Monica Maggioni lascia la direzione Rai, ma resta collaboratrice e conduttrice

Monica Maggioni

Monica Maggioni ha deciso di lasciare la Direzione Editoriale per l’Offerta Informativa della Rai, pur rimanendo in azienda come conduttrice e con un nuovo contratto di collaborazione. La notizia è stata riportata dal Corriere della Sera e confermata da fonti interne di viale Mazzini. La giornalista continuerà a condurre “In Mezz’ora” su Rai3, programma di approfondimento che ha preso in mano nel 2023 dopo l’uscita di Lucia Annunziata, e “NewsRoom” su RaiPlay, che guida dal 2024. Secondo quanto emerso, Monica Maggioni non lascerà la Rai ma rinuncerà al suo incarico dirigenziale, con un compenso inferiore rispetto a quello percepito nel ruolo di direttrice. L’accordo di collaborazione, simile a quello già adottato da Bruno Vespa, dovrà essere ratificato dal Consiglio di Amministrazione Rai nelle prossime settimane. La decisione, definita “volontaria” da fonti vicine alla giornalista, le consentirà di dedicarsi alla scrittura e alla conduzione dei suoi programmi di approfondimento. Fonti del Corriere precisano che l’uscita di Maggioni dalla direzione non è collegata al tema del tetto degli stipendi Rai, eliminato di recente da una sentenza della Corte Costituzionale che riguarda l’intero settore pubblico, compresa la tv di Stato. La gestione dell’offerta informativa Rai passerà ora a un nuovo dirigente, che verrà nominato a breve dal Cda. Monica Maggioni, 59 anni, lascia l’incarico dopo 33 anni di servizio nella tv pubblica. Entrata in Rai tramite concorso, ha ricoperto ruoli di grande responsabilità: è stata direttrice di RaiNews, prima direttrice donna del Tg1, presidente della Rai dal 2015 al 2018 e, dal 2023, responsabile della Direzione Editoriale per l’Offerta Informativa. Il caso di Maggioni non è unico all’interno della Rai. Anche Bruno Vespa, ad esempio, non è più dipendente diretto della tv pubblica, ma conduce due programmi storici, “Porta a Porta” e “Cinque Minuti”, grazie a un contratto di collaborazione esterno.

Fuorionda di Giorgia Meloni a Washington: “Non voglio parlare con la stampa italiana”

Leader vertice Washington

Durante il vertice di Washington sulla situazione in Ucraina, al quale hanno partecipato il presidente statunitense Donald Trump, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e i principali leader europei, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata protagonista di un fuorionda che sta facendo discutere. Seduta al tavolo con gli altri capi di Stato, la premier si è rivolta a Trump dicendo: “Io non voglio mai parlare con la stampa italiana”. La frase, catturata dalle telecamere e rilanciata sui social, ha generato un ampio dibattito politico e istituzionale. Il fuori onda si è verificato mentre il presidente finlandese Alexander Stubb commentava con sorpresa l’apertura di Trump alle domande dei giornalisti presenti. La premier ha sorriso e ha aggiunto: “A lui piace, gli piace sempre”, riferendosi alla disponibilità del presidente statunitense a rispondere alla stampa. Poco dopo, durante la conferenza successiva, Trump ha chiesto: “Ragazzi, volete prendere qualche domanda?”, ma Meloni, a bassa voce, ha replicato: “Penso sia meglio di no, siamo troppi e andremmo troppo lunghi”. Il video del momento è stato diffuso attraverso i canali istituzionali e poi rilanciato da diverse testate, alimentando reazioni immediate. La Federazione Nazionale Stampa Italiana (Fnsi), attraverso la sua segretaria generale Alessandra Costante, ha dichiarato: “Che la presidente del Consiglio non ami i giornalisti e le domande della stampa è cosa nota”. Costante ha ricordato che negli anni la premier ha sostituito le tradizionali conferenze stampa con “lunghi monologhi online, senza contraddittorio, senza domande”, definendo la situazione “propaganda, non informazione”. Dure anche le reazioni dell’opposizione. La senatrice di Italia Viva Silvia Fregolent ha affermato: “Il fuori onda con Trump è chiarissimo: Meloni non regge il confronto con le domande, cioè con la democrazia”. Il co-portavoce di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli, ha sottolineato: “Meloni si sottrae al ruolo che i giornalisti hanno in una democrazia: fare domande e chiedere conto delle scelte del governo”. Anche il leader di Azione Carlo Calenda è intervenuto scrivendo su X: “Il leader di un Paese democratico non ha paura della stampa e sa che è suo dovere interloquire con tutti i giornali”. Critiche sono arrivate anche dal segretario di Più Europa, Riccardo Magi, che ha definito l’episodio “un indegno fuori onda” e ha parlato di “totale disprezzo per la libertà di informazione”. L’episodio ha attirato attenzione anche per un altro dettaglio: Giorgia Meloni è iscritta all’albo dei giornalisti professionisti dal 2006. Nonostante ciò, negli anni ha spesso limitato il rapporto diretto con la stampa, preferendo brevi interventi, video registrati e dirette social. Le parole pronunciate a Washington hanno riportato al centro del dibattito pubblico il tema dei rapporti tra governo e informazione, con particolare riferimento al ruolo dei giornalisti nel sistema democratico. [In copertina, i leader riuniti a Washington (Foto: ufficio ImagoEconomica/via Chigi)]

