OpenAI presenta Atlas, il browser con intelligenza AI

OpenAI ha presentato al pubblico il nuovo browser con intelligenza artificiale integrata, chiamato ChatGPT Atlas. L’annuncio è arrivato da Sam Altman, amministratore delegato dell’azienda, che ha descritto Atlas come “un nuovo modo di usare Internet”. La presentazione si è tenuta nella serata del 21 ottobre 2025, dalla sede di San Francisco, e segna un momento importante per il futuro della navigazione online. ChatGPT Atlas è un browser intelligente che unisce la tradizionale esperienza web con le capacità del modello linguistico di ChatGPT. Permette di visitare i siti e allo stesso tempo di dialogare con loro, chiedendo informazioni, spiegazioni o suggerimenti senza dover passare da una finestra all’altra. È come se, durante la navigazione, un assistente virtuale fosse sempre pronto a rispondere. Al momento il programma è disponibile per computer Apple con macOS, ma arriverà presto anche su Windows, iOS e Android. Tutti gli utenti, sia quelli gratuiti sia gli abbonati Plus, Pro e Go, potranno utilizzarlo. Durante la presentazione, Altman ha ricordato che “in passato la barra degli indirizzi e il campo di ricerca erano gli strumenti fondamentali per esplorare Internet – ha precisato il Ceo di OpenAI – oggi crediamo che l’interazione via chat possa diventare il nuovo paradigma per utilizzare il web”. Con questa frase ha voluto spiegare come Atlas non si limiti a mostrare pagine web, ma diventi uno spazio in cui l’utente può parlare direttamente con l’intelligenza artificiale. Tra le funzioni più nuove c’è la modalità Agent, che consente al sistema di compiere azioni automatiche: può ad esempio compilare moduli, scrivere testi, organizzare appuntamenti o effettuare ricerche personalizzate. Il modello AI è integrato nell’interfaccia, rendendo l’esperienza di navigazione continua e interattiva. Dal punto di vista della privacy, OpenAI ha specificato che gli utenti potranno gestire o cancellare la cronologia e che, per impostazione predefinita, i dati di navigazione non vengono utilizzati per addestrare i modelli. È inoltre disponibile una modalità di navigazione in incognito, simile a quella dei browser tradizionali. Restano tuttavia aperti alcuni interrogativi su come il servizio si adeguerà alle regole europee del GDPR e al prossimo AI Act, che stabilirà norme specifiche per l’uso dell’intelligenza artificiale nel territorio dell’Unione Europea. L’arrivo di Atlas ha anche un peso economico rilevante. Se una parte degli oltre 800 milioni di utenti settimanali di ChatGPT decidesse di usare il nuovo browser, OpenAI potrebbe modificare gli equilibri di un mercato dominato da Google Chrome, che oggi conta circa 3 miliardi di utenti e una quota vicina al 68% a livello globale. Pochi minuti dopo l’annuncio, infatti, le azioni di Alphabet, società madre di Google, hanno registrato un calo superiore al 3%, segnale dell’attenzione con cui gli investitori stanno valutando questa novità. Oltre a Google, anche Microsoft e Perplexity AI stanno lavorando su prodotti simili: la prima ha introdotto la Copilot Mode nel browser Edge, mentre la seconda ha lanciato il proprio browser Comet. Tuttavia, Atlas rappresenta per OpenAI la prima vera incursione in un settore strategico come quello della navigazione web, con l’obiettivo di diventare non solo un assistente, ma anche un punto d’accesso diretto a Internet.
