Giudice respinge la causa di Trump da 85 pagine contro il New York Times

Un giudice federale della Florida ha respinto la causa per diffamazione presentata da Donald Trump contro il New York Times, definendola “impropria e inammissibile”. La decisione è arrivata dal giudice Steven Merryday, nominato nel 1991 dall’ex presidente George H.W. Bush, che ha criticato la denuncia per la sua eccessiva lunghezza e mancanza di chiarezza. Trump sosteneva che il quotidiano avesse danneggiato la sua reputazione come uomo d’affari e chiedeva un risarcimento di 15 miliardi di dollari. Secondo Merryday, il documento di 85 pagine preparato dai legali dell’ex presidente era “inutile e divagante”, con un’accusa formale introdotta solo alla pagina 80 e preceduta da decine di pagine che elogiavano Trump. Il giudice ha stabilito che i legali hanno violato “in modo inequivocabile e imperdonabile” le regole del tribunale, riempiendo la denuncia di contenuti “ripetitivi e superflui”. Ha inoltre sottolineato che un tribunale non deve essere usato come “megafono per le pubbliche relazioni o podio per comizi politici”. Merryday ha però concesso agli avvocati 28 giorni per presentare una nuova denuncia, purché non superi le 40 pagine. Al momento, la Casa Bianca non ha rilasciato commenti sulla vicenda, riportata anche dall’agenzia Bloomberg.
Trump porta in tribunale il New York Times per 15 miliardi

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha avviato una causa per diffamazione e calunnia contro il New York Times, quattro giornalisti della testata e la casa editrice Penguin Random House, chiedendo un risarcimento di 15 miliardi di dollari. L’azione legale è stata depositata in Florida e riguarda alcuni articoli pubblicati dal quotidiano americano e il libro Lucky Loser, scritto da due giornalisti del Times e pubblicato dall’editore internazionale. Trump ha reso pubblica la decisione con un post sul social Truth Social, in cui ha dichiarato: “Il loro sostegno a Kamala Harris è stato addirittura messo in primo piano sulla prima pagina del New York Times, cosa mai vista prima! Il Times ha mentito per decenni sul vostro presidente preferito (IO!), sulla mia famiglia, sui miei affari, sul movimento America First, sul MAGA e sulla nostra nazione nel suo complesso”. Ha aggiunto inoltre che la causa “è stata intentata nel grande Stato della Florida” e ha concluso il messaggio con lo slogan “Rendete di nuovo grande l’America!”. Secondo la denuncia, i contenuti oggetto della causa farebbero parte di una strategia editoriale volta a danneggiare intenzionalmente l’immagine dell’attuale presidente. Nel documento depositato in tribunale, il New York Times viene descritto come “un vero e proprio portavoce del Partito Democratico“. I giornalisti citati sono Susanne Craig e Russ Buettner, vincitori del premio Pulitzer nel 2019 per un’inchiesta sulle finanze di Trump, e autori del libro Lucky Loser, in cui raccontano presunti errori nella gestione della ricchezza ereditata dal padre. Nella causa compaiono anche Peter Baker, corrispondente dalla Casa Bianca, e Michael S. Schmidt, che si è occupato di numerose indagini giudiziarie sul presidente e vincitore di due Pulitzer nel 2018. Il New York Times non ha ancora commentato ufficialmente la vicenda. La casa editrice Penguin Random House, che ha pubblicato Lucky Loser, è anch’essa parte del procedimento. Non si tratta della prima azione legale intentata da Trump contro i media. Nel luglio scorso aveva denunciato per diffamazione anche il Wall Street Journal, due suoi giornalisti e le società editrici del quotidiano, tra cui la Dow Jones e la News Corp del magnate Rupert Murdoch. In quel caso, il presidente aveva chiesto almeno 10 miliardi di dollari di risarcimento per un articolo riguardante un messaggio che avrebbe scritto a Jeffrey Epstein nel 2003.
