OpenAI lancia browser AI per sfidare Google Chrome

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OpenAI si prepara a lanciare nelle prossime settimane un browser web basato sull’intelligenza artificiale, progettato per competere con Google Chrome, attualmente il software dominante con oltre tre miliardi di utenti a livello globale. A riferirlo sono tre fonti vicine alla vicenda, che hanno chiesto di rimanere anonime in quanto non autorizzate a parlare pubblicamente del progetto. Il nuovo browser, ancora senza un nome ufficiale, sarà integrato con tecnologie proprietarie di OpenAI, con l’obiettivo di trasformare radicalmente l’esperienza di navigazione web attraverso un’interfaccia nativa in stile ChatGPT. Il progetto rappresenta una mossa strategica per entrare in un mercato cruciale per l’ecosistema digitale: il browser di Google è un elemento chiave nel modello di pubblicità online di Alphabet, contribuendo a raccogliere dati sugli utenti per ottimizzare l’inserzione degli annunci. Secondo le fonti, OpenAI punta a ottenere un accesso diretto a questo tipo di dati, oggi uno dei principali vantaggi competitivi di Google. Il nuovo browser sarebbe in grado di mantenere parte delle interazioni degli utenti all’interno dell’interfaccia AI, riducendo la necessità di cliccare su link o visitare direttamente siti esterni. Basato su Chromium, il codice open source alla base di Chrome, il software di OpenAI potrebbe integrarsi con strumenti AI come Operator, agenti capaci di svolgere compiti complessi per conto dell’utente, come prenotazioni online o compilazione di moduli. Secondo una fonte, lo sviluppo di un browser proprietario — invece che un’estensione su browser esistenti — risponde all’esigenza di un controllo più diretto sui dati e sull’interfaccia utente. L’azienda non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma ha confermato a maggio l’intenzione di espandersi anche nel settore hardware, dopo l’acquisizione da 6,5 miliardi di dollari della startup io, fondata dall’ex designer di Apple Jony Ive. Attualmente, il mercato dei browser è dominato da Google con una quota superiore ai due terzi, seguito da Safari di Apple con circa il 16%, secondo i dati di StatCounter. OpenAI, dal canto suo, dichiara 500 milioni di utenti settimanali attivi su ChatGPT e 3 milioni di utenti business paganti, numeri che, se convertiti anche solo in parte al nuovo browser, potrebbero incidere significativamente sugli equilibri del settore. Il nuovo browser si inserisce in un contesto di forte concorrenza: nei giorni scorsi Perplexity ha lanciato il suo browser Comet, capace di navigare ed eseguire azioni automatizzate, mentre altre startup come The Browser Company e Brave stanno rilasciando soluzioni simili con funzioni di sintesi e interazione AI. Intanto, Google ha annunciato l’intenzione di ricorrere in appello contro la decisione di un tribunale statunitense che ha giudicato la sua posizione nel settore della ricerca online come monopolistica, su istanza del Dipartimento di Giustizia. Due dei vicepresidenti oggi in OpenAI provengono da Google, dove avevano lavorato allo sviluppo originario di Chrome. Secondo quanto riportato da The Information, OpenAI avrebbe anche valutato in passato la possibilità di acquistare Chrome, qualora fosse stato imposto un disinvestimento da parte di Alphabet.

Angelo Grimaldi nominato in Snam alle relazioni esterne

Angelo Grimaldi Snam

Angelo Grimaldi è il nuovo direttore delle relazioni esterne di Snam, incarico formalizzato nel mese di luglio 2025 e che segna l’avvio di una nuova fase nella struttura organizzativa dell’azienda. Grimaldi prende il posto di Cecilia Gatti e assume la responsabilità esclusiva del perimetro degli Affari Istituzionali. La nomina rientra nel piano di riorganizzazione interna avviato dall’amministratore delegato Agostino Scornajenchi, con l’obiettivo di ridefinire le aree strategiche della società. Contestualmente all’ingresso di Grimaldi, Snam ha annunciato un altro cambiamento ai vertici: Monica Cassano è stata nominata nuova responsabile communication e media relations. Anche Cassano arriva da CDP Venture Capital, dove ha ricoperto il ruolo di direttrice della comunicazione. Il profilo professionale di Angelo Grimaldi include una consolidata esperienza nel settore energetico e nei rapporti istituzionali. Prima dell’ingresso in Snam ha ricoperto il ruolo di corporate affairs director in CDP Venture Capital, con responsabilità nella gestione e sviluppo delle relazioni istituzionali. In precedenza ha svolto incarichi con crescente responsabilità nel gruppo CDP e ha lavorato anche in Eni, maturando competenze nel campo degli affari pubblici e dell’energia.