ChatGPT apre ai contenuti erotici per adulti verificati

Da dicembre 2025, gli utenti adulti di ChatGPT potranno accedere a conversazioni con contenuti erotici, ma solo dopo una verifica dell’età. Lo ha annunciato Sam Altman, amministratore delegato di OpenAI, in un post pubblicato sulla piattaforma X, spiegando che “gli utenti adulti saranno trattati come adulti” quando la società avrà completato l’implementazione dei nuovi limiti di età. Si tratta di un cambio importante nella politica di OpenAI, che finora ha vietato ogni tipo di contenuto per adulti all’interno delle conversazioni di ChatGPT. Altman ha precisato che le versioni precedenti del chatbot erano state rese “piuttosto restrittive” per proteggere gli utenti da rischi legati alla salute mentale, ma questo ha finito per rendere l’intelligenza artificiale “meno utile per molti”. Secondo l’amministratore delegato, la nuova impostazione permetterà agli utenti di scegliere anche diverse personalità del chatbot, con comportamenti e stili comunicativi personalizzati. Queste funzioni saranno basate sull’ultimo aggiornamento di GPT-4o, la versione più recente del sistema di linguaggio di OpenAI. “Tra qualche settimana – ha scritto Altman – pubblicheremo una nuova versione di ChatGPT. Se vuoi che risponda in modo molto umano o usi un sacco di emoji, o si comporti come un amico, dovrebbe farlo ma solo se lo desideri tu”. Per la gestione dei contenuti per adulti, la piattaforma utilizzerà un sistema di verifica dell’età, necessario per accedere alle nuove funzioni. Nelle ultime settimane OpenAI ha già introdotto un’esperienza dedicata ai minorenni, che blocca automaticamente materiale esplicito e adatta le risposte all’età dell’utente. La società sta inoltre sperimentando una tecnologia predittiva in grado di stimare se un utente ha più o meno di 18 anni, analizzando il suo comportamento durante l’interazione. L’annuncio ha attirato l’attenzione anche delle autorità europee, impegnate a rafforzare le regole sulla protezione dei minori online. L’Unione Europea, attraverso la legge sui servizi digitali (DSA), ha chiesto ai principali operatori tecnologici di spiegare come intendano garantire la sicurezza dei più giovani. In parallelo, negli Stati Uniti, la Federal Trade Commission ha richiesto informazioni a varie aziende, tra cui OpenAI e xAI di Elon Musk, per valutare l’impatto dei chatbot sui minori. Il tema dei comportamenti dannosi e della dipendenza emotiva legata all’uso dell’intelligenza artificiale è oggetto di crescente attenzione. Di recente, alcune segnalazioni hanno evidenziato casi di utenti che sviluppano legami affettivi con i chatbot. Un sondaggio del Centre for Democracy and Technology, un’organizzazione no-profit statunitense, ha indicato che uno studente su cinque ha tentato di instaurare una relazione sentimentale con un’IA. La decisione di OpenAI arriva in un contesto competitivo in cui diverse aziende stanno esplorando forme di interazione più umane tra utenti e intelligenze artificiali. Tra i rivali di ChatGPT, la piattaforma Grok, di proprietà di Elon Musk, ha recentemente introdotto i cosiddetti “compagni animati”, tra cui personaggi digitali ispirati al mondo dei cartoni orientali. (In foto, Sam Altman)
Fieg denuncia Google all’Agcom: “AI Overviews minaccia i media”

Gli editori italiani associati alla Fieg hanno presentato oggi, a Roma, un reclamo formale all’Agcom contro il servizio “AI Overviews” di Google, chiedendo che venga verificata la sua conformità al Digital Services Act (DSA). Il reclamo arriva dopo l’introduzione in Italia di questa funzione, che utilizza l’intelligenza artificiale per fornire risposte dirette agli utenti all’interno dei risultati di ricerca, senza che sia necessario visitare i siti delle fonti originali. Secondo la Fieg, questa modalità di ricerca sta riducendo in modo significativo la visibilità dei contenuti editoriali, con conseguenze negative per il settore dell’informazione e per l’equilibrio economico degli editori. L’associazione spiega che “Google sta diventando un ‘traffic killer’”, perché le risposte generate dall’AI vengono mostrate prima dei link ai siti dei giornali, scoraggiando gli utenti dal cliccarci sopra. Nella nota tecnica inviata all’Agcom, la federazione sottolinea che questa pratica si traduce in una diminuzione degli accessi alle pagine web delle testate giornalistiche, con un impatto diretto sui ricavi pubblicitari e quindi sulla sostenibilità economica del settore. L’effetto, secondo gli editori, è quello di limitare la diversità dei media e la pluralità dell’informazione, elementi fondamentali per la democrazia e la corretta informazione dei cittadini. La segnalazione all’Agcom, che in Italia ricopre il ruolo di Coordinatore nazionale dei Servizi Digitali, è parte di un’azione coordinata a livello europeo. Anche ENPA, l’associazione europea degli editori, ha promosso una iniziativa analoga presso i Coordinatori dei Servizi Digitali di altri Paesi dell’Unione Europea, con l’obiettivo comune di ottenere dalla Commissione Europea l’apertura di un procedimento formale ai sensi del DSA. Il Digital Services Act, entrato in vigore nel 2024, stabilisce regole precise per i grandi operatori digitali, imponendo obblighi di trasparenza, responsabilità e equità nei confronti dei contenuti e dei servizi offerti. Secondo la Fieg, le funzioni AI Overviews e AI Mode introdotte da Google violerebbero alcune di queste disposizioni, creando una concorrenza diretta ai contenuti editoriali e alterando l’ecosistema informativo online. La federazione degli editori italiani ha quindi chiesto che l’Agcom valuti l’operato di Google e verifichi se le sue nuove funzionalità rispettino gli obblighi previsti dalla legge europea. La richiesta è ora al vaglio delle autorità competenti, mentre gli editori ribadiscono la necessità di tutelare la sostenibilità del giornalismo e la libertà d’informazione in un contesto digitale in rapida trasformazione.
