Sardinia Post chiude dopo 13 anni di attività. Redazione in due fino a oggi: “Abbiamo fatto il possibile”

Ha cessato ufficialmente le pubblicazioni Sardinia Post, testata giornalistica nata nel 2012, dopo quasi tredici anni di attività. La notizia è stata comunicata ieri alla redazione da Ico 2006 srl, società editrice della testata, che ha avviato le procedure di liquidazione a seguito del mancato accoglimento da parte del Tribunale di Cagliari, lo scorso 16 gennaio, del piano di ristrutturazione del debito presentato secondo quanto previsto dal Codice della crisi d’impresa. Nel documento inviato alla direzione e alla redazione, Ico 2006 ha ricostruito le fasi che hanno portato allo stop definitivo della testata. Le difficoltà economiche sono iniziate durante la pandemia e si sono aggravate con la crisi del precedente socio unico, la Onorato Armatori srl, che ha determinato una riduzione di circa il 50% dei ricavi. Nel 2021 le quote erano passate a una nuova compagine, guidata da Defendini Logistica srl, la quale, a distanza di 18 mesi, ha attraversato a sua volta una crisi aziendale irreversibile. A fine 2023 era stato firmato un accordo con Sae Sardegna spa, editrice de La Nuova Sardegna, che prevedeva l’affitto del ramo d’azienda editoriale e un’opzione di acquisto subordinata al buon esito dell’iter giudiziario. Tuttavia, il rigetto del piano di ristrutturazione da parte del Tribunale ha interrotto ogni possibilità di continuità. Nel periodo successivo, la direzione è stata assunta da uno dei due giornalisti rimasti operativi, in un contesto fortemente ridimensionato. L’obiettivo era garantire, nonostante le limitate risorse, il proseguimento delle pubblicazioni del sito e del bimestrale cartaceo Sardinia Post Magazine, nella speranza di attrarre nuovi investitori. Tuttavia, da gennaio a oggi, non si sono concretizzate proposte per il salvataggio dell’attività editoriale. La decisione di cessare immediatamente le pubblicazioni è stata presa dal liquidatore incaricato dal Tribunale, con l’obiettivo di evitare l’accumulo di ulteriori debiti. Al momento, la testata risulta “congelata”: ne sarà determinato il valore sul mercato e sarà oggetto di liquidazione. In tale scenario, potrà essere acquisita da terzi, liberi da passività pregresse. L’Associazione della Stampa Sarda, con il supporto della Federazione nazionale della Stampa italiana, ha espresso solidarietà ai giornalisti coinvolti e sta lavorando per individuare possibili soluzioni in grado di offrire una nuova prospettiva occupazionale, salvaguardando la presenza di un’informazione indipendente nel panorama regionale. Nel corso degli anni, Sardinia Post si era distinta per la sua linea editoriale autonoma, rappresentando una voce alternativa nel panorama informativo dell’isola. Nonostante le difficoltà, la redazione ha continuato a pubblicare contenuti fino alla comunicazione ufficiale della chiusura. La proprietà ha ringraziato i collaboratori e i lettori che hanno sostenuto il progetto editoriale, specificando che l’attuale interruzione non equivale alla fine definitiva della testata. Tuttavia, a oggi, non esistono le condizioni economiche per proseguirne le attività.