Google, con le AI Overviews crollano i clic ai siti di notizie

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Google ha intensificato la diffusione delle sue AI Overviews a partire da maggio 2024 negli Stati Uniti, e nuovi dati rivelano l’impatto diretto sulle abitudini di ricerca degli utenti e sul traffico verso i principali editori digitali. Secondo l’analisi di Similarweb, pubblicata da Press Gazette, i riepiloghi generati dall’intelligenza artificiale di Google stanno alimentando un significativo aumento delle ricerche zero-click, cioè quelle in cui gli utenti non cliccano su alcun risultato esterno, penalizzando così il traffico organico verso i siti di notizie. Nel mese di maggio 2025, Mail Online ha registrato AI Overviews attivati per 32 delle sue 100 parole chiave principali. In questi casi, nel 68,8% delle ricerche gli utenti non hanno effettuato alcun clic, una percentuale superiore alla media complessiva del sito che si attesta al 54,9%. Il trend è stato simile nei mesi precedenti: ad aprile 2025 la percentuale di ricerche zero-click con AI Overview era al 69,2%, a marzo al 71,3%. Quando la funzione è stata introdotta, nel maggio 2024, il tasso era del 48%. Anche altri brand come People.com (40 keyword con AI Overview) e Buzzfeed (36 keyword) hanno sperimentato percentuali simili: People ha registrato un 71,2% di ricerche zero-click con AI Overviews e un 65,6% complessivo. Buzzfeed è passato dal 52,8% al 60,7% complessivo, con un picco del 69,2% nei casi in cui erano presenti riepiloghi IA. Tra i casi più rilevanti figura Ouest France, con un incremento di 14,7 punti percentuali nelle ricerche zero-click in un anno (dal 39,8% al 54,5%). Dati comparabili emergono per MSN.com, cresciuto dal 42,4% al 56,1%. I tassi più elevati di zero-click con AI Overview sono stati osservati sul sito giapponese Livedoor (79,5%), sul russo Komsomolskaya Pravda (79%) e su CBS News (75,1%). Tuttavia, non tutti i 100 principali brand hanno mostrato aumenti: circa un quarto ha visto diminuire le ricerche senza clic e 35 hanno registrato meno zero-click in presenza delle panoramiche AI rispetto alla media. Secondo Similarweb, la media globale delle ricerche di notizie senza clic su Google è salita dal 56% al 69% in un anno. Questo dato indica un cambiamento significativo nel comportamento degli utenti, che tendono sempre più a ottenere le risposte direttamente nella pagina dei risultati. Contestualmente, il traffico organico verso i siti editoriali è sceso da oltre 2,3 miliardi di visite al picco a meno di 1,7 miliardi. Una denuncia è stata presentata alla Competition and Markets Authority del Regno Unito, in cui si accusa Google di utilizzare contenuti degli editori per alimentare le AI Overviews senza offrire un’opzione concreta per rinunciare. Secondo la denuncia, rifiutare lo scraping equivale a sparire dai risultati di ricerca, salvo accettare il formato “no snippet”, considerato meno efficace. Un portavoce di Google ha dichiarato la scorsa settimana: “Più di qualsiasi altra azienda, Google dà priorità all’invio di traffico verso il web e ogni giorno inviamo miliardi di clic sui siti web. Le nuove esperienze di intelligenza artificiale nella Ricerca consentono alle persone di porre ancora più domande, creando nuove opportunità di scoperta di contenuti e aziende. Gli editori hanno il controllo su quali contenuti appaiono nella Ricerca, incluse le Panoramiche basate sull’intelligenza artificiale”. Negli Stati Uniti, i dati mostrano che il tasso di ricerche zero-click per i principali siti di notizie è aumentato dal 52,8% al 55,2%. Tra i brand con più AI Overviews a maggio: Us Weekly (40), Mail Online (39), Buzzfeed (36), People (32), Men’s Journal (31) e Mirror US (30). Le testate con i tassi più alti di zero-click in presenza di panoramiche AI includono The Gateway Pundit (88,3%), Yahoo News (78%) e Politico (77,1%). Alcune, come Yahoo News, hanno mostrato una marcata differenza tra le ricerche zero-click con AI Overview (78%) e quelle complessive (51%). Il marchio con la maggiore variazione nell’ultimo anno è il Farmingdale Observer, che ha visto aumentare il tasso di zero-click dal 40,9% al 71,7%. Tra le testate con redazioni statunitensi, l’Independent è passato dal 52,4% al 63,6%. In controtendenza, il New York Times ha registrato un tasso inferiore di zero-click quando erano presenti AI Overview (25,2%) rispetto alla media complessiva (40,1%), sebbene i casi rilevati fossero limitati a sei parole chiave. Google ha affermato di non attivare le AI Overviews per le query di notizie concrete, il che spiegherebbe perché i contenuti lifestyle o evergreen sono più esposti. Nove siti tra i top 100 negli Stati Uniti, tra cui Yahoo Finance e Breitbart, non hanno attivato alcuna panoramica AI su keyword principali. Parallelamente, Similarweb ha registrato una crescita significativa nell’utilizzo di ChatGPT per le notizie, con un aumento del 212% tra gennaio 2024 e maggio 2025 nelle query informative, mentre le ricerche su Google sono calate del 5%. A maggio 2025, ChatGPT ha raggiunto 60,2 milioni di utenti unici sul web e 46,6 milioni tramite app. Tra i siti che ricevono più traffico da ChatGPT figurano Reuters, Business Insider, Wall Street Journal e Forbes, trainati dall’interesse per aggiornamenti finanziari e di mercato in tempo reale.

