Elezione Ordine dei Giornalisti: Bartoli al secondo mandato, Caroprese vice

Carlo Bartoli è stato confermato presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti martedì 6 maggio 2025, durante la seduta di insediamento del nuovo Consiglio nazionale che si è svolta nella sede di via Sommacampagna a Roma. Bartoli ha ottenuto 47 voti su 60 consiglieri; 11 le schede bianche, mentre un voto è andato rispettivamente a Gianluca Amadori e Elena Golino. Il presidente, al suo secondo mandato, ha evidenziato come l’aumento del consenso rispetto alla precedente elezione – avvenuta con 33 voti – rappresenti un segnale di sostegno al percorso già intrapreso. Contestualmente è stato eletto il nuovo vicepresidente: Francesco Caroprese, che ha ricevuto 50 voti. Già vicepresidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Caroprese aveva già fatto parte del Consiglio nazionale tra il 2014 e il 2017. La sua elezione rafforza la continuità istituzionale all’interno dell’organismo di categoria. Sono stati inoltre confermati Paola Spadari nel ruolo di Segretaria generale, con 41 voti, e Gabriele Dossena in quello di tesoriere, con 46 voti. Entrambi già in carica, proseguiranno il loro incarico anche per il nuovo mandato, contribuendo alla stabilità della struttura operativa. Nel corso della stessa seduta, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha proceduto alla nomina del nuovo esecutivo, con la partecipazione di membri sia tra i professionisti che tra i pubblicisti. Per i primi sono stati confermati Gianluca Amadori e Andrea Ferro, già presenti nel precedente esecutivo, e si aggiunge il neo eletto Piero Ricci, ex presidente dell’Ordine dei giornalisti della Puglia. Per la componente dei pubblicisti sono stati confermati Giuseppe Murru e Cristina Deffeyes. Rinnovata anche la composizione del collegio dei revisori dei conti, dove sono stati confermati Giancarlo Ghirra, Antonella Monaco e Francesca Piccioli. (In foto, Bartoli e Caroprese – @odg.it)
Trump blocca fondi a NPR e PBS per propaganda politica

Il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per bloccare i finanziamenti federali destinati a NPR (National Public Radio) e PBS (Public Broadcasting Service), due delle principali emittenti pubbliche statunitensi. Il provvedimento obbliga la Corporation for Public Broadcasting (CPB), organismo incaricato di distribuire i fondi pubblici al sistema radiotelevisivo, a sospendere i trasferimenti economici già in corso e a rifiutare futuri finanziamenti “nei limiti massimi consentiti dalla legge”. L’ordine accusa NPR e PBS di utilizzare risorse statali per “diffondere contenuti politicamente orientati”. Per questo, la Casa Bianca ha anche inoltrato al Congresso una richiesta ufficiale per revocare oltre 1 miliardo di dollari già assegnati alla CPB per i prossimi due anni. La CPB, istituita dal Congresso nel 1967, è un ente privato senza scopo di lucro che riceve fondi pubblici per sostenere il servizio pubblico radiotelevisivo, in particolare in territori meno coperti dal mercato commerciale. Le regole attuali prevedono che i finanziamenti vengano stanziati con due anni di anticipo, misura pensata per tutelare l’autonomia delle emittenti da pressioni politiche dirette. Questo meccanismo solleva dubbi sull’effettiva applicabilità immediata dell’ordine. Le reazioni non si sono fatte attendere. NPR ha diffuso un comunicato ufficiale in cui difende la propria indipendenza editoriale e avverte che il taglio dei fondi colpirebbe centinaia di stazioni locali, riducendo l’accesso a notizie verificate, programmi culturali e comunicazioni di emergenza. PBS, tramite la direttrice esecutiva Paula Kerger, ha chiarito che circa il 15% del proprio bilancio proviene da fondi federali, mentre la maggior parte arriva da sponsor privati, donatori e fondazioni locali. Secondo analisti citati da fonti stampa americane, il provvedimento si inserisce in una più ampia strategia della Casa Bianca per rivedere il ruolo dei media pubblici negli Stati Uniti, in un contesto di crescente tensione tra l’amministrazione e le testate ritenute critiche verso le politiche del governo. Resta incerto se il Congresso accoglierà la richiesta di revoca dei fondi e quale sarà il destino finanziario delle emittenti coinvolte. (Credits foto: Primaonline)
New York Times e CBS sotto accusa per inferenze elettorali. Il Times replica a Trump: “Avanti con le domande”