La BBC lancia il suo primo sito con abbonamento negli Stati Uniti, a 8.99 dollari al mese

La BBC ha lanciato il suo primo sito web a pagamento per gli utenti negli Stati Uniti, introducendo un modello di abbonamento che consente l’accesso illimitato ai contenuti di BBC.com. Il nuovo sistema prevede un costo di 8.99 dollari al mese o 49.99 dollari all’anno, con un paywall dinamico che valuta il comportamento degli utenti in base all’engagement, anziché applicare un limite fisso di articoli gratuiti. Il lancio è stato guidato congiuntamente da BBC News e BBC Studios, quest’ultima responsabile delle attività commerciali globali della BBC. Secondo quanto comunicato, gli utenti statunitensi abbonati avranno accesso agli articoli completi del sito e alla diretta streaming continua del canale BBC News. Nei mesi successivi verranno introdotti documentari e podcast senza pubblicità, contenuti in anteprima, newsletter esclusive e ulteriori funzionalità. Gli utenti non abbonati continueranno a ricevere l’accesso a notizie selezionate dell’ultima ora, allo streaming radiofonico di BBC Radio 4 e BBC World Service, a podcast gratuiti e ai contenuti nei siti linguistici del World Service. La BBC ha chiarito che non è previsto il lancio del paywall in altri Paesi al di fuori del Nord America. Rebecca Glashow, CEO di BBC Global Media and Streaming, ha dichiarato: “Oltre tre anni fa, abbiamo intrapreso una missione ambiziosa: reinventare completamente il modo in cui forniamo le notizie e i contenuti di cronaca di livello mondiale della BBC ai consumatori negli Stati Uniti. Il nostro obiettivo? Servire il nostro pubblico meglio che mai e aprire nuove opportunità di crescita”. Il sito BBC.com registra circa 139 milioni di visitatori globali, di cui quasi 60 milioni provenienti dagli Stati Uniti. Secondo i dati di Similarweb riferiti a maggio, le visite dagli USA sono state 107 milioni, rendendo BBC.com il decimo sito di notizie più visitato nel Paese. Negli ultimi dodici mesi, la BBC ha raddoppiato le capacità redazionali negli Stati Uniti e rilanciato il sito e la app per il pubblico internazionale. Secondo Tara Maitra, Chief Commercial Officer di BBC Studios, il sito ha registrato una crescita a doppia cifra per sette mesi consecutivi. “Stiamo crescendo a un ritmo più veloce di molti dei nostri concorrenti nel settore dell’informazione commerciale”, ha affermato, attribuendo i risultati alla qualità del giornalismo BBC e all’espansione digitale. Gli utenti britannici in viaggio negli Stati Uniti potranno continuare ad accedere all’app BBC News come di consueto, purché abbiano aggiornato l’app prima della partenza. Al Festival di Cannes, Sam Mellor, vicepresidente per il marketing di BBC Studios, ha sottolineato che la collaborazione pubblicitaria con la BBC produce “Vediamo un aumento dell’80% nella probabilità di raccomandazione, probabilità di essere considerati affidabili, probabilità di essere visti come un marchio innovativo per gli inserzionisti che lavorano con noi e investono nel nostro ecosistema”. BBC Studios, che ha registrato 1.8 miliardi di sterline di ricavi nell’ultimo esercizio, ha confermato che il progetto rientra in un piano strategico per aumentare i ricavi internazionali e sostenere le attività giornalistiche e di produzione narrativa della BBC, contribuendo a valorizzare il canone. (In copertina, schermata della homepage di BBC.com con il pulsante “Subscribe” in alto a destra. Immagine: BBC)
Trump accusa CNN e New York Times: “Mentono sull’Iran, i nostri attacchi hanno distrutto i siti nucleari”

Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, ha attaccato pubblicamente CNN e New York Times, accusandole di diffondere fake news in merito agli esiti degli attacchi militari statunitensi contro l’Iran. In un post su Truth Social, Trump ha dichiarato che i siti nucleari iraniani “sono stati completamente distrutti”, contraddicendo le ricostruzioni giornalistiche basate su fonti anonime dell’intelligence USA, secondo cui l’azione avrebbe solo rallentato temporaneamente il programma nucleare iraniano. Secondo quanto riportato dai due media, i bombardamenti avrebbero causato un ritardo di pochi mesi nello sviluppo del programma nucleare di Teheran, senza compromettere le strutture in modo irreversibile. Trump ha replicato: “I siti nucleari in Iran sono stati completamente distrutti!”, aggiungendo che le due testate “sono state duramente criticate dall’opinione pubblica”. A sostenere le affermazioni del presidente è intervenuto Steve Witkoff, inviato speciale per il Medio Oriente, che durante un’intervista a Fox News ha confermato la distruzione dell’impianto di arricchimento di Fordow. “Abbiamo sganciato 12 bombe bunker buster su Fordow. Non ci sono dubbi che abbiano penetrato le difese e distrutto il sito”, ha dichiarato Witkoff, sottolineando il pieno successo della missione. Nel corso della conferenza stampa a margine del vertice Nato all’Aja, Trump ha rinnovato gli attacchi alla stampa, definendo CNN e New York Times come “feccia” e accusandole di