Senato, via libera a regole IA: l’Italia tutela giornalisti, il diritto d’autore e attua norme contro i deepfake

Il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge di delega al governo sull’intelligenza artificiale, che diventa così legge dello Stato. I voti favorevoli sono stati 77, quelli contrari 55 e 2 gli astenuti. La norma si compone di 28 articoli e stabilisce i “princìpi in materia di ricerca, sperimentazione, sviluppo, adozione e applicazione di sistemi e di modelli” legati all’IA. Il testo mira a promuovere un uso corretto, trasparente e responsabile delle nuove tecnologie, ponendo al centro la persona e vigilando sui possibili rischi economici, sociali e sull’impatto sui diritti fondamentali. Tra gli aspetti messi in rilievo, la tutela del diritto d’autore e la protezione del lavoro giornalistico. Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi, ha dichiarato: “Certamente uno degli aspetti più interessanti della legge italiana sull’intelligenza artificiale è costituito dagli argini posti a tutela del diritto d’autore e dei giornalisti che producono contenuti originali e di qualità. Per la Fnsi, l’IA non può sostituire i giornalisti in carne ed ossa”. Costante ha aggiunto che ora servono regole anche nel settore dell’informazione, per garantire un uso etico dell’IA e per permettere ai professionisti di far valere i propri diritti nei confronti di grandi piattaforme. Soddisfazione è stata espressa dal sottosegretario all’Editoria, Alberto Barachini, che ha sottolineato la necessità di garantire sicurezza nello sviluppo tecnologico: “La straordinaria rivoluzione dell’intelligenza artificiale ha bisogno di argini per far correre il cambiamento in sicurezza e grazie al lavoro del governo adesso sono in vigore misure adeguate per proteggere i cittadini dai rischi connessi”. Barachini ha richiamato l’attenzione sul contrasto al reato di deepfake, definito “più che mai necessario” dopo recenti episodi di cronaca, e sul rafforzamento delle norme a tutela del copyright, in linea con le direttive europee. Il sottosegretario ha inoltre ringraziato il presidente della Commissione AI per l’Informazione, padre Paolo Benanti, e i commissari per il contributo fornito al percorso legislativo, evidenziando l’impegno del governo nel delineare “la via italiana all’intelligenza artificiale”.
