Il Sole 24Ore celebra 160 anni con un francobollo

Ieri mattina, al Mudec di Milano, durante l’evento “160 ANNI insieme: informare, partecipare, crescere”, era stato presentato il francobollo dedicato ai 160 anni de Il Sole 24 Ore, emesso dal MIMIT e corredato dall’annullo filatelico di Poste Italiane. Il francobollo, valido per la posta ordinaria nazionale, riproduceva la testata del quotidiano su uno sfondo che richiamava il colore della sua carta e mostrava una filigrana neoclassica ispirata ai motivi dell’Ottocento, scelta per rappresentare il percorso storico del giornale. Secondo Flavia Scarpellini, consigliere d’amministrazione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, l’emissione nasceva dalla capacità del quotidiano di raccontare l’evoluzione delle imprese e del lavoro in oltre un secolo di informazione. Scarpellini aveva spiegato che “dalle prime edizioni il punto di vista del giornale è sempre stato universalistico” e che il quotidiano aveva consolidato negli anni un rapporto stabile con i lettori, seguendo “piccole e grandi rivoluzioni” economiche e sociali. Aveva inoltre ricordato il passaggio a una realtà multimediale in grado di integrare carta, radio ed eventi. Il bollettino illustrativo dell’emissione era stato firmato dal direttore del quotidiano, Fabio Tamburini, che lo aveva dedicato “ai lettori del passato, del presente e del futuro”. Come aveva spiegato Annamaria Gallo, responsabile Commerciale Filatelia Macro Area Nord Ovest di Poste Italiane, il francobollo sarebbe stato messo in vendita da oggi negli uffici postali, “raccontando la storia di chi ha fatto la storia”. L’emissione prevedeva 225.000 esemplari con la testata del giornale. Durante la cerimonia, la presidente del Gruppo 24 ORE, Maria Carmela Colaiacovo, aveva ricordato che l’anniversario rappresentava “un simbolo di una storia fatta di impegno e passione” e aveva descritto Il Sole 24 Ore come “simbolo di affidabilità, passione e credibilità”, rivolto alle imprese, ai professionisti e ai lettori interessati all’informazione economica. Tamburini aveva aggiunto che “giornate come questa servono a ricordare che occorre ragionare con la testa e per questo occorre informarsi per fare scelte consapevoli”, sottolineando che il quotidiano “serve a recuperare il valore, la dialettica e il confronto”.
La Casa Bianca chiude l’Upper Press ai giornalisti senza appuntamento

L’amministrazione Trump ha introdotto una nuova restrizione per i giornalisti della Casa Bianca, limitando l’accesso all’area conosciuta come Upper Press, una zona dell’Ala Ovest dove lavorano i principali portavoce del governo. La decisione, comunicata attraverso un memorandum ufficiale, impedisce ai cronisti di entrare liberamente negli uffici senza un appuntamento, interrompendo una prassi seguita da decenni da giornalisti di entrambe le parti politiche. Il documento diffuso dalla Casa Bianca spiega che la misura nasce da preoccupazioni di sicurezza riguardanti la presenza di materiale sensibile legato al Consiglio di Sicurezza Nazionale, ora gestito direttamente dal personale dell’ufficio stampa. Nel testo si legge: “Questa politica garantirà il rispetto delle migliori pratiche relative all’accesso a materiale sensibile”. La nota precisa che l’area è “adiacente allo Studio Ovale”, anche se in realtà si trova a qualche stanza di distanza. La nuova regola limita così la possibilità dei reporter di porre domande dirette ai funzionari o di ottenere informazioni in tempo reale. Ai giornalisti resta accessibile soltanto il cosiddetto Lower Press, uno spazio più piccolo dove lavorano assistenti stampa di livello inferiore. La White House Correspondents’ Association (WHCA), l’associazione che riunisce i giornalisti accreditati alla Casa Bianca, ha espresso una ferma opposizione alla misura. In un comunicato ufficiale, la presidente Weijia Jiang della CBS News ha dichiarato che “le nuove restrizioni ostacolano la capacità della stampa di interrogare i funzionari, garantire la trasparenza e chiedere conto al governo, a scapito del pubblico americano”. In risposta, il direttore delle comunicazioni del presidente, Steven Cheung, ha spiegato sui social che “alcuni giornalisti sono stati sorpresi a registrare segretamente video, audio e foto di informazioni sensibili, senza autorizzazione”. La Casa Bianca, dunque, sostiene che la misura sia un provvedimento di sicurezza, non una limitazione alla libertà di stampa. La decisione si inserisce in un contesto più ampio di tensioni tra l’amministrazione Trump e i media, già acuitosi negli ultimi mesi. Il presidente ha spesso accusato la stampa tradizionale di parzialità, arrivando a minacciare la revoca di licenze di trasmissione e a citare in giudizio alcune organizzazioni giornalistiche. Già in passato, altre istituzioni governative avevano introdotto restrizioni simili. A ottobre, decine di cronisti che seguono il Pentagono avevano rinunciato ai loro pass stampa per protesta contro nuove regole che limitavano la possibilità di richiedere informazioni ai funzionari del Dipartimento della Difesa. Anche all’interno della Casa Bianca, i giornalisti hanno notato cambiamenti progressivi. Da inizio anno, i collaboratori di Trump hanno iniziato a selezionare con maggiore attenzione quali testate possono partecipare al pool stampa giornaliero, e hanno eliminato uno spazio riservato ad agenzie storiche come l’Associated Press. Il nuovo provvedimento segna quindi la fine di una tradizione durata decenni. Il corridoio dell’Upper Press, spesso affollato di cronisti provenienti da redazioni più piccole, era considerato un simbolo di accessibilità e trasparenza. Ora, quell’accesso è possibile solo su appuntamento, riportando alla mente un episodio simile del 1993, quando l’amministrazione Clinton introdusse una regola analoga poi revocata dopo le proteste. Nel 2017, al suo primo mandato, Donald Trump aveva già ridotto le conferenze stampa quotidiane e revocato temporaneamente le credenziali al giornalista della CNN Jim Acosta. Allora, come oggi, la Casa Bianca aveva giustificato la scelta con motivi organizzativi. Secondo alcuni assistenti presidenziali, la nuova politica punta a offrire maggiore spazio ai media emergenti, come podcast, piattaforme digitali e servizi di streaming, ampliando la rappresentanza mediatica oltre le testate tradizionali. Allo stesso tempo, gli stessi collaboratori difendono il presidente, definendolo “il più trasparente e accessibile nella storia americana”, grazie alle sue frequenti sessioni improvvisate di domande e risposte con i cronisti. (In foto, la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt)
Il Sole 24Ore fermo: lo sciopero prosegue anche nei prossimi sei giorni

Domenica 19 ottobre, il quotidiano Il Sole 24 Ore non sarà presente in edicola e il suo sito web non verrà aggiornato. La decisione arriva dopo che l’assemblea delle giornaliste e dei giornalisti ha votato per affidare al Comitato di redazione (Cdr) un pacchetto di sei giorni di sciopero e un piano di agitazione più ampio, che prenderà forma nei prossimi giorni. La protesta nasce dalla condotta della direzione, accusata di aver pubblicato comunque il numero di sabato 18 ottobre, nonostante fosse stato proclamato uno sciopero all’unanimità il giorno precedente. Il Cdr ha definito l’episodio senza precedenti nei 160 anni di storia del giornale economico. Nel numero contestato è apparsa una lunga intervista alla premier Giorgia Meloni, firmata dalla giornalista esterna Maria Latella, scelta che, secondo il Cdr, avrebbe penalizzato ancora una volta le professionalità interne della redazione. Il caso ha suscitato malumori perché simili situazioni si erano già verificate in passato, con le redattrici e i redattori esclusi da interviste di rilievo. Il Cdr ha espresso preoccupazione per una tendenza che vede figure politiche e istituzionali scegliere direttamente gli intervistatori, riducendo così lo spazio di un’informazione libera e indipendente. Nel comunicato si legge che “non possiamo restare a guardare” di fronte al rischio che l’opinione pubblica riceva un’informazione selezionata e compiacente. I giornalisti si sono scusati con i lettori per l’assenza del quotidiano di domenica e per la qualità del numero pubblicato sabato, definito nel comunicato come “un prodotto indecoroso e non all’altezza della storia del Sole 24 Ore”.
