OpenAI potrebbe lanciare un social per sfidare Meta e X

OpenAI sta valutando la creazione di un social network in grado di competere con X e Instagram, sfidando direttamente Elon Musk. La notizia è stata diffusa da The Verge e rilanciata da Ansa: il progetto, ancora in fase iniziale, si basa sulla popolarità della nuova funzione di generazione di immagini all’interno di ChatGPT, denominata ChatGPT immagini. Non è ancora chiaro se OpenAI lancerà il social come app separata o se opterà per un’integrazione diretta in ChatGPT, che lo scorso mese è diventata l’app più scaricata a livello globale. La possibile entrata di OpenAI nel mercato dei social media potrebbe intensificare la rivalità tra Sam Altman ed Elon Musk, in corso da tempo e caratterizzata anche da scontri pubblici. I rapporti tra i due si sono deteriorati a partire dalla fuoriuscita di Musk da OpenAI, società che aveva co-fondato, per divergenze sulla sua trasformazione in un’entità a scopo di lucro. Attualmente, Musk ha fondato xAI, concorrente diretta di OpenAI, e ha recentemente proposto senza successo l’acquisto di OpenAI per 97,4 miliardi di dollari. Altman, nel frattempo, ha risposto provocatoriamente offrendo di acquistare Twitter per 9,74 miliardi. Le tensioni si sono estese anche a progetti infrastrutturali come Stargate, un’iniziativa da miliardi di dollari per l’intelligenza artificiale promossa da Altman e supportata da Softbank e Oracle, criticata pubblicamente da Musk. La nuova iniziativa di OpenAI si inserisce in un contesto competitivo che coinvolge anche Meta, la quale sta lavorando a un’app AI autonoma con feed social integrato. L’eventuale lancio di un social network consentirebbe a OpenAI di ottenere dati proprietari in tempo reale, preziosi per l’addestramento dei propri modelli di intelligenza artificiale, analogamente a quanto fanno Meta e X. Secondo fonti vicine al progetto, il prototipo interno di OpenAI prevede un feed sociale incentrato sulla generazione di immagini con l’obiettivo di migliorare la qualità dei contenuti condivisi attraverso l’assistenza dell’intelligenza artificiale. Al momento, un portavoce di OpenAI non ha commentato ufficialmente la notizia e non è chiaro se il progetto verrà effettivamente lanciato. (Credits foto copertina: Primaonline)
Elon Musk accusa l’Associated Press: “Propaganda associata”

L’Associated Press finisce nuovamente al centro delle polemiche. Questa volta, l’attacco arriva da Elon Musk, che su X ha rilanciato una feroce critica contro la storica agenzia di stampa, scrivendo: “AP sta per Associated Propaganda”. Il commento del miliardario ha amplificato le accuse di un utente, che contestava un lancio ritirato dall’agenzia. L’intervento di Musk si inserisce in un clima già teso: nelle ultime settimane, l’AP è stata bersagliata da Donald Trump e dalla Casa Bianca, irritati per la decisione dell’agenzia di non allinearsi alla nuova denominazione di Golfo d’America, stabilita da un ordine esecutivo del presidente. Una scelta che ha avuto conseguenze dirette: i reporter dell’AP sono stati esclusi dallo Studio Ovale e dall’Air Force One, segnando un duro colpo per la storica testata. Il caso ha sollevato un ampio dibattito tra chi difende l’autonomia editoriale dell’AP e chi accusa l’agenzia di bias ideologico. Musk, da tempo in guerra con i media tradizionali, continua così la sua battaglia per una libertà di parola senza filtri, consolidando il suo ruolo di critico delle narrazioni istituzionali.
Il Washington Post rifiuta un annuncio anti-Musk