Donald Trump ha lanciato nuovi attacchi contro due tra le più note realtà mediatiche statunitensi, puntando il dito contro il programma “60 Minutes” della CBS e il New York Times, e ventilando una possibile azione legale contro quest’ultimo. In un messaggio pubblicato su Truth Social, Trump ha definito “un vero vincitore” il procedimento legale già avviato contro Paramount Global, proprietaria della CBS, per presunta manipolazione di un’intervista concessa alla trasmissione nell’ottobre scorso dalla vicepresidente Kamala Harris. Secondo Trump, la versione trasmessa avrebbe favorito la candidata democratica, violando i principi di imparzialità e alterando l’impatto sull’opinione pubblica in vista delle elezioni. Nel messaggio, Trump ha accusato 60 Minutes di aver orchestrato una “gigantesca frode ai danni del popolo americano”, citando tra i soggetti danneggiati anche la Commissione Elettorale Federale e la Federal Communications Commission (FCC). Ha inoltre ribadito che l’operato della rete televisiva sarà oggetto di ulteriori azioni legali. Sempre nello stesso intervento su Truth Social, il presidente si è scagliato contro il New York Times, etichettandolo nuovamente come “fallimentare” e promotore di “fake news”. Il Times, secondo Trump, soffrirebbe della cosiddetta “sindrome da sfera di Trump”, un atteggiamento che – a suo dire – configurerebbe una possibile forma di interferenza illecita, anche in ambito elettorale, al momento oggetto di “attento esame”. Il riferimento è a un articolo pubblicato dal quotidiano martedì, in cui si riferiva che la Paramount sarebbe pronta a trattare per un accordo extragiudiziale nella causa intentata da Trump. Nello stesso pezzo, veniva riportato il giudizio di alcuni esperti legali, secondo cui la causa sarebbe “infondata” e rappresenterebbe “una facile vittoria per la CBS”. La pubblicazione di tale valutazione legale ha contribuito a inasprire ulteriormente la posizione del presidente. Il New York Times ha risposto mercoledì con una nota ufficiale: “Il New York Times non si lascerà scoraggiare dalle tattiche intimidatorie dell’amministrazione. Continueremo a indagare sui fatti senza timore o favoritismi e a difendere il diritto dei giornalisti, garantito dal Primo Emendamento, di porre domande a nome del popolo americano”. Secondo Sarah Rumpf di Mediaite, le accuse di manipolazione rivolte a CBS e Paramount non trovano riscontro oggettivo. Rumpf scrive che, come in ogni prodotto televisivo, l’intervista è stata sottoposta a normali tagli di montaggio, senza alterare in modo sostanziale le risposte. Aggiunge che nessuna delle reti coinvolte ha ammesso frodi o violazioni, e che il contenuto trasmesso non ha avuto effetti documentabili sui risultati elettorali. Nel frattempo, un rapporto pubblicato dal Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ) ha evidenziato l’aumento delle pressioni politiche sulla libertà di stampa negli Stati Uniti. Il documento, intitolato “Campanelli d’allarme”, si concentra sui primi 100 giorni del secondo mandato Trump, sottolineando l’intensificarsi del clima di ostilità verso il mondo dell’informazione. La direttrice esecutiva del CPJ, Jodie Ginsberg, ha affermato: “Questo è un momento decisivo per i media statunitensi […] Tutte le nostre libertà dipendono dalla tutela del Primo Emendamento”. Il clima di tensione mediatica è ulteriormente alimentato dal caso del giornalista Ryan Lizza, che ha lasciato Politico per fondare una propria newsletter su Substack. Dopo la fine della relazione con la collega Olivia Nuzzi e il coinvolgimento in una vicenda giudiziaria successivamente ritirata, Lizza ha motivato l’abbandono della testata con il crescente divario tra i fatti e il modo in cui vengono raccontati. In un’intervista alla Columbia Journalism Review, ha elogiato la copertura del New York Times sulla nuova amministrazione. Infine, anche il mondo dello sport è stato coinvolto in dinamiche mediatiche complesse. Bill Belichick, ex allenatore dei New England Patriots e ora coinvolto in un progetto editoriale, ha criticato la CBS per un’intervista andata in onda su CBS News Sunday Morning, in cui è stato chiesto del suo rapporto con la compagna Jordon Hudson, 24 anni. Durante la trasmissione, Hudson è intervenuta per evitare la domanda, episodio che ha generato forte eco mediatica. In una dichiarazione, Belichick ha lamentato che l’intervista, concordata per promuovere un libro, sia stata montata in modo fuorviante, omettendo oltre 30 minuti di conversazione e “creando una narrazione falsa”. La CBS ha risposto affermando che non erano previste limitazioni editoriali e che la natura dell’intervista era stata chiarita con l’editore. La vicenda ha avuto ulteriori sviluppi con la decisione della Università della Carolina del Nord di ritirarsi dalla partecipazione al programma Hard Knocks di HBO, inizialmente previsto per l’estate. Secondo The Athletic, la decisione sarebbe legata alla richiesta di Hudson di essere coinvolta nella produzione, fatto che avrebbe indotto HBO a riconsiderare il progetto.
