Gaza, urgente richiesta di accesso libero ai giornalisti internazionali

Press

Sono oltre 70 le organizzazioni tra media e società civile hanno firmato una lettera aperta esortando Israele a consentire ai giornalisti un accesso indipendente a Gaza. Le organizzazioni firmatarie – tra cui Federazione nazionale della Stampa italiana, Associated Press, Agence France-Presse, BBC, CNN, The Guardian, The New York Times e The Washington Post – chiedono a Israele di porre fine immediatamente alle restrizioni all’ingresso dei media stranieri a Gaza e di garantire accesso indipendente alle organizzazioni giornalistiche internazionali. Dopo nove mesi di guerra, i reporter internazionali non hanno accesso a Gaza se non attraverso rari viaggi scortati dall’esercito israeliano. Questo divieto ha imposto un carico impossibile ai reporter locali nel documentare la guerra in corso. Più di 100 giornalisti sono stati uccisi e quelli rimasti operano in condizioni difficili. Di conseguenza, le informazioni da Gaza sono sempre più scarse e il reportage che riesce a filtrare è messo in discussione. Le organizzazioni comprendono i rischi del reportage in zone di guerra, ma chiedono a Israele di rispettare la libertà di stampa, garantendo un accesso indipendente a Gaza per i media stranieri e proteggendo i giornalisti secondo gli standard internazionali. “Più di 100 giornalisti sono stati uccisi dall’inizio della guerra e quelli rimasti lavorano in condizioni di estrema privazione. Il risultato è che le informazioni da Gaza stanno diventando sempre più difficili da ottenere e che i reportage che riescono a passare sono soggetti a ripetute domande sulla loro veridicità”, affermano le organizzazioni nella lettera, coordinata dal Committee to Protect Journalists – un’organizzazione indipendente e senza scopo di lucro che promuove la libertà di stampa in tutto il mondo. La lettera viene pubblicata in vista della visita programmata del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu negli Stati Uniti, dove incontrerà il Presidente Joe Biden e si rivolgerà al Congresso statunitense il 24 luglio. La CEO del CPJ, Jodie Ginsberg, ha osservato: “Il presidente Netanyahu descrive Israele come una democrazia. Le sue azioni nei confronti dei media raccontano una storia diversa. I giornalisti internazionali, israeliani e palestinesi che vivono fuori Gaza dovrebbero avere accesso indipendente a Gaza in modo che possano giudicare da soli cosa sta succedendo in questa guerra, anziché essere imboccati con una manciata di tour organizzati dall’esercito israeliano”.

Israele “spegne” Al Jazeera

Lo studio TV di Al Jazeera

Una mossa che ha destato preoccupazione a livello internazionale. Il gabinetto di guerra del primo ministro Benjamin Netanyahu ha votato all’unanimità per il blocco di tutte le attività di Al Jazeera in Israele. Questo provvedimento, che mira a spegnere una delle poche voci giornalistiche rimaste a Gaza, è stato giustificato dal governo israeliano come una risposta all’”incitamento all’odio” durante il recente conflitto con Hamas. Gli uffici di Al Jazeera in Israele e nei territori occupati saranno chiusi, e tutto il materiale tecnico sarà sequestrato, ad eccezione dei dispositivi utilizzati dai giornalisti per il loro lavoro. Tuttavia, questa decisione è stata fortemente criticata come un attacco alla libertà di stampa e come un tentativo di sopprimere la voce critica dei media indipendenti. Hani Mahmoud, un giornalista di Al Jazeera che lavora a Rafah, ha condannato la mossa definendola “l’ultimo episodio di quella che sembra essere la soppressione di qualsiasi critica a ciò che sta accadendo sul terreno in tutta la Striscia”. Mahmoud ha sottolineato il ruolo di Al Jazeera nel documentare le atrocità e le violazioni dei diritti umani commesse durante il conflitto, e ha descritto il divieto come un tentativo disperato di impedire una copertura equa della situazione sul campo. Al Jazeera ha pagato un prezzo terribile per il suo lavoro giornalistico in Medio Oriente. Il suo quartier generale a Gaza è stato distrutto da un bombardamento israeliano, che ha causato la morte e il ferimento di molti giornalisti. Walid Omary, capo della redazione di Gerusalemme, ha ricordato che gli attacchi contro Al Jazeera non sono una novità, con numerosi episodi di intimidazioni e violenze nei confronti dei suoi reporter. LA CONDANNA DI AL JAZEERA Il governo israeliano ha votato all’unanimità per chiudere le operazioni di Al Jazeera in Israele, una mossa che ha scatenato una forte condanna da parte della rete mediatica. Al Jazeera Media Network ha definito la decisione un “atto criminale” e ha accusato Israele di violare il diritto internazionale e umanitario. La rete ha emesso una dura dichiarazione, condannando fermamente la chiusura delle sue operazioni e sottolineando il suo impegno nel fornire notizie e informazioni al pubblico globale. Questa decisione del governo israeliano è stata presa poco dopo che il parlamento del paese ha approvato una legge che consente la chiusura temporanea delle emittenti straniere considerate una minaccia alla sicurezza nazionale durante il conflitto durato mesi a Gaza. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato la decisione tramite un post su X, affermando che il canale di Al Jazeera è stato chiuso per essere stato considerato “un canale di incitamento“. Il ministro israeliano delle Comunicazioni, Shlomo Karhi, ha dichiarato di aver firmato gli ordini contro Al Jazeera, ordinando il sequestro delle attrezzature di trasmissione utilizzate dalla rete. La chiusura degli uffici di Al Jazeera in Israele ha suscitato reazioni immediate da parte della comunità internazionale e dei difensori della libertà di stampa. Gruppi per la libertà di stampa hanno condannato la mossa definendola “atroce” e “retrograda“, sottolineando che chiudere i media è tipico dei regimi autoritari e non delle democrazie. Al Jazeera ha avuto un ruolo significativo nell’ambito del giornalismo internazionale, specialmente durante il conflitto Israele-Palestina. La rete ha documentato le atrocità e le violazioni dei diritti umani, trasmettendo immagini sconvolgenti degli attacchi aerei e delle sofferenze della popolazione civile.