pubblicare rapporti preliminari dell’intelligence per fini politici. “Usano il rapporto per fini politici, colpire me”, ha affermato, sostenendo che nuovi elementi raccolti dopo l’attacco dimostrano l’efficacia dell’operazione. “I media delle fake news colpiscono però i piloti americani, che invece dovrebbero essere dipinti come eroi”, ha aggiunto, raccontando di aver parlato con uno di loro: “Presidente, noi abbiamo centrato l’obiettivo”. Durante lo stesso evento, Trump ha criticato la Spagna per il mancato aumento della spesa militare al 5% del PIL, annunciando misure commerciali ritorsive: “Faremo pagare a Madrid il doppio dell’accordo sui dazi”. Sulla guerra tra Israele e Iran, Trump ha affermato che il conflitto si è concluso: “Ho trattato con entrambi, ed erano entrambi stanchi, esausti”, ha dichiarato, sostenendo che i due paesi fossero soddisfatti di “tornare a casa” dopo una fase di scontri intensi. Nel colloquio con la stampa, il presidente ha affrontato anche la questione ucraina, definendo “piacevole” l’incontro con Volodymyr Zelensky a margine del vertice. “A volte abbiamo avuto momenti un po’ difficili, ma lui non avrebbe potuto essere più gentile”, ha spiegato. Riguardo alla sua affermazione di poter risolvere la guerra in 24 ore, ha ammesso: “Certo che era ironico”, aggiungendo che Vladimir Putin “è stato più difficile” da trattare e “mal consigliato”. Trump ha inoltre commentato le ambizioni territoriali della Russia, definendole “possibili”, ma ha riferito che Putin, in una recente telefonata, avrebbe manifestato l’intenzione di uscire dal conflitto. Infine, il presidente ha rivolto dure parole contro Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, dichiarando: “Ha un QI davvero basso, dovremo pagare di più solo perché non vuole abbassare i tassi”. Trump ha definito Powell “motivato politicamente” e “stupido”, anticipando che la sua sostituzione è imminente: “Stiamo scegliendo tra tre-quattro candidati, per fortuna se ne andrà a breve”.
Pete Hegseth: “I nostri ragazzi sui bombardieri”. Il NYTimes contesta il lessico non inclusivo

Le parole utilizzate dal Segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth durante una conferenza stampa sul coinvolgimento degli Stati Uniti nel raid aereo contro siti nucleari iraniani hanno innescato un’immediata reazione da parte del New York Times, che ha contestato pubblicamente l’uso dell’espressione “i nostri ragazzi su quei bombardieri”, riferita ai piloti del B-2. Il quotidiano ha posto l’accento sull’aspetto linguistico e inclusivo della comunicazione istituzionale, evidenziando come tale formulazione escluda implicitamente il personale femminile, in un settore – quello militare – dove uomini e donne sono ugualmente abilitati al volo operativo. L’osservazione è stata pubblicata in un post a firma del giornalista del Pentagono John Ismay sul blog della testata: “Nel briefing, Hegseth si è riferito ai piloti del B-2 come ‘i nostri ragazzi su quei bombardieri’, eppure sia uomini che donne sono stati addestrati a pilotarli”. Come riporta il New York Post, il caso ha rapidamente ha rapidamente assunto una dimensione mediatica, con centinaia di commenti online, spesso critici nei confronti della scelta del giornale di evidenziare l’aspetto terminologico in un contesto di operazione militare su larga scala. Sui social media, molti utenti hanno deriso l’attenzione posta dal quotidiano sul linguaggio, considerandola fuori luogo. Alcuni esempi: “Ecco perché la gente usa il New York Times per rivestire le gabbie degli uccelli”, “Sì, assicuriamoci di essere politicamente corretti in questo momento difficile”, o ancora: “Che idiota. Noi donne sappiamo esattamente cosa intendeva il Segretario Hegseth”. Le reazioni si sono polarizzate attorno a due visioni opposte: da un lato la funzione di vigilanza linguistica del giornalismo, dall’altro il rischio di perdita di contesto in situazioni ad alta criticità geopolitica. L’episodio si inserisce nel più ampio dibattito sul ruolo del linguaggio nei discorsi pubblici e sull’intervento dei media generalisti nella definizione delle cornici interpretative. L’attenzione del New York Times si è concentrata non sul contenuto operativo del raid – che ha visto il lancio di sei bombe “bunker buster” su obiettivi nucleari iraniani – ma sulla costruzione retorica della narrazione istituzionale. Il caso sottolinea ancora una volta come, nelle comunicazioni ufficiali, ogni parola possa diventare oggetto di sorveglianza semantica da parte della stampa, specialmente in un’epoca in cui la precisione lessicale è parte integrante della responsabilità pubblica. La conferenza stampa si è svolta a Washington domenica 22 giugno. Il raid è durato 37 ore, con partenza e ritorno dei velivoli alla base aerea di Whiteman, nel Missouri. Non è stato confermato se vi fossero piloti donne a bordo. Tuttavia, il focus dell’intervento del NYT ha spostato l’attenzione dal piano operativo a quello comunicativo, riaffermando il ruolo della stampa come osservatore attivo del discorso politico-militare.