SEO superata da AEO, GEO e AIO nella ricerca AI

In pochi mesi, la tradizionale ottimizzazione per i motori di ricerca (SEO) ha ceduto il passo a nuovi modelli pensati per l’interazione con l’intelligenza artificiale. Come riportato da Primaonline, si chiamano AEO (Answer Engine Optimization), GEO (Generative Engine Optimization) e AIO (Artificial Intelligence Optimization), e rappresentano l’adattamento dei contenuti digitali non più alle logiche dei motori classici come Google, ma agli algoritmi dei nuovi motori conversazionali basati su modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM). Il cambiamento è stato accelerato dall’introduzione di funzionalità come gli AI Overviews, attivi su Google, che rispondono direttamente alle domande degli utenti sintetizzando le informazioni disponibili online, riducendo la necessità di cliccare sui link nei risultati. Secondo dati riportati dal New York Post, il 69% delle ricerche di notizie su Google oggi si conclude senza clic su alcun sito esterno. Solo un anno fa la percentuale era del 56%. Il traffico verso i siti editoriali è sceso da 2,3 miliardi a meno di 1,7 miliardi di visite, con un impatto diretto su editori, brand e creatori di contenuti. La SEO, pensata per favorire la visibilità nei risultati tradizionali, non è più sufficiente. Le nuove tecniche di ottimizzazione rispondono alla necessità di essere citati come fonti autorevoli dai modelli generativi, che producono contenuti invece di limitarli a elencare. Con l’AEO, l’obiettivo è adattarsi ai motori di risposta, cioè sistemi in grado di fornire risposte complete, evitando all’utente la navigazione verso siti esterni. La GEO mira invece a strutturare i contenuti in modo che siano leggibili, affidabili e pronti per essere rielaborati dall’intelligenza artificiale. L’AIO, infine, punta sull’autorevolezza, sulla firma riconoscibile e sulla provenienza certa dell’informazione, elementi che aumentano la probabilità che un contenuto venga scelto dall’AI. In questo scenario emergono piattaforme alternative come Comet, sviluppata da Perplexity, che integra capacità generative e propone una navigazione orientata alla risposta, basata su fonti tracciabili e riassunti contestualizzati. Comet ha già raccolto 165 milioni di dollari da investitori come Jeff Bezos e punta a sostituire Google non solo nella funzione di ricerca, ma anche come porta d’accesso al web. Anche OpenAI sta lavorando a un proprio browser con ChatGPT integrato, progettato per trattenere le ricerche e le interazioni all’interno dell’ecosistema aziendale. Per le aziende editoriali, questo rappresenta un cambio radicale: non si tratta più di farsi trovare, ma di essere scelti dall’AI, che decide quali fonti mostrare, citare o sintetizzare. Il nuovo paradigma porta con sé sfide anche sul piano dell’affidabilità. Studi condotti dall’Università di Zurigo hanno rilevato che la disinformazione generata dall’intelligenza artificiale è spesso percepita come più credibile rispetto a quella prodotta da esseri umani. Il rischio di errori, distorsioni o informazioni inventate impone nuove cautele nella produzione e nella verifica dei contenuti. (Foto creata con ChatGPT)
OpenAI lancia l’agente ChatGPT: pensa e agisce da sé

OpenAI ha annunciato il lancio del nuovo agente ChatGPT, uno strumento potenziato che consente al modello di gestire compiti complessi in autonomia utilizzando un computer virtuale. L’agente unificato, distribuito a partire da luglio 2025 per gli utenti Pro, Plus e Team, è il risultato dell’integrazione delle funzionalità di Operator e Deep Research, due strumenti precedentemente distinti. Può interagire con siti web, compilare moduli online, generare presentazioni e fogli Excel, accedere a API pubbliche, utilizzare un browser testuale o visivo e perfino lavorare in ambienti protetti come Google Drive o SharePoint, sempre nel rispetto del controllo utente. Disponibile in anteprima a pagamento, l’agente ha un limite di 400 richieste mensili per gli abbonati Pro e 40 per gli altri, mentre il rilascio per utenti Enterprise ed Education è previsto per l’estate. Non è stato comunicato quando o se sarà disponibile per gli utenti gratuiti. L’agente ChatGPT è progettato per flussi di lavoro interattivi e iterativi: gli utenti possono intervenire in tempo reale, modificare le istruzioni o mettere in pausa l’attività. Il sistema è in grado di riprendere dal punto esatto in cui era stato interrotto, adattandosi ai nuovi input senza perdere il contesto. Secondo quanto riportato da Yash Kumar, responsabile di prodotto, “un’attività media con l’agente richiede circa 10 o 15 minuti”, ma può arrivare anche a un’ora per compiti complessi, come ordinare dolci online o creare report finanziari. Tra le funzionalità più richieste, la possibilità di automatizzare ricerche, analisi, confronti tra concorrenti