Ordigno esplode sotto l’auto di Sigfrido Ranucci: paura per la figlia, potevano ucciderla

Questa notte, intorno alle 22, a Campo Ascolano, frazione tra Roma e Pomezia, un ordigno esplosivo è stato piazzato sotto l’auto del giornalista e conduttore di Report, Sigfrido Ranucci. L’esplosione ha distrutto il veicolo e danneggiato gravemente anche l’altra macchina di famiglia e la facciata dell’abitazione vicina. Sul posto sono intervenuti carabinieri, Digos, vigili del fuoco e polizia scientifica per i rilievi e la messa in sicurezza dell’area. La Procura competente è stata immediatamente informata e ha avviato le indagini. Nel post pubblicato sul profilo social della trasmissione Report si legge: “L’auto è saltata in aria, danneggiando anche l’altra auto di famiglia e la casa accanto. La potenza dell’esplosione è stata tale per cui avrebbe potuto uccidere chi fosse passato in quel momento”. Secondo quanto riferito dal giornalista, “è stato utilizzato almeno un chilo di esplosivo”. Nessuno è rimasto ferito, ma i danni materiali sono ingenti. La seconda auto coinvolta, usata abitualmente dalla figlia di Ranucci, era stata parcheggiata pochi minuti prima, intorno alle 21.40. In un’intervista rilasciata al Corriere, Ranucci ha raccontato: “Mia figlia è passata davanti alla mia auto pochi minuti prima dell’esplosione, potevano ammazzarla”. Il giornalista ha aggiunto che “potrebbe non essere una coincidenza” il fatto che, pochi giorni prima, avesse annunciato i temi delle nuove inchieste di Report. Le indagini puntano ora a chiarire se ci sia un legame tra l’attentato e l’attività professionale del conduttore. Gli investigatori stanno esaminando le telecamere di sorveglianza della zona e raccogliendo testimonianze per ricostruire le fasi dell’attentato. Le fiamme, divampate subito dopo la deflagrazione, sono state domate dai vigili del fuoco, che hanno lavorato a lungo per impedire che l’incendio si estendesse ad altre abitazioni. Gli artificieri e la scientifica hanno rinvenuto diversi frammenti riconducibili a due distinti ordigni artigianali. (Credits foto di copertina: www.corriere.it)
Nasce la Fondazione Editoriale Domani di De Benedetti

A Roma è ufficialmente nata la Fondazione Editoriale Domani, che diventa l’unico azionista di Editoriale Domani S.p.A., casa editrice del quotidiano Domani. La fondazione, voluta da Carlo De Benedetti, è stata istituita per garantire al giornale un futuro autonomo e indipendente, realizzando così la promessa fatta dall’imprenditore fin dalla nascita della testata nel 2020. L’operazione, gestita dallo studio legale Morri Rossetti & Franzosi, ha consentito alla nuova fondazione di acquisire l’intero capitale sociale di Editoriale Domani. Il team composto dal dottor Davide Rizzo, partner, e dall’avvocata Valentina Bianchin, senior associate, ha curato gli aspetti finanziari e legali dell’accordo. Secondo quanto si legge nella nota diffusa dallo studio, la Fondazione Editoriale Domani diventa così socio unico della società editrice, completando un riassetto pensato per assicurare stabilità e indipendenza alla testata. L’ingegnere De Benedetti, che oggi ha 90 anni, aveva annunciato l’intenzione di creare una fondazione già durante il quinto anniversario del quotidiano, celebrato il 15 settembre. “La mia idea da sempre era che, quando il giornale fosse stato in equilibrio economico, l’avrei passato a una fondazione. E oggi, cogliendo l’occasione del compleanno dei cinque anni, rispetto quella promessa”, ha dichiarato. L’imprenditore ha sottolineato di voler restare vicino al progetto editoriale: “Continuerò a seguire con passione il giornale, anche se non sarà più mio ma della fondazione”. La Fondazione Editoriale Domani sarà dotata di una dote iniziale di 4 milioni di euro e avrà il compito di proseguire la linea editoriale fondata sui principi di progressismo, indipendenza e riformismo. De Benedetti ha spiegato che, insieme ad Antonio Campo Dall’Orto, verranno individuate “persone di alto profilo, in sintonia con la vocazione editoriale del giornale”, per garantire una direzione culturale forte e coerente. Dal punto di vista economico, il quotidiano Domani non ha ancora raggiunto il pareggio di bilancio, ma le perdite, oggi vicine al milione di euro, dovrebbero azzerarsi entro un anno grazie alla crescita del digitale e a una strategia di abbonamenti mirati attraverso le newsletter. Il giornale, diretto da Emiliano Fittipaldi, punta a rafforzare il rapporto con i lettori e a consolidare la propria presenza online. La decisione di De Benedetti rappresenta un passaggio importante nella storia recente dell’editoria italiana. L’imprenditore, dopo aver lasciato il gruppo Gedi e la guida di Repubblica, aveva fondato Domani nel pieno della pandemia, con l’obiettivo di creare un giornale libero da partiti e interessi economici. “Ho coltivato la mia indipendenza e le mie idee di libertà. Così è nato Domani, per non lasciare morire quel filone di indipendenza, internazionalismo e cultura”, ha ricordato. Con la nascita della Fondazione, De Benedetti consegna così la sua creatura editoriale a un organismo senza fini di lucro, pensato per tutelare nel tempo l’autonomia del giornalismo e la libertà dell’informazione.