Paragon, spiata Dagospia: accertamenti sui telefoni

Il telefono di Roberto D’Agostino, fondatore del sito di informazione Dagospia, è tra i dispositivi per cui la Procura di Roma ha disposto accertamenti tecnici irripetibili nell’ambito del procedimento relativo allo spyware Graphite, il software spia prodotto dalla società israeliana Paragon Solutions e usato dai servizi segreti italiani. Oltre a D’Agostino, risultano coinvolti altri sei soggetti, tra cui tre giornalisti e tre attivisti della ong Mediterranea Saving Humans, parte lesa nell’indagine. L’attività tecnica è stata disposta su richiesta della Procura e sarà formalmente conferita lunedì. I telefoni sotto esame, oltre a quello di D’Agostino, appartengono all’influencer olandese Eva Vlaardingerbroek, al direttore di Fanpage.it Francesco Cancellato, al capo della cronaca di Napoli Ciro Pellegrino, e agli attivisti Luca Casarini, Giuseppe Caccia e don Mattia Ferrara. L’inchiesta, aperta contro ignoti, riguarda reati previsti dall’articolo 617 del codice penale, tra cui accesso abusivo a sistema informatico e installazione illecita di dispositivi di intercettazione. Secondo quanto emerso, i dispositivi avrebbero ricevuto notifiche da Apple che avvisavano della possibile compromissione tramite spyware. Il malware identificato è Graphite, uno strumento di sorveglianza militare il cui utilizzo è stato attribuito ai servizi di intelligence italiani, ma per il quale non sono ancora emersi mandanti ufficiali. In almeno due casi, Citizen Lab ha confermato l’uso del software attraverso analisi forensi. Il telefono di D’Agostino è attualmente sotto esame da parte della Polizia postale, dopo la denuncia presentata dallo stesso alla Procura di Roma. L’indagine si svolge in coordinamento con la Procura di Napoli, che ha aperto un fascicolo autonomo. Nel frattempo, anche il Copasir ha annunciato di aver riaperto l’esame della documentazione, alla luce dei nuovi elementi emersi e delle segnalazioni da parte di altri giornalisti. Una relazione preliminare era già stata consegnata al Parlamento lo scorso 5 giugno, ma potrebbe ora essere aggiornata e integrata. A livello internazionale, la coalizione americana per i diritti digitali AccessNow ha inviato una lettera formale a Paragon Solutions, chiedendo chiarimenti sulle modalità con cui la società monitora l’uso del proprio software e sugli strumenti adottati per impedire abusi post-contrattuali, come nel caso italiano. AccessNow interroga l’azienda su “quali procedure siano in atto per rilevare e segnalare abusi”, sull’eventuale “impegno a condurre audit indipendenti” e su “quali misure intenda adottare per porre rimedio ai danni causati”. Diverse reazioni sono arrivate dal mondo politico. Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ha parlato di “#ItalianWatergate” e chiesto spiegazioni pubbliche: “Se anche Dagospia è stata spiata e il Governo italiano continua a far finta di nulla, siamo in presenza di un fatto gravissimo”. Analoghi appelli sono giunti da parlamentari del Pd, di Azione, di Italia Viva e di Avs, che chiedono trasparenza e risposte istituzionali su eventuali responsabilità pubbliche o private nell’uso di tecnologie di sorveglianza contro la stampa. L’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, in una nota congiunta, affermano di voler bilanciare il diritto di cronaca con la riservatezza delle indagini in corso sul caso Paragon. Esprimono sostegno al lavoro della magistratura e ribadiscono la gravità delle intercettazioni tramite spyware Graphite, chiedendo che l’inchiesta fornisca risposte rapide su quanti giornalisti siano stati spiati, da chi e con quale finalità. (In copertina, Roberto D’Agostino)
Il GdB corre per i bambini dell’Ospedale Civile: in duemila per sostenere il reparto TMO pediatrico

