Mediaset lancia campagna contro le fake news: “conta fino a 10” prima di postare

Spot Mediaset fake news

Dal 6 al 12 luglio 2025, Mediaset promuove una campagna nazionale contro la disinformazione, con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sull’importanza di un uso consapevole delle notizie. L’iniziativa, dal titolo “La verità conta, conta fino a 10!”, si inserisce nel progetto “Mediaset ha a cuore il futuro” e verrà trasmessa in televisione, sui canali social del gruppo, in radio e attraverso il sito dedicato www.mediasetperilfuturo.it. La campagna si presenta come crossmediale, con contenuti pensati per raggiungere un pubblico ampio e trasversale. In un contesto in cui le notizie si diffondono con estrema velocità e spesso senza adeguata verifica, l’iniziativa vuole ricordare che bastano pochi secondi per riflettere, verificare la fonte, controllare la data, leggere oltre il titolo e valutare l’attendibilità di chi pubblica. “Condividere responsabilmente è un gesto di rispetto verso gli altri e verso la verità”, si legge nei materiali diffusi da Mediaset. Secondo il Digital News Report 2025 dell’Istituto Reuters, Mediaset risulta essere la fonte di informazione più affidabile in Italia, un dato che rafforza il valore della campagna e il suo messaggio di responsabilità civica. Le fake news, si legge nel comunicato ufficiale, “coinvolgono tutti, anche in buona fede”, e possono generare conseguenze negative sul dibattito pubblico e sulla coesione sociale. Attraverso questa azione, Mediaset ribadisce il proprio impegno per un’informazione professionale, trasparente e autorevole, sostenendo il ruolo dei media nella promozione di una cittadinanza più consapevole. L’iniziativa si rivolge in particolare agli utenti digitali, che ogni giorno si trovano a scegliere quali contenuti condividere. Con il messaggio chiave “Conta fino a 10”, l’invito è a prendersi una breve pausa prima di contribuire alla circolazione di potenziali falsità.

Digital News Report 2025: cresce l’elusione: il 40% degli utenti evita le notizie, in particolare i giovani

