Google, con le AI Overviews crollano i clic ai siti di notizie

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Google ha intensificato la diffusione delle sue AI Overviews a partire da maggio 2024 negli Stati Uniti, e nuovi dati rivelano l’impatto diretto sulle abitudini di ricerca degli utenti e sul traffico verso i principali editori digitali. Secondo l’analisi di Similarweb, pubblicata da Press Gazette, i riepiloghi generati dall’intelligenza artificiale di Google stanno alimentando un significativo aumento delle ricerche zero-click, cioè quelle in cui gli utenti non cliccano su alcun risultato esterno, penalizzando così il traffico organico verso i siti di notizie. Nel mese di maggio 2025, Mail Online ha registrato AI Overviews attivati per 32 delle sue 100 parole chiave principali. In questi casi, nel 68,8% delle ricerche gli utenti non hanno effettuato alcun clic, una percentuale superiore alla media complessiva del sito che si attesta al 54,9%. Il trend è stato simile nei mesi precedenti: ad aprile 2025 la percentuale di ricerche zero-click con AI Overview era al 69,2%, a marzo al 71,3%. Quando la funzione è stata introdotta, nel maggio 2024, il tasso era del 48%. Anche altri brand come People.com (40 keyword con AI Overview) e Buzzfeed (36 keyword) hanno sperimentato percentuali simili: People ha registrato un 71,2% di ricerche zero-click con AI Overviews e un 65,6% complessivo. Buzzfeed è passato dal 52,8% al 60,7% complessivo, con un picco del 69,2% nei casi in cui erano presenti riepiloghi IA. Tra i casi più rilevanti figura Ouest France, con un incremento di 14,7 punti percentuali nelle ricerche zero-click in un anno (dal 39,8% al 54,5%). Dati comparabili emergono per MSN.com, cresciuto dal 42,4% al 56,1%. I tassi più elevati di zero-click con AI Overview sono stati osservati sul sito giapponese Livedoor (79,5%), sul russo Komsomolskaya Pravda (79%) e su CBS News (75,1%). Tuttavia, non tutti i 100 principali brand hanno mostrato aumenti: circa un quarto ha visto diminuire le ricerche senza clic e 35 hanno registrato meno zero-click in presenza delle panoramiche AI rispetto alla media. Secondo Similarweb, la media globale delle ricerche di notizie senza clic su Google è salita dal 56% al 69% in un anno. Questo dato indica un cambiamento significativo nel comportamento degli utenti, che tendono sempre più a ottenere le risposte direttamente nella pagina dei risultati. Contestualmente, il traffico organico verso i siti editoriali è sceso da oltre 2,3 miliardi di visite al picco a meno di 1,7 miliardi. Una denuncia è stata presentata alla Competition and Markets Authority del Regno Unito, in cui si accusa Google di utilizzare contenuti degli editori per alimentare le AI Overviews senza offrire un’opzione concreta per rinunciare. Secondo la denuncia, rifiutare lo scraping equivale a sparire dai risultati di ricerca, salvo accettare il formato “no snippet”, considerato meno efficace. Un portavoce di Google ha dichiarato la scorsa settimana: “Più di qualsiasi altra azienda, Google dà priorità all’invio di traffico verso il web e ogni giorno inviamo miliardi di clic sui siti web. Le nuove esperienze di intelligenza artificiale nella Ricerca consentono alle persone di porre ancora più domande, creando nuove opportunità di scoperta di contenuti e aziende. Gli editori hanno il controllo su quali contenuti appaiono nella Ricerca, incluse le Panoramiche basate sull’intelligenza artificiale”. Negli Stati Uniti, i dati mostrano che il tasso di ricerche zero-click per i principali siti di notizie è aumentato dal 52,8% al 55,2%. Tra i brand con più AI Overviews a maggio: Us Weekly (40), Mail Online (39), Buzzfeed (36), People (32), Men’s Journal (31) e Mirror US (30). Le testate con i tassi più alti di zero-click in presenza di panoramiche AI includono The Gateway Pundit (88,3%), Yahoo News (78%) e Politico (77,1%). Alcune, come Yahoo News, hanno mostrato una marcata differenza tra le ricerche zero-click con AI Overview (78%) e quelle complessive (51%). Il marchio con la maggiore variazione nell’ultimo anno è il Farmingdale Observer, che ha visto aumentare il tasso di zero-click dal 40,9% al 71,7%. Tra le testate con redazioni statunitensi, l’Independent è passato dal 52,4% al 63,6%. In controtendenza, il New York Times ha registrato un tasso inferiore di zero-click quando erano presenti AI Overview (25,2%) rispetto alla media complessiva (40,1%), sebbene i casi rilevati fossero limitati a sei parole chiave. Google ha affermato di non attivare le AI Overviews per le query di notizie concrete, il che spiegherebbe perché i contenuti lifestyle o evergreen sono più esposti. Nove siti tra i top 100 negli Stati Uniti, tra cui Yahoo Finance e Breitbart, non hanno attivato alcuna panoramica AI su keyword principali. Parallelamente, Similarweb ha registrato una crescita significativa nell’utilizzo di ChatGPT per le notizie, con un aumento del 212% tra gennaio 2024 e maggio 2025 nelle query informative, mentre le ricerche su Google sono calate del 5%. A maggio 2025, ChatGPT ha raggiunto 60,2 milioni di utenti unici sul web e 46,6 milioni tramite app. Tra i siti che ricevono più traffico da ChatGPT figurano Reuters, Business Insider, Wall Street Journal e Forbes, trainati dall’interesse per aggiornamenti finanziari e di mercato in tempo reale.

