GIORNALISMO MULTIMEDIALE

WSJ: Gershkovich, prigioniero della verità nel labirinto russo

Evan Gershkovich

Nel buio delle cellette di un carcere russo, Evan Gershkovich trascorre un altro giorno privo di libertà, imprigionato da un anno ormai. Mentre il mondo esterno si muove veloce, lui è intrappolato in un limbo legato a accuse infondate di spionaggio, un’ombra che si allunga sulla sua passione per il giornalismo.

Il Wall Street Journal, il suo quotidiano di battaglia, ha deciso di commemorare il vuoto lasciato dalla sua assenza con un gesto simbolico: una pagina bianca con la scritta “La sua storia dovrebbe essere qui”. È un tributo non solo a Gershkovich, ma anche a tutti coloro che rischiano la loro vita per raccontare la verità.

WSJ - His story should be here

Evan Gershkovich, figlio di emigrati dall’Unione Sovietica, ha dedicato la sua vita professionale a gettare luce sulle vicende oscure, dalla guerra in Ucraina alle operazioni del gruppo Wagner. Ma il suo impegno per la verità lo ha portato in un labirinto di ingiustizia, con l’accusa di spionaggio appesa come una spada di Damocle sulla sua testa.

WSJ - Evan Gershkovich web

 

Figlio di emigrati ebrei dall’URSS negli anni ’70, Evan Gershkovich è cresciuto negli Stati Uniti, ma ha dedicato gli ultimi sei anni della sua vita a coprire le notizie dalla Russia, offrendo un punto di vista unico e spesso scomodo su uno dei paesi più complessi del mondo.

L’arresto di Gershkovich è avvenuto in un ristorante di Ekaterinburg, nella Russia centro-occidentale, esattamente dodici mesi fa. Un evento che ha scosso la comunità giornalistica internazionale, segnando la prima volta dall’era sovietica che un giornalista occidentale veniva accusato di spionaggio in Russia. Un segnale inequivocabile che il Cremlino era disposto ad andare oltre nei suoi sforzi per gestire le relazioni con l’Occidente.

Il Wall Street Journal e la Casa Bianca hanno respinto con veemenza le accuse della Russia, considerandole un pretesto per negoziare lo scambio di prigionieri. Tuttavia, nonostante gli sforzi diplomatici e la pressione internazionale, Gershkovich è ancora trattenuto senza un chiaro sentiero verso la libertà. Il presidente Vladimir Putin ha espresso il desiderio di vedere Gershkovich rilasciato come parte di uno scambio di prigionieri, ma le trattative sono ancora in corso e il futuro del giornalista rimane incerto.

Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha confermato che ci sono stati contatti con gli Stati Uniti riguardo allo scambio di prigionieri che potrebbe coinvolgere Gershkovich, ma ha sottolineato l’importanza della riservatezza nelle trattative. Nel frattempo, Gershkovich rischia fino a venti anni di carcere se condannato, un destino che continua a pesare sulla sua famiglia, i suoi amici e i suoi colleghi.

Mentre il mondo guarda con apprensione lo sviluppo della situazione, la detenzione di Gershkovich solleva domande fondamentali sulla libertà di stampa, i diritti umani e lo stato di diritto in Russia. La sua storia personale e il suo impegno per una copertura giornalistica indipendente mettono in evidenza le sfide e i rischi affrontati dai giornalisti che operano in ambienti ostili. E mentre il processo di Gershkovich continua, la sua storia rimane un monito per il valore della libertà di stampa e della giustizia in tutto il mondo.

La lettera del caporedattore del WSJ

Il caporedattore del Wall Street Journal, Emma Tucker, ha scritto una toccante lettera rivolta ai lettori del giornale, riguardante il caso del giornalista Evan Gershkovich, attualmente detenuto in Russia da un anno. Gershkovich è stato arrestato il 29 marzo 2023 mentre svolgeva il suo lavoro come giornalista accreditato a Ekaterinburg, ma è accusato ingiustamente di spionaggio, una falsa accusa che lui, il governo degli Stati Uniti e il Wall Street Journal negano con forza.

Tucker sottolinea la determinazione e il coraggio dimostrati da Gershkovich durante la sua detenzione ingiusta, nonostante le prove contro di lui siano deboli e non sia stata data alcuna visibilità sul processo o sul calendario del processo. La detenzione di Gershkovich è vista come un attacco ai diritti fondamentali della stampa libera, mentre la sua storia è un promemoria dei pericoli che affrontano i giornalisti di tutto il mondo mentre perseguono la loro missione essenziale.

La lettera esprime anche gratitudine per il sostegno ricevuto da parte dei lettori, funzionari governativi, legislatori e organi di informazione, mentre si rinnova l’impegno nel continuare a lottare per la liberazione di Gershkovich e per garantire che nessun giornalista debba affrontare una simile ingiustizia in futuro.