Foto fake di al-Sharif con Sinwar, il post di Brunori (Rai) divide e scatena proteste

foto fake di al-Sharif con Sinwar

L’11 agosto, dopo l’uccisione del giornalista di Al Jazeera, Anas al-Sharif, alcuni utenti su social media hanno condiviso una foto in cui appare insieme a Yahya Sinwar, leader di Hamas assassinato nel 2024. Il post, rilanciato anche dal giornalista Rai Giovan Battista Brunori, è stato accusato di essere un fotomontaggio e non è stato verificato da fonti indipendenti. L’IDF ha usato queste immagini per sostenere la sua tesi: secondo l’esercito, al-Sharif era legato a una cellula terroristica, mascherato da giornalista. Al Jazeera ha respinto queste affermazioni, dichiarando che si tratta di una diffamazione, con prove presumibilmente costruite per giustificare l’attacco. Al momento, nessuna verifica indipendente conferma l’autenticità delle immagini. Le reazioni non si sono fatte attendere. Roberto Natale, membro del Cda Rai, ha definito il post “un megafono della propaganda israeliana”, mentre il Movimento 5 Stelle ha parlato di “complicità con un criminale di guerra” riferendosi al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Sui social media, numerosi utenti hanno accusato Brunori di alimentare una narrazione parziale, chiedendo un “repulisti” all’interno dell’emittente pubblica per garantire imparzialità e rispetto dei principi del giornalismo. Nel frattempo, l’Idf ha ribadito di avere “documenti inequivocabili” che proverebbero il coinvolgimento di al-Sharif in una cellula terroristica responsabile di attacchi missilistici. Nessuna indagine indipendente o organizzazione per i diritti umani ha finora confermato tali affermazioni. L’Euro-Med Human Rights Monitor ha denunciato la mancanza di prove concrete, mentre Irene Khan, relatrice speciale dell’ONU sulla libertà di espressione, ha espresso preoccupazione per le accuse e le minacce contro i giornalisti di Gaza, ribadendo la necessità di proteggere la libertà di stampa anche in contesti di conflitto.  

Il Tempo, 3 euro lordi ad articolo: condannato l’editore

Antonio Angelucci

Tre euro lordi ad articolo, condannato l’editore Angelucci. È quanto stabilito dal Tribunale del Lavoro di Roma nella causa intentata da una giornalista contro Il Tempo Srl, società editoriale del quotidiano romano controllato dalla famiglia Angelucci. La giudice Tiziana Orrù ha riconosciuto che la collaborazione della giornalista Giada Oricchio, attiva dal 2006, non era occasionale ma stabile, organica e continuativa. Per questo motivo, l’editore è stato condannato ad assumerla come collaboratrice fissa ai sensi dell’articolo 2 del Contratto nazionale di lavoro giornalistico e a versarle 266 mila euro di retribuzioni arretrate, oltre a 88 mila euro di contributi previdenziali non pagati, interessi e rivalutazioni compresi. La sentenza è arrivata il 18 giugno 2025, al termine di un lungo contenzioso iniziato nel 2023, quando Oricchio ha deciso di adire le vie legali dopo 17 anni di lavoro sottopagato. Secondo quanto emerso in udienza e riportato dal Fatto Quotidiano, il compenso medio per i suoi articoli variava tra 2 e 10 euro lordi, anche per oltre 200 pezzi al mese, pubblicati su carta e poi sul sito web del quotidiano. Gli argomenti trattati spaziavano dallo sport alla politica, fino a temi di attualità come la pandemia da Covid-19 o la guerra in Ucraina. Scriveva anche nei fine settimana e durante le festività, rispondendo direttamente alle richieste della redazione. “La sentenza è stata impugnata e la Società sta compiendo ogni opportuna valutazione in merito alla gestione del contenzioso”, ha dichiarato Tosinvest, la holding finanziaria degli Angelucci, che ha acquisito Il Tempo nel 2016. L’obbligo di risarcimento si riferisce proprio a questo periodo: i dieci anni precedenti sono stati esclusi dalla decisione, in quanto coperti da un concordato preventivo della vecchia società editrice, guidata dall’imprenditore Domenico Bonifaci. In quegli anni Oricchio lavorava con un contratto co.co.co., poi trasformato in cessione di diritti d’autore, senza miglioramenti economici significativi. Durante il procedimento, la giudice Orrù ha invitato più volte la parte datoriale a valutare una transazione extragiudiziale, ma la proposta è stata respinta. Nella motivazione della sentenza, la giudice ha richiamato l’orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui ciò che conta è “l’inserimento continuativo e organico delle prestazioni nell’organizzazione dell’impresa”, indipendentemente dalla forma contrattuale. A fornire assistenza legale alla giornalista è stata Giuliana Quattromini, avvocata del lavoro e membro dell’Associazione Comma 2, che tutela i diritti dei collaboratori non contrattualizzati. “È sempre più difficile far comprendere certe situazioni ai giudici, questa volta abbiamo trovato un giudice che ha voluto comprendere”, ha dichiarato Quattromini dopo il verdetto. Secondo dati citati da Il Fatto Quotidiano, oggi in Italia ci sono circa 26 mila collaboratori non assunti a fronte di meno di 14 mila giornalisti contrattualizzati, di cui solo duemila lavorano in Rai. La Fnsi, il sindacato dei giornalisti, da tempo chiede l’introduzione di regole stringenti contro il sottosalario e le false collaborazioni, che restano una pratica diffusa anche in testate nazionali. (In foto, Antonio Angelucci)