Il Washington Post si trova nuovamente al centro dell’attenzione per una scelta editoriale controversa: il rifiuto di pubblicare un’inserzione pubblicitaria dell’associazione apartitica Common Cause, che esortava il presidente Donald Trump a licenziare Elon Musk. L’inserzione, dal costo di 115.000 dollari, avrebbe dovuto occupare due pagine di alcune edizioni del quotidiano, incluse quelle destinate alla Casa Bianca, al Pentagono e al Congresso. Con la provocatoria domanda “Chi governa il paese: Donald Trump o Elon Musk?“, l’annuncio era accompagnato da un’immagine del miliardario sorridente e una foto della Casa Bianca inclinata, sostenendo che Musk avesse creato caos e confusione e invitando i cittadini a fare pressione sulla politica per chiederne il licenziamento. La decisione del quotidiano, di proprietà di Jeff Bezos, di respingere l’inserzione ha sollevato una serie di interrogativi e polemiche. Common Cause ha denunciato pubblicamente l’accaduto, sottolineando come il Washington Post, il cui slogan recita “La democrazia muore nell’oscurità“, non abbia fornito alcuna spiegazione sul motivo della cancellazione. L’associazione ha lasciato intendere che la decisione potrebbe essere stata influenzata da pressioni politiche o economiche, insinuando che Bezos fosse più preoccupato di evitare una reazione negativa della Casa Bianca piuttosto che rispettare il dovere giornalistico del quotidiano. Il rifiuto dell’annuncio ha suscitato polemiche, soprattutto considerando che il Washington Post ha in passato accettato inserzioni pro-Trump. La vicenda ha riacceso il dibattito sulla libertà di stampa e sull’influenza economica sulle decisioni editoriali. Common Cause ha denunciato il declino delle istituzioni mediatiche, accusandole di privilegiare profitto e convenienza politica a scapito della responsabilità verso i cittadini. L’associazione ha inoltre dichiarato di voler contrastare il crescente potere di Musk, opponendosi all’influenza di miliardari come lui e Bezos sul dibattito pubblico e sulle decisioni politiche. (In copertina, Elon Musk insieme al figlio X nello Studio Ovale della Casa Bianca)
Trump e Musk allo Studio Ovale, ma AP esclusa per il Golfo d’America

Donald Trump e Elon Musk si sono ritrovati nello Studio Ovale per la firma di un ordine esecutivo destinato a ridurre la burocrazia governativa, ma la decisione della Casa Bianca di escludere un giornalista dell’Associated Press ha scatenato una tempesta politica e mediatica. L’AP ha denunciato di essere stata punita per non aver adottato la nuova denominazione imposta da Trump al Golfo del Messico, ribattezzato Golfo d’America. L’agenzia ha dichiarato che le è stato impedito l’accesso perché non ha modificato i suoi standard editoriali in conformità con l’ordine esecutivo presidenziale. Martedì Trump ha firmato un altro ordine esecutivo per ridurre il numero dei dipendenti delle agenzie federali e concedere maggiori poteri al DOGE, il dipartimento per l’efficienza governativa guidato da Musk. Durante un’insolita sessione con i giornalisti nello Studio Ovale, Musk ha difeso l’operato del DOGE e sostenuto che i tagli siano “necessari” per evitare il “fallimento del paese“. Con lui c’era il figlio di quattro anni, X Æ A-12, che ha giocato con le penne sulla scrivania presidenziale. In sole tre settimane, il DOGE ha eliminato programmi in 19 agenzie federali, smantellato USAID e ottenuto accesso ai dati sensibili del ministero dell’Economia, fino a quando un giudice federale non ha bloccato questa possibilità. Il nuovo ordine esecutivo, chiamato “Iniziativa di ottimizzazione della forza lavoro”, limita le nuove assunzioni a una ogni quattro licenziamenti, con eccezioni solo per la sicurezza e l’immigrazione. Musk ha dichiarato di voler dimezzare il deficit del governo eliminando “sprechi e inefficienze”. Le chiusure e i licenziamenti hanno già avuto effetti tangibili, nonostante alcuni blocchi giudiziari. Il leader democratico Chuck Schumer ha accusato Trump di instaurare un “governo ombra non eletto”. Il DOGE è inoltre al centro di un dibattito costituzionale: il controllo delle agenzie federali spetta al Congresso, e il dipartimento di Musk opera senza approvazione legislativa, prendendo decisioni di grande impatto. L’esclusione del giornalista AP ha scatenato proteste: la direttrice dell’AP, Julie Pace, ha denunciato la decisione come una violazione del Primo Emendamento e una minaccia al giornalismo indipendente. La White House Correspondents’ Association, tramite il suo presidente Eugene Daniels, ha definito la mossa “inaccettabile”, ribadendo che il governo non può penalizzare i giornalisti per il loro lavoro e chiedendo alla Casa Bianca di revocare la decisione.
Trump schernisce “Time” dopo la cover con Elon Musk: “Esiste ancora?”