Vogue, entro settembre la nomina del nuovo direttore: Chloe Malle è la favorita

Chloe Malle

La casa editrice Condé Nast sta per nominare il nuovo direttore di Vogue, dopo l’annuncio del mese scorso con cui Anna Wintour ha comunicato di lasciare la guida dello storico magazine. Secondo quanto riportano i media americani, la scelta dovrebbe arrivare prima della New York Fashion Week, in programma dall’11 al 16 settembre, così da garantire continuità alla rivista in uno degli eventi più importanti del calendario internazionale della moda. La rosa dei candidati si sarebbe ormai ridotta a quattro o cinque persone, tra figure già interne al mondo Vogue e professionisti esterni. Il processo di selezione è seguito direttamente dal ceo di Condé Nast, Roger Lynch, insieme alla stessa Wintour, che sta collaborando per individuare il profilo più adatto a raccogliere il testimone. Il nome che emerge con più forza è quello di Chloe Malle, 39 anni, giornalista e scrittrice, figlia dell’attrice americana Candice Bergen e del regista francese Louis Malle. Malle si è distinta di recente per un’intervista esclusiva a Lauren Sánchez, compagna di Jeff Bezos, in occasione delle nozze celebrate lo scorso giugno. Accanto a lei, figurano nella lista altri possibili candidati, anche se con minori probabilità secondo le fonti statunitensi: Nicole Phelps, direttrice globale di Vogue Runway; Leah Faye Cooper, digital style director di Vogue; Chioma Nnadi, attuale responsabile dei contenuti editoriali di British Vogue; Sara Moonves, editor in chief del magazine W; ed Eva Chen, oggi head of Instagram’s fashion partnerships, con un passato a Teen Vogue. La decisione, attesa nelle prossime settimane, segnerà una fase cruciale per il futuro di Vogue, che con la leadership di Anna Wintour, in carica dal 1988, è diventato un punto di riferimento mondiale nel settore della moda. (In foto, Chloe Malle)

MSNBC cambia nome in “My Source News Opinion World”