BBC, AFP, AP e Reuters presentano un corto per chiedere ingresso ai media a Gaza

La BBC, insieme ad Agence France-Presse, Associated Press e Reuters, ha lanciato un cortometraggio per chiedere alle autorità israeliane di consentire l’ingresso ai giornalisti internazionali nella Striscia di Gaza. Il film è stato narrato dal giornalista della BBC David Dimbleby e raccoglie immagini di cronaca che mostrano come il giornalismo indipendente sia stato fondamentale nei momenti chiave della storia recente. La richiesta arriva a quasi due anni dal 7 ottobre, data in cui il mondo ha visto le atrocità di Hamas e da cui è iniziata una guerra che continua ancora oggi. Dalla metà del 2021, infatti, ai giornalisti stranieri indipendenti non è permesso entrare a Gaza, dove il racconto del conflitto è affidato quasi interamente ai cronisti palestinesi che operano in condizioni difficili e rischiose. Nel cortometraggio è presente anche l’intervento della CEO di BBC News, Deborah Turness, che ha affermato: “Come giornalisti, registriamo la prima bozza della storia. Ma in questo conflitto, il lavoro di cronaca è affidato esclusivamente a un piccolo numero di giornalisti palestinesi, che stanno pagando un prezzo terribile. Sono passati quasi due anni dal 7 ottobre, quando il mondo ha assistito alle atrocità di Hamas. Da allora, a Gaza infuria una guerra, ma ai giornalisti internazionali non è permesso entrare. Ora dobbiamo essere lasciati entrare a Gaza. Dobbiamo lavorare a fianco dei giornalisti locali, così possiamo tutti portare i fatti al mondo”. Il film è stato presentato in anteprima a New York il 24 settembre, durante un evento del Comitato per la protezione dei giornalisti, in contemporanea con l’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Oggi l’accesso dei giornalisti internazionali indipendenti a Gaza resta vietato.
Giornalista del Washington Post licenziata dopo post sulla morte di Charlie Kirk

Karen Attiah, editorialista del Washington Post, è stata licenziata dopo aver pubblicato post sui social in seguito all’uccisione dell’attivista di destra Charlie Kirk, avvenuta la scorsa settimana negli Stati Uniti. L’annuncio è arrivato direttamente dalla giornalista, che in un lungo testo su Substack ha raccontato le motivazioni alla base della decisione presa dal quotidiano. Attiah ha spiegato che i suoi messaggi erano stati giudicati “inaccettabili” dalla direzione del Post. Nei post aveva condannato la violenza politica, espresso dolore per le vittime delle armi da fuoco e criticato quella che ha definito una scarsa volontà dell’“America bianca” di affrontare la questione della diffusione delle armi. Secondo il documento di licenziamento, diffuso dalla stessa giornalista, i suoi contenuti avrebbero violato la policy interna che impone agli impiegati di mantenere rispetto e neutralità sui social, evitando commenti offensivi su base razziale o di genere. L’editorialista ha sottolineato di non aver mai celebrato la morte di Kirk. “Il mio unico riferimento diretto a Kirk è stato alle sue stesse parole registrate”, ha scritto, spiegando che non intendeva né giustificare né incitare alla violenza. Alcuni suoi messaggi, tuttavia, hanno riportato frasi attribuite a Kirk che secondo altre testate sarebbero state parzialmente scorrette o decontestualizzate. Il Washington Post non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali sul caso. Il licenziamento si inserisce in una fase di trasformazione della sezione Opinioni del giornale, dopo l’annuncio del proprietario Jeff Bezos di voler orientare la linea editoriale a sostegno di “libertà personali” e “liberi mercati”. Negli ultimi mesi numerosi giornalisti e opinionisti hanno lasciato la testata. Attiah ha affermato di essere rimasta sorpresa dalla rapidità della decisione: “Hanno affrettato il mio licenziamento