Modella AI in copertina: Vogue America ospita Guess estate

modella intelligenza artificiale

Guess ha presentato per la campagna estate 2025 una modella generata interamente con l’intelligenza artificiale, utilizzata per la prima volta su una testata di rilievo come Vogue America. Il debutto è avvenuto nel numero di agosto della rivista, dove un’immagine ritrae una figura femminile bionda, con tratti regolari e pelle senza imperfezioni, vestita con un abito a zig zag beige e nero. Accanto alla foto, nei crediti, la dicitura: “Prodotta da Seraphine Vallora con l’intelligenza artificiale”. Seraphine Vallora non è una fotografa, ma un’agenzia di marketing specializzata in AI, fondata dalle imprenditrici Valentina Gonzalez e Andreea Petrescu, contattate direttamente da Paul Marciano, co-fondatore di Guess, tramite Instagram. L’agenzia ha impiegato un mese per sviluppare la modella, in un processo che ha richiesto un investimento a sei zeri. Secondo quanto dichiarato alla BBC, il lavoro ha coinvolto anche professionisti reali, come modelle e fotografi, necessari per garantire una resa credibile dei capi e dei dettagli visivi. Le fondatrici dell’agenzia parlano di “momento storico”, pur specificando che il loro obiettivo non è sostituire i set fotografici tradizionali, bensì offrire un’alternativa per raccontare i prodotti attraverso nuove tecnologie. Le immagini prodotte mostrano pose, luci e tessuti difficilmente distinguibili da un servizio fotografico reale. Altre foto della campagna ritraggono la modella seduta a un tavolo con una tutina a fiori e gioielli a forma di cuore, confermando l’alto livello di dettaglio ottenuto. La campagna ha generato reazioni contrastanti. Se da un lato viene celebrata come innovazione tecnologica, dall’altro emergono critiche legate alla standardizzazione della bellezza, alla trasparenza dei contenuti generati e alla sostenibilità occupazionale nel mondo della moda. Fotografi, truccatori, stylist, parrucchieri e modelle esprimono preoccupazione per il futuro della professione in un settore sempre più attratto dall’automazione. Sui social media, l’hashtag “Real is better” è stato utilizzato per rivendicare la centralità del fattore umano, mentre si diffondono post che celebrano la creatività dei servizi fotografici tradizionali. Alcuni utenti hanno sottolineato il rischio di una perdita della componente emotiva e identitaria legata al corpo reale. La pubblicazione su Vogue America è percepita come un’autorevole legittimazione del modello estetico artificiale, come osservato dall’ex modella e imprenditrice Sinead Bovell: “Vogue è la corte suprema della moda. Se accetta l’intelligenza artificiale, allora per il settore diventa ufficialmente una pratica accettabile”. Tra le critiche principali c’è quella legata alla rappresentazione stereotipata del corpo femminile. Secondo la modella curvy Felicity Hayward, si tratta di “un altro calcio nei denti” per chi promuove l’inclusività: “Per chi è diversamente bella c’è sempre meno lavoro”. La CEO dell’organizzazione benefica Beat, Vanessa Longley, ha sottolineato alla BBC i rischi per la salute mentale: “Esporre continuamente le persone a corpi irrealistici aumenta il rischio di disordini alimentari e problemi legati alla percezione del proprio corpo”.