New York Times lancia un abbonamento familiare con profili separati

Il New York Times ha lanciato da lunedì un nuovo abbonamento per famiglie, chiamato All Access Family, che permette fino a quattro utenti di condividere un unico piano a 30 dollari al mese. L’offerta include tutti i prodotti digitali del giornale, dai contenuti editoriali ai giochi come Wordle, e mira ad attrarre nuovi lettori, fidelizzare quelli esistenti e raggiungere un pubblico più giovane. È disponibile anche un abbonamento solo per i giochi a 10 dollari al mese, pensato per le famiglie interessate a mantenere le proprie serie di vittorie. La nuova formula costa circa 5 dollari in più rispetto a un piano individuale e consente a ogni membro della famiglia di creare un profilo personalizzato. Gli utenti potranno salvare ricette su Cooking, iscriversi alle newsletter, archiviare articoli e accedere a statistiche e classifiche separate per i giochi, evitando conflitti su chi ha già completato cruciverba o puzzle giornalieri. Ben Cotton, responsabile della crescita degli abbonamenti del Times, ha spiegato che l’obiettivo è “creare un’esperienza comunitaria anche nel mondo digitale”. Secondo Cotton, molte famiglie hanno raccontato di aver imparato ad apprezzare il giornale “condividendo diverse sezioni della copia cartacea a colazione”, e questa nuova offerta punta a ricreare quella dimensione, ma online. Il Times non imporrà restrizioni basate sulla posizione geografica, consentendo di includere familiari o amici che vivono in case diverse. Il giornale punta così a incrementare la propria base di lettori: attualmente conta 11,66 milioni di abbonati e prevede di raggiungere 15 milioni entro il 2027. (Credits foto copertina: @NiemanLab)
“Il NYT mente” sui muri della sede di Manhattan dopo correzione su bambino di Gaza con malattia preesistente

Il 31 luglio 2025, a New York City, l’edificio del New York Times è stato imbrattato con scritte e vernice spray da persone non identificate. Come mostrato in immagini pubblicate dal Jerusalem Post, sulla facciata è apparsa la frase: “Il NYT mente, GAZA muore”. Anche porte e finestre sono state parzialmente ricoperte di vernice rossa. L’atto vandalico è avvenuto poche ore dopo che il quotidiano statunitense aveva modificato un articolo sulla carestia a Gaza. L’articolo, pubblicato martedì, raccontava la storia di Mohammed Zakaria al-Mutawaq, un bambino di Gaza presentato in prima pagina come gravemente malnutrito. In una nota diffusa su X/Twitter, il New York Times ha dichiarato: “Da allora abbiamo appreso nuove informazioni, tra cui quelle relative all’ospedale che lo ha curato e alla sua cartella clinica, e abbiamo aggiornato la nostra storia per aggiungere contesto ai suoi problemi di salute preesistenti”. Secondo quanto riportato dai media israeliani, la correzione è stata sollecitata dal Consolato Generale israeliano a New York dopo che la foto del bambino insieme al fratello si era diffusa sui social. Il Console Generale Ofir Akunis ha commentato: “È un peccato che i media internazionali cadano ripetutamente nella trappola della propaganda di Hamas. Prima pubblicano, poi verificano, se mai lo fanno”. Anche l’ex primo ministro Naftali Bennett ha espresso critiche, scrivendo su X: “È semplicemente incredibile. Dopo aver generato uno tsunami di odio verso Israele con quella foto terrificante, il NYT ora ammette silenziosamente che il ragazzo soffre di patologie pregresse”. Bennett ha aggiunto: “NYT, sapevate che Hamas usa bambini con malattie preesistenti. Lo diciamo da mesi ormai. Sapevate esattamente cosa avrebbe causato questa foto. Questa è una calunnia del sangue nel 2025. Non avete vergogna?”. L’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, Danny Danon, ha accusato il giornale di aver diffuso una “bugia” e una “diffamazione del sangue” utilizzando l’immagine in copertina. In un’intervista con Piers Morgan, diffusa su X, Danon ha affermato: “La foto era una bugia, che il giornale ha ritrattato. Ma il modo in cui l’hanno ritrattata è stato altrettanto vergognoso”. Il giornalista indipendente David Collier ha scritto su X: “Non c’è niente di bello in tutto questo. Con @bbcnews costretta a rimuovere un documentario perché la star era il figlio di un ministro di Hamas. E ora, la maggior parte dei media tradizionali deve ammettere di aver utilizzato foto ingannevoli. Non possiamo fidarci di un media che continua a mentirci”. Durante la stessa intervista, Piers Morgan ha espresso una posizione diversa, affermando: “Il ragazzo era chiaramente emaciato! È evidente che non mangia!”. (credito fotografico : SCREENSHOT/VIA SEZIONE 27A DEL COPYRIGHT ACT)