Editori denunciano Google alla Commissione Europea: “L’IA ci toglie lettori”

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Il 30 giugno 2025, l’Independent Publishers Alliance ha presentato un reclamo antitrust alla Commissione Europea contro Google, accusando l’azienda di abuso di posizione dominante nell’ambito dei servizi di ricerca online basati su intelligenza artificiale. Secondo il documento visionato da Reuters, il colosso tecnologico utilizzerebbe indebitamente i contenuti editoriali per generare le cosiddette Panoramiche AI, ossia riepiloghi automatici mostrati in cima ai risultati di ricerca, a scapito dei link originali degli editori. La denuncia, firmata anche da Foxglove Legal Community Interest Company e Movement for an Open Web, include la richiesta di una misura provvisoria per evitare danni considerati “gravi e irreparabili” all’intero comparto editoriale. Le Panoramiche AI di Google sono attive in oltre 100 paesi e, dal maggio scorso, includono anche contenuti pubblicitari. Secondo i firmatari, la funzione consente all’azienda di sintetizzare risposte utilizzando materiale prelevato dai siti web senza che gli editori possano opporsi, se non rinunciando alla propria presenza nella pagina dei risultati. “Il principale motore di ricerca di Google sta utilizzando in modo improprio i contenuti web per le panoramiche AI di Google nella Ricerca Google, il che ha causato e continua a causare danni significativi agli editori, compresi quelli di notizie, in termini di traffico, lettori e perdite di fatturato”, si legge nel reclamo ufficiale. La coalizione ritiene che il posizionamento prioritario dei riepiloghi generati dall’IA produca una distorsione della concorrenza, in quanto riduce la visibilità dei contenuti originali a vantaggio di un prodotto interno a Google. Inoltre, viene segnalata l’impossibilità per gli editori di escludersi dall’uso dei propri dati nei modelli linguistici IA senza subire penalizzazioni in termini di indicizzazione. “Gli editori che utilizzano la Ricerca Google non hanno la possibilità di scegliere di non far sì che il loro materiale venga acquisito per l’addestramento del modello linguistico di grandi dimensioni dell’intelligenza artificiale di Google e/o che venga scansionato per i riepiloghi, senza perdere la possibilità di comparire nella pagina dei risultati di ricerca generali di Google”, prosegue la nota. Google ha replicato che le sue innovazioni IA incrementano il numero di ricerche e creano nuove opportunità di traffico per i siti web. “Le nuove esperienze di intelligenza artificiale nella Ricerca consentono alle persone di porre ancora più domande, creando nuove opportunità di scoperta di contenuti e aziende”, ha dichiarato un portavoce. L’azienda ha inoltre sottolineato di inviare ogni giorno miliardi di clic ai contenuti dei siti partner, e ha contestato la fondatezza dei dati forniti dai ricorrenti, ritenuti “altamente incompleti e distorti”. Il sito dell’Independent Publishers Alliance descrive l’organizzazione come una comunità non profit a sostegno degli editori indipendenti, senza però elencarne i membri. Tra i promotori dell’azione figura Foxglove, gruppo britannico che si occupa di giustizia digitale. La direttrice esecutiva Rosa Curling ha dichiarato: “Le notizie indipendenti si trovano ad affrontare una minaccia esistenziale: le panoramiche basate sull’intelligenza artificiale di Google. Ecco perché con questa denuncia, Foxglove e i nostri partner stanno sollecitando la Commissione europea, insieme ad altri enti regolatori in tutto il mondo, a prendere posizione e consentire al giornalismo indipendente di non partecipare”. Un reclamo analogo è stato presentato anche all’Autorità garante della concorrenza del Regno Unito, che ha confermato di aver ricevuto la segnalazione. La Commissione Europea, invece, ha rifiutato di commentare ufficialmente. La vicenda europea si inserisce in un contesto globale in cui crescono i contenziosi contro i modelli di intelligenza artificiale generativa, in particolare quando si fondano su contenuti prelevati senza consenso. Un caso simile è stato avviato negli Stati Uniti da Chegg, azienda statunitense di formazione online, che ha intentato una causa federale contro Google, sostenendo che le Panoramiche AI mostrate nei risultati di ricerca abbiano danneggiato il traffico e i ricavi della società. Le sintesi automatiche generate da Google sarebbero infatti costruite anche a partire dai contenuti proprietari di Chegg, senza attribuzione né compenso, penalizzando la visibilità dell’azienda nei risultati di ricerca. Secondo il CEO Nathan Schultz, Google “raccoglie i benefici finanziari dei contenuti di Chegg senza dover spendere un centesimo“, sfruttando la sua posizione dominante. La causa cita le sezioni 1 e 2 dello Sherman Antitrust Act, e arriva in un contesto di difficoltà economiche per Chegg, che ha registrato un calo del 24% nel fatturato annuo del quarto trimestre e una perdita netta di 6,1 milioni di dollari. Nonostante la controversia, Chegg ha avviato collaborazioni con OpenAI, Meta, Anthropic e Mistral per sviluppare strumenti didattici basati su intelligenza artificiale, registrando 3,6 milioni di abbonati, in calo del 21%. Google, da parte sua, ha dichiarato che le Panoramiche AI “indirizzano traffico a una maggiore diversità di siti”, aggiungendo che ogni giorno invia “miliardi di clic” a siti web in tutto il mondo. Nel ricorso, Chegg sottolinea che la propria banca dati da 135 milioni di domande e risposte sarebbe stata impiegata per addestrare i modelli di Google, e allega uno screenshot in cui una risposta generata dall’AI riprende il contenuto del sito Chegg, senza però accreditarlo. L’azienda fa inoltre riferimento a una precedente sentenza federale del 2023 che ha riconosciuto il monopolio di Google nella ricerca online, in seguito a un’azione del Dipartimento di Giustizia.