Associated Press esclusa dalla Casa Bianca: i giudici danno ragione a Trump

Karoline Leavitt

Una corte d’appello ha respinto la richiesta dell’Associated Press di revocare le restrizioni imposte dalla precedente amministrazione Trump sull’accesso dei suoi giornalisti alla Casa Bianca. La decisione conferma quanto stabilito il 6 giugno da un collegio di tre giudici, secondo cui l’amministrazione può legalmente limitare l’accesso dell’agenzia di stampa agli eventi nello Studio Ovale e in altri spazi ufficiali sotto il controllo della Casa Bianca, compresi l’Air Force One e i briefing presidenziali. Il contenzioso si trascina da febbraio, quando l’Associated Press si è rifiutata di adottare la dicitura “Golfo d’America” al posto del tradizionale “Golfo del Messico“, come richiesto dall’allora presidente.

L’app del Times guida la crescita digitale del quotidiano: +8% di abbonati, niente articoli scritti da intelligenza artificiale

Times app

Il Times of London ha ridisegnato nel maggio scorso la propria app per dispositivi mobili, divenuta oggi la piattaforma centrale della strategia digitale del quotidiano britannico. A dichiararlo a PressGazette è Edward Roussel, responsabile del settore digitale di Times Media, secondo cui la maggioranza dei 629.000 abbonati digitali preferisce leggere il giornale attraverso l’app. Questo dato rappresenta un incremento dell’8% rispetto all’anno precedente, e riflette un cambiamento profondo nelle abitudini di fruizione dei contenuti, sempre più orientate verso l’ambiente mobile. Il passaggio al digitale ha segnato un punto di svolta per la testata. Da quando è stato introdotto il paywall nel 2010, il gruppo è passato da una perdita di 72 milioni di sterline nel 2009 a un utile di 61 milioni nell’anno fiscale concluso a giugno 2024. La testata ha mantenuto un fatturato stabile, confermando la sostenibilità del modello a pagamento e proseguendo l’espansione internazionale: circa un terzo degli utenti digitali si trova infatti fuori dal Regno Unito. Roussel ha spiegato che la scelta di potenziare l’app nasce direttamente dalle preferenze degli utenti: “È ciò che preferiscono i nostri abbonati”. Tre gli elementi considerati determinanti: le notifiche, la fluidità nella lettura grazie alla funzione di cambio pagina, e l’ampia offerta di contenuti, dai giochi quotidiani alla possibilità di accedere in modo diretto all’edizione digitale. La nuova versione dell’app ha introdotto una struttura editoriale più dettagliata, con nuove sezioni come “Vita e Stile” e “Cultura”, che permettono una navigazione più intuitiva e personalizzata. L’obiettivo, ha affermato Roussel, è fornire una selezione finita di articoli, composta da circa 35 storie principali al giorno, per non sopraffare il lettore. In parallelo, l’edizione cartacea, che registra oggi una tiratura di circa 150.000 copie giornaliere, mantiene una posizione di rilievo nella versione digitale, posizionata accanto alla sezione “home” e ai puzzle, che contano ogni giorno 20 giochi diversi. In tema di intelligenza artificiale, Roussel ha chiarito che il Times non prevede di utilizzarla per la produzione di articoli. “Non crediamo che questa sia una buona esperienza per i nostri lettori”, ha dichiarato, aggiungendo che il fact-checking resta una prerogativa esclusivamente umana. L’uso dell’IA sarà riservato a funzioni di supporto editoriale, come il suggerimento automatico di immagini o articoli, e al miglioramento della funzione di ricerca interna. L’impatto delle AI Overviews di Google sul traffico web del Times non si è ancora concretizzato in termini negativi: secondo i dati Ipsos Iris, il traffico da parte di utenti britannici è aumentato del 7% su base annua, raggiungendo quota 12 milioni di utenti mensili. Tuttavia, Times Media si prepara a un possibile cambiamento nei flussi di riferimento, puntando sulla condivisione diretta degli articoli da parte degli utenti, che nel solo ultimo mese hanno condiviso 1,7 milioni di storie. L’approccio del Times si distacca da quello di testate come Mail Online, proponendo un’esperienza giornalistica terminabile, con contenuti progettati per essere letti in modo completo e conclusivo. Roussel ha sottolineato che l’elevata qualità editoriale è la chiave per garantire la fedeltà degli abbonati e spingerli a tornare almeno dieci volte al mese, criterio che la redazione considera indicativo del coinvolgimento del lettore. Sul fronte del racconto visivo, il giornale sta investendo in formati immersivi per approfondimenti digitali, come dimostra il recente speciale multimediale per il ventesimo anniversario degli attentati del 7 luglio 2005, realizzato con lo strumento di narrazione Shorthand. Interrogato su quale sia l’insegnamento principale emerso da oltre vent’anni di attività nel giornalismo digitale, Roussel ha dichiarato: “Resta davvero vicino ai tuoi lettori e sii un ottimo ascoltatore per loro… Il mondo non è fermo… ma la qualità è il metro del successo. E se riesci a mantenerla elevata, ci sarà sempre un mercato”. (In copertina, l’app del Times. Credits: PressGazette)