La nuova copertina del Time ha provocato un acceso dibattito sulla politica americana e il ruolo sempre più influente di Elon Musk. Lo sfondo rosso, le aquile, le stelle e strisce, e soprattutto la sua figura seduta alla Resolute Desk nella Casa Bianca, evocano immagini di potere e controllo. Il titolo è eloquente: “Dentro la guerra di Elon Musk contro Washington”. Un’affermazione che rispecchia perfettamente il clima politico attuale, in cui il miliardario ha assunto un ruolo di primo piano. Da tempo Elon Musk non è più soltanto un imprenditore visionario: la sua alleanza con Donald Trump durante la campagna elettorale lo ha catapultato al centro del dibattito politico. Ha finanziato il Tycoon, si è mostrato pubblicamente al suo fianco, ha indossato il cappellino MAGA, e ha festeggiato con lui a Mar-a-Lago. Questo sostegno ha portato a una ricompensa senza precedenti: la creazione di un nuovo dipartimento governativo, il Doge (Dipartimento per l’Efficienza Governativa), con Musk alla guida. Mai prima d’ora un cittadino privato, per di più miliardario con aziende supervisionate dalle autorità federali, aveva avuto un simile potere all’interno del governo. Il Doge ha una missione apparentemente impossibile: ridurre la spesa pubblica di 2 milioni di miliardi di dollari, abbattere la burocrazia, eliminare regolamenti considerati superflui e ristrutturare le agenzie federali. Tuttavia, l’ambizioso piano sta incontrando ostacoli significativi. Donald Trump potrebbe aver sottovalutato la determinazione di Elon Musk, che non sembra disposto a farsi fermare da niente e nessuno. Il 1° febbraio il team Doge Musk ha preteso l’accesso totale alla sede centrale dell’USAID, l’agenzia governativa che si occupa di aiuti umanitari e sviluppo internazionale. Lo staff dell’agenzia si è opposto, provocando la reazione furiosa del miliardario. Su X ha scritto parole pesantissime: “L’USAID è un’organizzazione criminale”. E poi, in un secondo post, ancora più duro: “È ora che muoia”. Le conseguenze sono state immediate. In meno di una settimana, quasi tutto il personale dell’USAID è stato messo in congedo, gli uffici in tutto il mondo sono stati chiusi, interrompendo operazioni vitali per milioni di persone. Un chiaro segnale a tutte le altre agenzie federali: la volontà di Musk non va contrastata. L’episodio, come sottolinea il Time, mette in luce uno scontro epocale tra il potere istituzionale consolidato e l’approccio radicale del team di Musk, definito “squadra di demolitori politici”. Ma la domanda più inquietante rimane: “Chi c’è davvero dietro al Resolute Desk?”. La provocatoria copertina arriva in un momento in cui Elon Musk gode di un’influenza senza precedenti. Non è un caso che il Time lo abbia già nominato Persona dell’Anno per la seconda volta. Un riconoscimento che stride con la reazione sarcastica di Donald Trump, il quale, durante una conferenza con il primo ministro giapponese, ha commentato: “No, non ho visto la copertina. Time esiste ancora?”. Salvo poi correggere il tiro e lodare il lavoro del suo alleato: “Sta facendo un ottimo lavoro”.
Internazionale abbandona X dal 23 gennaio 2025: le ragioni della decisione nell’editoriale di De Mauro