Editori denunciano Google alla Commissione Europea: “L’IA ci toglie lettori”

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Il 30 giugno 2025, l’Independent Publishers Alliance ha presentato un reclamo antitrust alla Commissione Europea contro Google, accusando l’azienda di abuso di posizione dominante nell’ambito dei servizi di ricerca online basati su intelligenza artificiale. Secondo il documento visionato da Reuters, il colosso tecnologico utilizzerebbe indebitamente i contenuti editoriali per generare le cosiddette Panoramiche AI, ossia riepiloghi automatici mostrati in cima ai risultati di ricerca, a scapito dei link originali degli editori. La denuncia, firmata anche da Foxglove Legal Community Interest Company e Movement for an Open Web, include la richiesta di una misura provvisoria per evitare danni considerati “gravi e irreparabili” all’intero comparto editoriale. Le Panoramiche AI di Google sono attive in oltre 100 paesi e, dal maggio scorso, includono anche contenuti pubblicitari. Secondo i firmatari, la funzione consente all’azienda di sintetizzare risposte utilizzando materiale prelevato dai siti web senza che gli editori possano opporsi, se non rinunciando alla propria presenza nella pagina dei risultati. “Il principale motore di ricerca di Google sta utilizzando in modo improprio i contenuti web per le panoramiche AI di Google nella Ricerca Google, il che ha causato e continua a causare danni significativi agli editori, compresi quelli di notizie, in termini di traffico, lettori e perdite di fatturato”, si legge nel reclamo ufficiale. La coalizione ritiene che il posizionamento prioritario dei riepiloghi generati dall’IA produca una distorsione della concorrenza, in quanto riduce la visibilità dei contenuti originali a vantaggio di un prodotto interno a Google. Inoltre, viene segnalata l’impossibilità per gli editori di escludersi dall’uso dei propri dati nei modelli linguistici IA senza subire penalizzazioni in termini di indicizzazione. “Gli editori che utilizzano la Ricerca Google non hanno la possibilità di scegliere di non far sì che il loro materiale venga acquisito per l’addestramento del modello linguistico di grandi dimensioni dell’intelligenza artificiale di Google e/o che venga scansionato per i riepiloghi, senza perdere la possibilità di comparire nella pagina dei risultati di ricerca generali di Google”, prosegue la nota. Google ha replicato che le sue innovazioni IA incrementano il numero di ricerche e creano nuove opportunità di traffico per i siti web. “Le nuove esperienze di intelligenza artificiale nella Ricerca consentono alle persone di porre ancora più domande, creando nuove opportunità di scoperta di contenuti e aziende”, ha dichiarato un portavoce. L’azienda ha inoltre sottolineato di inviare ogni giorno miliardi di clic ai contenuti dei siti partner, e ha contestato la fondatezza dei dati forniti dai ricorrenti, ritenuti “altamente incompleti e distorti”. Il sito dell’Independent Publishers Alliance descrive l’organizzazione come una comunità non profit a sostegno degli editori indipendenti, senza però elencarne i membri. Tra i promotori dell’azione figura Foxglove, gruppo britannico che si occupa di giustizia digitale. La direttrice esecutiva Rosa Curling ha dichiarato: “Le notizie indipendenti si trovano ad affrontare una minaccia esistenziale: le panoramiche basate sull’intelligenza artificiale di Google. Ecco perché con questa denuncia, Foxglove e i nostri partner stanno sollecitando la Commissione europea, insieme ad altri enti regolatori in tutto il mondo, a prendere posizione e consentire al giornalismo indipendente di non partecipare”. Un reclamo analogo è stato presentato anche all’Autorità garante della concorrenza del Regno Unito, che ha confermato di aver ricevuto la segnalazione. La Commissione Europea, invece, ha rifiutato di commentare ufficialmente. La vicenda europea si inserisce in un contesto globale in cui crescono i contenziosi contro i modelli di intelligenza artificiale generativa, in particolare quando si fondano su contenuti prelevati senza consenso. Un caso simile è stato avviato negli Stati Uniti da Chegg, azienda statunitense di formazione online, che ha intentato una causa federale contro Google, sostenendo che le Panoramiche AI mostrate nei risultati di ricerca abbiano danneggiato il traffico e i ricavi della società. Le sintesi automatiche generate da Google sarebbero infatti costruite anche a partire dai contenuti proprietari di Chegg, senza attribuzione né compenso, penalizzando la visibilità dell’azienda nei risultati di ricerca. Secondo il CEO Nathan Schultz, Google “raccoglie i benefici finanziari dei contenuti di Chegg senza dover spendere un centesimo“, sfruttando la sua posizione dominante. La causa cita le sezioni 1 e 2 dello Sherman Antitrust Act, e arriva in un contesto di difficoltà economiche per Chegg, che ha registrato un calo del 24% nel fatturato annuo del quarto trimestre e una perdita netta di 6,1 milioni di dollari. Nonostante la controversia, Chegg ha avviato collaborazioni con OpenAI, Meta, Anthropic e Mistral per sviluppare strumenti didattici basati su intelligenza artificiale, registrando 3,6 milioni di abbonati, in calo del 21%. Google, da parte sua, ha dichiarato che le Panoramiche AI “indirizzano traffico a una maggiore diversità di siti”, aggiungendo che ogni giorno invia “miliardi di clic” a siti web in tutto il mondo. Nel ricorso, Chegg sottolinea che la propria banca dati da 135 milioni di domande e risposte sarebbe stata impiegata per addestrare i modelli di Google, e allega uno screenshot in cui una risposta generata dall’AI riprende il contenuto del sito Chegg, senza però accreditarlo. L’azienda fa inoltre riferimento a una precedente sentenza federale del 2023 che ha riconosciuto il monopolio di Google nella ricerca online, in seguito a un’azione del Dipartimento di Giustizia.

X lancia AI per scrivere note di fact-checking, ma il controllo resta agli utenti umani