CBS chiude il Late Show di Colbert dopo 30 anni

CBS Late Show

La CBS ha annunciato la cancellazione di “The Late Show with Stephen Colbert”, il più seguito talk show notturno della televisione americana, che terminerà ufficialmente con la scadenza del contratto del conduttore nel maggio 2026. La notizia è stata confermata dal presidente dell’emittente George Cheeks, che ha motivato la scelta con “ragioni esclusivamente finanziarie”, escludendo collegamenti con il processo di fusione in corso tra Paramount e Skydance Media, soggetto all’approvazione delle autorità federali sotto l’amministrazione Trump. L’annuncio arriva pochi giorni dopo che Colbert aveva criticato pubblicamente il patteggiamento raggiunto da Paramount – società madre della CBS – con il presidente Donald Trump. Il gruppo ha infatti accettato di versare 16 milioni di dollari per chiudere un contenzioso legato a un’intervista trasmessa dal programma “60 Minutes” all’allora candidata democratica Kamala Harris, ritenuta dal tycoon montata in modo fazioso. Colbert aveva ironizzato sul pagamento, definendolo pubblicamente “una grossa tangente” per ottenere il favore dell’amministrazione Trump in vista della fusione tra Paramount e Skydance. Trump, che per anni era stato bersaglio di satira nel programma, ha reagito via Truth scrivendo: “Adoro il fatto che Colbert sia stato licenziato. Il suo talento era persino inferiore al suo rating. Ho sentito dire che Jimmy Kimmel è il prossimo. Ha ancora meno talento di Colbert”. Durante la registrazione dell’ultima puntata, Colbert ha confermato la chiusura dello show davanti al pubblico in studio: “Non è solo la fine del mio show, è la fine del Late Show sulla CBS. Non verrò sostituito, tutto questo finirà e basta”. In platea si sono levati fischi. L’ospite della puntata, il senatore democratico Adam Schiff, ha poi commentato online: “Se Paramount e CBS hanno chiuso il Late Show per motivi politici, il pubblico merita di saperlo. E merita di meglio”. CBS ha ribadito che la cancellazione non è legata ai contenuti, né alle prestazioni dello show. In una nota ufficiale si legge: “Non è in alcun modo correlato alla performance, ai contenuti o ad altre questioni della serie che accadono alla Paramount. La nostra ammirazione, affetto e rispetto per il talento di Stephen Colbert e del suo incredibile team hanno reso questa dolorosa decisione ancora più difficile”. “The Late Show” era andato in onda per oltre trent’anni. Nato nel 1993 con David Letterman, ha visto Colbert succedergli nel 2015 dopo il successo ottenuto su Comedy Central con “The Colbert Report”. Grazie a un’impostazione satirica e un orientamento dichiaratamente liberal, Colbert era diventato il volto più seguito della fascia notturna, superando i concorrenti in termini di ascolti. La chiusura del programma si inserisce nel più