e creazione di documenti formattati secondo le preferenze dell’utente. Durante una dimostrazione per Wired US, l’agente è stato impiegato per organizzare appuntamenti, estrarre dati da fogli Excel e costruire presentazioni trimestrali per società quotate. In un altro caso, Isa Fulford, ricercatrice del team OpenAI, lo ha usato per ordinare “un sacco di cupcake”, affermando: “Ci è voluta quasi un’ora, ma è stato più facile che farlo da sola”. Il modello, spiega OpenAI, è stato addestrato per selezionare dinamicamente il metodo migliore per ogni fase dell’attività, passando con fluidità dal ragionamento all’azione, e scegliendo di volta in volta se utilizzare API, browser testuale o browser visuale. La funzione di “replay”, che consente di visualizzare il percorso seguito dall’agente durante l’esecuzione, fornisce trasparenza e tracciabilità. In termini di sicurezza, l’agente applica misure di controllo per evitare abusi o errori nei siti a rischio, come social network o portali di transazioni finanziarie. In alcuni casi, l’utente è tenuto a supervisionare l’attività con una modalità di controllo attivo, ispirata alla funzione “watch mode” del precedente Operator. L’agente ChatGPT non include al momento la funzione di memoria, anche se l’integrazione è prevista per le versioni future. “Non è che non pensiamo sia sicura, stiamo solo adottando una precauzione in più”, ha dichiarato Kumar, citando il rischio di prompt injection come motivo per cui OpenAI preferisce procedere con cautela. (Foto di copertina creata con ChatGPT)
OpenAI lancia browser AI per sfidare Google Chrome

OpenAI si prepara a lanciare nelle prossime settimane un browser web basato sull’intelligenza artificiale, progettato per competere con Google Chrome, attualmente il software dominante con oltre tre miliardi di utenti a livello globale. A riferirlo sono tre fonti vicine alla vicenda, che hanno chiesto di rimanere anonime in quanto non autorizzate a parlare pubblicamente del progetto. Il nuovo browser, ancora senza un nome ufficiale, sarà integrato con tecnologie proprietarie di OpenAI, con l’obiettivo di trasformare radicalmente l’esperienza di navigazione web attraverso un’interfaccia nativa in stile ChatGPT. Il progetto rappresenta una mossa strategica per entrare in un mercato cruciale per l’ecosistema digitale: il browser di Google è un elemento chiave nel modello di pubblicità online di Alphabet, contribuendo a raccogliere dati sugli utenti per ottimizzare l’inserzione degli annunci. Secondo le fonti, OpenAI punta a ottenere un accesso diretto a questo tipo di dati, oggi uno dei principali vantaggi competitivi di Google. Il nuovo browser sarebbe in grado di mantenere parte delle interazioni degli utenti all’interno dell’interfaccia AI, riducendo la necessità di cliccare su link o visitare direttamente siti esterni. Basato su Chromium, il codice open source alla base di Chrome, il software di OpenAI potrebbe integrarsi con strumenti AI come Operator, agenti capaci di svolgere compiti complessi per conto dell’utente, come prenotazioni online o compilazione di moduli. Secondo una fonte, lo sviluppo di un browser proprietario — invece che un’estensione su browser esistenti — risponde all’esigenza di un controllo più diretto sui dati e sull’interfaccia utente. L’azienda non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma ha confermato a maggio l’intenzione di espandersi anche nel settore hardware, dopo l’acquisizione da 6,5 miliardi di dollari della startup io, fondata dall’ex designer di Apple Jony Ive. Attualmente, il mercato dei browser è dominato da Google con una quota superiore ai due terzi, seguito da Safari di Apple con circa il 16%, secondo i dati di StatCounter. OpenAI, dal canto suo, dichiara 500 milioni di utenti settimanali attivi su ChatGPT e 3 milioni di utenti business paganti, numeri che, se convertiti anche solo in parte al nuovo browser, potrebbero incidere significativamente sugli equilibri del settore. Il nuovo browser si inserisce in un contesto di forte concorrenza: nei giorni scorsi Perplexity ha lanciato il suo browser Comet, capace di navigare ed eseguire azioni automatizzate, mentre altre startup come The Browser Company e Brave stanno rilasciando soluzioni simili con funzioni di sintesi e interazione AI. Intanto, Google ha annunciato l’intenzione di ricorrere in appello contro la decisione di un tribunale statunitense che ha giudicato la sua posizione nel settore della ricerca online come monopolistica, su istanza del Dipartimento di Giustizia. Due dei vicepresidenti oggi in OpenAI provengono da Google, dove avevano lavorato allo sviluppo originario di Chrome. Secondo quanto riportato da The Information, OpenAI avrebbe anche valutato in passato la possibilità di acquistare Chrome, qualora fosse stato imposto un disinvestimento da parte di Alphabet.