Elon Musk X

X ha annunciato l’introduzione di bot basati sull’intelligenza artificiale per il suo sistema di fact-checking collaborativo, affidato dal 2022 al meccanismo delle Community Notes. Il progetto, avviato in forma sperimentale, consente agli sviluppatori di creare AI Note Writers, strumenti capaci di scrivere autonomamente note di contesto da associare ai post pubblicati sulla piattaforma. La novità è stata comunicata dal social in un aggiornamento ufficiale, in cui si legge: “Il programma inizia con un progetto pilota e verrà ampliato nel tempo. L’obiettivo è rendere il contributo alle Community Notes un’esperienza straordinaria sia per i collaboratori umani che per gli sviluppatori”. Secondo quanto precisato da X, il controllo finale sulle note scritte dai bot resterà affidato agli utenti umani. Le annotazioni generate dall’IA saranno visibili pubblicamente solo se valutate “utili” e saranno “chiaramente contraddistinte” rispetto a quelle scritte da persone. I criteri di approvazione seguiranno lo stesso schema applicato alle note umane, con un algoritmo che assegna un punteggio basato sull’utilità riconosciuta da utenti con prospettive diverse. Inoltre, si prevede che anche i bot debbano “acquisire capacità di scrittura attraverso contributi, analogamente agli scrittori umani”. La scelta di potenziare il fact-checking con strumenti IA generativa si inserisce nel più ampio cambio di strategia adottato da X, che ha da tempo abbandonato la collaborazione con enti terzi certificati per la verifica dei fatti. Il sistema delle Community Notes è stato progettato per coinvolgere gli utenti nella moderazione, dando loro la possibilità di segnalare errori, imprecisioni o contenuti fuorvianti, soprattutto nei post con maggiore diffusione.

Leone XIV: “L’IA è strumento, conta l’intenzione di chi la usa”

Leone XIV

Il 20 giugno, in occasione della Seconda Conferenza Annuale su Intelligenza Artificiale, Etica e Governance d’Impresa in corso presso il Palazzo Apostolico, papa Leone XIV ha inviato un messaggio ai partecipanti richiamando l’urgenza di una riflessione seria sulla dimensione etica dell’intelligenza artificiale. Il pontefice ha sottolineato il ruolo della Chiesa nel partecipare a questi dibattiti, definendoli centrali per il futuro della famiglia umana. “Nessuna generazione ha mai avuto un accesso così rapido alla quantità di informazioni ora disponibile grazie all’intelligenza artificiale”, ha scritto il Papa, precisando tuttavia che “l’accesso ai dati – per quanto esteso – non deve essere confuso con l’intelligenza”, poiché “l’autentica saggezza ha più a che fare con il riconoscimento del vero significato della vita che con la disponibilità di dati”. Nel messaggio, il pontefice ha descritto l’intelligenza artificiale come “soprattutto uno strumento”, che trae “gran parte della sua forza etica dalle intenzioni degli individui che lo utilizzano”. Il Papa ha citato esempi di applicazione positiva della tecnologia, ma ha avvertito del rischio che essa venga impiegata per “un guadagno egoistico a spese di altri o, peggio, per fomentare conflitti e aggressioni”. A suo avviso, “insieme al suo straordinario potenziale di beneficio per la famiglia umana, il rapido sviluppo dell’IA solleva anche interrogativi più profondi circa l’uso appropriato di tale tecnologia per generare una società globale più autenticamente giusta e umana”. Il Vaticano ha ribadito il proprio impegno per un confronto costruttivo, mirato a valutare “le implicazioni dell’IA alla luce dello sviluppo integrale della persona umana e della società”, richiamando il rispetto della “dignità di ogni persona umana” e delle “ricchezze culturali e spirituali” dei popoli. Il messaggio include un riferimento diretto alle nuove generazioni: “Tutti noi, ne sono certo – ha aggiunto il Pontefice -, siamo preoccupati per i bambini e i giovani e per le possibili conseguenze dell’uso dell’IA sul loro sviluppo intellettuale e neurologico. I nostri giovani devono essere aiutati, e non ostacolati, nel loro cammino verso la maturità e la vera responsabilità”.

Google AI Mode cambia le regole: addio ai link, cala il traffico ai media fino al 40%