DNR 2025

In un contesto globale dominato da incertezze politiche, crisi ambientali e instabilità economica, il giornalismo dovrebbe rappresentare un punto di riferimento imprescindibile per cittadini e istituzioni. Tuttavia, il Digital News Report 2025, pubblicato dal Reuters Institute, dipinge un quadro ben diverso: il giornalismo tradizionale attraversa una crisi profonda, segnata da una progressiva perdita di rilevanza, fiducia e sostenibilità economica. Secondo il rapporto, in gran parte dei 48 Paesi analizzati, l’interazione con le fonti istituzionali di informazione – televisione, stampa e siti web – continua a diminuire, mentre cresce il consumo attraverso social media, piattaforme video e aggregatori. In particolare, negli Stati Uniti, la combinazione tra disintermediazione e polarizzazione politica ha favorito l’ascesa di un ecosistema mediatico alternativo, dove podcaster, YouTuber, TikToker e influencer dettano l’agenda informativa, superando per impatto i media legacy. Fenomeni come Joe Rogan e Tucker Carlson raccolgono numeri superiori a quelli dei network tradizionali, influenzando un pubblico giovane e prevalentemente maschile. Anche in Europa, Asia e America Latina si assiste a dinamiche analoghe: figure come Hugo Travers in Francia e una vasta galassia di creator in Thailandia stanno ridefinendo il modo in cui le nuove generazioni si informano. La preferenza crescente per i contenuti video, unitamente alla frammentazione del consumo, accelera la crisi dei formati testuali. Piattaforme come TikTok, YouTube e Instagram sono ormai centrali nel panorama informativo, mentre X (ex Twitter) si radicalizza, attirando segmenti ideologicamente orientati. Il dato emblematico riguarda i giovani tra i 18 e i 24 anni: il 44% di essi considera social media e video network come la propria fonte principale di notizie. Parallelamente, cala la fiducia nei media: la media globale si attesta al 40%, ma si scende al 22% in Grecia e Ungheria, mentre la Finlandia rappresenta un’eccezione con il 67%. Il report dedica ampio spazio all’irruzione dell’intelligenza artificiale nel settore: il 7% degli utenti globali utilizza settimanalmente chatbot per informarsi, dato che sale al 15% tra gli under 25. Le redazioni stanno sperimentando l’uso dell’IA per personalizzare contenuti e migliorarne l’accessibilità, ma il pubblico resta diffidente: l’automazione viene percepita come una minaccia alla trasparenza, all’affidabilità e alla qualità del giornalismo. Eppure, si registrano anche esperienze innovative: il New York Times, ad esempio, ha introdotto brevi video verticali ispirati ai social media per aumentare l’engagement, e ha integrato contenuti audio premium nell’offerta per gli abbonati, come parte di una strategia di diversificazione che include giochi, ricette e recensioni. Sempre negli Stati Uniti, il podcasting informativo mostra una forte crescita: il 15% degli intervistati dichiara di ascoltare contenuti settimanali, una percentuale comparabile a quella di chi legge quotidiani o riviste cartacee (14%) o ascolta notiziari radio (13%). Anche Spotify e YouTube emergono come piattaforme di distribuzione dominanti, mentre The Daily (New York Times) e Up First (NPR) restano riferimenti per l’informazione audio basata su fonti attendibili. La disponibilità a pagare per i podcast – il 42% tra gli ascoltatori nei principali 20 mercati – conferma la crescente rilevanza di questo formato tra gli utenti più giovani e istruiti. Parallelamente, il report documenta l’emergere di modelli di business più flessibili. Il Washington Post ha sperimentato abbonamenti giornalieri e contenuti in formato chatbot, mentre in Europa editori come Amedia (Norvegia) e Schibsted (Svezia) offrono formule “all access” che integrano testate locali e nazionali. Anche testate come The Economist hanno sviluppato pacchetti audio specifici (Podcast+) per segmenti di pubblico interessati, con tariffe mensili contenute. Il problema della disinformazione resta centrale: il 58% degli utenti si dichiara preoccupato della difficoltà a distinguere tra vero e falso. Le principali fonti percepite di notizie fuorvianti sono politici, influencer e piattaforme come Facebook e TikTok. In Europa si invoca una regolamentazione più severa, mentre negli Stati Uniti il dibattito si divide lungo linee ideologiche sempre più marcate. L’uso dell’IA non sembra per ora rassicurare il pubblico: solo una minoranza si affida a strumenti generativi come ChatGPT o Gemini per verificare i fatti, e la preoccupazione cresce rispetto all’opacità e alla potenziale manipolazione algoritmica. Allo stesso tempo, cresce il fenomeno dell’evitamento delle notizie: il 40% degli utenti afferma di evitarle con regolarità. Tra i motivi principali emergono il senso di impotenza, la negatività pervasiva, la difficoltà di comprensione e la percezione di irrilevanza. I giovani under 35 si rivelano i più inclini a queste forme di distacco, spesso a causa di un linguaggio e di un formato giudicati poco accessibili o alienanti. Il quotidiano svedese Svenska Dagbladet ha sviluppato l’app “Kompakt”, che adotta uno stile più visivo, semplificato e personalizzabile, rispondendo al bisogno di leggerezza senza rinunciare alla sostanza. Il rapporto suggerisce che, per contrastare la disaffezione e recuperare centralità, i media dovranno investire in contenuti più pertinenti, sintetici e visivamente accattivanti, adottando un uso selettivo e strategico dell’IA. Inoltre, dovranno riscoprire il valore dell’imparzialità, della trasparenza e dell’approfondimento, per ricostruire la fiducia e distinguersi nel rumore di fondo del panorama informativo.

ANSA prima in Italia per affidabilità (74% di fiducia). Lo dice Reuters Institute

