Trump accusa la stampa: “Il 97,6% delle notizie su di me è falso”

Donald Trump

Donald Trump torna all’attacco e questa volta nel mirino non ci sono solo i magistrati e i politici che lo hanno incriminato, ma anche i media. Nel corso di un discorso infuocato tenuto al Dipartimento di Giustizia, il presidente ha accusato i principali network televisivi e giornali statunitensi di essere “corrotti” e di scrivere il 97,6% di cose negative su di lui. Ha quindi dichiarato che questa copertura mediatica dovrebbe essere considerata illegale. Trump ha da sempre un rapporto conflittuale con la stampa, ma questa volta ha alzato il tiro, definendo le testate più critiche come un vero e proprio braccio politico del Partito Democratico. In particolare, ha attaccato CNN, MSNBC e altri giornali non identificati, accusandoli di coordinarsi per influenzare giudici e opinione pubblica. Il suo discorso, pronunciato con lo stemma del Department of Justice alle spalle e introdotto dalla ministra Pam Bondi, sua fedelissima ed ex avvocato, ha avuto toni senza precedenti. Ha ribadito che contro di lui sono state commesse violazioni di legge colossali, delegando ai dirigenti del Dipartimento il compito di agire contro quelli che ha definito lawbreakers. L’intervento segna un altro passo verso l’erosione dell’indipendenza della giustizia. Trump non ha solo criticato i magistrati che lo hanno indagato, definendoli “feccia, corrotti”, ma ha anche lanciato un avvertimento agli avvocati che lavorano per i suoi avversari politici, penalizzando due grandi studi legali che in passato avevano assistito Hillary Clinton e il procuratore speciale Jack Smith. Si tratta di una strategia che mira a intimidire chiunque possa rappresentare una minaccia giudiziaria per il presidente. L’accusa ai media, però, è quella più eclatante. Trump sostiene che la loro copertura delle sue politiche e delle inchieste giudiziarie sia un’ingerenza illegale, tanto da sostenere che i giornalisti stiano cambiando la legge e influenzando le decisioni dei giudici. Non si è limitato alle emittenti liberal, ma ha attaccato anche il Wall Street Journal, considerato la “Bibbia” della finanza e della destra, ma critico nei suoi confronti. Una frattura che evidenzia come anche all’interno del conservatorismo americano non tutti siano disposti a seguirlo senza condizioni. Questa crociata contro i media non è nuova. Già nel 2016 Trump aveva reso gli attacchi alla stampa una parte centrale della sua retorica, bollando come “nemici del popolo” i giornalisti scomodi e definendo fake news ogni critica. Ma ora, con un secondo mandato avviato tra scandali e indagini, il presidente sembra voler andare oltre, cercando di mettere sotto pressione l’intero sistema dell’informazione tradizionale, favorendo al contempo le piattaforme di destra a lui più vicine. La libertà di stampa, sancita dalla Costituzione, è ora sotto attacco da parte di chi dovrebbe esserne il primo garante.

Media al Pentagono: Trump introduce la rotazione annuale. Rimosse quattro testate

Donald Trump

L’amministrazione del Presidente Donald Trump ha introdotto un nuovo sistema di rotazione annuale per i media accreditati presso il Pentagono, rimuovendo quattro testate giornalistiche di rilievo per fare spazio ad altre. Questa decisione, annunciata attraverso un promemoria ufficiale, riguarda il New York Times, NBC News, National Public Radio (NPR) e Politico, che dovranno lasciare i loro uffici entro il 14 febbraio. Al loro posto, verranno assegnati spazi a New York Post, One America News Network, Breitbart News Network e HuffPost News. Il cambiamento è motivato dall’intento di garantire l’accesso a nuove realtà editoriali, permettendo una maggiore diversificazione nella copertura giornalistica delle attività del Dipartimento della Difesa. Secondo il regolamento stabilito, ogni anno una testata di carta stampata, una televisiva, una radiofonica e una online verrà sostituita da un’altra appartenente alla stessa categoria. Tuttavia, i media esclusi non perderanno l’accreditamento, ma solo il diritto a mantenere un ufficio fisico all’interno del Pentagono. La mossa ha suscitato forti reazioni critiche, in particolare dall’Associazione Stampa del Pentagono, che ha espresso preoccupazione per l’esclusione di testate di grande rilevanza. Il portavoce del Dipartimento della Difesa, John Ullyot, ha chiarito che le testate rimosse resteranno membri effettivi del Corpo Stampa, potendo comunque continuare a coprire le attività militari. Questa iniziativa si inserisce in una più ampia strategia dell’amministrazione Trump di ridefinire il rapporto con i media, privilegiando realtà ritenute più favorevoli alle proprie politiche. La scelta si allinea a precedenti decisioni, come l’apertura dei briefing della Casa Bianca anche a blogger e creator digitali, ampliando la platea di coloro che possono raccontare le dinamiche del potere.