Google AI mode

L’introduzione dell’AI Mode all’interno di Google Search segna un passaggio cruciale nella storia dell’informazione digitale, incidendo direttamente sull’ecosistema dei siti di news e sull’equilibrio dell’open web. Annunciata al Google I/O 2023 e potenziata nel 2024 con l’integrazione dei modelli Gemini, questa tecnologia rappresenta la trasformazione definitiva della Search Generative Experience e si prepara a un rilascio globale entro la fine del 2025. CHE COS’È AI MODE E COME FUNZIONA Con l’introduzione della nuova AI Mode direttamente nella homepage di Google, la ricerca sul web entra in una fase del tutto nuova. Diversamente dalla tradizionale pagina di ricerca, che mostra una lista ordinata di link in base alla pertinenza, AI Mode fornisce una risposta generata dall’intelligenza artificiale, costruita in tempo reale sulla base delle informazioni presenti sul web. Il funzionamento è simile a una conversazione: l’utente può porre domande complesse, ricevere risposte articolate e porre domande successive per chiarimenti o approfondimenti. L’obiettivo, spiegano da Mountain View, è quello di offrire un’assistenza intelligente che vada oltre il semplice accesso ai siti. Questa modalità si distingue anche dalle AI Overview, attive in Italia dal 26 marzo, che mostrano brevi sintesi in linguaggio naturale in cima ai risultati tradizionali. Come specifica Google, queste vengono compilate da Gemini “traendo informazioni dai migliori risultati di ricerca, e includendo link che corroborino le informazioni che vengono presentate”. La decisione su quando mostrarle dipende dal contesto: “a seconda del grado di fiducia nella qualità dei risultati: non ci saranno per temi particolarmente sensibili o pericolosi, e potrebbero non apparire per notizie dell’ultimo minuto”. Ma a differenza delle Overview – che restano brevi e sintetiche – AI Mode è progettata per fornire ragionamenti, confronti dettagliati, analisi approfondite e risposte multimodali. “L’obiettivo principale di questi cambiamenti – ha spiegato Elizabeth Reid, responsabile della Search di Google – è anzitutto quello di rendere più semplice e immediato porre domande: perché questa è la prima esigenza degli utenti” […]. “Noi vogliamo garantire la migliore esperienza agli utenti. Vogliamo non solo organizzare la conoscenza, ma anche renderla utile e ricca, accessibile in modo affidabile, semplice: in altre parole, democratizzare la comprensione delle informazioni. L’intelligenza artificiale non vuole porsi come rimpiazzo, ma come ausilio per navigare la ricchezza della rete”. AI Mode è ancora in fase sperimentale, ma si candida a ridefinire il modo in cui interagiamo con la conoscenza online, in un contesto in cui – come osserva Reid – “rendendo più semplice fare domande, e fornendo un contesto alle risposte, le persone aumentano le loro curiosità. Si sentono più spinte a cercare. D’altronde, quando siamo bambini continuiamo a chiedere: ‘Perché? Perché’. Poi smettiamo: ma se si rende il processo di ricerca più semplice, torniamo a essere più curiosi. E questo è un bene”. TRASFORMAZIONE RADICALE Per i siti di news, l’avvento dell’AI Mode rappresenta una trasformazione radicale. Lo storico meccanismo di acquisizione del traffico tramite motori di ricerca è messo in crisi: le risposte fornite direttamente