ANSA sede Roma

Per l’ottavo anno consecutivo, l’ANSA è risultata la testata d’informazione italiana con il più alto livello di affidabilità, secondo il Digital News Report 2025 pubblicato dal Reuters Institute. L’indagine è stata condotta su un campione rappresentativo di lettori in 48 Paesi, tra cui l’Italia, dove la fiducia nelle notizie ha raggiunto il 36%, in crescita di due punti rispetto al 2024. Nel dettaglio, l’ANSA si attesta al 74% di fiducia da parte degli italiani, seguita da SkyTg24 e Il Sole 24 Ore con il 67%, mentre Tg La7 si ferma al 61%. Sul fronte dell’informazione online, ANSA.it è il secondo sito più consultato settimanalmente con una quota del 17%, a pari merito con Tgcom24. Il primo posto va a Fanpage, con il 22% degli utenti settimanali, seguito da SkyTg24, Repubblica.it, Rai News e il Corriere della Sera online. Per quanto riguarda il consumo informativo via radio e televisione, i telegiornali Mediaset si confermano i più seguiti, seguiti da quelli Rai, TgCom24, SkyTg24, Rai News24 e Tg La7. Il rapporto segnala che solo il 9% degli italiani è disposto a pagare per le notizie online, un dato in calo di un punto rispetto al 2024. Il 26% condivide contenuti informativi tramite social network, chat o email, con WhatsApp e Facebook ancora prevalenti, seppur in flessione. Crescono invece Instagram e TikTok come canali di distribuzione dell’informazione. In termini di modalità di fruizione, l’81% degli utenti accede alle notizie tramite smartphone, il 68% utilizza piattaforme online, il 65% segue l’informazione in tv, mentre solo il 12% legge ancora la stampa cartacea, un dato in forte calo rispetto al 59% registrato nel 2013. Il 39% degli utenti si informa attraverso i social, il 6% tramite podcast di news e il 4% attraverso chatbot di intelligenza artificiale. Il Digital News Report evidenzia come il panorama mediatico italiano sia investito da una fase di trasformazione digitale, con un ruolo crescente delle piattaforme internazionali quali Google, Meta e Netflix, che attraggono una parte significativa delle entrate pubblicitarie online. “Il mercato italiano dei media sta vivendo una profonda trasformazione plasmato dalla rapida ascesa delle piattaforme digitali e dal continuo cambiamento del ruolo della televisione”, si legge nel rapporto. Nel corso del 2024, il Garante Privacy ha emesso un avvertimento al gruppo Gedi in merito alla sua collaborazione con OpenAI, per possibili violazioni delle norme Ue sulla privacy. A marzo 2025, il quotidiano Il Foglio ha realizzato una edizione interamente generata dall’intelligenza artificiale, un’iniziativa che, secondo il rapporto, “enfatizza sperimentazione e promozione strategica piuttosto che segnare un cambiamento fondamentale rispetto al giornalismo tradizionale”. Nel contesto italiano, continua a guadagnare spazio il modello di membership promosso da testate native digitali come Fanpage, Il Post, Open, HuffPost, Linkiesta e Citynews. Questo sistema si distingue dai tradizionali paywall perché mantiene l’accesso gratuito ai contenuti principali, puntando su entrate pubblicitarie, mentre agli abbonati sono riservati contenuti extra, podcast esclusivi, newsletter dedicate e una navigazione senza pubblicità. (Credits foto copertina: Stefano Avanzi)

Donne nei media: la sfida della leadership editoriale nel 2024

Women and leadership in the news media 2024: Evidence from 12 markets

Una nuova ricerca condotta dal Reuters Institute, intitolata “Women and leadership in the news media 2024: Evidence from 12 markets“, ha portato alla luce dati sorprendenti riguardanti la presenza femminile nei ruoli editoriali chiave all’interno delle principali testate giornalistiche. Il risultato più rilevante? Le donne occupano solo il 24% di tali posizioni. Questo studio ha esaminato da vicino i dati provenienti da 240 testate giornalistiche online e offline distribuite in 12 Paesi, tra cui Stati Uniti, Gran Bretagna, Finlandia, Sudafrica, Germania, Hong Kong, Spagna, Brasile, Corea del Sud, Kenya, Messico e Giappone. Curiosamente, in alcuni di questi Paesi, le donne superano numericamente gli uomini tra i giornalisti impiegati. Tuttavia, nonostante questa maggioranza, la stragrande maggioranza dei ruoli di vertice rimane saldamente nelle mani degli uomini. Inoltre, negli ultimi cinque anni, la percentuale di donne tra i caporedattori è aumentata di appena il 2%, passando dal 23% al 25% nel 2024. Secondo quanto riportato sul sito web del Reuters Institute, “La debole correlazione positiva – si legge sul sito web del Reuters Institute – tra la percentuale di donne che lavorano come giornaliste e la percentuale di donne tra i caporedattori, e l’assenza di una correlazione tra la parità di genere complessiva nella società e la percentuale di donne tra i caporedattori, continua a sottolineare che ci sono dinamiche specifiche in gioco nel giornalismo e nei mezzi di informazione in termini di progressione di carriera. La questione qui non è “solo” esterna e sociale. È anche interna alla professione e all’industria”. L’analisi della ricerca getta luce anche sul futuro, con una proiezione che indica la possibilità di raggiungere la parità di genere nelle posizioni editoriali di vertice solo entro il 2074, se i cambiamenti continueranno al ritmo attuale. Una prospettiva più cauta suggerisce addirittura che, dati i ritmi di cambiamento attuali, la parità di genere tra i principali editori dei mezzi di informazione potrebbe non essere mai raggiunta.   Per ulteriori approfondimenti, consultare il seguente link.