Il New York Times difende il WSJ escluso dalla Casa Bianca

Il New York Times difende il Wall Street Journal dopo l’esclusione dal pool stampa della Casa Bianca da parte dell’amministrazione Trump. La misura è stata presa in seguito alla pubblicazione di un’inchiesta che collega l’ex presidente Donald Trump a Jeffrey Epstein. Il fatto è avvenuto martedì 22 luglio 2025 a Washington, quando il WSJ è stato escluso dal viaggio presidenziale in Scozia. Il New York Times, con una dichiarazione pubblica, ha definito la decisione “una semplice ritorsione da parte di un presidente nei confronti di un’organizzazione giornalistica per aver fatto un’informazione che non gli piace”. La polemica è scoppiata dopo la pubblicazione da parte del WSJ di un articolo secondo cui Trump avrebbe inviato nel 2003 una lettera di compleanno “oscena” a Epstein, all’interno di un libro rilegato in pelle con contenuti sessualmente allusivi. In risposta, Trump ha negato i fatti e ha avviato una causa per diffamazione da 10 miliardi di dollari contro la testata, che ha però confermato la fondatezza del proprio lavoro investigativo. Secondo il portavoce del Times, il comportamento della Casa Bianca “priva gli americani di informazioni su come opera il loro governo” e costituisce “un attacco ai principi costituzionali fondamentali che sostengono la libertà di parola e la libertà di stampa“. Il Times ha inoltre sottolineato che “gli americani, a prescindere dal partito, meritano di conoscere e comprendere le azioni del presidente”. Anche Weijia Jiang, presidente della White House Correspondents’ Association, ha espresso forte preoccupazione per la decisione, definendola “ritorsione governativa” e segnalando che la misura mina le tutele previste dal Primo Emendamento.
Pete Hegseth: “I nostri ragazzi sui bombardieri”. Il NYTimes contesta il lessico non inclusivo

Le parole utilizzate dal Segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth durante una conferenza stampa sul coinvolgimento degli Stati Uniti nel raid aereo contro siti nucleari iraniani hanno innescato un’immediata reazione da parte del New York Times, che ha contestato pubblicamente l’uso dell’espressione “i nostri ragazzi su quei bombardieri”, riferita ai piloti del B-2. Il quotidiano ha posto l’accento sull’aspetto linguistico e inclusivo della comunicazione istituzionale, evidenziando come tale formulazione escluda implicitamente il personale femminile, in un settore – quello militare – dove uomini e donne sono ugualmente abilitati al volo operativo. L’osservazione è stata pubblicata in un post a firma del giornalista del Pentagono John Ismay sul blog della testata: “Nel briefing, Hegseth si è riferito ai piloti del B-2 come ‘i nostri ragazzi su quei bombardieri’, eppure sia uomini che donne sono stati addestrati a pilotarli”. Come riporta il New York Post, il caso ha rapidamente ha rapidamente assunto una dimensione mediatica, con centinaia di commenti online, spesso critici nei confronti della scelta del giornale di evidenziare l’aspetto terminologico in un contesto di operazione militare su larga scala. Sui social media, molti utenti hanno deriso l’attenzione posta dal quotidiano sul linguaggio, considerandola fuori luogo. Alcuni esempi: “Ecco perché la gente usa il New York Times per rivestire le gabbie degli uccelli”, “Sì, assicuriamoci di essere politicamente corretti in questo momento difficile”, o ancora: “Che idiota. Noi donne sappiamo esattamente cosa intendeva il Segretario Hegseth”. Le reazioni si sono polarizzate attorno a due visioni opposte: da un lato la funzione di vigilanza linguistica del giornalismo, dall’altro il rischio di perdita di contesto in situazioni ad alta criticità geopolitica. L’episodio si inserisce nel più ampio dibattito sul ruolo del linguaggio nei discorsi pubblici e sull’intervento dei media generalisti nella definizione delle cornici interpretative. L’attenzione del New York Times si è concentrata non sul contenuto operativo del raid – che