Alle 10.30 in punto è partita da piazza Vittoria, nel cuore del centro storico di Brescia, l’edizione 2025 della “GdB Run”, manifestazione podistica non competitiva organizzata dal Giornale di Brescia a scopo solidale. Oltre 2.000 tra runner e camminatori hanno risposto all’appello, riempiendo le vie cittadine con un’onda gialla di entusiasmo e partecipazione. La corsa ha lo scopo di raccogliere fondi per l’adeguamento del reparto di Trapianto di midollo osseo pediatrico dell’Ospedale Civile, attivo dal 1990, centro di riferimento nazionale con un tasso di sopravvivenza del 95% e oltre 700 trapianti pediatrici già effettuati. La manifestazione, trasmessa in diretta su Teletutto e Radio Bresciasette, si inserisce nel programma delle celebrazioni per gli 80 anni del Giornale di Brescia. A dare il via ufficiale, sulle note dell’inno nazionale cantato dalla soprano Alessia Pintossi, sono stati il presidente del gruppo Editoriale Bresciana Pierpaolo Camadini e la direttrice del Giornale Nunzia Vallini. “È anche grazie a voi se riusciremo in questo obiettivo”, ha detto Camadini rivolgendosi ai partecipanti. Il tracciato di 6,5 chilometri ha attraversato alcune delle zone più rappresentative della città, tra cui via Musei, il Parco dell’Acqua e la chiesa di San Francesco, per tornare infine in piazza Vittoria. In campo anche 60 volontari, numerose associazioni e il supporto tecnico della Uisp, per garantire la sicurezza e la riuscita dell’iniziativa. Premi previsti per i primi tre classificati uomini e donne, per i gruppi più numerosi e per i bambini fino a 12 anni che taglieranno per primi il traguardo. Per loro è prevista una visita alla redazione del Giornale di Brescia con le famiglie. Il progetto di ristrutturazione del reparto di Trapianto di midollo osseo pediatrico prevede l’ampliamento degli spazi da 300 a 490 mq, con l’obiettivo di realizzare entro il primo semestre del 2026 un’area rinnovata, funzionale e adeguata agli standard attuali. Il costo complessivo ammonta a 1,5 milioni di euro, coperti in parte dalle donazioni della Fondazione della Comunità Bresciana e del Fondo Folonari (500mila euro ciascuno) e da Ail Brescia, che curerà direttamente i lavori. I restanti fondi saranno raccolti tramite donazioni private, anche grazie alla GdB Run. “Per ogni euro raccolto con le quote di partecipazione, noi lo raddoppieremo”: l’annuncio lo ha dato il presidente dell’Editoriale bresciana Pierpaolo Camadini, chiudendo la presentazione della GdB Run con la ciliegina sulla torta. “Lo ha deciso il nostro Cda – ha spiegato – speriamo di dover spendere molto: vorrà dire che coloro che aderiranno all’invito di partecipare alla corsa saranno in tanti”. Quindi, verrà interamente devoluta al progetto non solo la quota di partecipazione – 10 euro per gli adulti, 5 per gli under 12 – ma anche la donazione extra del GdB, che raddoppierà le quote di iscrizione, aggiungendo l’equivalente. I costi vivi della manifestazione sportiva sono totalmente assorbiti dagli sponsor. “È una restituzione sul territorio – ha aggiunto –: il nostro giornale da sempre il giornale ha unito la comunità e con questa corsa intende fare altrettanto”. Nunzia Vallini ha sottolineato: “Ci sono corse che non si misurano in chilometri, ma in battiti del cuore”. (Foto copertina di Stefano Avanzi)
AP fuori dal pool stampa, la Corte accoglie l’appello Trump

Il presidente Donald Trump può escludere per ora i giornalisti dell’Associated Press da alcuni eventi alla Casa Bianca. Lo ha stabilito la Corte d’appello del Distretto di Columbia, con una decisione a maggioranza (2 a 1), accogliendo parzialmente la richiesta dell’amministrazione di sospendere l’ordinanza di un tribunale inferiore. Il provvedimento, emesso venerdì, ha sospeso l’obbligo precedentemente imposto alla Casa Bianca di garantire all’AP lo stesso accesso riservato ad altri media. In particolare, la corte ha riconosciuto che luoghi come lo Studio Ovale, l’Air Force One e la Cabinet Room sono ambienti ristretti dove l’accesso può essere regolato dalla presidenza, anche sulla base del punto di vista editoriale dei giornalisti. La disputa giudiziaria ha avuto origine nel febbraio scorso, quando la Casa Bianca ha cominciato a escludere i reporter dell’Associated Press da eventi e viaggi ufficiali. Secondo quanto riportato nei documenti processuali, l’esclusione sarebbe avvenuta in seguito al rifiuto dell’agenzia di adottare la denominazione “Golfo d’America”, preferita da Trump rispetto al tradizionale “Golfo del Messico”. Il cambiamento ha modificato la composizione dello storico White House Press Pool, tradizionalmente coordinato dalla White House Correspondents’ Association, escludendo regolarmente testate mainstream in favore di media più vicini all’amministrazione. La AP, fondata 179 anni fa e fornitrice