Google AI Mode cambia le regole: addio ai link, cala il traffico ai media fino al 40%

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L’introduzione dell’AI Mode all’interno di Google Search segna un passaggio cruciale nella storia dell’informazione digitale, incidendo direttamente sull’ecosistema dei siti di news e sull’equilibrio dell’open web. Annunciata al Google I/O 2023 e potenziata nel 2024 con l’integrazione dei modelli Gemini, questa tecnologia rappresenta la trasformazione definitiva della Search Generative Experience e si prepara a un rilascio globale entro la fine del 2025. CHE COS’È AI MODE E COME FUNZIONA Con l’introduzione della nuova AI Mode direttamente nella homepage di Google, la ricerca sul web entra in una fase del tutto nuova. Diversamente dalla tradizionale pagina di ricerca, che mostra una lista ordinata di link in base alla pertinenza, AI Mode fornisce una risposta generata dall’intelligenza artificiale, costruita in tempo reale sulla base delle informazioni presenti sul web. Il funzionamento è simile a una conversazione: l’utente può porre domande complesse, ricevere risposte articolate e porre domande successive per chiarimenti o approfondimenti. L’obiettivo, spiegano da Mountain View, è quello di offrire un’assistenza intelligente che vada oltre il semplice accesso ai siti. Questa modalità si distingue anche dalle AI Overview, attive in Italia dal 26 marzo, che mostrano brevi sintesi in linguaggio naturale in cima ai risultati tradizionali. Come specifica Google, queste vengono compilate da Gemini “traendo informazioni dai migliori risultati di ricerca, e includendo link che corroborino le informazioni che vengono presentate”. La decisione su quando mostrarle dipende dal contesto: “a seconda del grado di fiducia nella qualità dei risultati: non ci saranno per temi particolarmente sensibili o pericolosi, e potrebbero non apparire per notizie dell’ultimo minuto”. Ma a differenza delle Overview – che restano brevi e sintetiche – AI Mode è progettata per fornire ragionamenti, confronti dettagliati, analisi approfondite e risposte multimodali. “L’obiettivo principale di questi cambiamenti – ha spiegato Elizabeth Reid, responsabile della Search di Google – è anzitutto quello di rendere più semplice e immediato porre domande: perché questa è la prima esigenza degli utenti” […]. “Noi vogliamo garantire la migliore esperienza agli utenti. Vogliamo non solo organizzare la conoscenza, ma anche renderla utile e ricca, accessibile in modo affidabile, semplice: in altre parole, democratizzare la comprensione delle informazioni. L’intelligenza artificiale non vuole porsi come rimpiazzo, ma come ausilio per navigare la ricchezza della rete”. AI Mode è ancora in fase sperimentale, ma si candida a ridefinire il modo in cui interagiamo con la conoscenza online, in un contesto in cui – come osserva Reid – “rendendo più semplice fare domande, e fornendo un contesto alle risposte, le persone aumentano le loro curiosità. Si sentono più spinte a cercare. D’altronde, quando siamo bambini continuiamo a chiedere: ‘Perché? Perché’. Poi smettiamo: ma se si rende il processo di ricerca più semplice, torniamo a essere più curiosi. E questo è un bene”. TRASFORMAZIONE RADICALE Per i siti di news, l’avvento dell’AI Mode rappresenta una trasformazione radicale. Lo storico meccanismo di acquisizione del traffico tramite