ha visto il lancio di sei bombe “bunker buster” su obiettivi nucleari iraniani – ma sulla costruzione retorica della narrazione istituzionale. Il caso sottolinea ancora una volta come, nelle comunicazioni ufficiali, ogni parola possa diventare oggetto di sorveglianza semantica da parte della stampa, specialmente in un’epoca in cui la precisione lessicale è parte integrante della responsabilità pubblica. La conferenza stampa si è svolta a Washington domenica 22 giugno. Il raid è durato 37 ore, con partenza e ritorno dei velivoli alla base aerea di Whiteman, nel Missouri. Non è stato confermato se vi fossero piloti donne a bordo. Tuttavia, il focus dell’intervento del NYT ha spostato l’attenzione dal piano operativo a quello comunicativo, riaffermando il ruolo della stampa come osservatore attivo del discorso politico-militare.
NYTimes e Amazon insieme per contenuti AI su articoli, ricette e sport

Il New York Times ha stipulato un accordo pluriennale con Amazon per la concessione in licenza dei propri contenuti editoriali, che verranno utilizzati per l’addestramento dei sistemi di intelligenza artificiale generativa del colosso tecnologico. L’annuncio è stato diffuso giovedì dalla New York Times Company, che ha precisato che la collaborazione consentirà l’integrazione di articoli, ricette di NYT Cooking e contenuti sportivi di The Athletic in diverse esperienze offerte agli utenti Amazon, incluse quelle gestite tramite Alexa. Secondo quanto comunicato, si tratta del primo accordo di questo tipo per il prestigioso quotidiano statunitense. Non sono stati resi noti i termini finanziari, ma è presumibile che l’intesa preveda una remunerazione per l’utilizzo dei materiali protetti da copyright. Meredith Kopit Levien, amministratore delegato della New York Times Company, ha dichiarato allo staff: “L’accordo è coerente con il nostro principio consolidato secondo cui il giornalismo di alta qualità merita di essere pagato”. Il materiale concesso in licenza sarà impiegato da Amazon per alimentare i propri modelli linguistici e potrebbe comparire, con attribuzione e link, in risposte vocali o testuali fornite agli utenti. L’iniziativa si inserisce nel contesto di una rapida evoluzione dell’IA, che ha portato numerosi editori a scegliere tra azioni legali e accordi commerciali in risposta allo sfruttamento delle loro pubblicazioni da parte di sistemi di AI generativa. Nel 2023, lo stesso New York Times aveva intentato causa a OpenAI e Microsoft per presunta violazione del copyright, accusando le aziende di aver utilizzato milioni di articoli senza autorizzazione né compenso. OpenAI e Microsoft avevano respinto le accuse. A differenza di allora, in questo caso si è scelto un percorso negoziale. Negli ultimi mesi, anche altri grandi gruppi editoriali, tra cui Axel Springer, Condé Nast e News Corp, hanno siglato accordi di licenza per garantire un ritorno economico sull’uso dei propri contenuti da parte di sistemi di intelligenza artificiale. Il Washington Post, di proprietà del fondatore di Amazon Jeff Bezos, ha siglato un accordo con OpenAI il mese scorso. Amazon, da parte sua, ha accelerato i propri investimenti nel settore dell’AI dopo il rilascio di ChatGPT da parte di OpenAI alla fine del 2022. Tra le operazioni più significative si segnala l’accordo da almeno 330 milioni di dollari con la startup Adept, seguito da una collaborazione simile con Covariant, cofondata dal professor Pieter Abbeel dell’Università della California, Berkeley. Entrambi i ricercatori ora dirigono un laboratorio interno di Amazon focalizzato sullo sviluppo della cosiddetta intelligenza artificiale generale (AGI). Parallelamente, Amazon ha investito 4 miliardi di dollari in Anthropic, start-up concorrente di OpenAI, ottenendo accesso ai suoi modelli e rendendoli disponibili ai clienti del servizio di cloud computing AWS. Il nuovo accordo con il New York Times potrebbe quindi rafforzare le basi informative utilizzate nei progetti di ricerca avanzata di Amazon, orientati alla costruzione di sistemi capaci di replicare capacità cognitive umane. L’uso di contenuti giornalistici da parte di software di AI ha suscitato preoccupazione tra gli editori per il rischio di “allucinazioni” algoritmiche, ossia risposte contenenti informazioni errate attribuite erroneamente a fonti affidabili.
