Il vortice mediatico dietro la copertina de L’Espresso

La nuova copertina de L’Espresso ha scatenato un vortice di polemiche e discussioni intorno alla figura di Chiara Ferragni, influencer di fama mondiale. L’immagine che la ritrae, con un trucco che ricorda vagamente quello di un pagliaccio, è diventata virale sui social, anticipando un’inchiesta giornalistica dal titolo eloquente: “Ferragni Spa: Il lato oscuro di Chiara”. L’articolo svela un intricato labirinto di società e quote azionarie, in cui la trasparenza sembra essere assente. Partner discutibili, manager sotto indagine e dipendenti mal retribuiti compongono l’immagine di un impero guidato dall’influencer, dove la chiarezza e la giustizia sociale sembrano essere lasciate ai margini. Se da un lato alcuni considerano la copertina un atto di eccesso e di cattivo gusto, definendola una violenza mediatica, dall’altro ci sono coloro che apprezzano la decisione del settimanale nel mettere in luce aspetti meno noti della personalità di Ferragni. La discussione si accende sui social, divisa tra chi critica la superficialità dell’approccio e chi difende la libertà di informazione. L’influencer stessa ha reagito tramite i suoi legali, minacciando azioni legali contro la società editrice dell’articolo. Si difende sostenendo di essere stata oggetto di diffamazione e denigrazione, proprio nel giorno in cui dovrebbe essere celebrata come donna di successo. Tra le voci che si alzano in difesa di Ferragni, spicca quella del rapper Fedez, che ha ironizzato sulla situazione chiedendo quando sarà l’ora di un’inchiesta sul proprietario del giornale, un magnate petrolifero. Un gesto che aggiunge ulteriori elementi alla complessa trama di questa storia che coinvolge non solo una figura pubblica, ma anche il mondo del giornalismo e dei media digitali. La vicenda, tuttavia, è solo all’inizio e resta da vedere quali saranno gli sviluppi futuri e se verrà fatta luce sul presunto “lato oscuro” di Chiara Ferragni e del suo impero digitale.
Il Manifesto della Federazione Europea dei Giornalisti

Il panorama dell’informazione europea si trova a un crocevia critico. La disinformazione e la misinformazione, l’attrazione per i click, il controllo politico dei media, la progressiva scomparsa dell’informazione a livello locale, gli attacchi senza precedenti contro i giornalisti e le precarie condizioni lavorative che spingono i talenti ad abbandonare il settore rischiano di avere un impatto devastante sulla qualità e sul pluralismo dell’informazione. È questo il monito lanciato dal Manifesto della Federazione Europea dei Giornalisti (Efj) in vista delle elezioni del Parlamento europeo del 2024, evento cruciale che, afferma il sindacato europeo, detterà il futuro dell’Unione Europea. Secondo l’Efj, il prossimo Parlamento europeo e la Commissione dovranno impegnarsi per un’Europa equa, rispettosa dei sindacati e dei diritti umani, dello Stato di diritto, della libertà e del pluralismo dei media. Sarà fondamentale vigilare sull’applicazione dei meccanismi normativi introdotti negli ultimi cinque anni, quali la direttiva sulla tutela del diritto d’autore, la legge sui servizi digitali, la legge sull’intelligenza artificiale, la direttiva anti-Slapp e la legge europea sulla libertà dei media. Il Manifesto individua tre direttive “cruciali” per il futuro del giornalismo: promuovere un giornalismo sostenibile, garantire la sicurezza dei giornalisti e regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale generativa. Negli ultimi anni, afferma l’Efj, l’Unione Europea si è impegnata come mai prima d’ora per creare un ambiente più sicuro e sostenibile per il giornalismo, anche attraverso l’adozione dello European Media Freedom Act. Numerosi progetti sono stati finanziati per sostenere l’autoregolamentazione giornalistica, la libertà di stampa, contrastare la desertificazione dei media, garantire la sicurezza dei giornalisti, promuovere il giornalismo investigativo transfrontaliero, sostenere i liberi professionisti, favorire il dialogo sociale e promuovere competenze e formazione. Tuttavia, i fondi destinati agli organi d’informazione, circa 50 milioni di euro all’anno, sono considerati insufficienti. Il giornalismo professionale e indipendente è costoso, ma rappresenta il miglior antidoto alla disinformazione. È quindi indispensabile sviluppare modelli di business sostenibili che assicurino condizioni di lavoro dignitose e retribuzioni adeguate.
Nasce “Giornaliste Italiane”, associazione di giornaliste patriottiche

Su una terrazza con una vista mozzafiato su Palazzo Venezia, fra pochi giorni prenderà vita un’iniziativa destinata a fare parlare di sé: le “Giornaliste Italiane“. Si tratta di un’associazione composta da professioniste dell’informazione che fanno onore alle loro simpatie patriottiche, sebbene con una certa misura. Colui che sta promuovendo fervidamente l’iniziativa in queste ore è Giovanna Ianniello, responsabile della comunicazione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con la quale collabora da molti anni, dopo un’esperienza presso l’ufficio stampa dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, dal 2008 al 2013. Il manifesto di presentazione dell’associazione riporta il suggestivo nome di “Giornaliste Italiane” sopra uno sfondo tricolore, un chiaro richiamo al simbolo del partito della premier. Tuttavia, gli ideatori desiderano sottolineare che si tratta di un’iniziativa trasversale. Il lancio ufficiale avverrà il 21 marzo, coincidente con l’inizio della primavera (e incidentalmente, con il compleanno del ministro Francesco Lollobrigida), nella terrazza di Civita, presieduta dall’ex braccio destro di Berlusconi, Gianni Letta, e con sede in piazza Venezia. Gli elenchi delle iscritte sono ancora segreti: tuttavia, si sa che sono state contattate diverse personalità, tra cui le giornaliste Rai Federica Corsini (moglie del ministro Gennaro Sangiuliano), Giancarla Rondinelli, e Federica Frangi, presidente di Stampa Romana e da dieci anni animatrice di Lettera 22, la quale lo scorso autunno è stata chiamata a Palazzo Chigi per occuparsi brevemente dei rapporti con le televisioni. Sono state invitate ad aderire anche figure note della televisione pubblica, come Manuela Moreno, e tutte le portavoce del governo in quota FdI, fra cui Silvia Cirocchi, collaboratrice del ministro Nello Musumeci, e sposata con Alemanno. L’associazione si propone di dare maggiore voce alle donne nel mondo dell’informazione, superando le tradizionali rappresentanze di una categoria con la quale la premier ha avuto rapporti tesi e altalenanti. C’è ancora un alone di mistero riguardo i confini delle attività, che sembrano configurarsi come quelli di una lobby giornalistica, con un chiaro collegamento con Palazzo Chigi. Naturalmente, per i critici di Meloni, si tratta dell’ennesimo tentativo di revenge culturale – diretto o indiretto – della Destra. Il dibattito, proprio alla vigilia della Festa delle Donne, è già acceso.