compromettere la qualità del servizio. L’incidente di ieri serra sottolinea ulteriormente quanto Fastweb possa essere inadeguata nel garantire servizi affidabili sia per utenti domestici che professionali.
BBC chiede a Huw Edwards di restituire £200,000 dopo l’arresto

La BBC ha chiesto a Huw Edwards di restituire oltre £200,000 del suo stipendio, guadagnato dopo il suo arresto nel novembre scorso per accuse di abusi su minori. L’ex presentatore, un tempo volto di punta del notiziario della BBC, ha continuato a ricevere il suo stipendio per cinque mesi dopo il suo arresto, avvenuto con l’accusa di possesso e distribuzione di immagini oscene di bambini. La BBC ha dichiarato che se Edwards fosse stato sincero riguardo all’arresto non avrebbe continuato a pagargli denaro pubblico. Nel corso di una lettera inviata al personale, il presidente della BBC, Samir Shah, ha affermato che Edwards ha “agito in mala fede” continuando a percepire il suo stipendio nonostante fosse a conoscenza delle accuse a suo carico. Edwards è stato sospeso nel luglio dello scorso anno e arrestato quattro mesi dopo, mentre non ha rassegnato le dimissioni dalla BBC fino ad aprile dell’anno successivo. Shah ha dichiarato che Edwards ha vissuto una “doppia vita”, apparendo pubblicamente come un rispettato presentatore, mentre in realtà ha “tradito la fiducia dei dipendenti e del pubblico”. Il presidente ha descritto la BBC come il “cattivo della situazione” e ha sottolineato che i veri vittimi sono i bambini la cui degradazione Edwards ha contribuito a sostenere. Nel luglio 2024, Edwards si è dichiarato colpevole di tre capi d’accusa riguardanti la creazione di immagini oscene di minori. Secondo la Metropolitan Police, i reati risalgono al periodo tra il 2020 e il 2022 e coinvolgono 37 immagini condivise tramite una chat su WhatsApp. La BBC non ha ancora confermato se intraprenderà azioni legali qualora Edwards rifiutasse di restituire il suo stipendio. Il direttore generale Tim Davie ha confermato in un’intervista la scorsa settimana che la BBC era a conoscenza dell’arresto di Edwards, che riguardava la categoria più grave di immagini oscene di bambini. In una dichiarazione, il Consiglio della BBC ha sostenuto le decisioni prese dal direttore generale e dal suo team durante questo periodo e ha dichiarato che se Edwards fosse stato onesto riguardo al suo arresto, “non avremmo mai continuato a pagargli denaro pubblico”. Il Consiglio ha anche espresso l’intenzione di esaminare le lezioni apprese, inclusa la politica della BBC riguardante i pagamenti agli impiegati sospesi, sottolineando che, sebbene le accuse riguardino la vita personale di Edwards, “questi eventi hanno anche messo in luce la questione degli squilibri di potere sul posto di lavoro”. Tra aprile 2023 e aprile 2024, Edwards ha ricevuto uno stipendio compreso tra £475,000 e £479,999, con un aumento di £40,000 rispetto all’anno precedente. La Segretaria alla Cultura, Lisa Nandy, ha recentemente dichiarato che Edwards dovrebbe restituire i £200,000 alla BBC. In risposta alla situazione, la BBC ha annunciato una nuova revisione indipendente della cultura lavorativa. La revisione comprenderà sia il lavoro già in corso all’interno della BBC sia la collaborazione con il resto del settore, con ulteriori dettagli e la leadership dell’inchiesta che saranno annunciati a inizio settembre. La Segretaria alla Cultura ha accolto con favore questa revisione, sottolineando che “la fiducia pubblica nella BBC è essenziale” e che il personale della BBC deve sentirsi al sicuro sul posto di lavoro, fiducioso che le denunce non editoriali saranno gestite con equità e decisione.