GIORNALISMO MULTIMEDIALE

Arnault e la lista nera dei media: protestano giornalisti francesi

Bernard Arnault

Una lettera inviata a gennaio dal magnate Bernard Arnault, proprietario del colosso del lusso LVMH, ha scatenato una forte mobilitazione tra i giornalisti francesi. Nella presunta missiva, Arnault avrebbe stilato una “blacklist” di sette testate con cui i suoi dirigenti non devono avere rapporti, pena il licenziamento. La rivelazione ha sollevato polemiche e portato alla protesta di oltre quaranta associazioni di giornalisti e redazioni.

Secondo quanto riportato da La Lettre, una delle testate coinvolte, la “blacklist” include i media La Lettre, Glitz.paris, Miss Tweed, L’Informé, Puck (sito americano), Mediapart, e il settimanale satirico Le Canard enchaîné. Arnault avrebbe definito “intollerabile” la violazione del divieto di parlare con queste testate, considerandola una grave “mancanza di lealtà”.

La maggior parte delle testate nella lista nera ha scelto un modello di business indipendente, senza il supporto pubblicitario dei grandi inserzionisti o il coinvolgimento in eventi aziendali. Questa indipendenza, secondo La Lettre, priva LVMH di mezzi di pressione tradizionali, rendendo questi media più liberi di fare inchiesta e critica nei confronti del colosso del lusso.

La protesta contro questa presunta lista nera ha ottenuto un vasto supporto nel mondo giornalistico francese. Una quarantina di associazioni e redazioni, tra cui Le Monde, Libération, Le Figaro, France Télévisions, TF1, Radio France e l’agenzia AFP, hanno espresso solidarietà alle testate coinvolte. In una nota, i firmatari ricordano che “la missione della stampa non è quella di rilanciare la comunicazione ufficiale delle imprese e delle istituzioni, ma di informare“, sottolineando come questo sia uno dei pilastri fondamentali della democrazia.

Nonostante il clamore suscitato dalla vicenda, da LVMH non è arrivata alcuna smentita ufficiale. Tuttavia, la vicenda continua a sollevare interrogativi sulla libertà di stampa in Francia e sul potere che i grandi gruppi economici possono esercitare sui media, specie quelli indipendenti.