ampio declino dei late show nella televisione americana, un genere in crisi da anni a causa dello spostamento del pubblico verso le piattaforme di streaming. Il pubblico più giovane, in particolare, ha abbandonato i format lineari tradizionali, portando le reti generaliste a rivedere le proprie strategie sui contenuti serali. Secondo osservatori del settore, il contesto finanziario e l’incertezza legata alla fusione tra Paramount e Skydance hanno giocato un ruolo decisivo nelle decisioni aziendali recenti. Il fatto che Paramount abbia versato 16 milioni di dollari a Trump per chiudere una controversia legata a un servizio giornalistico ha sollevato domande sul grado di autonomia editoriale nei network controllati da grandi conglomerati mediatici in trattative con il governo. CBS ha respinto ogni collegamento tra la cancellazione e le pressioni politiche, ma il tempismo della decisione ha alimentato il dibattito.

Inpgi, contributi minimi da versare entro il 31 luglio

Inpgi contributi minimi

Scade il 31 luglio 2025 il termine per il pagamento dei contributi minimi dovuti dai giornalisti iscritti all’Inpgi che abbiano svolto o stiano svolgendo nel corso dell’anno attività giornalistica in forma autonoma. La scadenza riguarda tutti i soggetti tenuti all’obbligo contributivo per il corrente anno e si riferisce sia al contributo soggettivo minimo sia al contributo integrativo minimo previsti dalla normativa vigente. Come previsto dal regolamento dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani, anche per il 2025 sono confermate alcune riduzioni contributive. In particolare, hanno diritto a una riduzione del 50% dell’importo del contributo minimo i giornalisti iscritti all’Ordine da meno di cinque anni, ossia coloro che risultano iscritti dopo il 31 luglio 2020. È prevista inoltre la riduzione del 50% del contributo soggettivo per tutti i giornalisti che, alla data della scadenza, risultino già pensionati. Il Consiglio di amministrazione dell’Inpgi, presieduto da Roberto Ginex, ha introdotto quest’anno una possibilità di rateizzazione senza oneri aggiuntivi, già comunicata nel mese di maggio. Il contributo minimo poteva infatti essere versato in tre rate anticipate con le seguenti scadenze: la prima entro il 31 maggio, la seconda entro il 30 giugno, e la terza entro il 31 luglio. Tale facoltà è stata introdotta a seguito delle richieste ricevute da numerosi iscritti, al fine di agevolare la gestione del pagamento contributivo. Per coloro che non abbiano scelto la rateizzazione, resta l’obbligo di versamento dell’intero importo entro il 31 luglio 2025, secondo quanto indicato nella sezione dedicata del sito dell’ente. L’Inpgi invita tutti gli interessati a rispettare le scadenze previste, al fine di evitare l’applicazione di sanzioni per ritardato pagamento. (Foto creata con ChatGPT)