Angelo Grimaldi nominato in Snam alle relazioni esterne

Angelo Grimaldi è il nuovo direttore delle relazioni esterne di Snam, incarico formalizzato nel mese di luglio 2025 e che segna l’avvio di una nuova fase nella struttura organizzativa dell’azienda. Grimaldi prende il posto di Cecilia Gatti e assume la responsabilità esclusiva del perimetro degli Affari Istituzionali. La nomina rientra nel piano di riorganizzazione interna avviato dall’amministratore delegato Agostino Scornajenchi, con l’obiettivo di ridefinire le aree strategiche della società. Contestualmente all’ingresso di Grimaldi, Snam ha annunciato un altro cambiamento ai vertici: Monica Cassano è stata nominata nuova responsabile communication e media relations. Anche Cassano arriva da CDP Venture Capital, dove ha ricoperto il ruolo di direttrice della comunicazione. Il profilo professionale di Angelo Grimaldi include una consolidata esperienza nel settore energetico e nei rapporti istituzionali. Prima dell’ingresso in Snam ha ricoperto il ruolo di corporate affairs director in CDP Venture Capital, con responsabilità nella gestione e sviluppo delle relazioni istituzionali. In precedenza ha svolto incarichi con crescente responsabilità nel gruppo CDP e ha lavorato anche in Eni, maturando competenze nel campo degli affari pubblici e dell’energia.
Google, con le AI Overviews crollano i clic ai siti di notizie

Google ha intensificato la diffusione delle sue AI Overviews a partire da maggio 2024 negli Stati Uniti, e nuovi dati rivelano l’impatto diretto sulle abitudini di ricerca degli utenti e sul traffico verso i principali editori digitali. Secondo l’analisi di Similarweb, pubblicata da Press Gazette, i riepiloghi generati dall’intelligenza artificiale di Google stanno alimentando un significativo aumento delle ricerche zero-click, cioè quelle in cui gli utenti non cliccano su alcun risultato esterno, penalizzando così il traffico organico verso i siti di notizie. Nel mese di maggio 2025, Mail Online ha registrato AI Overviews attivati per 32 delle sue 100 parole chiave principali. In questi casi, nel 68,8% delle ricerche gli utenti non hanno effettuato alcun clic, una percentuale superiore alla media complessiva del sito che si attesta al 54,9%. Il trend è stato simile nei mesi precedenti: ad aprile 2025 la percentuale di ricerche zero-click con AI Overview era al 69,2%, a marzo al 71,3%. Quando la funzione è stata introdotta, nel maggio 2024, il tasso era del 48%. Anche altri brand come People.com (40 keyword con AI Overview) e Buzzfeed (36 keyword) hanno sperimentato percentuali simili: People ha registrato un 71,2% di ricerche zero-click con AI Overviews e un 65,6% complessivo. Buzzfeed è passato dal 52,8% al 60,7% complessivo, con un picco del 69,2% nei casi in cui erano presenti riepiloghi IA. Tra i casi più rilevanti figura Ouest France, con un incremento di 14,7 punti percentuali nelle ricerche zero-click in un anno (dal 39,8% al 54,5%). Dati comparabili emergono per MSN.com, cresciuto dal 42,4% al 56,1%. I tassi più elevati di zero-click con AI Overview sono stati osservati sul sito giapponese Livedoor (79,5%), sul russo Komsomolskaya Pravda (79%) e su CBS News (75,1%). Tuttavia, non tutti i 100 principali brand hanno mostrato aumenti: circa un quarto ha visto diminuire le ricerche senza clic e 35 hanno registrato meno zero-click in presenza delle panoramiche AI rispetto alla media. Secondo Similarweb, la media globale delle ricerche di notizie senza clic su Google è salita dal 56% al 69% in un anno. Questo dato indica un cambiamento significativo nel comportamento degli utenti, che tendono sempre più a ottenere le risposte direttamente nella pagina dei risultati. Contestualmente, il traffico organico verso i siti editoriali è sceso da oltre 2,3 miliardi di visite al picco a meno di 1,7 miliardi. Una denuncia è stata presentata alla Competition and Markets Authority del Regno Unito, in cui si accusa Google di utilizzare contenuti degli editori per alimentare le AI Overviews senza offrire un’opzione concreta per rinunciare. Secondo la denuncia, rifiutare lo scraping equivale a sparire dai risultati di