La Sicilia pubblica un cruciverba in dialetto isolano

Per la prima volta un cruciverba in siciliano sarà pubblicato su un quotidiano. L’edizione del primo maggio del giornale La Sicilia ospiterà le “palori ‘ncruciati”, una griglia di 240 caselle interamente realizzata nella lingua-dialetto dell’Isola, con l’obiettivo di valorizzare e diffondere il patrimonio lessicale siciliano tra lettori di ogni età, anche all’estero. L’iniziativa è nata da un’idea del giornalista Giuseppe Lazzaro Danzuso, con la collaborazione del condirettore Domenico Ciancio e il supporto del direttore Antonello Piraneo. Tra i partecipanti al progetto anche Gino Astorina, attore e autore teatrale, e il professore Salvo Menza dell’Università di Catania, noto per aver curato la recente traduzione in dialetto catanese di una storia a fumetti pubblicata su Topolino. Il cruciverba includerà parole, espressioni idiomatiche, nomi di luoghi, personaggi e fatti legati alla Sicilia, oltre a termini utilizzati dalle comunità di emigrati siciliani in diverse parti del mondo. Nei giorni dell’uscita, una quota di copie del giornale sarà destinata alle scuole che ne faranno richiesta, per favorire il coinvolgimento di dirigenti scolastici, docenti e studenti. L’operazione, spiegano i promotori, è aperta anche a contributi esterni e collaborazioni future.
80 anni di GdB, edizione speciale in omaggio ai lettori

Il Giornale di Brescia celebra oggi l’ottantesimo anniversario della sua fondazione distribuendo gratuitamente l’edizione del giorno in edicola e in formato digitale. I lettori potranno ritirare la copia cartacea senza bisogno di buoni, mentre chi preferisce la versione online potrà scaricarla in pdf dal sito o dall’app previa registrazione gratuita alla piattaforma GdB+. Il 26 aprile 1945 Brescia fu liberata dal nazifascismo, mentre in provincia si combatteva ancora. Al Broletto, sede della prima redazione, ripartirono subito le rotative per tornare a informare i cittadini. Il 27 aprile uscì il primo numero del Giornale di Brescia, nato come organo del Comitato di Liberazione Nazionale. Il quotidiano annunciava in prima pagina la liberazione della città con il titolo “Brescia è libera”. Il giornale rappresentò il ritorno a un’informazione libera, dopo vent’anni di dittatura e Repubblica Sociale Italiana. Dal 30 dicembre 1948 il nome cambiò, eliminando l’articolo “Il”. Per l’occasione, oltre agli aggiornamenti quotidiani di cronaca, sport, economia, cultura e politica, l’edizione conterrà pagine speciali dedicate agli ottant’anni di storia del giornale. La copia digitale sarà disponibile per tutti gli iscritti a GdB+, mentre i nuovi utenti potranno registrarsi direttamente tramite il portale o utilizzando il QR code pubblicato sul quotidiano. (In foto, la sede del giornale in via Solferino 22 a Brescia)
Anche Biesse, rivista di storia bresciana, celebra gli 80 anni del Giornale di Brescia

Il Giornale di Brescia compie ottant’anni e il nuovo numero di Biesse, rivista trimestrale edita da Fondazione Negri, ne ripercorre la storia. Il fascicolo sarà in edicola da giovedì 24 aprile, in abbinamento al quotidiano, al prezzo di 8 euro oltre il costo del giornale. La redazione del Giornale di Brescia aprì il 25 aprile 1945, giorno della Liberazione, e il primo numero uscì il 27 aprile. Nato come “Organo del Comitato Nazionale di Liberazione”, il giornale titolò in apertura: “Brescia è libera”. Alla direzione venne chiamato Leonzio Foresti, affiancato da redattori in rappresentanza delle varie forze politiche. Nel numero di Biesse, l’editore Mauro Negri e il direttore Marcello Zane scrivono: “Biesse racchiude pure in questo numero la storia del giornale che da ottant’anni accompagna le letture del mattino, degli affari e del tempo libero”. L’edizione dedica ampio spazio anche alle fotografie storiche dell’Archivio Negri, con approfondimenti sul Teatro Grande, sulla