da Google riducono la necessità di accedere ai link esterni. Secondo dati raccolti da SimilarWeb, piattaforme come Wikipedia, YouTube, Reddit, Yahoo e persino Google Search in versione browser stanno registrando un calo di traffico tra il 2% e il 6%. In controtendenza, la piattaforma ChatGPT ha registrato un aumento del 15% delle visite nel solo mese di aprile 2025, superando i 5 miliardi di accessi e diventando il quinto sito più visitato al mondo. Il fenomeno riflette la crescente abitudine degli utenti ad affidarsi ai large language model per trovare risposte, riducendo così la necessità di consultare i siti web tradizionali. IMPATTO NEGATIVO Secondo il Wall Street Journal, il 40% del traffico dei principali siti di informazione proviene da ricerche su Google. L’introduzione dell’AI Mode, che fornisce risposte esaustive direttamente nella pagina di ricerca, rischia di causare una perdita tra il 20% e il 40% del traffico per molti editori. Una ricerca del Brookings Institute stima che entro il 2026, il 25% del traffico generato dai motori di ricerca verrà perso a causa dell’adozione delle AI search. ACCORDI EDITORIALI CON LE BIG TECH Per mitigare l’impatto economico, alcuni grandi gruppi editoriali hanno siglato accordi con aziende che sviluppano modelli linguistici. News Corp riceverà da OpenAI 250 milioni di dollari in cinque anni. Axel Springer ne otterrà circa 30 milioni in tre anni, mentre il Financial Times tra i 5 e i 10 milioni l’anno. Accordi simili sono stati sottoscritti anche da Gedi, Le Monde, Prisa Media e Vox Media. “ESTINZIONE DIGITALE” Il rischio maggiore riguarda le piccole testate e i progetti editoriali indipendenti, spesso esclusi da questi accordi e fortemente dipendenti dal traffico organico. Senza visibilità nei risultati AI, questi siti rischiano l’estinzione digitale. È un circolo vizioso: meno visite significano minori entrate, quindi meno contenuti e quindi minore utilità per i motori di ricerca e i modelli AI, che rischiano così di perdere l’accesso a fonti diversificate e aggiornate. SBAGLIARE CON SICUREZZA Il Columbia Journalism Review (CJR) ha analizzato le prestazioni di otto chatbot AI — tra cui ChatGPT, Perplexity, Gemini, Grok e Copilot — nel riconoscere e citare correttamente articoli giornalistici. I risultati mostrano che, nel 60% dei casi, le risposte erano sbagliate o mancavano di indicazioni sulle fonti. Il tasso di errore variava dal 37% (Perplexity) al 94% (Grok 3), con errori spesso presentati “con una sicurezza allarmante”, senza segnali di dubbio o ammissione d’incertezza. A peggiorare la situazione, i modelli premium — come Perplexity Pro e Grok 3 — risultavano più affidabili nel rispondere, ma anche più propensi a generare errori sicuri. Un problema grave riguarda gli URL inventati o errati: Grok 3 ha generato 154 link sbagliati su 200, compromettendo la possibilità degli utenti di verificare le informazioni. Inoltre, i chatbot spesso violano i protocolli robots.txt, ignorando le restrizioni imposte dai siti per bloccare la scansione dei contenuti. Perplexity Pro è stato il “peggior trasgressore”. In parallelo, alcune aziende AI hanno avviato accordi di licenza con editori per accedere ai contenuti in modo regolare. È il caso di OpenAI, che ha stretto accordi con Schibsted e Guardian. Tuttavia, anche in