di contenuti a oltre 3.000 testate in tutto il mondo, ha contestato il provvedimento in tribunale, sostenendo che si trattasse di una forma di discriminazione basata su scelte editoriali. In aprile, il giudice distrettuale Trevor McFadden aveva accolto il ricorso dell’agenzia, ordinando il reintegro dell’accesso. Ma successivamente, la Casa Bianca ha continuato a esercitare il proprio controllo sugli accrediti e sulla selezione dei giornalisti ammessi agli eventi. Nella sentenza della Corte d’appello, la giudice Neomi Rao, nominata da Trump, ha scritto: “La Casa Bianca mantiene pertanto la discrezionalità nel determinare, anche sulla base del proprio punto di vista, quali giornalisti saranno ammessi”. Il collega Gregory G. Katsas, anch’egli nominato dall’ex presidente, ha condiviso l’opinione. Secondo i giudici, l’Associated Press avrebbe accettato la legittimità di eventi con partecipazione limitata, come interviste esclusive, riconoscendo quindi l’esistenza di criteri selettivi applicabili anche al press pool. “Le concessioni dell’AP svelano il gioco, perché tali scenari non possono essere distinti dai cosiddetti eventi di press pool”, ha osservato Rao. Nell’opinione dissenziente, la giudice Cornelia Pillard, nominata da Obama, ha affermato che la decisione mina la libertà di stampa. “La sospensione dell’ingiunzione preliminare da parte del collegio non può essere conciliata con il precedente di lunga data del Primo Emendamento”, ha scritto, evidenziando il rischio che la Casa Bianca possa agire “in base alle loro opinioni che esulano dal novero di quelle disapprovate dal presidente”. La stessa corte, nei mesi precedenti, aveva già emesso sentenze in materia di libertà di stampa, tra cui la temporanea sospensione del reintegro dei giornalisti di Voice of America e la revoca dei fondi federali a media come Radio Free Europe. Tuttavia, su quest’ultimo caso, la Corte plenaria ha successivamente corretto la decisione ordinando il pagamento di circa 25 milioni di dollari a beneficio delle emittenti internazionali finanziate dagli Stati Uniti. (In foto, Karoline Leavitt, addetta stampa della Casa Bianca. Credits: Doug Mills/Il New York Times)
La Stampa cambia veste e aumenta il prezzo del giornale

La Stampa si presenta oggi con una nuova veste grafica, un aumento del prezzo di copertina e un ampliamento dell’offerta editoriale, mantenendo saldi i propri valori fondanti. Il rinnovamento, operativo da questa mattina, è stato annunciato dalla direzione del quotidiano con un messaggio rivolto ai lettori in prima pagina. Il nuovo prezzo passa da 1,70 euro a 1,90, con un costo di 2,40 euro il sabato e la domenica, quando in edicola escono anche gli inserti Tuttolibri e Specchio. Secondo quanto comunicato dalla testata, il progetto si basa su tre parole chiave: visione, chiarezza e curiosità. Il restyling grafico è stato studiato per migliorare la leggibilità, anche grazie a caratteri più grandi, e per riflettere un’idea di informazione che guarda al futuro senza perdere il legame con il territorio. Fondata nel 1867, La Stampa conferma il proprio radicamento nel Nord Ovest, con uno sguardo costante sull’Italia e sul mondo. L’operazione di rilancio coinvolge anche i contenuti, con un’espansione delle sezioni dedicate a economia nazionale e locale, inchieste, interviste, analisi e approfondimenti su politica, esteri, società, spettacoli, cultura e sport. Il quotidiano sottolinea l’importanza di una rete di collaboratori composta da giornalisti e da alcuni tra i più noti economisti, filosofi, sociologi, politologi e intellettuali italiani ed europei. “La notizia, la nostra ossessione, non ci basta”. L’obiettivo dichiarato è “capire sempre di più e sempre meglio le dinamiche che condizionano le nostre esistenze”, interrogandosi sul “perché” dei fatti. In un contesto caratterizzato da fake news, infodemia e manipolazioni digitali, La Stampa ribadisce il proprio ruolo di presidio dell’informazione verificata, del pluralismo e della libertà di espressione. Il quotidiano intende distinguersi anche per l’uso consapevole dei nuovi media, senza rinunciare al valore della carta stampata, integrata da una presenza su piattaforme digitali. Il giornale si rivolge direttamente ai lettori con un appello alla fiducia e alla partecipazione attiva, indicando nella comunità un elemento essenziale del proprio modello editoriale. “Solo un popolo informato può compiere scelte libere”, è la citazione da Papa Leone XIV, utilizzata come incipit per sottolineare il senso della missione informativa. La redazione invita inoltre i lettori a inviare suggerimenti, ponendosi in ascolto delle esigenze del pubblico, e si impegna a garantire una produzione giornalistica di qualità, trasparente e affidabile, collegata in tempo reale con Roma, Washington, Mosca, Pechino, Alba e Torino.