MS NOW

La rete televisiva MSNBC cambierà nome entro la fine dell’anno e si chiamerà My Source News Opinion World, abbreviato in MS NOW. La decisione arriva dopo la separazione aziendale da NBC Universal, che ha avviato lo scorso novembre lo scorporo delle sue reti via cavo in una nuova società chiamata Versant. Nel nuovo logo del canale non comparirà più il tradizionale simbolo del pavone, da sempre associato al marchio NBC. La trasformazione riguarda solo MSNBC, mentre le altre reti scorporate come CNBC, USA Network, E! Entertainment, Oxygen e Golf Channel manterranno i loro attuali nomi. MSNBC era stata fondata nel 1996 come collaborazione tra Microsoft e NBC, da cui deriva il suo storico nome. Il cambiamento è stato comunicato ai dipendenti dalla presidente Rebecca Kutler, che ha spiegato: “Questa non è stata una decisione presa in fretta o senza un dibattito approfondito”. Kutler ha aggiunto che il nuovo marchio “consente ora di tracciare la nostra rotta e affermare la nostra indipendenza, mentre continuiamo a costruire la nostra moderna organizzazione di raccolta di notizie”. La rete, conosciuta per il suo orientamento progressista, ospita figure di rilievo come Rachel Maddow, Ari Melber e Nicole Wallace. Alcuni giornalisti di NBC News si sono trasferiti a MSNBC, tra cui Jacob Soboroff, Vaughn Hillyard, Brandy Zadrozny e Antonia Hylton, mentre sono stati assunti anche professionisti esterni come Carol Leoning, Catherine Rampell, Jackie Alemany e Eugene Daniels. La separazione arriva dopo anni di tensioni tra la divisione di NBC News, tradizionalmente più prudente, e MSNBC, nota per le sue posizioni politiche dichiarate. L’ex presidente Donald Trump aveva soprannominato la rete “MSDNC”, alludendo al Democratic National Committee. In questo contesto, Rachel Maddow ha sottolineato i vantaggi della nuova identità, spiegando che la rete non dovrà più competere con NBC News per la copertura delle notizie sul campo: “In questo caso, possiamo applicare il nostro istinto, le nostre domande, le nostre priorità, per ottenere le informazioni di cui abbiamo bisogno da giornalisti e corrispondenti. E quindi andrà meglio”.

FIEG: calendario uscita dei quotidiani cartacei a Ferragosto

La Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG) comunica il calendario di uscita dei giornali quotidiani cartacei in occasione della festività di Ferragosto: Venerdì 15 agosto: regolare uscita dei quotidiani cartacei e possibilità di chiusura delle rivendite alle ore 13.00. Sabato 16 agosto: non escono i quotidiani cartacei e possibilità di chiusura delle rivendite per l’intera giornata.

L’Edicola, per la nuova direttrice sarà come una Sagrada Familia: in crescita e vicina alla comunità

Lorena Saracino

L’Edicola cambia guida l’11 agosto 2025: la nuova direttrice responsabile è Lorena Saracino, che subentra a Ciriaco M. Viggiano dopo 15 mesi alla direzione. L’annuncio è stato dato ai lettori in apertura di giornata. La nomina arriva in un momento di rinnovamento per il quotidiano, con l’obiettivo di unire continuità e nuove sfide editoriali. Lorena Saracino ha raccontato di aver accettato l’incarico dopo aver pensato di concludere la propria carriera giornalistica, spinta dalla passione per il mestiere e dalla fiducia accordata dall’editore. Ha ringraziato chi l’ha preceduta, citando il lavoro di Ciriaco M. Viggiano, che ha guidato il giornale in un periodo di crescita e apertura nazionale. Viggiano, nel suo saluto, ha ricordato la citazione di Francesco Grisi con cui aveva aperto il suo primo editoriale: “Se non possiamo essere giocondi mietitori, dobbiamo essere almeno arditi seminatori”, sottolineando che in questo tempo “tanto è stato seminato” e che il giornale ha difeso valori come etica del lavoro, responsabilità, legalità, garantismo e riformismo. Viggiano ha evidenziato che la diffusione è aumentata e il quotidiano ha sostenuto il dibattito pubblico per proiettare il territorio verso il futuro, tutelare i diritti, rafforzare la credibilità delle istituzioni e proteggere le comunità da approfittatori, trasformisti e criminali. Ha espresso fiducia nella nuova direttrice, definendola “autorevole ed esperta”, e ha ringraziato la redazione, gli editori Sebastiano e Vito Ladisa, la collega Annamaria Ferretti e i lettori, citando Ezra Pound: “Rendi forti i vecchi sogni perché questo nostro mondo non perda coraggio”. Saracino ha anticipato che il nuovo corso sarà un “lavoro in progress” con nuove firme, grafica rinnovata, nuovi editorialisti e un’attenzione particolare alla politica, alla città e alla regione, con richieste di trasparenza e rispetto degli impegni presi verso i cittadini. Il giornale intende dare spazio alle istanze dei giovani, affrontare i temi della cultura con il contributo di esperti e raccontare luci e ombre dell’economia locale. È prevista anche una nuova pagina dedicata alle lettere dei lettori, per raccogliere idee e segnalazioni. La direttrice ha descritto la futura Edicola come una “Sagrada Familia”, un’opera in continua costruzione, e ha sottolineato la volontà di mantenere il contatto diretto con la comunità. Ha infine ribadito che il giornale sarà “gli occhi dei lettori sulla città e sulla regione”, confermando l’impegno a non distogliere lo sguardo dai fatti. (In foto, Lorena Saracino)