motori di ricerca è messo in crisi: le risposte fornite direttamente da Google riducono la necessità di accedere ai link esterni. Secondo dati raccolti da SimilarWeb, piattaforme come Wikipedia, YouTube, Reddit, Yahoo e persino Google Search in versione browser stanno registrando un calo di traffico tra il 2% e il 6%. In controtendenza, la piattaforma ChatGPT ha registrato un aumento del 15% delle visite nel solo mese di aprile 2025, superando i 5 miliardi di accessi e diventando il quinto sito più visitato al mondo. Il fenomeno riflette la crescente abitudine degli utenti ad affidarsi ai large language model per trovare risposte, riducendo così la necessità di consultare i siti web tradizionali. IMPATTO NEGATIVO Secondo il Wall Street Journal, il 40% del traffico dei principali siti di informazione proviene da ricerche su Google. L’introduzione dell’AI Mode, che fornisce risposte esaustive direttamente nella pagina di ricerca, rischia di causare una perdita tra il 20% e il 40% del traffico per molti editori. Una ricerca del Brookings Institute stima che entro il 2026, il 25% del traffico generato dai motori di ricerca verrà perso a causa dell’adozione delle AI search. ACCORDI EDITORIALI CON LE BIG TECH Per mitigare l’impatto economico, alcuni grandi gruppi editoriali hanno siglato accordi con aziende che sviluppano modelli linguistici. News Corp riceverà da OpenAI 250 milioni di dollari in cinque anni. Axel Springer ne otterrà circa 30 milioni in tre anni, mentre il Financial Times tra i 5 e i 10 milioni l’anno. Accordi simili sono stati sottoscritti anche da Gedi, Le Monde, Prisa Media e Vox Media. “ESTINZIONE DIGITALE” Il rischio maggiore riguarda le piccole testate e i progetti editoriali indipendenti, spesso esclusi da questi accordi e fortemente dipendenti dal traffico organico. Senza visibilità nei risultati AI, questi siti rischiano l’estinzione digitale. È un circolo vizioso: meno visite significano minori entrate, quindi meno contenuti e quindi minore utilità per i motori di ricerca e i modelli AI, che rischiano così di perdere l’accesso a fonti diversificate e aggiornate. SBAGLIARE CON SICUREZZA Il Columbia Journalism Review (CJR) ha analizzato le prestazioni di otto chatbot AI — tra cui ChatGPT, Perplexity, Gemini, Grok e Copilot — nel riconoscere e citare correttamente articoli giornalistici. I risultati mostrano che, nel 60% dei casi, le risposte erano sbagliate o mancavano di indicazioni sulle fonti. Il tasso di errore variava dal 37% (Perplexity) al 94% (Grok 3), con errori spesso presentati “con una sicurezza allarmante”, senza segnali di dubbio o ammissione d’incertezza. A peggiorare la situazione, i modelli premium — come Perplexity Pro e Grok 3 — risultavano più affidabili nel rispondere, ma anche più propensi a generare errori sicuri. Un problema grave riguarda gli URL inventati o errati: Grok 3 ha generato 154 link sbagliati su 200, compromettendo la possibilità degli utenti di verificare le informazioni. Inoltre, i chatbot spesso violano i protocolli robots.txt, ignorando le restrizioni imposte dai siti per bloccare la scansione dei contenuti. Perplexity Pro è stato il “peggior trasgressore”. In parallelo, alcune aziende AI hanno avviato accordi di licenza con editori per accedere ai contenuti in modo regolare. È il caso di OpenAI, che ha stretto accordi con Schibsted e Guardian. Tuttavia, anche in