Matt Taylor lancia Project Push: 61 app analizzate, 160.000 notifiche in un anno

Nel marzo 2024, Matt Taylor, product manager del Financial Times, ha dato vita a un esperimento digitale chiamato Project Push, per raccogliere e archiviare le notifiche inviate dalle app di notizie, spesso i primi segnali di eventi importanti ma destinate a scomparire nel flusso effimero dell’informazione digitale. L’iniziativa è nata dalla percezione di ricevere un numero eccessivo di notifiche dall’app della BBC News, tra le più popolari nel Regno Unito, dove Taylor vive. Invece di disattivarle, ha deciso di installare 61 app di informazione su un vecchio Google Pixel, iscrivendosi alle notifiche push di ciascuna. Le notifiche ricevute vengono caricate da uno script personalizzato su un server e pubblicate in tempo reale su una pagina della piattaforma Bluesky. Project Push ha archiviato finora circa 160.000 notifiche, di cui ben 17.000 provenienti da CNN Indonesia, evidenziando una forte variazione geografica nei volumi inviati. Le testate asiatiche e mediorientali, come Sky News Arabia, risultano molto più attive rispetto a quelle europee e americane. Taylor ha registrato, ad esempio, che Sky News Arabia ha trasmesso l’intero discorso d’insediamento di Donald Trump tramite notifiche push, con una frequenza di quasi una al minuto. Secondo Taylor, “una delle persone più importanti in redazione è quella che decide di premere un pulsante che invia una notifica immediata ai telefoni di milioni di persone”. Le notifiche non si limitano alle breaking news, ma comprendono anche aggiornamenti culturali, modifiche a infrastrutture locali e tentativi espliciti di aumentare l’engagement. La ricerca ha inoltre mostrato che alcune edizioni locali di testate internazionali, come la versione cinese del New York Times, utilizzano notifiche più dettagliate, grazie all’elevata densità informativa dei caratteri cinesi. Project Push è soggetto a diverse limitazioni tecniche. Una delle principali è legata alla natura delle notifiche push stesse: le app con molti utenti, come la BBC, devono creare code per l’invio, generando discrepanze temporali tra un utente e l’altro. Inoltre, essendo basato su un solo telefono, il progetto può occasionalmente perdere notifiche durante aggiornamenti o disconnessioni. Sul fronte linguistico, i testi non in inglese vengono tradotti automaticamente da un’intelligenza artificiale, con occasionali errori: una notifica su un “attacco aereo” è stata ad esempio tradotta erroneamente come “stronzate”. Taylor ha inoltre spiegato che una delle principali lacune del progetto è l’esclusione di Apple News, app disponibile solo su dispositivi iOS. Le limitazioni degli strumenti per sviluppatori Apple impediscono la registrazione delle notifiche, lasciando fuori uno dei principali editori digitali nel Regno Unito. Nonostante ciò, Taylor ha registrato tendenze emergenti tra gli editori, come l’inserimento di link “guarda in diretta” e l’enfasi sui nomi dei giornalisti, suggerendo un interesse crescente nel personalizzare e potenziare la fruizione in tempo reale. Tra gli obiettivi futuri, Taylor sta considerando la creazione di strumenti analitici per aiutare gli editori a comprendere e ottimizzare l’efficacia delle loro notifiche push. Al momento, il sito di Project Push include un modulo per suggerimenti da parte del pubblico. L’iniziativa, partita come esplorazione personale, ha offerto una panoramica inedita sulle strategie editoriali globali legate alla distribuzione immediata delle notizie. Riguardo al motivo iniziale dell’indagine, Taylor ha dichiarato: “La mia opinione sulla BBC è in realtà molto più positiva. Non inviano quasi tutte le notifiche degli altri, e le loro sono generalmente molto più degne di nota”.