New York Times come “piattaforma di abitudini”: i giochi superano le notizie

NYTimes interno redazione

Nel 2024, come riportato da Linkiesta, gli abbonati del New York Times hanno trascorso più tempo sui suoi giochi digitali che a leggere le notizie. Lo rivelano i dati diffusi da ValueAct Capital, uno dei principali investitori del gruppo editoriale, durante una presentazione agli azionisti. Titoli come Wordle, Connections e Spelling Bee sono diventati attività quotidiane per milioni di utenti, trasformando il giornale in una vera piattaforma di abitudini dove l’informazione convive con contenuti di intrattenimento. Secondo i dati interni, nel 2024 i giochi sono stati utilizzati oltre undici miliardi di volte. Wordle da solo ha superato i cinque miliardi di sessioni e l’app dedicata ai giochi ha raggiunto 2,6 milioni di utenti attivi giornalieri a ottobre, con una crescita del 195% in un anno. Il gioco Connections, lanciato ufficialmente nell’estate 2023, ha contribuito in modo decisivo a questa crescita. Gli utenti che interagiscono sia con i giochi sia con le notizie tendono a rimanere abbonati più a lungo, secondo quanto indicato dall’azienda. La trasformazione del New York Times da giornale a piattaforma multi-servizio ha avuto un momento chiave nel gennaio 2022, con l’acquisizione di Wordle dal suo creatore, l’ingegnere britannico Josh Wardle. L’operazione, stimata in milioni di dollari, ha portato all’espansione della redazione giochi, oggi composta da circa cento persone tra editor, sviluppatori, designer e specialisti di marketing. Alcuni titoli, come Spelling Bee, sono nati sulla carta; altri, come Letter Boxed o Tiles, sono stati ideati direttamente per l’app mobile. Tra i progetti più recenti figura Crossplay, variante del classico Scrabble, testata in Nuova Zelanda nel 2025 come app separata, pensata per un pubblico meno legato alla lettura quotidiana ma interessato alla competizione. Il responsabile della divisione giochi, Jonathan Knight, ha spiegato che l’obiettivo è offrire un’esperienza senza le dinamiche più invasive del mobile gaming, come monetizzazioni aggressive o meccaniche simili a “mini-casinò”. Il modello punta sulla fidelizzazione attraverso micro-esperienze quotidiane, in grado di generare abitudine e condivisione sui social. Ogni partita, breve e gratificante, spinge l’utente a tornare, creando un legame costante con il marchio. All’interno dello stesso abbonamento, a partire da 25 dollari al mese negli Stati Uniti, sono inclusi anche notizie, podcast, cucina e sport. Non mancano però osservazioni critiche. L’ex editorialista Andrew Rosenthal ha ricordato, in un’intervista, che l’espansione in aree non editoriali è avvenuta mentre venivano ridotte risorse in settori tradizionali, come con la chiusura della storica redazione sportiva nel 2023. L’azienda sostiene che i ricavi di giochi e altri servizi contribuiscono direttamente al sostegno dell’informazione. (In copertina, l’interno della redazione del NYTimes)