Google filigrana le immagini AI

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Google ha annunciato un importante aggiornamento per contrastare la disinformazione e la manipolazione delle immagini generate dall’intelligenza artificiale, introducendo filigrane digitali per le foto modificate con il suo strumento Magic Editor. Questa innovazione, basata sulla tecnologia SynthID sviluppata da DeepMind, permette di incorporare un tag di metadati digitali direttamente nell’immagine, rendendo possibile identificare se sia stata alterata tramite strumenti di IA generativa. L’implementazione di questa funzionalità ha l’obiettivo di rendere più chiaro agli utenti quando un contenuto visivo è stato modificato artificialmente, senza alterarne l’aspetto visibile. Lo strumento Magic Editor, disponibile anche per i possessori di iPhone, consente di rimuovere o aggiungere elementi in modo realistico, aprendo però la porta alla diffusione di contenuti potenzialmente ingannevoli. La nuova filigrana si applica automaticamente alle immagini trasformate con la funzione “reimagine”, fornendo un livello aggiuntivo di trasparenza. Google ha già implementato SynthID nelle immagini generate dal modello Imagen, lo stesso utilizzato dal chatbot Gemini per la creazione di contenuti grafici. Questa iniziativa si inserisce in un contesto più ampio che vede altre aziende, come Adobe, adottare soluzioni simili per garantire la provenienza dei contenuti digitali. Entrambe le società fanno parte della Coalition for Content Provenance and Authenticity (C2PA), un consorzio che si impegna a definire standard condivisi per la gestione dell’autenticazione delle immagini e dei video generati dall’IA. Google sottolinea che la filigrana non può essere rimossa facilmente e può essere rilevata solo attraverso strumenti specializzati. Inoltre, Google Foto include la sezione “Informazioni su questa immagine”, che permette agli utenti di verificare se una foto è stata modificata con Magic Editor e accedere a dettagli come la data di creazione originale. Questo sistema non è infallibile: Google avverte che modifiche minime potrebbero sfuggire all’identificazione di SynthID. Per questo motivo, esperti del settore ritengono che la filigrana da sola non sia sufficiente a garantire una tracciabilità affidabile dei contenuti digitali su larga scala. Il futuro della lotta alla disinformazione visiva passerà quindi attraverso l’adozione di strategie diversificate, in cui tecnologie come SynthID saranno integrate con altre metodologie per migliorare l’autenticazione dei contenuti generati dall’intelligenza artificiale.

Google oscura le notizie, ma rassicura: “Solo un su richiesta”

