Il New York Times fa causa al Pentagono: stretta su accesso e sanzioni ai reporter

Times insegna

Il New York Times ha presentato una causa federale a Washington, contro il Dipartimento della Difesa e il segretario Pete Hegseth, dopo l’introduzione di nuove regole che limitano il lavoro dei giornalisti assegnati al Pentagono. L’azione legale è stata avviata perché le disposizioni vengono considerate dal quotidiano una violazione della libertà di stampa garantita dal Primo Emendamento. Secondo il giornale, le regole decidono cosa i reporter possano o non possano chiedere e pubblicare, riducendo il loro accesso alle informazioni pubbliche su attività militari e decisioni governative.

La causa è stata depositata nel tribunale distrettuale della capitale, spiegando che i nuovi limiti obbligano i reporter a firmare un modulo di 21 pagine. Quel documento vieta di “sollecitare dipendenti governativi a violare la legge fornendo informazioni governative riservate” e riduce la libertà di movimento all’interno del quartier generale del Pentagono. Il NYT sostiene che la politica possa portare a sanzioni se viene pubblicata “qualsiasi informazione non approvata dai funzionari del dipartimento”, anche quando raccolta fuori dal Pentagono. Il portavoce del quotidiano Charlie Stadtlander ha parlato di “un tentativo di esercitare controllo sul reporting che il governo non gradisce”, dichiarando che il giornale “intende difendersi con vigore contro la violazione di questi diritti”.

La reazione dei media è stata immediata. In ottobre, le principali agenzie e testate statunitensi, tra cui Associated Press, Reuters, Washington Post, Guardian, Atlantic, hanno restituito gli accrediti, spiegando che la nuova policy è “senza precedenti” e che “minaccia protezioni giornalistiche fondamentali”. Le reti televisive Abc, Cbs, Cnn, Nbc, Fox News e la conservatrice NewsMax hanno comunicato che continueranno a seguire le notizie riguardanti le forze armate, affermando di voler sostenere i principi di una stampa libera e indipendente. Le uniche testate che hanno accettato e firmato le nuove regole sono One America News Network, il New York Post e Breitbart News.

Il Pentagono ha respinto le accuse. Il portavoce Sean Parnell ha dichiarato che la policy “non chiede loro di essere d’accordo, solo di riconoscere di aver capito qual è la nostra politica”. Secondo Parnell, la reazione dei giornalisti sarebbe stata eccessiva: “Questo ha portato i reporter ad avere un crollo totale e a piangersi addosso online. Sosteniamo la nostra politica perché è ciò che è meglio per le nostre truppe e per la sicurezza nazionale di questo paese”.

Il cambio di atmosfera è apparso evidente nei briefing più recenti nella sala stampa del Pentagono, dove sono stati visti soprattutto esponenti dei media di destra e commentatori considerati più vicini all’amministrazione, mentre gran parte del tradizionale corpo stampa non era presente dopo aver rifiutato di accettare le norme.

Il rapporto tra il New York Times e l’amministrazione Trump è già stato segnato da conflitti. In passato il presidente ha definito il giornale “uno dei giornali peggiori e più degenerati nella storia del nostro Paese” e “portavoce del Partito Democratico di Sinistra Radicale”. Il quotidiano era intervenuto a luglio a sostegno del Wall Street Journal, non ammesso a seguire il presidente in Scozia dopo articoli sul caso Epstein; mentre a settembre Trump ha fatto causa al NYT per 15 miliardi di dollari per presunta diffamazione.

Nel nuovo documento giudiziario, la causa sostiene che la politica del Pentagono “incarna esattamente quel tipo di limitazione alla libertà di parola e di stampa” che le corti hanno già riconosciuto come illegittima. Le regole stabilite dal segretario alla Guerra Pete Hegseth codificano limiti severi all’accesso e introducono la possibilità di revocare le credenziali semplicemente per aver chiesto informazioni di interesse pubblico. Il Pentagono dichiara che le nuove restrizioni servono a proteggere la sicurezza nazionale, mentre i media affermano che si rischia di “criminalizzare l’attività giornalistica relativa alla sicurezza nazionale”.