Guerra, droga, attentati e diritti. Pulitzer 2025: trionfo per New York Times e Washington Post

Lunedì 5 maggio 2025, la Columbia University ha annunciato i vincitori dei Premi Pulitzer: 4 RICONOSCIMENTI AL NEW YORK TIMES Il New York Times è stato premiato, con quattro riconoscimenti, per le sue inchieste sulla guerra civile in Sudan, sul ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan, sulla crisi degli oppioidi in collaborazione con il Baltimore Banner e per le fotografie scattate durante il tentato assassinio di Donald Trump in Pennsylvania. Il premio per il giornalismo internazionale è stato attribuito a Declan Walsh e allo staff del Times per la copertura del conflitto sudanese, che ha documentato il coinvolgimento degli Emirati Arabi Uniti e il bilancio crescente delle vittime. Nella categoria giornalismo esplicativo, Azam Ahmed, Christina Goldbaum e Matthieu Aikins sono stati premiati per un’inchiesta sulle sparizioni forzate da parte di un generale afghano sostenuto dalle forze statunitensi durante la ritirata americana. Il premio per il giornalismo locale è andato al team formato da Alissa Zhu, Nick Thieme e Jessica Gallagher, insieme alla redazione del Baltimore Banner, per un’indagine che ha evidenziato l’ampiezza della crisi del fentanyl a Baltimora, città diventata epicentro delle overdose negli Stati Uniti. Nella categoria fotografia dell’ultima ora, Doug Mills del New York Times ha ricevuto il riconoscimento per le immagini scattate al comizio di Butler, in Pennsylvania, durante l’attentato fallito a Trump, tra cui una fotografia che mostra il passaggio di un proiettile WASHINGTON POST: CRONACA IN DIRETTA Il Washington Post si è aggiudicato il Premio Pulitzer 2025 per il giornalismo d’informazione grazie alla sua copertura tempestiva e approfondita del tentativo di assassinare Donald Trump, avvenuto il 13 luglio 2024 durante un comizio elettorale a Butler, Pennsylvania. L’attacco si è consumato in pochi secondi, mentre l’ex presidente parlava sul palco: colpi di arma da fuoco hanno ferito Trump all’orecchio, scatenando il panico tra la folla. Gli agenti dei Servizi Segreti lo hanno subito portato al riparo, mentre le prime notizie cominciavano a rimbalzare online. Alle 18:21, il Post ha pubblicato il primo aggiornamento in tempo reale, seguito da un avviso push mobile, un banner in homepage, e alle 18:44 le prime immagini scioccanti del fotoreporter Jabin Botsford, che ritraevano Trump col volto insanguinato. Alle 18:51, il giornale ha riferito che Trump era in salvo, secondo fonti ufficiali. Il lavoro del team del Post è stato fulmineo ma anche meticoloso. Botsford, presente a pochi metri dal palco, ha continuato a scattare foto e a filmare la scena con occhiali Ray-Ban Meta. Contemporaneamente, il giornalista Isaac Arnsdorf inviava aggiornamenti dalla postazione stampa, arricchendo la copertura live. Alle 21:18, appena tre ore dopo l’attacco, il Post ha pubblicato un dettagliato resoconto firmato Arnsdorf e Botsford, che ha superato per vividezza e precisione quello di molte testate concorrenti. Nei giorni successivi, il Post ha approfondito l’evento con un’inchiesta visiva e forense. Tre giorni dopo, ha rivelato che Thomas Matthew Crooks, l’attentatore, era riuscito a eludere i cecchini salendo su un tetto la cui inclinazione e vegetazione circostante ne avevano nascosto la visuale. Il team del Post ha ricostruito digitalmente la scena in 3D, utilizzando immagini satellitari e dati lidar