Nell’era dei social network e delle rivoluzioni tecnologiche, la disinformazione è diventata una potente arma di controllo sociale. La scrittrice e attivista Djarah Kan denuncia apertamente questa deriva, puntando il dito contro figure come Elon Musk, il miliardario sudafricano che, secondo Kan, incarna un delirio di onnipotenza capace di minacciare i progressi sociali e civili ottenuti con secoli di lotte. Musk, con le sue promesse di colonizzazione di Marte, macchine volanti e tecnologie invasive come l’internet nel cervello, è visto come il simbolo di un’élite tecnologica pronta a sacrificare i diritti fondamentali sull’altare del profitto e del controllo. Questa riflessione non arriva solo da Kan, ma è stata ripresa dal direttore Giovanni De Mauro nell’editoriale del numero 1598 di Internazionale, a pagina 3. De Mauro sottolinea come i social media, gestiti da pochi miliardari, siano diventati strumenti che minano la democrazia e alimentano una pericolosa deriva autoritaria. La disinformazione non è più un problema isolato o relegato agli analfabeti funzionali, ma una strategia deliberata utilizzata da governi autoritari e partiti di destra per manipolare l’opinione pubblica, destabilizzare governi democratici e influenzare le scelte elettorali delle masse. Un caso emblematico di questa situazione è rappresentato dalla piattaforma X (ex Twitter), di proprietà di Musk. Un tempo luogo di confronto e circolazione di informazioni, oggi X è diventata uno spazio ostile, dominato dalla polarizzazione e dalla manipolazione di massa. Di fronte a questa situazione, molte testate giornalistiche europee hanno deciso di abbandonare la piattaforma. Tra queste, Le Monde, The Guardian, La Vanguardia, e, più recentemente, anche Internazionale. La scelta di chiudere gli account su X (dal 23 gennaio 2025) è un gesto simbolico ma significativo, che evidenzia come queste piattaforme siano sempre più incompatibili con i principi di trasparenza e democrazia. De Mauro, riprendendo le parole di Kan, sottolinea l’urgenza di affrontare questa deriva. Continuare a ignorare il problema equivale a consegnare il potere decisionale a una ristretta élite, che usa la disinformazione per consolidare il proprio controllo. La democrazia, fragile e complessa, non può sopravvivere in un sistema che tollera la diffusione incontrollata di fake news e manipolazioni. La disinformazione, oggi, rappresenta il fondamento di una nuova dittatura tecnologica, mascherata da progresso e innovazione. (In copertina, Elon Musk nella Capitol One Arena a Washington, il 20 gennaio 2025)
Elon Musk cambia nome su X in “Kekius Maximus”

Elon Musk, proprietario di Tesla e di X (l’ex Twitter), ha recentemente modificato il proprio nome utente sulla piattaforma, adottando il nome “Kekius Maximus”. Questo cambiamento è accompagnato da una nuova foto del profilo che raffigura Pepe the Frog, uno dei meme più conosciuti del web. In questa versione, la rana è rappresentata con un’armatura e un joystick per videogiochi, simbolo di umorismo e sarcasmo. Il nome “Kekius Maximus” è legato a un token di criptovalute, ispirato ai meme, che sta guadagnando popolarità nelle piattaforme blockchain, come Ethereum e Solana. Questo token ha visto un’impennata incredibile del 497,56% in sole 24 ore il 27 dicembre, attirando l’attenzione di molti nel mondo delle criptovalute. Anche se non sono noti i motivi esatti dietro a questa scelta, è difficile credere che si tratti di una mossa casuale. In un post su X, Musk ha scritto: “Kekius Maximus raggiungerà presto il livello 80 in hardcore PoE”, suggerendo che il suo interesse per il mercato delle criptovalute sia tutt’altro che svanito.
Il Guardian si ritira da X, definendola “tossica”