Gay Times perde l’80% degli inserzionisti e raccoglie 152.322 sterline da 363 investitori

Gay Times

Il marchio editoriale Gay Times, con sede nel Regno Unito, ha avviato un’operazione per contrastare la perdita dell’80% degli inserzionisti, coinvolgendo i lettori come investitori diretti e raddoppiando gli sforzi sul fronte degli abbonamenti digitali. La scorsa settimana si è conclusa una campagna di investimento comunitario lanciata a maggio, durante la quale Gay Times ha raccolto 152.322 sterline da 363 persone. Questi investitori hanno acquistato azioni, diventando comproprietari del marchio, fondato nel 1984 e oggi attivo online attraverso il sito gratuito gaytimes.com e la piattaforma in abbonamento Gay Times Magazine. Secondo il CEO Tag Warner, la scelta è nata da un drastico calo delle entrate pubblicitarie negli ultimi dodici mesi, causato da un clima sfavorevole per i marchi LGBTQ+ e per i brand legati alla diversità. Warner ha riferito a Press Gazette che il declino è cominciato negli Stati Uniti mesi prima dell’elezione di Donald Trump e si è esteso anche al Regno Unito. Ha parlato dell’”accelerazione di un movimento molto ben finanziato… finanziato principalmente dai Super PAC negli Stati Uniti per fare pressione sulle organizzazioni affinché disinvestano dalla diversità in generale”. Otto inserzionisti su dieci si sono ritirati, inclusi alcuni che avevano già pianificato e pagato le campagne. “In realtà non c’è un business case dietro a tutto ciò”, ha dichiarato Warner. “Le agenzie ci hanno sempre detto che le nostre campagne avevano ottenuto un ottimo ROI (ritorno sull’investimento)… ed erano sovraindicizzate rispetto ai principali attori”. Ha anche citato la paura di alcuni brand di essere “trascinati” pubblicamente per aver collaborato con testate inclusive. Per fronteggiare la situazione, Gay Times ha ridotto il team commerciale e ha dato priorità agli eventi in presenza, meno esposti a critiche pubbliche rispetto alle campagne digitali. A luglio ha organizzato una festa del Pride a Londra in collaborazione con Garnier. Il denaro raccolto con l’investimento collettivo andrà a finanziare direttamente il lavoro giornalistico. Warner ha annunciato nuove assunzioni nella redazione e un impegno su “un giornalismo più rigoroso e basato sull’integrità”, in un momento in cui il settore dei media continua a ridurre il personale. L’obiettivo è dare voce a storie politiche e sociali, in particolare dagli Stati Uniti, e rafforzare i contenuti dedicati all’accesso all’assistenza sanitaria. Il pacchetto in abbonamento Gay Times+, lanciato durante la pandemia, ha già fornito indicazioni positive, e Warner ha affermato che ora è il momento di “raddoppiare gli sforzi su un giornalismo molto più serio”. Il sito in abbonamento magazine.gaytimes.com, che continua a pubblicare numeri digitali mensili, ospiterà questi nuovi contenuti con una frequenza che passerà da mensile a quotidiana. Il sito gratuito gaytimes.com continuerà a offrire contenuti culturali e di intrattenimento e fungerà da spazio per le partnership commerciali. Warner ha sottolineato che l’abbonamento digitale rappresenta anche una strategia per ridurre la dipendenza dai traffico referral delle piattaforme come Google, che con l’introduzione delle AI Overviews ha già influito negativamente sui clic. Nella campagna di investimento, con un prezzo per azione fissato a 16,66 sterline e una valutazione iniziale del gruppo pari a 25 milioni, agli investitori sono stati offerti vantaggi come abbonamenti gratuiti, accesso a eventi, stampe e oggetti da collezione. Warner ha dichiarato che l’obiettivo iniziale era coinvolgere circa 200 persone: ne sono arrivate 363. Il CEO ha definito questo risultato come “l’inizio di un viaggio a lungo termine”, affermando che “le persone desiderano sostenere i media che parlano a loro e con i quali hanno un rapporto molto personale ed emotivo”. Warner ha aggiunto che il cambiamento ha permesso di “diventare un’organizzazione che mette il pubblico molto più al centro”, anche oltre la strategia editoriale. “Ci ha aiutato a cambiare culturalmente”, ha detto, osservando che prima l’interazione con i lettori era concentrata sui contenuti, ma ora si estende all’intero modello aziendale. A sostenere il gruppo c’è anche l’agenzia di rappresentanza Wax Talent, fondata nel maggio 2024, che lavora con personaggi come lo stilista Daniel Fletcher, la drag queen Courtney Act e il calciatore Josh Cavallo. Secondo Warner, Wax ha resistito meglio alla crisi pubblicitaria e oggi rappresenta una via alternativa per gestire le campagne creative. “Penso che questo ci farà molto bene, perché credo che permetterà a Gay Times, da un punto di vista editoriale e giornalistico, di raggiungere un livello leggermente più crudo”, ha spiegato, aggiungendo che Wax sarà “più accessibile per i marchi”, lasciando a Gay Times maggiore libertà editoriale.