ricerca, salvo accettare il formato “no snippet”, considerato meno efficace. Un portavoce di Google ha dichiarato la scorsa settimana: “Più di qualsiasi altra azienda, Google dà priorità all’invio di traffico verso il web e ogni giorno inviamo miliardi di clic sui siti web. Le nuove esperienze di intelligenza artificiale nella Ricerca consentono alle persone di porre ancora più domande, creando nuove opportunità di scoperta di contenuti e aziende. Gli editori hanno il controllo su quali contenuti appaiono nella Ricerca, incluse le Panoramiche basate sull’intelligenza artificiale”. Negli Stati Uniti, i dati mostrano che il tasso di ricerche zero-click per i principali siti di notizie è aumentato dal 52,8% al 55,2%. Tra i brand con più AI Overviews a maggio: Us Weekly (40), Mail Online (39), Buzzfeed (36), People (32), Men’s Journal (31) e Mirror US (30). Le testate con i tassi più alti di zero-click in presenza di panoramiche AI includono The Gateway Pundit (88,3%), Yahoo News (78%) e Politico (77,1%). Alcune, come Yahoo News, hanno mostrato una marcata differenza tra le ricerche zero-click con AI Overview (78%) e quelle complessive (51%). Il marchio con la maggiore variazione nell’ultimo anno è il Farmingdale Observer, che ha visto aumentare il tasso di zero-click dal 40,9% al 71,7%. Tra le testate con redazioni statunitensi, l’Independent è passato dal 52,4% al 63,6%. In controtendenza, il New York Times ha registrato un tasso inferiore di zero-click quando erano presenti AI Overview (25,2%) rispetto alla media complessiva (40,1%), sebbene i casi rilevati fossero limitati a sei parole chiave. Google ha affermato di non attivare le AI Overviews per le query di notizie concrete, il che spiegherebbe perché i contenuti lifestyle o evergreen sono più esposti. Nove siti tra i top 100 negli Stati Uniti, tra cui Yahoo Finance e Breitbart, non hanno attivato alcuna panoramica AI su keyword principali. Parallelamente, Similarweb ha registrato una crescita significativa nell’utilizzo di ChatGPT per le notizie, con un aumento del 212% tra gennaio 2024 e maggio 2025 nelle query informative, mentre le ricerche su Google sono calate del 5%. A maggio 2025, ChatGPT ha raggiunto 60,2 milioni di utenti unici sul web e 46,6 milioni tramite app. Tra i siti che ricevono più traffico da ChatGPT figurano Reuters, Business Insider, Wall Street Journal e Forbes, trainati dall’interesse per aggiornamenti finanziari e di mercato in tempo reale.
Editori denunciano Google alla Commissione Europea: “L’IA ci toglie lettori”

Il 30 giugno 2025, l’Independent Publishers Alliance ha presentato un reclamo antitrust alla Commissione Europea contro Google, accusando l’azienda di abuso di posizione dominante nell’ambito dei servizi di ricerca online basati su intelligenza artificiale. Secondo il documento visionato da Reuters, il colosso tecnologico utilizzerebbe indebitamente i contenuti editoriali per generare le cosiddette Panoramiche AI, ossia riepiloghi automatici mostrati in cima ai risultati di ricerca, a scapito dei link originali degli editori. La denuncia, firmata anche da Foxglove Legal Community Interest Company e Movement for an Open Web, include la richiesta di una misura provvisoria per evitare danni considerati “gravi e irreparabili” all’intero comparto editoriale. Le Panoramiche AI di Google sono attive in oltre 100 paesi e, dal maggio scorso, includono anche contenuti pubblicitari. Secondo i firmatari, la funzione consente all’azienda di sintetizzare risposte utilizzando materiale prelevato dai siti web senza che gli editori possano opporsi, se non rinunciando alla propria presenza nella pagina dei risultati. “Il principale motore di ricerca di Google sta utilizzando in modo improprio i contenuti web per le panoramiche AI di Google nella Ricerca Google, il che ha causato e continua a causare danni significativi agli editori, compresi quelli di notizie, in termini di traffico, lettori e perdite di fatturato”, si legge nel reclamo ufficiale. La coalizione ritiene che il posizionamento prioritario dei riepiloghi generati dall’IA produca una distorsione della concorrenza, in quanto riduce la visibilità