Mille Miglia del 1940 corsa in circuito, sul ristorante Principe in piazza Vittoria, sull’ospedale militare di San Gaetano e sul monumento a Garibaldi a Monte Suello. Il percorso editoriale del Giornale di Brescia si evolve a partire dal 1947, quando il CdA rinnova l’impegno a “favorire il progresso civile, culturale ed economico, ispirandosi ai valori cristiani della comunità”. Negli anni successivi il quotidiano viene rilevato da Editoriale Bresciana, con il sostegno di Banca San Paolo e Credito Agrario; dal 1949 il controllo passa alle fondazioni Tovini e Folonari. Alla guida del giornale si succedono Mino Pezzi, Alberto Vigna, Vincenzo Cecchini, Ugo Martegani, Giambattista Lanzani, Giacomo Scanzi e l’attuale direttrice Nunzia Vallini. Entrano a far parte del gruppo anche le emittenti Teletutto, Radio Bresciasette e Radio Classica Bresciana, oltre alla divisione commerciale Numerica e al centro stampa di Erbusco. Tra gli eventi salienti ricordati, la Strage di Piazza Loggia del 28 maggio 1974, occasione in cui furono pubblicate tre edizioni straordinarie. L’evoluzione tecnologica ha poi portato il giornale ad affiancare l’edizione cartacea con un sito web e pagine social. Zane scrive: “Una disposizione dialogica, nonché un’attitudine a misurarsi con un’opinione pubblica dagli umori spesso contraddittori che il quotidiano tende a incanalare in un alveo valoriale di riferimento democratico”. (In copertina: le linotype e i banconi con i caratteri mobili nella prima sede in Broletto. Credits: © www.giornaledibrescia.it)
Speciale Porta a Porta: solo voci maschili in studio a parlare della morte di Papa Francesco

Nello speciale di “Porta a Porta” andato in onda su Rai Uno il 21 aprile 2025, subito dopo il Tg1, si è discusso della morte di Papa Francesco. A intervenire, nello studio di Bruno Vespa, sono stati esclusivamente uomini, tutti di età avanzata. Vespa ha commentato in apertura: “Qui siamo tutti uomini, ma nel pubblico ci sono le suore”. Durante la trasmissione, durata oltre tre ore, nessuna donna è stata invitata a sedersi sulle poltroncine riservate agli esperti, nonostante il pontificato di Papa Francesco sia stato segnato da un forte impegno per il maggiore coinvolgimento delle donne nella vita della Chiesa. Il Pontefice aveva più volte sottolineato l’importanza della componente femminile, introducendo novità come la partecipazione delle donne ai Sinodi e affidando loro incarichi tradizionalmente riservati a vescovi o arcivescovi, come nel caso di suor Raffaella Petrini e suor Simona Brambilla. In studio erano presenti, tra gli altri, Massimo Franco del Corriere della Sera, don Vincenzo Paglia, Antonio Spadaro, padre Enzo Fortunato e Gennaro Sangiuliano, mentre dal pubblico hanno preso parola occasionalmente alcune suore. Il consigliere di amministrazione Rai Roberto Natale, in una nota riportata dall’Ansa il 22 aprile, ha sottolineato che la totale assenza di donne tra gli ospiti ha contraddetto l’impegno dell’emittente nella promozione della parità di genere, portato avanti anche attraverso le campagne No Women No Panel e 50/50. Natale ha evidenziato che l’immagine dello studio tutto al maschile, circolata sui social, rischia di danneggiare anni di lavoro sulla rappresentanza equilibrata. La redazione di Porta a Porta ha replicato precisando che erano state invitate due donne: la vaticanista Elisabetta Piquet, impossibilitata per motivi lavorativi, e la conduttrice Lorena Bianchetti, assente per ragioni familiari. Il programma ha aggiunto che trovare donne con una riconosciuta autorevolezza nel campo è difficile e ha ricordato il rifiuto, in passato, della vaticanista Franca Giansoldati a partecipare. Infine, la redazione ha sottolineato che la presenza delle suore di Maria Ausiliatrice, con l’intervento di suor Ausilia, e il collegamento con Monica Maggioni hanno comunque garantito una rappresentanza femminile.