dell’US Geological Survey per ottenere misure precise di edifici e pendenze. In un’altra inchiesta, il Post ha analizzato l’audio della sparatoria, identificando dieci colpi in 16 secondi. Gli otto colpi iniziali sono stati attribuiti a Crooks. Gli ultimi due, distinti per firma acustica, provenivano da fonti diverse: il decimo da un cecchino dei Servizi Segreti, il nono da un agente delle forze dell’ordine locali, che ha probabilmente interrotto l’azione dell’attentatore prima che questi venisse ucciso. Un altro riconoscimento è andato a Ann Telnaes, ex vignettista del Washington Post, è stata premiata per il giornalismo illustrato, dopo essersi dimessa dal giornale in seguito alla censura di una vignetta sul proprietario Jeff Bezos. GLI ALTRI VINCITORI ProPublica ha ricevuto il premio per il servizio pubblico, il più prestigioso dei Pulitzer, per l’inchiesta sulle morti evitabili causate dai divieti sull’aborto, con l’uso di dati ufficiali e testimonianze raccolte da Kavitha Surana, Lizzie Presser, Cassandra Jaramillo e la fotografa Stacy Kranitz. Nella categoria giornalismo investigativo, il premio è stato assegnato a Reuters per “Fentanyl Express”, un’inchiesta sul traffico di sostanze dalla Cina agli Stati Uniti via Messico, illustrando le falle nei controlli doganali. Il Wall Street Journal è stato premiato per il miglior giornalismo nazionale con un’inchiesta su Elon Musk, che ha rivelato aspetti della sua influenza politica, dell’uso di droghe illegali e dei rapporti con Vladimir Putin. Il New Yorker ha ottenuto tre premi: per il commento, per la fotografia di servizio e per il reportage audio con il podcast “In the Dark”, che ha indagato sull’omicidio di civili iracheni da parte dei Marines. Il collaboratore Mosab Abu Toha ha vinto per i suoi saggi sulla vita nella Striscia di Gaza, mentre Moises Saman ha ricevuto il premio per la fotografia con immagini dalla Siria. Il premio per la miglior scrittura è stato assegnato a Mark Warren per un articolo su un pastore suicida in Alabama pubblicato da Esquire. Il riconoscimento per la critica è andato ad Alexandra Lange di Bloomberg CityLab, per i suoi articoli su spazi pubblici e architettura. Il Houston Chronicle ha ricevuto il premio per la scrittura editoriale per un’inchiesta sui passaggi ferroviari pericolosi. Nelle categorie arti e lettere, “James” di Percival Everett ha vinto per la narrativa, mentre “Purpose” di Branden Jacobs-Jenkins è stato premiato nella drammaturgia. I premi per la storia sono andati a Kathleen DuVal e a Edda L. Fields-Black, la biografia è stata vinta da Jason Roberts, l’autobiografia da Tessa Hulls e la saggistica generale da Benjamin Nathans. Marie Howe ha vinto per la poesia con “New and Selected Poems”, e Susie Ibarra per la musica con “Sky Islands”. Una menzione speciale è stata conferita a Chuck Stone, pioniere del giornalismo afroamericano, per il suo contributo al movimento per i diritti civili e la co-fondazione della National Association of Black Journalists. (In copertina, l’immagine di Doug Mills/NYTimes che ha vinto il Pulitzer)
Il New York Times lancia rubriche sulla salute mentale