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La decisione di Google di avviare un test per omettere i contenuti della stampa europea dai propri servizi – Google News, Search e Discover – ha scatenato un’ondata di critiche da parte delle principali associazioni editoriali del continente. La European Magazine Media Association (EMMA), la European Newspaper Publishers’ Association (ENPA) e News Media Europe (NME) hanno espresso forte preoccupazione per un’iniziativa definita “inaccettabile”. Un portavoce di Google ha risposto alle critiche, spiegando che il test è stato avviato su richiesta degli stessi editori, che desideravano maggiori dati sul valore delle notizie per la piattaforma: “Abbiamo eseguito un test limitato nel tempo sull’1% degli utenti (in Belgio, Croazia, Danimarca, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Polonia e Spagna. La Francia, inizialmente inclusa, è stata esclusa dal test in seguito a una sentenza che ne ha impedito l’applicazione), al fine di fornire dati ancora più oggettivi. Durante il test, non ci sarà alcun impatto sui pagamenti che effettuiamo agli editori di notizie ai sensi della direttiva sul copyright. Una volta terminato il test, i risultati delle notizie torneranno ad essere visualizzati come prima”. Google ha inoltre ribadito il proprio impegno verso gli editori: “Collaboriamo con oltre 4.000 pubblicazioni in Europa, compresa l’Italia, e siamo la prima azienda ad aver sviluppato un programma di accordi di licenza nell’ambito della direttiva sul diritto d’autore. Continueremo a lavorare in modo costruttivo con gli editori per trovare soluzioni reciprocamente vantaggiose e siamo sempre aperti a nuove partnership”. Tuttavia, l’annuncio del colosso tecnologico ha colto di sorpresa gli editori, che lamentano la totale mancanza di consultazione o preavviso. In una nota diffusa anche dalla Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG), le associazioni denunciano: “Siamo estremamente preoccupati per la mancanza di informazioni e di trasparenza di questa iniziativa, nonché per le conseguenze che potrebbe avere per gli editori di stampa europei. Esortiamo pertanto Google a sospendere i test con effetto immediato e ad avviare un dialogo con il settore editoriale della stampa europea per concordare, in modo costruttivo e trasparente, una strada comune da seguire”. Le associazioni puntano il dito contro l’atteggiamento di Google, accusato di non riconoscere adeguatamente il valore dei contenuti giornalistici che alimentano i propri servizi. “L’importanza dei contenuti giornalistici nel modello di guadagno di Google è da tempo un punto di discussione”, affermano le sigle editoriali. La scelta di limitare unilateralmente la visibilità dei contenuti rappresenta, secondo loro, non solo un atto arbitrario ma anche un segnale preoccupante per il futuro della sostenibilità del settore. Particolarmente critico è il fatto che Google valuti il proprio operato in base a parametri stabiliti internamente, senza coinvolgimento esterno. “Soprattutto nel caso di un gatekeeper digitale come Google, concludono le associazioni, “è fondamentale che ogni potenziale ricerca sia condotta in piena trasparenza e dopo una consultazione tempestiva con gli editori, sia testata e verificata in modo indipendente da terze parti indipendenti e che i risultati siano condivisi pubblicamente”. La mossa di Google riaccende il dibattito sul rapporto tra le grandi piattaforme tecnologiche e il settore editoriale. Da tempo gli editori europei chiedono maggiore equità nella distribuzione dei ricavi e trasparenza nell’utilizzo dei loro contenuti. Ora, con questa iniziativa, temono un ulteriore squilibrio a favore delle big tech. L’appello delle associazioni è chiaro: sospendere immediatamente i test e instaurare un confronto per definire regole condivise, in grado di tutelare sia gli editori sia il diritto dei cittadini a un’informazione di qualità.    