Papa Leone XIV eredita i social ufficiali del papato, in nove lingue per 52 milioni di follower

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Papa Leone XIV ha assunto oggi la gestione degli account social ufficiali del papato su X e Instagram, mantenendo attiva la presenza digitale della Santa Sede. A comunicarlo è il Dicastero per la Comunicazione, specificando che il pontefice ha deciso di mettere da parte il suo account personale su X (@drprevost) e di proseguire la comunicazione istituzionale attraverso i profili già utilizzati dai suoi predecessori. L’account @Pontifex su X, attivo dal 2012, era stato inizialmente creato durante il pontificato di Benedetto XVI, per poi essere utilizzato da Papa Francesco. Oggi conta un totale di 52 milioni di follower distribuiti su nove lingue: inglese, spagnolo, portoghese, italiano, francese, tedesco, polacco, arabo e latino. Si tratta di uno dei più ampi canali digitali gestiti da un capo di Stato, oltre che di una delle principali fonti di comunicazione ufficiale del Vaticano. Parallelamente, su Instagram, Papa Leone XIV utilizzerà il profilo @Pontifex – Pope Leo XIV, considerato il solo account ufficiale del pontefice sulla piattaforma. Anche in questo caso si conferma la continuità con l’account di Papa Francesco, @Franciscus, che resterà online ma non più attivo per nuovi contenuti. Il Dicastero ha inoltre reso noto che i contenuti pubblicati da Papa Francesco verranno archiviati in una sezione dedicata del sito istituzionale Vatican.va, dove resteranno consultabili per studiosi, fedeli e media.

