Le testate giornalistiche si trovano ad affrontare un momento cruciale a causa del drastico calo del traffico di ricerca, storica fonte di accesso del pubblico alle notizie. Questa diminuzione, osservata da numerose redazioni attraverso strumenti di analisi come Chartbeat, coincide con l’adozione sempre più estesa da parte di Google di riassunti generati dall’intelligenza artificiale nelle pagine dei risultati. In passato, anche durante la rivoluzione dei social media, Google era rimasto un canale stabile di riferimento per la distribuzione delle notizie. Ora, secondo quanto riportato da Courtney Radsch durante il summit Hacks/Hackers AI x Journalism, “il traffico di ricerca non tornerà mai più”.
Al summit, tenutosi recentemente con la partecipazione di redazioni di alto profilo come il Washington Post, il New York Times e l’Associated Press, l’atmosfera era carica di consapevolezza del cambiamento in corso. Secondo Alex Mahadevan, direttore di MediaWise, il tono generale è stato schietto ma anche aperto all’innovazione. La crisi attuale è percepita come un nuovo punto di svolta tecnologico, paragonabile all’arrivo di internet o dei social media.
Le preoccupazioni maggiori derivano da due elementi principali. Da un lato, la perdita di traffico verso le testate ha conseguenze dirette sulle entrate pubblicitarie e sull’efficacia del giornalismo nel raggiungere il pubblico. Dall’altro, i riassunti IA implementati da Google spesso impediscono agli utenti di cliccare sui link alle fonti originali, anche quando esistono contenuti accurati e approfonditi. Questo comporta non solo una perdita di visibilità, ma anche una potenziale disinformazione, poiché i modelli generativi possono restituire risposte errate o “allucinate”.
Tuttavia, i dati presentati da Mahadevan mostrano anche un quadro più articolato. Uno studio condotto da Nick Hagar della Northwestern University ha rilevato che meno del 2% delle query rivolte a chatbot come ChatGPT riguardano notizie. Inoltre, una ricerca con Ben Toff dell’Università del Minnesota ha evidenziato che meno della metà della popolazione utilizza regolarmente strumenti di intelligenza artificiale per informarsi. Una quota significativa degli intervistati ha espresso esplicitamente di non voler ricevere le notizie da un chatbot.
Il vero impatto, secondo Mahadevan, arriva dall’integrazione dell’intelligenza artificiale nei motori di ricerca. Le AI overview di Google sintetizzano risposte a domande degli utenti (come quelle sul nuovo papa) precludendo spesso la consultazione di fonti giornalistiche legittime. Inoltre, anche se in pochi usano oggi i chatbot per informarsi, l’eventuale adozione futura rischia di sottrarre traffico di referral non tracciabile.
Nel corso delle discussioni è emersa una riflessione sull’evoluzione necessaria del modello di business giornalistico. Mahadevan osserva che molte testate hanno ancora una forte dipendenza dalla pubblicità, alimentata proprio dal traffico. Se questo si riduce drasticamente, diventa urgente ripensare il rapporto col pubblico. L’esempio di Craigslist è ricorrente: ha sottratto entrate agli annunci tradizionali offrendo un servizio più accessibile. Analogamente, Google oggi offre comodità agli utenti, e le redazioni devono interrogarsi su come offrire valore aggiunto.
Elite Truong, ex vicepresidente dell’American Press Institute, ha proposto un modello centrato sul pubblico più che sugli strumenti. La sua sessione, focalizzata sulla soddisfazione dei bisogni informativi secondo la piramide di Maslow, ha suggerito un approccio che vada oltre l’ottimizzazione SEO o l’automazione redazionale. In particolare, la sfida è capire se le redazioni stiano davvero servendo i bisogni informativi delle diverse fasce di pubblico.
Mahadevan sottolinea che l’intelligenza artificiale rappresenta anche un’opportunità per migliorare la personalizzazione dei contenuti. A titolo esemplificativo, cita un caso locale: un articolo sul nuovo ristorante Melting Pot a Central Avenue può interessare in modo diverso un residente anziano e un giovane appena trasferito. La differenziazione delle modalità di fruizione — video per i più giovani, newsletter per altri — può aiutare a raggiungere pubblici differenti con lo stesso contenuto base.
Infine, Mahadevan osserva che la domanda centrale da porsi non riguarda solo la sopravvivenza del giornalismo, ma il suo scopo e il valore per la società. L’IA sta stravolgendo non solo i flussi informativi ma anche il modo in cui il lavoro giornalistico viene percepito e distribuito. In questo scenario, i giornalisti possono riscoprire un ruolo centrale offrendo contenuti affidabili, contestualizzati e umanamente rilevanti, proprio mentre gran parte del pubblico mostra diffidenza verso l’automazione informativa.
(in foto, Liz Reid, responsabile della ricerca di Google – AP Photo/Jeff Chiu)