Le Figaro: 25% dei diritti Meta-Google ai giornalisti

Le Figaro

La direzione del quotidiano Le Figaro e i sindacati Cfdt, Ccc, e Cgt hanno raggiunto un accordo fondamentale per il settore della stampa: la testata verserà ai giornalisti il 25% dei diritti connessi derivanti dall’utilizzo dei contenuti da parte di Meta (Facebook) e Google. Questa misura, annunciata il 31 ottobre 2024, è parte degli sforzi per tutelare i diritti degli autori nel contesto digitale e garantisce una remunerazione equa per il riutilizzo di articoli e contenuti multimediali. I diritti connessi, introdotti nel 2019 con una direttiva dell’Unione Europea, riconoscono una forma di compensazione economica alle testate giornalistiche per i contenuti che vengono ripubblicati e diffusi dalle grandi piattaforme digitali. Questa normativa ha aperto la strada a una nuova modalità di finanziamento per la stampa, prevedendo che giornali, riviste e agenzie di stampa vengano pagati quando i loro contenuti — articoli, immagini e video — vengono utilizzati da piattaforme come Meta e Google, che ne traggono profitto. Questo accordo fa seguito a un precedente raggiunto da Le Monde nel giugno 2024, che aveva inaugurato un sistema analogo. Le Figaro è quindi il secondo grande giornale francese a firmare un’intesa in tal senso, rafforzando il ruolo delle testate giornalistiche nel nuovo contesto digitale. Le somme destinate ai giornalisti di Le Figaro derivano da un accordo quadro negoziato dall’Apig (Alleanza della stampa d’informazione generale), che riunisce circa 500 testate in tutta la Francia e rappresenta una delle principali organizzazioni di tutela della stampa. Secondo quanto dichiarato da Marc Feuillée, direttore generale del gruppo Figaro, “le somme ricevute sono state negoziate dall’Apig”, che continua a lavorare per creare accordi simili con altri colossi del web, garantendo ulteriori risorse economiche a sostegno della stampa. Ogni giornalista di Le Figaro, in virtù di questo accordo, riceverà 2.900 euro per il periodo che va da ottobre 2019 a dicembre 2025, una somma calcolata retroattivamente. Inoltre, è previsto un compenso annuale aggiuntivo di circa 800 euro per ciascun giornalista, a partire dal 2024 e per gli anni successivi. Il comunicato stampa di Le Figaro, condiviso sulla piattaforma X (ex Twitter), ha sottolineato che questa collaborazione potrebbe estendersi in futuro ad altri attori del mercato digitale. Questo apre la strada a ulteriori negoziazioni, non solo con Meta e Google, ma con altre piattaforme, per incrementare la portata e l’efficacia della tutela dei diritti digitali. Questa intesa è frutto di discussioni complesse e dettagliate, avviate sin dal 2021. La negoziazione è stata lunga e articolata, ma rappresenta un passo fondamentale verso una remunerazione equa e sostenibile per i contenuti giornalistici nel mondo digitale. È un esempio di come il settore della stampa possa adattarsi e resistere alle sfide imposte dalla digitalizzazione e dall’utilizzo massiccio dei contenuti da parte delle piattaforme web.  

Apple si prepara a rivoluzionare l’IA su iPhone

Apple iPhone

Secondo le recenti informazioni fornite da Mark Gurman di Bloomberg, esperto del mondo Apple, l’azienda sta attivamente sviluppando un’intelligenza artificiale (IA) dedicata agli iPhone. Questa nuova IA dovrebbe essere lanciata in concomitanza con l’atteso aggiornamento del sistema operativo iOS 18, previsto per l’autunno. Ciò che distingue questa IA dalle altre è il suo orientamento alla privacy degli utenti: si prevede che funzioni senza la necessità di una connessione internet. L’approccio di Apple prevede che gran parte del lavoro di elaborazione sia svolto direttamente sul dispositivo, basandosi su un database locale supportato dal cosiddetto Large Language Model (Llm). Questo significa che l’IA sarà in grado di rispondere alle domande degli utenti senza dover attingere continuamente a internet per informazioni aggiornate, differenziandosi così da concorrenti come ChatGPT, Copilot e Gemini di Google. Tuttavia, secondo Gurman, questo approccio potrebbe limitare il potenziale dell’IA di Apple rispetto a quelle che si connettono al web. Per ovviare a questa possibile limitazione, si ipotizza che Apple possa integrare in alcuni contesti del sistema operativo iOS 18 il sistema Gemini di Google, consentendo un accesso più ampio e aggiornato alle informazioni. L’idea di base è che un’IA operante principalmente sul dispositivo offra tempi di risposta più rapidi e una maggiore sicurezza dei dati rispetto alle soluzioni basate su cloud. Questo si allinea con la strategia di Apple incentrata sulla tutela della privacy degli utenti, uno dei suoi principi cardine. È interessante notare che solo un mese fa era emersa la notizia di un accordo tra Apple e Google per integrare l’IA di quest’ultima sugli iPhone. Questo suggerisce un’apertura da parte di Apple verso la collaborazione con altre società per migliorare le capacità dell’IA sui suoi dispositivi. Le anticipazioni ufficiali su questo progetto sono attese durante la conferenza degli sviluppatori Apple WWDC 2024, che si terrà il 10 giugno. Ci si aspetta che Tim Cook, CEO di Apple, sveli ulteriori dettagli durante il keynote di apertura, preparando il terreno per il lancio previsto in autunno con iOS 18.