senza nemmeno un confronto”, ha scritto, aggiungendo di essere stata l’ultima editorialista afroamericana a tempo pieno nella sezione Opinioni. Il sindacato interno del Post ha diffuso un comunicato di sostegno, definendo il provvedimento “ingiusto” e contrario ai principi di libertà di espressione. Anche altre redazioni statunitensi hanno interrotto rapporti di lavoro dopo commenti online legati all’uccisione di Kirk. L’emittente MSNBC ha licenziato l’analista Matthew Dowd, che in diretta televisiva aveva collegato l’omicidio ai discorsi d’odio diffusi dall’attivista. Parallelamente, influencer conservatori hanno avviato campagne per identificare e segnalare alle aziende chiunque avesse pubblicato contenuti percepiti come celebrativi della morte di Kirk. Karen Attiah, che ha lavorato per undici anni al Washington Post, ha ringraziato i lettori e i colleghi: “Oltre a premi e riconoscimenti, il dono più grande è stato connettermi con chi mi ha letto e seguito in tutto il mondo”. (Credits foto copertina: Primaonline)
New York Times lancia un abbonamento familiare con profili separati

Il New York Times ha lanciato da lunedì un nuovo abbonamento per famiglie, chiamato All Access Family, che permette fino a quattro utenti di condividere un unico piano a 30 dollari al mese. L’offerta include tutti i prodotti digitali del giornale, dai contenuti editoriali ai giochi come Wordle, e mira ad attrarre nuovi lettori, fidelizzare quelli esistenti e raggiungere un pubblico più giovane. È disponibile anche un abbonamento solo per i giochi a 10 dollari al mese, pensato per le famiglie interessate a mantenere le proprie serie di vittorie. La nuova formula costa circa 5 dollari in più rispetto a un piano individuale e consente a ogni membro della famiglia di creare un profilo personalizzato. Gli utenti potranno salvare ricette su Cooking, iscriversi alle newsletter, archiviare articoli e accedere a statistiche e classifiche separate per i giochi, evitando conflitti su chi ha già completato cruciverba o puzzle giornalieri. Ben Cotton, responsabile della crescita degli abbonamenti del Times, ha spiegato che l’obiettivo è “creare un’esperienza comunitaria anche nel mondo digitale”. Secondo Cotton, molte famiglie hanno raccontato di aver imparato ad apprezzare il giornale “condividendo diverse sezioni della copia cartacea a colazione”, e questa nuova offerta punta a ricreare quella dimensione, ma online. Il Times non imporrà restrizioni basate sulla posizione geografica, consentendo di includere familiari o amici che vivono in case diverse. Il giornale punta così a incrementare la propria base di lettori: attualmente conta 11,66 milioni di abbonati e prevede di raggiungere 15 milioni entro il 2027. (Credits foto copertina: @NiemanLab)
Giappone e India dominano la classifica mondiale dei giornali

La diffusione dei quotidiani nel mondo continua a registrare numeri elevati in alcuni Paesi, nonostante il calo generale della stampa cartacea. Secondo gli ultimi dati di Press Gazette, Giappone e India dominano la classifica globale, confermando l’importanza culturale e sociale della lettura dei giornali in questi Paesi. Lo Yomiuri Shimbun è oggi il quotidiano più diffuso al mondo, con una tiratura media di 6,2 milioni di copie per l’edizione mattutina e 1,5 milioni per quella serale, come certificato dall’ABC per il 2023. Pubblicato in Giappone, il giornale guida la classifica globale dei quotidiani cartacei con la maggiore diffusione. Il Giappone, con 123 milioni di abitanti, è il dodicesimo Paese più popoloso al mondo, ma resta leader nella circolazione dei quotidiani. Al secondo posto si colloca l’Asahi Shimbun, anch’esso giapponese, con 3.568.000 copie giornaliere nell’edizione mattutina e 1,1 milioni in quella serale. A seguire, il quotidiano indiano Dainik Bhaskar registra 