Giorgia Meloni in visita all’ANSA per gli 80 anni: “Nata il mio stesso giorno”

Meloni visita l'ANSA, '80 anni di giornalismo autorevole'

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha visitato la sede dell’ANSA, in occasione degli 80 anni dell’Agenzia di stampa, fondata il 15 gennaio 1945. La visita si è svolta presso gli uffici romani della redazione, dove la premier ha incontrato il presidente Giulio Anselmi e il direttore Luigi Contu, oltre a numerosi giornalisti presenti nella newsroom. “Sono venuta a testimoniare il rispetto verso un pezzo di storia molto autorevole del giornalismo italiano ma anche il rispetto che nutro, anche da giornalista, nei confronti del vostro modo di fare giornalismo, anche in un mondo che cambia, in cui è sempre più difficile essere veloci mantenendo la serietà, cercando di verificare le notizie. Perché so quanto possa essere difficile”, ha dichiarato Meloni, rivolgendo il suo intervento ai professionisti dell’informazione riuniti nella redazione. Nel corso della visita, la presidente del Consiglio ha rivelato anche una curiosità personale: “Ho scoperto – ha sorriso poi Meloni – che l’ANSA è nata lo stesso giorno (il 15 gennaio) in cui sono nata io, qualche anno più tardi“. L’incontro ha rappresentato un riconoscimento istituzionale del ruolo svolto dall’Agenzia nell’informazione italiana. “L’informazione è un servizio importante per la politica e la democrazia“, ha affermato Meloni, ribadendo l’importanza della verifica delle fonti e della serietà professionale nel lavoro giornalistico. Durante uno scambio di battute informale con la dirigenza dell’Agenzia, Meloni ha sottolineato il valore dell’autorevolezza nella produzione giornalistica: “In questo tempo, con il giornalismo si possono guadagnare lettori con la sensazione o con l’autorevolezza, e mi pare che l’ANSA cerchi di farlo con l’autorevolezza“.