Papa Leone XIV studia un’etica per l’intelligenza artificiale

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Papa Leone XIV ha delineato fin dal primo giorno del suo pontificato una direzione precisa: collocare l’essere umano e il lavoro al centro del discorso pubblico e della riflessione ecclesiale, in un’epoca dominata dall’avanzata della intelligenza artificiale. La scelta del nome papale, evocativa della storica enciclica Rerum Novarum promulgata nel 1891 da Leone XIII, rappresenta un segnale chiaro dell’intenzione di affrontare, in chiave moderna, i nodi centrali della questione sociale. Fonti vaticane indicano che Leone XIV potrebbe pubblicare una nuova enciclica, provvisoriamente ribattezzata Rerum Digitalium, dedicata ai diritti dei lavoratori e alla giustizia sociale nell’ambito del cosiddetto umanesimo digitale. Nel suo primo discorso pubblico, Papa Leone XIV ha posto l’accento sulla necessità di un utilizzo etico e responsabile dell’intelligenza artificiale, denunciando il rischio di una crescente dipendenza tecnologica in grado di compromettere la libertà decisionale e la responsabilità morale dell’essere umano. In linea con il pensiero del suo predecessore Francesco, Prevost ha richiamato la recente nota dottrinale vaticana Antiqua et Nova, pubblicata nel gennaio 2025, che sottolinea l’importanza di un approccio etico integrale nei confronti della tecnologia. Il documento afferma che l’intelligenza umana deve restare il fondamento di ogni processo decisionale, ribadendo che il dono dell’intelletto è parte essenziale dell’essere stati creati a immagine di Dio. L’orientamento teologico e sociale del pontefice è influenzato dalla tradizione agostiniana, alla quale egli stesso ha fatto riferimento durante l’omelia di insediamento, citando la necessità di promuovere cooperazione internazionale, solidarietà e sostenibilità ambientale. La futura enciclica potrebbe quindi configurarsi come un’estensione della dottrina sociale della Chiesa nella contemporaneità, offrendo linee guida globali su come l’umanità debba affrontare la transizione verso un’economia e una società sempre più automatizzate. “Ho pensato di prendere il nome di Leone XIV perché il Papa Leone XIII, con la storica Enciclica Rerum Novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima rivoluzione industriale; oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale”, ha dichiarato il neo pontefice.

Spotify paga 100 milioni di dollari ai creator per sfidare YouTube

Spotify logo

Spotify ha distribuito oltre 100 milioni di dollari a editori e creatori di podcast da gennaio 2025, nell’ambito di un nuovo programma di partnership introdotto quest’anno. Lo ha dichiarato la stessa azienda in un’intervista con il DealBook del New York Times. Il progetto mira ad attrarre nuovi creator e i loro pubblici, cercando di contrastare il dominio crescente di YouTube, che ha consolidato la propria posizione nel mercato grazie alla popolarità dei podcast video. Secondo un rapporto pubblicato a gennaio da Edison Research, più della metà degli americani sopra i 12 anni guarda podcast in formato video, prevalentemente su YouTube. La piattaforma di Google dichiara di raggiungere un miliardo di utenti mensili, superando di gran lunga i 170 milioni di ascoltatori mensili di Spotify su un pubblico totale di 675 milioni. Dal 2021 al 2024, YouTube ha pagato oltre 70 miliardi di dollari ai creator e ai media partner, mentre Spotify ha deciso di cambiare approccio solo nel 2025, offrendo ricompense economiche aggiuntive basate sull’interazione dei propri abbonati premium. Il nuovo programma rappresenta una svolta per Spotify, che finora condivideva solo i ricavi pubblicitari, come YouTube. Oggi l’azienda integra quei pagamenti con incentivi legati al caricamento di contenuti video originali. Inoltre, ha annunciato che in alcuni mercati gli utenti premium non vedranno più annunci dinamici nei podcast video, una mossa pensata per aumentare l’engagement. Secondo dati interni, il consumo video sulla piattaforma è cresciuto di oltre il 40% da gennaio. Tra i beneficiari del programma, David Coles, creatore del podcast horror “Just Creepy: Scary Stories”, ha riferito che i suoi guadagni trimestrali da Spotify sono passati da 45.500 a 81.600 dollari grazie alla nuova formula. Coles ha affermato di aver rivalutato la sua “piattaforma di casa”. Un impatto simile è stato registrato anche da YMH Studios, network di podcast comici con oltre 2,1 milioni di iscritti su YouTube, che ha dichiarato di aver triplicato i propri ricavi su Spotify, pur senza rivelare le cifre esatte. Spotify, quotata alla Borsa di New York ma con sede a Stoccolma, pubblicherà i risultati finanziari martedì: secondo le stime di S&P Capital IQ, otterrà un utile ante imposte di circa 540 milioni di euro su vendite per 4,2 miliardi. L’azienda, che ha raggiunto la prima piena redditività annuale nel 2024, continua a distribuire e vendere spazi pubblicitari per uno dei podcast più seguiti al mondo, “The Joe Rogan Experience”, disponibile anche su YouTube. Spotify punta ora a recuperare terreno nel settore, investendo su strumenti di monetizzazione diretta e sulla fidelizzazione dei creator.