dei contenuti originali a vantaggio di un prodotto interno a Google. Inoltre, viene segnalata l’impossibilità per gli editori di escludersi dall’uso dei propri dati nei modelli linguistici IA senza subire penalizzazioni in termini di indicizzazione. “Gli editori che utilizzano la Ricerca Google non hanno la possibilità di scegliere di non far sì che il loro materiale venga acquisito per l’addestramento del modello linguistico di grandi dimensioni dell’intelligenza artificiale di Google e/o che venga scansionato per i riepiloghi, senza perdere la possibilità di comparire nella pagina dei risultati di ricerca generali di Google”, prosegue la nota. Google ha replicato che le sue innovazioni IA incrementano il numero di ricerche e creano nuove opportunità di traffico per i siti web. “Le nuove esperienze di intelligenza artificiale nella Ricerca consentono alle persone di porre ancora più domande, creando nuove opportunità di scoperta di contenuti e aziende”, ha dichiarato un portavoce. L’azienda ha inoltre sottolineato di inviare ogni giorno miliardi di clic ai contenuti dei siti partner, e ha contestato la fondatezza dei dati forniti dai ricorrenti, ritenuti “altamente incompleti e distorti”. Il sito dell’Independent Publishers Alliance descrive l’organizzazione come una comunità non profit a sostegno degli editori indipendenti, senza però elencarne i membri. Tra i promotori dell’azione figura Foxglove, gruppo britannico che si occupa di giustizia digitale. La direttrice esecutiva Rosa Curling ha dichiarato: “Le notizie indipendenti si trovano ad affrontare una minaccia esistenziale: le panoramiche basate sull’intelligenza artificiale di Google. Ecco perché con questa denuncia, Foxglove e i nostri partner stanno sollecitando la Commissione europea, insieme ad altri enti regolatori in tutto il mondo, a prendere posizione e consentire al giornalismo indipendente di non partecipare”. Un reclamo analogo è stato presentato anche all’Autorità garante della concorrenza del Regno Unito, che ha confermato di aver ricevuto la segnalazione. La Commissione Europea, invece, ha rifiutato di commentare ufficialmente. La vicenda europea si inserisce in un contesto globale in cui crescono i contenziosi contro i modelli di intelligenza artificiale generativa, in particolare quando si fondano su contenuti prelevati senza consenso. Un caso simile è stato avviato negli Stati Uniti da Chegg, azienda statunitense di formazione online, che ha intentato una causa federale contro Google, sostenendo che le Panoramiche AI mostrate nei risultati di ricerca abbiano danneggiato il traffico e i ricavi della società. Le sintesi automatiche generate da Google sarebbero infatti costruite anche a partire dai contenuti proprietari di Chegg, senza attribuzione né compenso, penalizzando la visibilità dell’azienda nei risultati di ricerca. Secondo il CEO Nathan Schultz, Google “raccoglie i benefici finanziari dei contenuti di Chegg senza dover spendere un centesimo“, sfruttando la sua posizione dominante. La causa cita le sezioni 1 e 2 dello Sherman Antitrust Act, e arriva in un contesto di difficoltà economiche per Chegg, che ha registrato un calo del 24% nel fatturato annuo del quarto trimestre e una perdita netta di 6,1 milioni di dollari. Nonostante la controversia, Chegg ha avviato collaborazioni con OpenAI, Meta, Anthropic e Mistral per sviluppare strumenti didattici basati su intelligenza artificiale, registrando 3,6 milioni di abbonati, in calo del 21%. Google, da parte sua, ha dichiarato che le Panoramiche AI “indirizzano traffico a una maggiore diversità di siti”, aggiungendo che ogni giorno invia “miliardi di clic” a siti web in tutto il mondo. Nel ricorso, Chegg sottolinea che la propria banca dati da 135 milioni di domande e risposte sarebbe stata impiegata per addestrare i modelli di Google, e allega uno screenshot in cui una risposta generata dall’AI riprende il contenuto del sito Chegg, senza però accreditarlo. L’azienda fa inoltre riferimento a una precedente sentenza federale del 2023 che ha riconosciuto il monopolio di Google nella ricerca online, in seguito a un’azione del Dipartimento di Giustizia.