La Commissione europea ha aperto un’indagine su Google per verificare se l’azienda abbia utilizzato contenuti editoriali e video caricati su YouTube per addestrare i propri sistemi di intelligenza artificiale senza una compensazione adeguata. L’attenzione è rivolta alle condizioni imposte agli editori e ai creatori, al modo in cui i contenuti sono stati raccolti e all’impatto che ciò potrebbe avere sul mercato e sui concorrenti.
L’indagine riguarda strumenti come AI Overviews e AI Mode, due funzioni basate sull’IA che compaiono nei risultati di ricerca. Le prime mostrano brevi riepiloghi automatici in cima alla pagina, mentre le seconde offrono risposte più lunghe in un tab separato. Entrambe forniscono subito molte informazioni e, secondo vari editori, riducono la necessità di cliccare sui siti. Per chi produce notizie e analisi, meno clic significa meno lettori e meno entrate pubblicitarie.
La Commissione ha spiegato di essere “preoccupata” che i contenuti possano essere stati utilizzati “senza un’adeguata compensazione per gli editori e senza offrire loro la possibilità di rifiutare”. Alcuni editori hanno segnalato difficoltà nel bloccare i bot di Google senza rischiare di scomparire dai risultati di ricerca. Per questo motivo organizzazioni come Movement for an Open Web, Foxglove e l’Independent Publishers’ Alliance hanno presentato una denuncia. La richiesta è di verificare eventuali condizioni ingiuste e di proteggere ciò che viene descritto come un settore già fragile.
L’analisi della Commissione riguarda anche YouTube, perché i creatori di contenuti, per caricare un video, devono accettare che i loro dati possano essere usati “per diversi scopi, tra cui l’addestramento di modelli di intelligenza artificiale generativa”. Secondo la denuncia, non esiste un compenso specifico per questo utilizzo e le politiche attuali impedirebbero ad altri sviluppatori di IA di accedere allo stesso materiale video. Il tema principale è se questo sistema crei un vantaggio per Google rispetto ai concorrenti.
Alcune associazioni chiedono misure immediate. James Rosewell, co-fondatore di Movement for an Open Web, ha dichiarato che “gli AIO di Google non sono altro che una doppia rapina alla luce del sole: rubano contenuti agli editori per informare i loro modelli e poi usano questi output per rubare loro traffico”. La coalizione afferma che “i piccoli editori stanno soffrendo molto” e chiede interventi provvisori per permettere agli editori di controllare meglio i propri contenuti.
Nel Regno Unito, l’Autorità per la concorrenza e i mercati ha assegnato a Google uno status di mercato strategico per i servizi di ricerca collegati all’IA. Ciò significa che potrebbero essere applicate nuove regole e obblighi. Intanto, alcuni editori stanno sperimentando piani detti “Google Zero” per cercare nuovi modi di raggiungere direttamente gli utenti, senza dipendere dai clic generati dal motore di ricerca.
Un portavoce di Google ha risposto che “questa denuncia rischia di soffocare l’innovazione in un mercato più competitivo che mai”. L’azienda sostiene che gli utenti europei devono poter accedere alle tecnologie più avanzate e che continuerà a collaborare con editori e creatori nel passaggio all’era dell’intelligenza artificiale.