Gedi in trattativa esclusiva con il gruppo greco Antenna

Oggi, alle 17:37 un portavoce di Gedi ha confermato all’Ansa che proseguono le trattative con il gruppo greco Antenna per la possibile vendita degli asset editoriali del gruppo. La notizia è stata diffusa dopo mesi di silenzio ufficiale e ha chiarito che le discussioni alternative con altri soggetti “non hanno alcun fondamento”. L’operazione coinvolge gli editori italiani e un soggetto straniero guidato da Theo Kyriakou, attivo soprattutto nel settore radiofonico e interessato a rilevare giornali, radio e attività digitali. Secondo quanto comunicato, la trattativa era iniziata durante l’estate e riguarda l’intero perimetro delle attività di Gedi, comprese la Repubblica, La Stampa, Huffington Post, le emittenti radiofoniche e le piattaforme digitali, considerate le parti più interessanti per il gruppo greco. Nei giorni scorsi erano circolate ipotesi su offerte provenienti da altri soggetti, inclusa Lmdv, la holding di Leonardo Maria Del Vecchio, ma queste ipotesi sono state smentite dal portavoce. La conferma ha avuto un impatto immediato all’interno delle redazioni. I giornalisti di Repubblica hanno convocato per oggi un’assemblea, spiegando di non aver ricevuto alcuna comunicazione diretta dal presidente John Elkann sulla trattativa. In una nota diffusa a nome del comitato di redazione si legge: “Non resteremo in silenzio a guardare l’orribile spettacolo”, sottolineando il sconcerto per il fatto che la conferma sia arrivata solo tramite agenzie, dopo mesi in cui l’azienda “ha sempre negato l’esistenza stessa della trattativa”. I lavoratori di tutto il gruppo osservano con attenzione gli sviluppi, perché il processo di vendita tocca anche le radio gestite da Gedi. Tra queste ci sono Radio Deejay, Radio Capital, m2o e OnePodcast, dirette editorialmente da Linus (Pasquale Di Molfetta), che dal maggio 2025 sarà presidente di Elemedia, società che gestisce le emittenti. L’interesse di Antenna per il settore radiofonico è indicato come uno degli elementi centrali della possibile operazione. Nei giorni precedenti, fonti vicine a Gedi avevano già indicato che le trattative erano in corso e che non esistevano le condizioni per aprire “nuove strade”. Le notizie erano circolate dopo l’indiscrezione su un’offerta formale presentata da Lmdv Capital ai consigli di amministrazione di Gedi e Exor, holding che controlla il gruppo editoriale. Le ricostruzioni parlano di una cifra di 140 milioni di euro, proposta sia da Kyriakou sia da Del Vecchio. La differenza riguarderebbe il perimetro dell’acquisizione: il primo sarebbe interessato soprattutto a Repubblica e alle radio, mentre Del Vecchio avrebbe puntato all’acquisto dell’intero gruppo, compresa La Stampa. Per il quotidiano torinese resterebbe aperta una trattativa separata con il gruppo editoriale Nem, attivo nel Nord-Est. L’eventuale ingresso del gruppo greco potrebbe inoltre richiedere un esame da parte del governo in tema di golden power, con particolare attenzione all’utilizzo delle frequenze radiofoniche, considerate un possibile asset strategico nazionale. Le verifiche riguarderebbero il socio saudita Bin Salman, che, tramite il fondo sovrano Pif, controlla una quota di Antenna. La conferma dell’esistenza delle trattative arriva dopo mesi di indiscrezioni, richieste di chiarimenti e tensioni interne al gruppo editorialmente più grande del Paese. Le redazioni hanno più volte chiesto un incontro con la proprietà per avere informazioni sulla situazione e per conoscere i piani futuri. In un comunicato diffuso il 7 dicembre, i rappresentanti sindacali hanno dichiarato: “È una ennesima umiliazione nei confronti della redazione”, parlando di richieste rimaste senza risposta e ricordando che “da mesi l’azienda ha sempre negato l’esistenza stessa di una trattativa”. (In foto, John Elkann e Theo Kyriakou)
Corriere della Sera, premio da mille euro se si mantiene distanza da Repubblica

