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Allarme RSF: libertà di stampa in pericolo, Italia al 46° posto

Reporter Senza Frontiere

Un’allerta globale è stata emessa da Reporter Senza Frontiere (RSF) nel suo rapporto annuale sulla libertà di stampa nel mondo. L’organizzazione ha evidenziato un preoccupante declino del sostegno e del rispetto per l’autonomia dei media, mentre la pressione da parte dello Stato e di altri attori politici continua a crescere.

Tra i Paesi in cui la situazione è peggiorata, spicca l’Argentina sotto il neoeletto presidente Javier Milei. Tuttavia, mentre l’Argentina affonda, la Norvegia mantiene la sua posizione in cima alla classifica, seguita da Danimarca e Svezia. Un’inversione di tendenza sorprendente vede l’Eritrea scendere all’ultima posizione, superando la Corea del Nord. Ma non sono solo i Paesi in via di sviluppo a essere colpiti: Afghanistan e Siria figurano tra coloro che hanno subito cali significativi, con quest’ultima tra gli ultimi 10 Paesi insieme a Cina, Iran e Corea del Nord.

Il quadro complessivo dipinto da RSF è allarmante: in 138 Paesi intervistati, gli attori politici sono spesso coinvolti in disinformazione e propaganda, con 31 nazioni in cui questa situazione è diventata sistematica.

L’Italia non è immune a questa tendenza inesorabile. Nel rapporto di RSF, il paese perde cinque posizioni, passando dal 41º al 46º posto nella classifica sulla libertà di stampa. Un segnale preoccupante per un paese che, nel 2023, aveva registrato un aumento significativo, recuperando 17 posizioni rispetto all’anno precedente. Il caso dell’agenzia di stampa AGI, potenzialmente in procinto di essere acquisita dal gruppo Angelucci, è stato citato come un esempio dei crescenti sforzi dei gruppi politici per influenzare il panorama mediatico nazionale.

L’Europa orientale e l’Asia centrale si trovano sotto i riflettori di RSF per l’imitazione dei metodi repressivi russi, con la Serbia che fa da trampolino per la propagazione della propaganda russa. Tuttavia, l’Europa rimane l’unica regione a includere paesi classificati come “buoni”, anche se la situazione in nazioni come la Grecia solleva preoccupazioni serie.