Washington Post porta le sue notizie su ChatGPT

Il Washington Post ha annunciato una partnership strategica con OpenAI per rendere le proprie notizie di alta qualità più accessibili attraverso ChatGPT. L’accordo, reso pubblico il 22 aprile 2025, prevede che ChatGPT mostri riassunti, citazioni e link agli articoli originali del Post in risposta a domande pertinenti degli utenti. La collaborazione nasce con l’obiettivo di facilitare l’accesso a informazioni affidabili e concrete, soprattutto in ambiti complessi o in rapida evoluzione, come politica, affari globali, economia e tecnologia. Attraverso questa integrazione, ChatGPT fornirà una attribuzione chiara e link diretti agli articoli, offrendo agli utenti la possibilità di approfondire e contestualizzare le notizie. Peter Elkins-Williams, responsabile delle partnership globali del Washington Post, ha spiegato che il progetto nasce dalla volontà di raggiungere il pubblico “ovunque si trovi”, garantendo l’accesso ai contenuti “dove, come e quando il pubblico lo desidera”. Varun Shetty, responsabile delle partnership media di OpenAI, ha sottolineato che oltre 500 milioni di persone usano ChatGPT ogni settimana e che la collaborazione con testate come il Post punta a offrire informazioni tempestive e affidabili. La partnership si inserisce in un piano più ampio di OpenAI, che ha stretto accordi simili con oltre 20 editori e reso disponibili contenuti di oltre 160 testate in più di 20 lingue. Il Washington Post aveva già intrapreso iniziative nell’ambito dell’intelligenza artificiale, come gli strumenti Ask The Post AI, Climate Answers e Haystacker, sviluppati per migliorare l’accessibilità e l’efficacia della copertura giornalistica. L’azienda mantiene la propria indipendenza dagli LLM esterni, adottando e sviluppando soluzioni interne di IA sia per l’attività redazionale sia per l’esperienza utente.
La Casa Bianca rivede il pool stampa dopo il reintegro dell’Associated Press

L’amministrazione Trump ha revocato ai giornalisti l’accesso quotidiano garantito al presidente, segnando una svolta nelle relazioni tra Casa Bianca e media. La decisione è arrivata dopo che un giudice federale ha ordinato il reintegro dell’Associated Press nel pool stampa, da cui era stata esclusa per aver rifiutato di adottare il termine “Golfo d’America”, la nuova denominazione ufficiale dell’ex Golfo del Messico imposta da Trump a gennaio. Il giudice distrettuale Trevor McFadden ha stabilito che l’AP non poteva essere trattata in modo differente rispetto ad altre agenzie, una clausola che la Casa Bianca ha usato come base per ristrutturare completamente il sistema di accesso alla stampa presidenziale. Da ora, il pool sarà suddiviso in due gruppi distinti: uno per le testate cartacee e uno per quelle via cavo, entrambi ammessi a rotazione agli incontri con il presidente. La modifica interrompe una pratica consolidata da decenni, in cui agenzie come AP, Reuters e Bloomberg avevano accesso regolare a spazi ristretti come lo Studio Ovale. Il nuovo sistema prevede l’ampliamento della rotazione per la stampa cartacea da 31 a 34 posti, con l’aggiunta di un secondo rappresentante per questa categoria. Il risultato potrebbe essere un aumento degli eventi accessibili ai quotidiani, ma una diminuzione significativa per le agenzie, nel caso in cui la Casa Bianca limiti la rotazione ai membri già presenti. Le modifiche seguono settimane di tensione tra l’AP e l’amministrazione. Il 25 febbraio, la portavoce Karoline Leavitt aveva annunciato che la Casa Bianca avrebbe assunto il controllo diretto della composizione del pool, ponendo fine al ruolo della White House Correspondents’ Association (WHCA) in questa funzione. La WHCA mantiene ancora il controllo su 49 posti nella sala stampa, ma ha denunciato la nuova politica come una forma di ritorsione contro la stampa critica. “Il governo non dovrebbe controllare i media che lo coprono”, ha dichiarato il presidente della WHCA Eugene Daniels, sottolineando che la discrezionalità quotidiana nella selezione del pool rischia di trasformarsi