Foto fake di al-Sharif con Sinwar, il post di Brunori (Rai) divide e scatena proteste

foto fake di al-Sharif con Sinwar

L’11 agosto, dopo l’uccisione del giornalista di Al Jazeera, Anas al-Sharif, alcuni utenti su social media hanno condiviso una foto in cui appare insieme a Yahya Sinwar, leader di Hamas assassinato nel 2024. Il post, rilanciato anche dal giornalista Rai Giovan Battista Brunori, è stato accusato di essere un fotomontaggio e non è stato verificato da fonti indipendenti. L’IDF ha usato queste immagini per sostenere la sua tesi: secondo l’esercito, al-Sharif era legato a una cellula terroristica, mascherato da giornalista. Al Jazeera ha respinto queste affermazioni, dichiarando che si tratta di una diffamazione, con prove presumibilmente costruite per giustificare l’attacco. Al momento, nessuna verifica indipendente conferma l’autenticità delle immagini. Le reazioni non si sono fatte attendere. Roberto Natale, membro del Cda Rai, ha definito il post “un megafono della propaganda israeliana”, mentre il Movimento 5 Stelle ha parlato di “complicità con un criminale di guerra” riferendosi al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Sui social media, numerosi utenti hanno accusato Brunori di alimentare una narrazione parziale, chiedendo un “repulisti” all’interno dell’emittente pubblica per garantire imparzialità e rispetto dei principi del giornalismo. Nel frattempo, l’Idf ha ribadito di avere “documenti inequivocabili” che proverebbero il coinvolgimento di al-Sharif in una cellula terroristica responsabile di attacchi missilistici. Nessuna indagine indipendente o organizzazione per i diritti umani ha finora confermato tali affermazioni. L’Euro-Med Human Rights Monitor ha denunciato la mancanza di prove concrete, mentre Irene Khan, relatrice speciale dell’ONU sulla libertà di espressione, ha espresso preoccupazione per le accuse e le minacce contro i giornalisti di Gaza, ribadendo la necessità di proteggere la libertà di stampa anche in contesti di conflitto.  

Gaza, raid israeliano uccide sei reporter di Al Jazeera. IFJ: “Colpire i giornalisti è crimine di guerra”

Anas al-Sharif

Il 10 agosto 2025, un raid aereo israeliano ha ucciso sei giornalisti palestinesi dell’emittente Al Jazeera a Gaza City, mentre si trovavano in una tenda all’esterno dell’ospedale Al-Shifa. Le vittime sono il giornalista Anas Al-Sharif, 28 anni, il corrispondente Mohammed Qreiqeh, i cameraman Ibrahim Zaher e Mohammed Noufal, il producer Moamen Aliwa e, l’11 agosto, il fotoreporter freelance Mohammed Al-Khaldi, morto per le ferite riportate. L’esercito israeliano (Idf) ha rivendicato l’operazione, dichiarando che l’obiettivo principale era Al-Sharif, accusato di far parte di Hamas e di guidare una “cellula terroristica” responsabile di attacchi missilistici. L’emittente e il giornalista avevano sempre negato le accuse, sostenendo che le prove presentate da Israele fossero “fabbricate”. Il Committee to Protect Journalists (Cpj) ha ricordato che Al-Sharif era da tempo nel mirino delle autorità israeliane e che, nelle ultime settimane, era stato al centro di una campagna diffamatoria. Il reporter aveva documentato la crisi alimentare nella Striscia, mostrando in video le conseguenze della fame sulla popolazione e raccontando di non avere più le forze per lavorare. “Se queste parole vi giungono, sappiate che Israele è riuscito a uccidermi e a mettere a tacere la mia voce. Vi affido la Palestina, il gioiello della corona del mondo musulmano, il battito cardiaco di ogni persona libera in questo mondo. Vi affido il suo popolo, i suoi bambini innocenti e oppressi che non hanno mai avuto il tempo di sognare o di vivere in sicurezza e pace”. I funerali si sono svolti a Gaza City il giorno successivo: i corpi, avvolti in giubbotti con la scritta “Press”, sono stati portati in processione prima della sepoltura. L’Al Jazeera Media Network ha definito l’attacco “un tentativo disperato di silenziare le voci di Gaza prima della sua occupazione”. Il direttore di Al Jazeera English, Salah Negm, ha dichiarato alla BBC che “non sorprende” l’accusa israeliana, ma che “non hanno provato nulla” e che è “ridicolo” continuare a chiamare “terroristi” i giornalisti di Gaza. La Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) e il Sindacato dei Giornalisti Palestinesi (PJS) hanno condannato l’uccisione come “un crimine di guerra” e chiesto una convenzione internazionale vincolante per la protezione dei reporter. “Dopo una campagna diffamatoria contro i giornalisti di Gaza, Israele ha ucciso cinque membri dello staff di Al Jazeera”, ha affermato il segretario generale dell’IFJ Anthony Bellanger, invitando alla responsabilità davanti alla Corte Penale Internazionale. La Fnsi ha chiesto prove pubbliche e credibili a sostegno delle accuse contro Al-Sharif, sottolineando che “in assenza di prove, si tratterebbe di una confessione di una violazione di un diritto umano: la libertà di stampa”. Stampa Romana ha parlato di “mattanza” di giornalisti palestinesi, ricordando che oltre 230 operatori dell’informazione sono stati uccisi a Gaza dall’ottobre 2023. Secondo l’ONU, l’uccisione mirata di giornalisti è una “grave violazione del diritto internazionale umanitario”. Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha definito “inaccettabili” gli attacchi ai reporter. (In copertina, Anas al-Sharif)