NY Post, reporter sospeso dopo accuse al capo per articolo sul candidato di Trump

Il New York Post ha sospeso il giornalista Josh Kosman, con sedici anni di esperienza nella redazione, dopo che quest’ultimo ha accusato il caporedattore Keith Poole di aver modificato profondamente un suo articolo su Terry Cole, candidato scelto dall’ex presidente Donald Trump per guidare la Drug Enforcement Administration (DEA). La sospensione è avvenuta martedì, dopo che la newsletter Breaker ha contattato il Post per un commento sul caso. Kosman ha riferito che il suo articolo, incentrato su segnalazioni interne alla DEA e sul “passato travagliato” di Cole, era stato riscritto da Poole senza il suo consenso. “Non c’è un modo giusto per dirlo, quindi lo dirò e basta: KP [Keith Poole] ha modificato la storia”, si legge in un’e-mail inviata a Kosman dal direttore politico del giornale. “Gli ho inviato la copia più recente e la sua risposta è stata ‘No. Non lo pubblicherò’, in un modo che chiariva che non gli avrei fatto cambiare idea… Mi dispiace molto. Pensavo che avessimo la storia… ma a volte le decisioni vengono prese al di sopra delle mie competenze”. Secondo Breaker, l’articolo conteneva riferimenti a una presunta operazione fallita gestita da una squadra colombiana legata agli Stati Uniti, che avrebbe portato alla morte di 10 agenti locali, seguita da una brutale rappresaglia da parte di un cartello messicano che ha causato decine di vittime civili. Fonti della CNN hanno confermato le preoccupazioni di diversi ex funzionari DEA in merito alla nomina di Cole. Due settimane dopo il rifiuto dell’articolo, il caporedattore economico del Post avrebbe comunicato a Kosman la necessità di aderire a un piano di miglioramento delle prestazioni oppure “prendersi del tempo per cercare un altro lavoro”, secondo quanto riferito dal co-fondatore di Breaker, Lachlan Cartwright. “Purtroppo, quando Keith agisce in questo modo, stai mettendo a tacere una storia”, ha detto Kosman a Breaker. “Poi due settimane dopo mi dici di andarmene. L’ho sicuramente interpretato come una ritorsione. La tempistica non mi è sembrata casuale”. Un portavoce del New York Post ha però smentito le accuse in una dichiarazione a Breaker: “Le accuse di ‘cattura e uccidi’ e di ritorsione contro Josh Kosman sono assolutamente, categoricamente false. Oltre a ciò, non commentiamo questioni relative al personale”. Il caso si inserisce in un contesto più ampio di rapporti tra media e politica. All’inizio del mese, Trump ha espresso pubblicamente sostegno a Poole, lodando il suo lavoro al Post e invitando Rupert Murdoch a fargli gestire anche il Wall Street Journal. “Raccomando vivamente a Keith Poole, caporedattore del New York Post di grande successo, di prendere in mano l’intera gestione del Wall Street Journal, un giornale altamente impreciso e ‘incentrato sulla Cina’”, ha scritto Trump sui suoi canali ufficiali. “È una mossa facile per Rupert, e ne apprezzerà i risultati”. (In copertina, foto AP/Evan Vucci)