La sezione Well del New York Times ha introdotto due nuove rubriche che mirano a fornire ai lettori strumenti utili per comprendere e migliorare la salute mentale e il benessere emotivo. Lo riporta Editor&Publisher. L’attenzione è dedicata all’importanza delle relazioni e su come queste possano influenzare la salute psicologica. Il 16 gennaio, la terapeuta Lori Gottlieb, autrice del bestseller “Forse dovresti parlare con qualcuno“, inizierà a scrivere una nuova rubrica di consigli terapeutici dal titolo “Chiedi al terapeuta”. Con cadenza bi-settimanale, Lori offrirà una guida empatica e pratica, rispondendo alle domande dei lettori su esperienze di vita difficili e fornendo loro una prospettiva terapeutica per affrontarle. Oltre alla sua pratica clinica, Lori è anche la co-conduttrice del noto podcast “Dear Therapists” e ha scritto per The Atlantic. È un’esperta ricercata, apparsa in numerosi programmi televisivi come “Today”, “The Daily Show” e “Good Morning America”. Il suo famoso TED Talk del 2019 è stato uno dei più visti dell’anno. Inoltre, il 9 gennaio, Well ha lanciato anche la rubrica “Psych 101”, scritta dalla premiata reporter di salute mentale Christina Caron. Questa rubrica mensile si concentra sul fornire spiegazioni chiare dei termini più utilizzati in ambito psicologico e delle diagnosi psicologiche. Inoltre, offre preziose informazioni fornite da esperti fidati del settore, per aiutare i lettori a comprendere meglio i complessi temi legati alla salute mentale. I lettori interessati possono inviare le loro domande a Lori all’indirizzo askthetherapist@nytimes.com o suggerire temi a Christina a psych101@nytimes.com.
New York Times: Horowitz a Madrid, Motoko Rich guida Roma

Dopo sette anni come corrispondente a Roma, il giornalista Jason Horowitz lascia l’Italia per assumere il ruolo di capo dell’ufficio di Madrid per il New York Times. A succedergli nella capitale italiana sarà Motoko Rich, attuale capo dell’ufficio di Tokyo, con alle spalle una carriera di oltre vent’anni nel prestigioso quotidiano statunitense. Il cambio di sede, annunciato dal NYT attraverso una nota ufficiale, segna un avvicendamento significativo per la copertura internazionale dell’Europa e, in particolare, dell’Italia. Horowitz, noto per la sua abilità nel raccontare storie con profondità e umanità, ha lasciato un segno importante con reportage che spaziano dalla politica ai costumi, dalla cultura alle sfide sociali del Paese. Celebri i suoi articoli su Silvio Berlusconi, Papa Francesco e su personalità contemporanee come Giorgia Meloni, di cui ha svelato le ispirazioni letterarie tratte da Il Signore degli Anelli. Durante la pandemia, la sua copertura dell’emergenza Covid ha contribuito a rendere il New York Times finalista al Premio Pulitzer nel 2021. Motoko Rich, 54 anni, è una giornalista affermata e rispettata, con un passato al Financial Times e al Wall Street Journal. Da capo dell’ufficio di Tokyo dal 2016, ha offerto una copertura variegata e innovativa su eventi cruciali come l’abdicazione dell’imperatore del Giappone, le Olimpiadi di Tokyo e Pyeongchang, e i vertici USA-Corea del Nord a Singapore e Hanoi. I suoi reportage sono stati spesso premiati, inclusa la menzione per il Bob Considine Award nel 2017 grazie alla copertura del programma nucleare della Corea del Nord. Andy Parsons, editor del desk Asia, ha dichiarato: “Motoko è una delle nostre corrispondenti più rispettate. Con il suo impegno e la sua perspicacia, la copertura dell’Italia è in ottime mani”. Motoko Rich porta a Roma una lunga esperienza maturata in contesti globali, spaziando tra temi economici, culturali e politici. Cresciuta tra New Jersey, Tokyo e la California, ha dimostrato nel corso della sua carriera un approccio rigoroso e creativo al giornalismo. (In foto, Motoko Rich)