News Corp lancia il California Post: a Los Angeles dal 2026

Rupert Murdoch

La News Corp ha annunciato che a inizio 2026 debutterà in California una nuova testata giornalistica chiamata California Post, diretta emanazione del New York Post, uno dei tabloid più letti e riconosciuti negli Stati Uniti. Il giornale avrà sede a Los Angeles e verrà gestito da un team di giornalisti, fotografi ed editori locali, che produrranno contenuti per la carta stampata e per una piattaforma digitale dedicata. Il progetto è guidato da Nick Papps, giornalista con una lunga carriera in News Corp e attualmente editor del Herald Sun australiano. Papps sarà il caporedattore del nuovo quotidiano e risponderà direttamente a Keith Poole, caporedattore del New York Post. Secondo quanto comunicato dalla società editrice, il California Post seguirà lo stesso formato e lo stesso stile grafico del suo omologo di New York, ma offrirà una prospettiva centrata sulla West Coast. Le aree di interesse principali saranno cronaca, sport, intrattenimento, politica, economia e cultura, con un taglio editoriale che punta su notizie dirette e un linguaggio accessibile. “La California è lo stato più popoloso del Paese ed è l’epicentro dell’intrattenimento, della rivoluzione dell’intelligenza artificiale e della produzione avanzata, per non parlare del suo ruolo di potenza sportiva”, ha dichiarato Keith Poole. “Eppure molte storie non vengono raccontate e molti punti di vista non vengono rappresentati”. La tempistica del lancio coincide con eventi di grande rilevanza: il voto per il nuovo governatore della California nel 2026, alcune partite della Coppa del Mondo FIFA ospitate nello Stato e, due anni più tardi, le Olimpiadi estive di Los Angeles 2028. La decisione arriva in un momento complesso per il settore dell’informazione in California. Il Los Angeles Times, storico quotidiano locale, ha subito una forte riduzione del personale, con un taglio del 20% della redazione nel gennaio 2025 e ulteriori licenziamenti legati al calo della pubblicità. A questo si aggiungono perdite finanziarie significative e una riduzione degli abbonamenti, in parte legata a controversie editoriali. Il New York Post ha già una base consolidata di lettori in California. News Corp riferisce che circa il 90% del pubblico digitale del giornale si trova fuori da New York, con l’area di Los Angeles seconda solo alla Grande Mela per numero di lettori online. Secondo il CEO di News Corp, Robert Thomson, “Los Angeles e la California hanno sicuramente bisogno di una dose quotidiana del Post come antidoto al giornalismo cinico e stanco che purtroppo è proliferato”. Thomson ha sottolineato come il nuovo giornale punti a “coinvolgere e illuminare i lettori, affamati di informazione seria e di arguzia maliziosa”. Il California Post sarà sostenuto dall’intero ecosistema del New York Post Media Group, che include anche Page Six e Decider, offrendo contenuti attraverso diversi canali tra cui video, podcast e social media. (In foto, Rupert Murdoch)