Francia, multa milionaria per Google: violazione copyright

L’Autorità francese per la concorrenza ha inflitto a Google una multa di 250 milioni di euro per non aver rispettato gli accordi sul copyright con editori e agenzie del paese. Accuse di comunicazione non trasparente e di sottostimazione dei profitti derivanti dai contenuti giornalistici utilizzati hanno alimentato la controversia. Inoltre, il programma di intelligenza artificiale Gemini è stato oggetto di contestazioni per l’utilizzo dei contenuti senza il consenso degli editori. La disputa ruota attorno alla remunerazione per l’utilizzo online dei contenuti giornalistici, in seguito a modifiche legislative europee del 2019. Google si è impegnata a non contestare i fatti e ha proposto misure correttive, pur reputando la sanzione sproporzionata. L’azienda ha dichiarato la volontà di collaborare con gli editori francesi per risolvere la questione.

Google, stop a clickbait e notizie di bassa qualità

Google Headquarters in California

Google dichiara guerra ai siti web che sfruttano contenuti di bassa qualità, annunciando nuovi provvedimenti che penalizzeranno drasticamente tali pratiche. L’azienda ha reso noto che le modifiche, implementate grazie a miglioramenti agli algoritmi di classificazione, entreranno in vigore entro marzo e si concentreranno su tre principali tipi di abusi. Il primo obiettivo riguarda la lotta contro il clickbaiting, una pratica diffusa tra i siti che utilizzano sia intelligenza artificiale che contenuti generati da persone reali per creare notizie progettate esclusivamente per attirare clic, senza fornire alcun valore o informazione utile. Questo tipo di contenuto, spesso basato su titoli sensazionalistici, sarà pesantemente penalizzato, promuovendo una maggiore integrità nei risultati di ricerca di Google. Il secondo obiettivo prende di mira siti web con una reputazione positiva, ma che ospitano aree con notizie di bassa qualità provenienti da terze parti, senza supervisione dell’editore. Google intende scoraggiare questa pratica per mantenere la coerenza della qualità nei contenuti offerti agli utenti. Infine, il terzo aspetto affrontato è l’utilizzo di domini scaduti, acquistati e sfruttati per aumentare il posizionamento di ricerca di contenuti di bassa qualità o non originali. Questa tattica potrebbe ingannare gli utenti, facendoli credere che tali contenuti appartengano al sito originale. Google si impegna a contrastare attivamente questa manipolazione dei risultati di ricerca. “Riteniamo che questi aggiornamenti ridurranno la quantità di contenuti di bassa qualità nei risultati di ricerca e invieranno più traffico a siti utili e di alta qualità – si legge nel blog post. – Sulla base delle nostre valutazioni, prevediamo che la combinazione di questo aggiornamento e dei nostri sforzi precedenti ridurrà notevolmente i contenuti di bassa qualità e non originali nei risultati di ricerca del 40%”.  

Google introduce Gemini: il potenziamento di Performance Max

Google introduce Gemini AI

Google annuncia l’integrazione di Gemini, la famiglia di Large Language Models (LLM) multimodali, su Performance Max, rivoluzionario strumento per le campagne pubblicitarie automatizzate. Miglioramento dell’efficacia dell’annuncio: un incremento del 6% delle conversioni: un’analisi rivela che il potenziamento dell’Ad Strength in Performance Max porta a un aumento medio del 6% delle conversioni per gli inserzionisti. L’IA al servizio della creatività pubblicitaria: Google sottolinea il ruolo cruciale dell’IA nel potenziare l’efficacia delle campagne pubblicitarie, garantendo al contempo che gli inserzionisti mantengano il controllo creativo. Generazione di asset e editing delle immagini: novità e prospettive future: il lancio della generazione di asset e dell’editing delle immagini basati sull’IA apre nuove frontiere nella creazione rapida di risorse pubblicitarie. Etica e trasparenza: la priorità di Google: la tech company assicura che Performance Max sia utilizzata in modo etico, impedendo la promozione di contenuti dannosi o fuorvianti. Espansione delle partnership e nuove funzionalità: Google annuncia l’ampliamento delle partnership con piattaforme come Canva e il lancio di nuove funzionalità per arricchire ulteriormente le esperienze pubblicitarie. Promesse per il futuro: anteprime degli annunci condivisibili: Google si impegna a semplificare i flussi di lavoro creativi consentendo la condivisione di anteprime degli annunci Performance Max tramite link.