Il Corriere della Sera ha firmato un accordo che prevede un Premio di risultato di mille euro lordi per ogni giornalista della redazione, esclusi Direttore e Vicedirettori, se entro il 31 dicembre 2025 saranno raggiunti tre obiettivi: 750.000 abbonati digitali, il mantenimento della distanza da Repubblica di 88.000 copie, e la realizzazione di tre progetti editoriali. L’accordo è stato firmato il 25 novembre tra l’azienda e il Comitato di redazione. Secondo quanto comunicato alle persone coinvolte, il Premio è legato a produttività, qualità ed efficienza del lavoro. La cifra totale è divisa in tre parti. La prima riguarda il numero degli abbonati digitali: se al 13 dicembre 2025 saranno 750.000, verrà riconosciuto il 50% del Premio, cioè 500 euro. Sono previste quote minori: 450 euro con 700.000 abbonati e 475 euro con 725.000 abbonati. Il secondo obiettivo riguarda la differenza con il diretto concorrente sul mercato, Repubblica. Per ottenere il 30% del Premio, pari a 300 euro, la distanza deve restare di 88.000 copie certificate Ads entro il 31 dicembre 2025. Sono previste gradazioni anche qui: 150 euro con 60.000 copie, 200 euro con 70.000 copie e 250 euro con 80.000 copie. Il terzo obiettivo è la conclusione dei progetti editoriali “Le lezioni del Corriere“, “Life, il bello della vita” e “L’Europa siamo noi“. Se saranno completati entro il 31 dicembre 2025, verrà erogato il 20% del Premio, pari a 200 euro. Il rendiconto finale sarà fatto da azienda e Cdr quando verrà approvato il Bilancio 2025, previsto per aprile 2026. Il Premio sarà pagato nelle buste di giugno 2026. È previsto che la somma non influirà su retribuzione diretta o indiretta, né su trattamento di fine rapporto. Il Premio sarà riconosciuto ai giornalisti assunti a tempo indeterminato, in forza da almeno sei mesi, presenti al 31 dicembre 2025 e alla data di erogazione. Per i giornalisti con contratto articoli 2 e 12, il Premio sarà dato in buoni benzina, nella stessa misura. Le comunicazioni interne hanno ricordato che lo scorso anno la cifra fu più bassa, perché erano diminuite le copie vendute. (In foto, Urbano Cairo e Luciano Fontana)
Il New York Times denuncia Perplexity: contenuti copiati e marchi usati senza permesso

Il New York Times ha presentato una causa contro Perplexity AI presso il Tribunale Distrettuale di New York, accusando la startup di copiare e mostrare contenuti del quotidiano senza permesso per alimentare i propri servizi di intelligenza artificiale. La causa è stata depositata dopo oltre un anno dall’invio di una diffida formale e arriva in un momento in cui la testata è già impegnata in un’altra azione legale contro il Pentagono legata a una nuova policy sulla copertura delle notizie. Secondo il quotidiano, Perplexity avrebbe utilizzato milioni di articoli, inclusi contenuti dietro paywall, attraverso attività di scraping e di raccolta automatica di dati. Il New York Times sostiene che questo materiale sia stato impiegato per addestrare e migliorare strumenti generativi basati su IA, in violazione di diritti d’autore e marchi registrati. Nella causa si afferma inoltre che Perplexity avrebbe attribuito al giornale contenuti inventati, descritte come “allucinazioni”, mostrandoli insieme a loghi e nomi della testata. La presenza dei marchi del New York Times accanto a contenuti non verificati avrebbe creato il rischio di confusione per i lettori. Il portavoce del quotidiano, Graham James, ha dichiarato: “Pur credendo nell’uso e nello sviluppo etico e responsabile dell’IA, ci opponiamo fermamente all’utilizzo non autorizzato dei nostri contenuti da parte di Perplexity”. L’azione legale richiede risarcimenti, misure ingiuntive e interventi per impedire ulteriori utilizzi non autorizzati dei materiali. Da parte sua, Perplexity ha respinto le accuse attraverso il responsabile della comunicazione, Jesse Dwyer, definendo la causa “una tattica inefficace” usata dagli editori contro tecnologie emergenti. La startup sostiene di non creare modelli tramite scraping, ma di limitarsi a indicizzare pagine web e a fornire citazioni verificabili. La disputa arriva in un contesto di crescente frizione tra editori e aziende tecnologiche che utilizzano contenuti online per addestrare sistemi generativi. Perplexity è coinvolta in altri contenziosi con Encyclopedia Britannica, con Dow Jones e con il New York Post, mentre a ottobre la piattaforma Reddit ha presentato una causa federale accusando Perplexity e altre società di raccolta non autorizzata di dati. Il Chicago Tribune ha avviato un’azione simile il 4 dicembre. Le tensioni nel settore crescono insieme all’espansione dell’IA. Secondo Reuters, alcune società avrebbero ignorato gli strumenti adottati dagli editori per limitare lo scraping dei contenuti protetti. Il New York Times ha concesso licenze per l’uso di materiale editoriale ad aziende come Amazon, per applicazioni come Alexa, ma è parte di un contenzioso anche con OpenAI, che sviluppa ChatGPT. Nonostante le azioni legali, Perplexity, con sede a San Francisco, ha raccolto circa 1,5 miliardi di dollari in tre anni, ottenendo investimenti da società e imprenditori come Nvidia e Jeff Bezos. La startup è oggi valutata intorno ai 20 miliardi di dollari. La notizia della causa ha avuto un immediato impatto sul mercato: le azioni del New York Times sono aumentate dell’1,8% dopo la presentazione del ricorso.