Il Guardian ha annunciato il 13 novembre che non pubblicherà più contenuti su X, descrivendo la piattaforma di proprietà di Elon Musk come “tossica”. Questa decisione segue una lunga riflessione, con la testata britannica che ha espresso preoccupazione per i contenuti inquietanti presenti su X, inclusi teorie cospirative di estrema destra e razzismo. Nel comunicato ufficiale, il Guardian ha spiegato che “i vantaggi di rimanere su X sono ormai superati dagli svantaggi”. Il giornale ha scelto di indirizzare le proprie risorse verso canali dove possa promuovere meglio il proprio giornalismo, evitando un ambiente che, a suo parere, non favorisce un’informazione affidabile e sicura. Di conseguenza, gli account ufficiali del Guardian su X sono stati archiviati, e l’ultimo post risale al 13 novembre. Con oltre 80 account e 27 milioni di follower su X, il Guardian invita i lettori a seguire i suoi aggiornamenti tramite il sito web o l’app ufficiale. La decisione di abbandonare la piattaforma arriva in un momento in cui Musk, noto per la sua visione estrema della libertà d’espressione e l’assenza di controllo sui contenuti, ha influenzato il discorso pubblico su X, sostenendo apertamente la campagna elettorale di Donald Trump. Musk ha acquisito X (precedentemente Twitter) nel 2022 per 44 miliardi di dollari, e da allora ha trasformato il social in uno spazio di libera espressione spesso privo di moderazione. Durante l’ultima campagna elettorale, il supporto di Musk a Trump e l’utilizzo del suo account con quasi 205 milioni di follower per promuovere il candidato repubblicano hanno intensificato le preoccupazioni del Guardian. Pur non essendo presente su X, il giornale consente comunque agli utenti di condividere i propri articoli dalla piattaforma. Il modello economico del Guardian, che si basa su finanziamenti diretti dei lettori piuttosto che su contenuti pensati per algoritmi virali, è un’ulteriore motivazione per l’abbandono di X. Il Guardian ha dichiarato: “La campagna elettorale ha confermato quello che sapevamo: X è una piattaforma tossica, in cui la politica editoriale di Musk influisce negativamente sul discorso politico”.
Giornali francesi denunciano X per violazione diritti

Diversi importanti giornali francesi, tra cui Le Figaro, Le Monde, Le Parisien e Les Echos, hanno deciso di intraprendere un’azione legale contro X, il social media di proprietà di Elon Musk, accusandolo di sfruttare i loro contenuti senza alcuna retribuzione. Secondo gli editori delle testate coinvolte, il social avrebbe violato le normative europee sui “diritti connessi”, che stabiliscono che i media debbano essere compensati quando i loro contenuti vengono utilizzati da grandi piattaforme digitali. Le norme sui “diritti connessi”, introdotte nel 2019, sono state concepite per garantire una giusta remunerazione agli editori quando i loro articoli, immagini o altri contenuti vengono ripubblicati o riutilizzati dai giganti del web, come Google, Facebook o appunto X. La legge mira a riequilibrare il mercato, dove le piattaforme digitali traggono enormi profitti dalla diffusione di contenuti di terze parti, senza però ricompensare adeguatamente i creatori originali. L’azione legale è stata avviata congiuntamente dagli editori delle testate Le Figaro, Le Monde, Les Echos, Le Parisien, Télérama, Courrier International, Le Huffington Post, Malesherbes Publications e Le Nouvel Obs. Questi gruppi hanno denunciato il comportamento di X, accusandolo di non rispettare i diritti degli editori e di continuare a utilizzare i loro contenuti senza riconoscere alcuna forma di pagamento. La denuncia arriva dopo che, nel maggio scorso, un giudice francese aveva ordinato a X e alla sua filiale francese di fornire una serie di dati commerciali necessari per valutare i guadagni che la piattaforma ottiene dai contenuti delle testate coinvolte. Tuttavia, X non ha risposto alla richiesta e non ha fornito le informazioni richieste, comportandosi in modo che, secondo i giornali, dimostra “il suo invariabile desiderio di eludere i suoi obblighi legali”. (In foto, Elon Musk)
X Tv: il servizio di streaming di Elon Musk lanciato in Beta

È stata lanciata in versione beta negli Stati Uniti, ma con l’intenzione di espandersi globalmente, X Tv, il nuovo servizio di video in live streaming del social network di Elon Musk. La app è al momento disponibile su Google Play, l’app store di Amazon e di LG, e consente la riproduzione su grande schermo di video in differita e in diretta caricati su X. Tra i contenuti attuali ci sono i video dei progetti di Musk, come i lanci dei razzi Falcon 9, Falcon Heavy e Starship, e lo show del controverso giornalista Tucker Carlson. L’accesso al servizio avviene tramite l’account del social media e si integra con i filmati caricati dagli utenti. Questo nuovo lancio è parte della strategia di Musk per trasformare l’ex Twitter in un’app multifunzionale, includendo anche video chiamate e servizi bancari.