in una discriminazione sistematica. Le preoccupazioni si concentrano sulla mancanza di trasparenza e sulla possibilità di escludere testate sgradite, nonostante le garanzie richieste dal tribunale. Dalla fine di febbraio, la Casa Bianca ha ammesso un solo giornalista al giorno agli eventi presidenziali, e agenzie come Reuters e Bloomberg hanno sospeso le trasmissioni. Il nuovo assetto include anche un posto fisso per i “nuovi media” – una categoria che comprende siti digitali, opinionisti conservatori e influencer – e una seconda rotazione televisiva, che integra i tradizionali canali dell’informazione con reti emergenti di orientamento conservatore. Nel pool giornaliero sono stati confermati anche un reporter radiofonico e quattro fotografi, mentre Leavitt ha annunciato il ripristino di circa 400 permessi stampa precedentemente revocati durante l’amministrazione Biden. Non tutti, però, hanno riottenuto l’accesso. Tra gli esclusi, Simon Ateba di Today News Africa, già noto per le sue interruzioni durante i briefing, non ha più ricevuto l’accredito per “motivi di sicurezza”, secondo i Servizi Segreti. La questione dell’accesso stampa alla Casa Bianca è oggetto di scontro da anni, sia sotto amministrazioni democratiche che repubblicane. Nel 2013, la Casa Bianca di Obama era finita nel mirino dei fotografi dopo aver limitato l’accesso a eventi chiave. Più recentemente, l’amministrazione Biden ha introdotto criteri restrittivi per l’ammissione dei giornalisti, escludendo in alcuni casi testate storiche.
Tg2 Post cambia volto: arriva Monica Giandotti (dal Tg3)

Monica Giandotti sarà da lunedì 14 aprile il nuovo volto di Tg2 Post, il programma di approfondimento in onda su Rai2 alle 21. Prende il posto di Manuela Moreno, che è passata alla direzione Approfondimenti, dove conduce una rubrica nel nuovo programma di Peter Gomez nell’access prime time di Rai3, “Un alieno in patria”. Come anticipato da LaPresse, infatti, Monica Giandotti è stata assegnata alla redazione Esteri del Tg2 e condurrà tutti gli appuntamenti del Tg2 Post dal lunedì al venerdì alle 21 al termine dell’edizione delle 20:30 del TG2 della sera. La giornalista, già alla guida di Linea Notte su Rai3, si prepara quindi a debuttare in una delle fasce più competitive dell’informazione televisiva, con l’obiettivo di rilanciare il programma che, negli ultimi mesi, ha registrato uno share intorno al 2%. “Sono molto contenta, affronto questa sfida con grande spirito di servizio nei confronti della Rai che mi ha proposto questo incarico”, ha dichiarato all’Adnkronos. Il format resterà invariato: “È quello dato da Manuela Moreno e dalla redazione del Tg2, non cambia e resterà quello che gli spettatori conoscono. Io porterò me stessa, non sarò diversa da quello che sono”. La trasmissione manterrà i suoi contenuti principali, spaziando tra politica, economia, cronaca, attualità e questioni sociali, con l’obiettivo di garantire “grande rigore per le notizie” e “attenzione alla qualità delle opinioni e dei protagonisti della vita pubblica”. Tra i primi ospiti della nuova edizione ci saranno Antonio Polito ed Emma Marcegaglia, mentre tra le novità è atteso il ritorno di Alessandro Poggi, che curerà le copertine. Giandotti ha espresso anche il desiderio di ospitare personalità internazionali, in particolare legate a temi di politica estera e affari europei. Sul piano personale, la conduttrice ha escluso la possibilità di invitare in trasmissione il marito, Stefano Cappellini, vicedirettore di Repubblica, per evitare conflitti d’interesse. A proposito di alcuni presunti malumori per la sua nomina, Giandotti ha sottolineato: “La Rai mi ha offerto questa possibilità, è un’azienda che valorizza i suoi interni e io sono felice di poterlo riconoscere”. Dopo una lunga esperienza tra Unomattina, Agorà e il Tg3, Giandotti ha voluto ringraziare le redazioni che l’hanno accompagnata nel suo percorso, in particolare quella di Linea Notte. Infine, ha rivolto un ringraziamento anche alla redazione del Tg2, che “mi ha accolta con grande affetto e con generosità”.