CNHI impone congedi non retribuiti a 46 dipendenti

CNHI LLC

Il rientro dalle vacanze si è trasformato in un’amara sorpresa per decine di dipendenti della CNHI, azienda editoriale statunitense che gestisce 77 giornali locali. A 46 dipendenti, pari al 3% della forza lavoro, è stato imposto un congedo obbligatorio non retribuito di quattro settimane. La misura, secondo quanto dichiarato dall’azienda, è stata presa per affrontare un contesto economico difficile e un quarto trimestre deludente, solitamente trainato dalle entrate pubblicitarie natalizie. La CNHI, con sede a Montgomery, Alabama, è un’azienda specializzata in testate di piccole dimensioni, con una tiratura media di 10.000 copie. Appartiene al piano pensionistico Retirement Systems of Alabama e negli ultimi anni ha cercato di adattarsi alle sfide di un settore in crisi. Tuttavia, le difficoltà economiche del mercato e l’eventuale aumento dei costi della carta da giornale, derivante da una possibile guerra tariffaria con il Canada, minacciano ulteriormente i già fragili equilibri finanziari. L’assenza di comunicazioni trasparenti da parte della dirigenza ha generato ansia tra i dipendenti, molti dei quali temono che i congedi temporanei possano preludere a licenziamenti permanenti. Alcuni lavoratori hanno espresso delusione per la mancanza di preavviso e il silenzio dell’azienda sulle prospettive future. Sebbene CNHI abbia mantenuto un basso profilo, le sue operazioni sono state caratterizzate da continui cambiamenti. Nel 2024 ha venduto dieci giornali, segnale di una strategia volta a snellire le attività e ridurre i costi. Nonostante queste difficoltà, l’azienda rimane un punto di riferimento per l’informazione locale in molte comunità degli Stati Uniti. Dean Ridings, CEO di America’s Newspapers, ritiene che regolamentazioni più flessibili aiuterebbero il settore, ma prevede un 2025 difficile, aggravato da possibili tariffe sulla carta canadese.

Il Washington Post licenzia il 4% per ridurre le perdite

WP sede

Il Washington Post ha avviato una serie di licenziamenti che riguarderanno circa il 4% della sua forza lavoro. Questo passo è stato preso per far fronte alle ingenti perdite finanziarie che l’azienda sta affrontando, stando a quanto dichiarato dalla società stessa. I licenziamenti interesseranno principalmente i team delle divisioni pubblicità, marketing e tecnologia informatica, senza coinvolgere la redazione, che ha già subito una riduzione dei posti di lavoro due anni fa tramite un programma di buyout volontari. La decisione di ridurre il personale rientra in un piano più ampio volto ad adattare il Washington Post alle mutate condizioni del mercato e a garantire un futuro più sostenibile. L’obiettivo dichiarato dall’azienda è quello di posizionare il quotidiano per affrontare al meglio le sfide future e di rispondere in modo più efficace alle esigenze del pubblico. In una nota ufficiale, l’azienda ha sottolineato come questi cambiamenti siano necessari per continuare a costruire un futuro solido e per raggiungere il pubblico dove si trova. Negli ultimi anni, il Washington Post ha avuto difficoltà a generare profitti, poiché l’abbonamento digitale non è riuscito a compensare il calo delle entrate dalla stampa e i crescenti costi della redazione. Will Lewis, l’editore del giornale, ha dichiarato in una riunione dell’anno scorso che nel 2023 il Post ha registrato una perdita di 77 milioni di dollari e ha visto una riduzione del suo pubblico digitale dal 2020. Il giornale ha vissuto turbolenze durante gran parte del mandato di Lewis, iniziato un anno fa. Sally Buzbee, direttore esecutivo, si è dimessa a giugno, mentre Rob Winnett, scelto per sostituirla, si è ritirato poco dopo. Inoltre, la decisione di interrompere la tradizione di supportare i candidati presidenziali ha suscitato critiche tra gli abbonati. Recentemente, anche Ann Telnaes, la fumettista premio Pulitzer, si è dimessa dopo che la sezione opinioni ha rifiutato una sua vignetta su Jeff Bezos, il fondatore di Amazon e proprietario del Post, raffigurato inginocchiato davanti a una statua di Donald Trump. Nel frattempo, il Washington Post ha dovuto fare i conti con l’addio di numerosi giornalisti di spicco, tra cui Ashley Parker e Michael Scherer, che sono passati a The Atlantic, e Josh Dawsey, che ha scelto il Wall Street Journal.  

Dazn licenzia due giornalisti: scoppia la protesta

DAZN

Decisione inconcepibile, scrive l’associazione Lombarda giornalisti, chiedendo di revocare i licenziamenti. Dopo una profonda riorganizzazione, annunciata a partire dall’estate scorsa, nelle ultime settimane sulla redazione di Dazn sono piombate due lettere di licenziamento per altrettanti giornalisti. La decisione ha messo in allarme i giornalisti, portandoli a proclamare lo stato di agitazione. “L’azienda dopo aver avviato un piano di riorganizzazione aziendale che ha quasi dimezzato la redazione giornalistica, ha sempre manifestato di non voler ricorrere allo strumento dei licenziamenti. Volontà espressa anche dalle dichiarazioni pubbliche rilasciate dal Ceo di Dazn Italia”, hanno scritto i giornalisti dello streamer sportivo, in una nota pubblicata sul sito dell’Associazione Lombarda giornalisti. La redazione non ha nascosto anche il suo “sconcerto” per i due licenziamenti, avvenuti “nonostante” – si legge ancora nel testo – “in questi mesi l’azienda abbia avviato un percorso di uscite volontarie non traumatiche attraverso incentivi all’esodo e forme di collaborazione”. “Proprio per questo di fronte a questa unilaterale decisione aziendale, la redazione di Dazn proclama lo stato di agitazione ed esprime massima solidarietà ai colleghi”. Dall’Alg è arrivata pronta la solidarietà per i colleghi. L’associazione ha definito la decisione di Dazn “inconcepibile se sono vere le affermazioni di grande rilancio che da luglio i vertici aziendali hanno presentato al mercato”, chiedendo di revocare “immediatamente” i provvedimenti. “Delle due l’una: o Dazn è in crisi e non corrisponde al vero quanto decantato dai vertici aziendali negli ultimi mesi, o vuol far pagare l’annunciato rilancio 2024 al corpo redazionale anche a rischio di compromettere la qualità della sua offerta”, ha rilevato poi Paolo Perucchini, presidente Alg. “Come fiori all’occhiello della sua offerta Dazn sbandiera i diritti di trasmissione delle partite di calcio della Serie A e della Serie B, ma anche dell’Eurolega, dell’EuroCup e della Serie A di basket. Ma nel frattempo ristruttura pesantemente la sua redazione giornalistica e, ora spinge sui licenziamenti individuali. “Un atteggiamento inconcepibile, che non fa onore a un gruppo che vuole rappresentare lo sport italiano in televisione”.