In un contesto globale dominato da incertezze politiche, crisi ambientali e instabilità economica, il giornalismo dovrebbe rappresentare un punto di riferimento imprescindibile per cittadini e istituzioni. Tuttavia, il Digital News Report 2025, pubblicato dal Reuters Institute, dipinge un quadro ben diverso: il giornalismo tradizionale attraversa una crisi profonda, segnata da una progressiva perdita di rilevanza, fiducia e sostenibilità economica.
Secondo il rapporto, in gran parte dei 48 Paesi analizzati, l’interazione con le fonti istituzionali di informazione – televisione, stampa e siti web – continua a diminuire, mentre cresce il consumo attraverso social media, piattaforme video e aggregatori. In particolare, negli Stati Uniti, la combinazione tra disintermediazione e polarizzazione politica ha favorito l’ascesa di un ecosistema mediatico alternativo, dove podcaster, YouTuber, TikToker e influencer dettano l’agenda informativa, superando per impatto i media legacy.
Fenomeni come Joe Rogan e Tucker Carlson raccolgono numeri superiori a quelli dei network tradizionali, influenzando un pubblico giovane e prevalentemente maschile. Anche in Europa, Asia e America Latina si assiste a dinamiche analoghe: figure come Hugo Travers in Francia e una vasta galassia di creator in Thailandia stanno ridefinendo il modo in cui le nuove generazioni si informano. La preferenza crescente per i contenuti video, unitamente alla frammentazione del consumo, accelera la crisi dei formati testuali. Piattaforme come TikTok, YouTube e Instagram sono ormai centrali nel panorama informativo, mentre X (ex Twitter) si radicalizza, attirando segmenti ideologicamente orientati.
Il dato emblematico riguarda i giovani tra i 18 e i 24 anni: il 44% di essi considera social media e video network come la propria fonte principale di notizie. Parallelamente, cala la fiducia nei media: la media globale si attesta al 40%, ma si scende al 22% in Grecia e Ungheria, mentre la Finlandia rappresenta un’eccezione con il 67%.
Il report dedica ampio spazio all’irruzione dell’intelligenza artificiale nel settore: il 7% degli utenti globali utilizza settimanalmente chatbot per informarsi, dato che sale al 15% tra gli under 25. Le redazioni stanno sperimentando l’uso dell’IA per personalizzare contenuti e migliorarne l’accessibilità, ma il pubblico resta diffidente: l’automazione viene percepita come una minaccia alla trasparenza, all’affidabilità e alla qualità del giornalismo. Eppure, si registrano anche esperienze innovative: il New York Times, ad esempio, ha introdotto brevi video verticali ispirati ai social media per aumentare l’engagement, e ha integrato contenuti audio premium nell’offerta per gli abbonati, come parte di una strategia di diversificazione che include giochi, ricette e recensioni.
Sempre negli Stati Uniti, il podcasting informativo mostra una forte crescita: il 15% degli intervistati dichiara di ascoltare contenuti settimanali, una percentuale comparabile a quella di chi legge quotidiani o riviste cartacee (14%) o ascolta notiziari radio (13%). Anche Spotify e YouTube emergono come piattaforme di distribuzione dominanti, mentre The Daily (New York Times) e Up First (NPR) restano riferimenti per l’informazione audio basata su fonti attendibili. La disponibilità a pagare per i podcast – il 42% tra gli ascoltatori nei principali 20 mercati – conferma la crescente rilevanza di questo formato tra gli utenti più giovani e istruiti.
Parallelamente, il report documenta l’emergere di modelli di business più flessibili. Il Washington Post ha sperimentato abbonamenti giornalieri e contenuti in formato chatbot, mentre in Europa editori come Amedia (Norvegia) e Schibsted (Svezia) offrono formule “all access” che integrano testate locali e nazionali. Anche testate come The Economist hanno sviluppato pacchetti audio specifici (Podcast+) per segmenti di pubblico interessati, con tariffe mensili contenute.
Il problema della disinformazione resta centrale: il 58% degli utenti si dichiara preoccupato della difficoltà a distinguere tra vero e falso. Le principali fonti percepite di notizie fuorvianti sono politici, influencer e piattaforme come Facebook e TikTok. In Europa si invoca una regolamentazione più severa, mentre negli Stati Uniti il dibattito si divide lungo linee ideologiche sempre più marcate. L’uso dell’IA non sembra per ora rassicurare il pubblico: solo una minoranza si affida a strumenti generativi come ChatGPT o Gemini per verificare i fatti, e la preoccupazione cresce rispetto all’opacità e alla potenziale manipolazione algoritmica.
Allo stesso tempo, cresce il fenomeno dell’evitamento delle notizie: il 40% degli utenti afferma di evitarle con regolarità. Tra i motivi principali emergono il senso di impotenza, la negatività pervasiva, la difficoltà di comprensione e la percezione di irrilevanza. I giovani under 35 si rivelano i più inclini a queste forme di distacco, spesso a causa di un linguaggio e di un formato giudicati poco accessibili o alienanti. Il quotidiano svedese Svenska Dagbladet ha sviluppato l’app “Kompakt”, che adotta uno stile più visivo, semplificato e personalizzabile, rispondendo al bisogno di leggerezza senza rinunciare alla sostanza.
Il rapporto suggerisce che, per contrastare la disaffezione e recuperare centralità, i media dovranno investire in contenuti più pertinenti, sintetici e visivamente accattivanti, adottando un uso selettivo e strategico dell’IA. Inoltre, dovranno riscoprire il valore dell’imparzialità, della trasparenza e dell’approfondimento, per ricostruire la fiducia e distinguersi nel rumore di fondo del panorama informativo.