Arnault e la lista nera dei media: protestano giornalisti francesi

Bernard Arnault

Una lettera inviata a gennaio dal magnate Bernard Arnault, proprietario del colosso del lusso LVMH, ha scatenato una forte mobilitazione tra i giornalisti francesi. Nella presunta missiva, Arnault avrebbe stilato una “blacklist” di sette testate con cui i suoi dirigenti non devono avere rapporti, pena il licenziamento. La rivelazione ha sollevato polemiche e portato alla protesta di oltre quaranta associazioni di giornalisti e redazioni. Secondo quanto riportato da La Lettre, una delle testate coinvolte, la “blacklist” include i media La Lettre, Glitz.paris, Miss Tweed, L’Informé, Puck (sito americano), Mediapart, e il settimanale satirico Le Canard enchaîné. Arnault avrebbe definito “intollerabile” la violazione del divieto di parlare con queste testate, considerandola una grave “mancanza di lealtà”. La maggior parte delle testate nella lista nera ha scelto un modello di business indipendente, senza il supporto pubblicitario dei grandi inserzionisti o il coinvolgimento in eventi aziendali. Questa indipendenza, secondo La Lettre, priva LVMH di mezzi di pressione tradizionali, rendendo questi media più liberi di fare inchiesta e critica nei confronti del colosso del lusso. La protesta contro questa presunta lista nera ha ottenuto un vasto supporto nel mondo giornalistico francese. Una quarantina di associazioni e redazioni, tra cui Le Monde, Libération, Le Figaro, France Télévisions, TF1, Radio France e l’agenzia AFP, hanno espresso solidarietà alle testate coinvolte. In una nota, i firmatari ricordano che “la missione della stampa non è quella di rilanciare la comunicazione ufficiale delle imprese e delle istituzioni, ma di informare“, sottolineando come questo sia uno dei pilastri fondamentali della democrazia. Nonostante il clamore suscitato dalla vicenda, da LVMH non è arrivata alcuna smentita ufficiale. Tuttavia, la vicenda continua a sollevare interrogativi sulla libertà di stampa in Francia e sul potere che i grandi gruppi economici possono esercitare sui media, specie quelli indipendenti.

Errori fatali nella morte di Andrea Purgatori

Un drammatico quadro di errori diagnostici e terapeutici emerge dall’indagine sulla morte del giornalista Andrea Purgatori, deceduto a causa di un’endocardite nel luglio 2023. Dopo la sua morte il 19 luglio 2023, i tre figli hanno sporto denuncia per accertare se le cure ricevute fossero appropriate. La perizia disposta dal Tribunale di Roma ha concluso che non lo erano. L’indagine è ancora in corso, ma a differenza del solito, la perizia è stata estremamente chiara e critica nei confronti dell’operato dei medici coinvolti. Secondo la perizia depositata al tribunale di Roma, vi è stata una “catastrofica sequela di errori e omissioni” da parte dei medici coinvolti nelle sue cure. Per omicidio colposo sono indagati il radiologo Gianfranco Gualdi, il suo assistente Claudio Di Biasi, la dottoressa Maria Chiara Colaiacomo e il cardiologo Guido Laudani. I periti hanno evidenziato che i neuroradiologi indagati hanno refertato in modo scorretto l’esame di risonanza magnetica dell’8 maggio 2023 per “imperizia e imprudenza”. Errori si sono ripetuti anche negli esami successivi, del 6 giugno e dell’8 luglio, sempre per lo stesso motivo. In particolare, il cardiologo Guido Laudani è accusato di aver condotto esami diagnostici insufficienti e di aver commesso una serie di gravi errori. “Una catastrofica sequela di errori e omissioni”, afferma il rapporto peritale, riferendosi all’operato di Laudani. Secondo la perizia, l’endocardite che ha causato la morte di Purgatori avrebbe potuto essere individuata molto prima, già durante il ricovero tra il 10 e il 23 giugno, o addirittura a maggio, se gli esami fossero stati correttamente valutati. “Un corretto trattamento diagnostico-terapeutico avrebbe consentito a Purgatori un periodo di sopravvivenza superiore”, scrivono i periti, citando che con una diagnosi tempestiva il tasso di sopravvivenza a un anno per l’endocardite è dell’80%. La perizia ha ricostruito anche la gestione clinica durante il ricovero di luglio 2023. Purgatori venne dimesso senza che i medici avessero visionato i risultati di un prelievo del 19 luglio, che evidenziava una grave anemia, elemento che avrebbe dovuto controindicare la dimissione. Inoltre, il trattamento anticoagulante impostato per una diagnosi errata di fibrillazione atriale si è rivelato potenzialmente fatale, aggravando ulteriormente il quadro clinico.