3.567.000 copie al giorno, posizionandosi di pochissimo dietro Asahi. L’unico altro giornale che supera le 3 milioni di copie è il People’s Daily, organo ufficiale del Partito Comunista Cinese, che dichiara una tiratura internazionale complessiva di circa tre milioni di copie, dato confermato anche da altre fonti, tra cui State Media Monitor. La classifica mondiale evidenzia un dominio di Giappone e India, con la maggioranza dei titoli presenti nella top ten. In India, con una popolazione di 1,5 miliardi di persone, la diffusione dei giornali resta elevata, mentre in Giappone incide fortemente la cultura della lettura e la consegna a domicilio delle edizioni mattutine e serali. Secondo il Guinness World Records, nel 2010 lo Yomiuri Shimbun raggiunse un record storico di 10 milioni di copie per l’edizione mattutina e 3,5 milioni per quella serale. Fuori dalla top ten, i principali quotidiani europei e americani restano distanti. Nel Regno Unito, il Daily Mail è il più venduto con 627.000 copie, mentre negli Stati Uniti guida il Wall Street Journal con 473.000 copie giornaliere. USA Today ne vende poco più di 100.000 al giorno. Anche il Bild in Germania è sceso sotto il milione di copie, mentre The Sun si aggira intorno alle 600.000 copie quotidiane. In Indonesia, Kompas distribuisce circa 300.000 copie, mentre in Pakistan il Daily Jang registra 700.000 copie nei giorni feriali e 875.000 la domenica. Parallelamente, il consumo di notizie online continua a crescere. Secondo una classifica di Press Gazette basata su dati Similarweb, Yahoo News Giappone è il sito di informazione più visitato al mondo, con 920 milioni di accessi mensili. Lo segue il portale brasiliano Globo, che a maggio ha registrato 795,7 milioni di visite. (In copertina, lo Yomiuri Shimbun)
Monica Maggioni lascia la direzione Rai, ma resta collaboratrice e conduttrice

Monica Maggioni ha deciso di lasciare la Direzione Editoriale per l’Offerta Informativa della Rai, pur rimanendo in azienda come conduttrice e con un nuovo contratto di collaborazione. La notizia è stata riportata dal Corriere della Sera e confermata da fonti interne di viale Mazzini. La giornalista continuerà a condurre “In Mezz’ora” su Rai3, programma di approfondimento che ha preso in mano nel 2023 dopo l’uscita di Lucia Annunziata, e “NewsRoom” su RaiPlay, che guida dal 2024. Secondo quanto emerso, Monica Maggioni non lascerà la Rai ma rinuncerà al suo incarico dirigenziale, con un compenso inferiore rispetto a quello percepito nel ruolo di direttrice. L’accordo di collaborazione, simile a quello già adottato da Bruno Vespa, dovrà essere ratificato dal Consiglio di Amministrazione Rai nelle prossime settimane. La decisione, definita “volontaria” da fonti vicine alla giornalista, le consentirà di dedicarsi alla scrittura e alla conduzione dei suoi programmi di approfondimento. Fonti del Corriere precisano che l’uscita di Maggioni dalla direzione non è collegata al tema del tetto degli stipendi Rai, eliminato di recente da una sentenza della Corte Costituzionale che riguarda l’intero settore pubblico, compresa la tv di Stato. La gestione dell’offerta informativa Rai passerà ora a un nuovo dirigente, che verrà nominato a breve dal Cda. Monica Maggioni, 59 anni, lascia l’incarico dopo 33 anni di servizio nella tv pubblica. Entrata in Rai tramite concorso, ha ricoperto ruoli di grande responsabilità: è stata direttrice di RaiNews, prima direttrice donna del Tg1, presidente della Rai dal 2015 al 2018 e, dal 2023, responsabile della Direzione Editoriale per l’Offerta Informativa. Il caso di Maggioni non è unico all’interno della Rai. Anche Bruno Vespa, ad esempio, non è più dipendente diretto della tv pubblica, ma conduce due programmi storici, “Porta a Porta” e “Cinque Minuti”, grazie a un contratto di collaborazione esterno.