Facebook condannata per le foto di Oriana Fallaci: multa da 151mila euro per violazione del copyright

Oriana Fallaci NY

Il Tribunale di Torino ha condannato Meta, società madre di Facebook, al pagamento di 151.000 euro per violazione del diritto d’autore, accertando la diffusione non autorizzata di 54 fotografie realizzate dal fotoreporter Gianni Minischetti alla giornalista Oriana Fallaci. Le immagini, pubblicate e condivise migliaia di volte sulla piattaforma, erano state più volte segnalate senza che venisse effettuata la loro rimozione. Secondo i giudici, Facebook ha tratto profitto dall’illecita circolazione dei contenuti, ospitati sui propri server e rilanciati dagli utenti in modo virale. La sentenza arriva dopo un procedimento avviato dal fotografo, che si è affidato agli avvocati Giovanni Manganaro, Nicola Gianaria, Fabrizio Lala ed Enrico Chiarello, contestando la mancata tutela delle proprie opere. Tra le fotografie oggetto del giudizio figura anche il celebre scatto di Oriana Fallaci con le Torri Gemelle sullo sfondo, utilizzato in rete anche a scopi satirici, celebrativi e critici. In totale, la diffusione documentata ha superato le 1.045 condivisioni dal 2022, ma l’autore sostiene che il fenomeno sia attivo da oltre un decennio: “Io è dal 2013 che gli segnalo il problema con lettere dagli avvocati e diffide”, ha dichiarato Minischetti. “C’è addirittura una mail in risposta da Facebook dove dicono ‘siamo prontamente a rimuoverle’. Dopodiché non si sono più fatti sentire”. La linea difensiva di Meta ha sostenuto che gli utenti abbiano agito senza scopo di lucro, invocando libertà di espressione e diritto di cronaca. Per estensione, l’azienda ha negato di aver ottenuto vantaggi economici dalla condivisione, posizione contestata dalla parte attrice. “Dire che la partecipazione dell’utente non sia fonte di diretto guadagno per Meta è un falso storico”, ha commentato l’avvocato Manganaro. La profilazione dei dati, le interazioni elevate e la conseguente monetizzazione con gli inserzionisti pubblicitari rappresentano, secondo i legali, prove indirette dei benefici economici ricavati dalla piattaforma. Nel 2021, il Consiglio di Stato ha già sanzionato Meta per aver promosso servizi “gratuiti” senza indicare chiaramente che i dati degli utenti venivano sfruttati a fini commerciali. Sul fronte fiscale, la Procura di Milano ha aperto un’indagine contro Meta per un’evasione stimata in 4 miliardi di euro, legata proprio alla monetizzazione indiretta dei servizi digitali. Il tribunale ha inoltre stabilito che Facebook, in qualità di fornitore di servizi, ha l’obbligo – secondo la direttiva sul commercio elettronico – di eliminare tempestivamente i contenuti illeciti una volta segnalati. In questo caso, la rimozione è avvenuta solo dopo l’avvio del processo e come “atto di prudenza”. La sentenza impone ora il divieto assoluto di caricamento o condivisione delle fotografie in questione; in caso di violazione, è prevista una sanzione di 100 euro per ogni giorno di permanenza dei contenuti online. Nel corso del dibattimento, è emerso che alcune immagini risultano ancora attive. “Sostengono che servono agli utenti per socializzare tra di loro. Con le mie fotografie devono socializzare?”, ha dichiarato Minischetti, criticando la deturpazione dei suoi lavori: “Le hanno tutte storpiate, tagliate, gli hanno aggiunto delle scritte ignobili. Un massacro totale. E alla fine chi ci ha guadagnato? Meta”. La sentenza si inserisce in un contesto europeo complesso, in cui le Big Tech stanno esercitando pressioni politiche per evitare l’introduzione della cosiddetta digital tax e l’applicazione delle normative del GDPR e dell’AI Act. Secondo i legali, il verdetto italiano rappresenta un precedente significativo, dal momento che storicamente le multinazionali preferiscono risolvere simili controversie tramite accordi extragiudiziali. “Mette i server provider in uno stato di maggiore attenzione”, ha dichiarato Manganaro, sottolineando che “non basta più dire ‘lo ha caricato qualcun altro’”. Al momento, Meta non ha impugnato la sentenza né ha annunciato ricorso. Il caso potrebbe dunque costituire una base per azioni legali analoghe da parte di altri autori, rilanciando il dibattito sulla tutela del diritto d’autore nel digitale.