Falsi e pressioni sull’intervista a Diana: esce “Dianarama”, il libro che scuote la BBC

Intervista Lady D

“La BBC ha ucciso Diana?” è la domanda che torna oggi sulle prime pagine britanniche dopo l’uscita di “Dianarama”, il libro con cui l’ex reporter Andy Webb ricostruisce, con documenti finora inediti, come l’intervista del 1995 alla principessa Diana sarebbe nata da una catena di falsi, pressioni e omissioni interne all’emittente pubblica. Il volume, pubblicato questa settimana nel Regno Unito, riapre un caso che da trent’anni scuote l’immagine della BBC e mette in discussione il comportamento del giornalista Martin Bashir, autore dell’incontro trasmesso dal programma Panorama. Webb documenta come Bashir avrebbe mostrato a Earl Spencer, fratello di Diana, estratti bancari falsificati per far credere che persone vicine alla principessa fossero pagate dai servizi di sicurezza per sorvegliarla. Secondo l’autore, queste informazioni – poi rivelatesi prive di fondamento – avrebbero convinto Diana che la sua vita e quella dei figli fossero al centro di complotti, alimentando un clima di paura in un momento già segnato dalla separazione dall’allora principe Carlo. Nel libro si sostiene che alla principessa sarebbe stato riferito che Carlo avesse una relazione con la baby sitter dei figli, Tiggy Legge-Bourke, e che persino il giovane William fosse spiato attraverso un orologio progettato per registrare le conversazioni. Il volume riporta testimonianze che negli anni hanno contribuito a tenere aperto il dibattito sulla vicenda. Il principe Harry dichiarò: “Nostra madre ha perso la vita a causa di ciò”. Una terapista vicina a Diana affermò di ritenere Bashir “totalmente responsabile per la morte di Diana”. Webb inserisce queste frasi come parte del quadro storico, senza attribuire interpretazioni personali. Nel libro compare anche il racconto del grafico Matt Wiessler, incaricato da Bashir di realizzare inconsapevolmente i documenti falsi: l’uomo ricorda di essersi recato, all’alba del 1997, davanti a Buckingham Palace, convinto di avere avuto «un ruolo» negli eventi che avevano segnato la vita della principessa. Una delle parti centrali del libro riguarda la gestione della vicenda da parte della BBC. Secondo Webb, l’emittente avrebbe per anni mantenuto negli archivi materiali incompleti, svolto verifiche insufficienti e protetto la versione ufficiale dell’intervista. Nel 2021, l’ex giudice della Corte Suprema Lord Dyson definì l’indagine interna del 1996 “deplorevole e inefficace”, un giudizio che la BBC ha successivamente accettato integralmente, presentando scuse pubbliche e procedendo a risarcimenti. Webb ricostruisce anche i contatti tra Earl Spencer e l’emittente, sostenendo che nel 2020 il fratello di Diana avrebbe fornito nuovi dettagli sul contenuto delle conversazioni avute con Bashir nel 1995. Il libro cita inoltre una fonte anonima secondo cui il principe William, definito “un antagonista implacabile”, starebbe “prendendo provvedimenti per scoprire” ogni elemento ancora poco chiaro sul caso, avvalendosi di persone incaricate di approfondire il dossier. William aveva già dichiarato pubblicamente che l’intervista contribuì ad aggravare la solitudine della madre. Le rivelazioni arrivano mentre la BBC è impegnata a rispondere ad altre contestazioni legate alla manipolazione del montaggio di un discorso di Donald Trump, episodio che ha portato l’emittente ad affrontare una nuova ondata di critiche.

Trump accusa la BBC: “Manipolato il mio discorso”, chiesto 1 miliardo

Donald Trump

Trump ha inviato alla Bbc una richiesta di risarcimento da un miliardo di dollari, accusando l’emittente di aver “manipolato” il suo discorso del 6 gennaio 2021 in un documentario. Nella lettera formale, l’ex presidente sostiene che il montaggio abbia unito frasi diverse e omesso il passaggio in cui invitava i sostenitori a protestare “in modo pacifico e patriottico”. Se la rete non pubblicherà una rettifica entro il 14 novembre alle 22 (ora britannica), Trump avvierà un’azione legale chiedendo la somma record. L’emittente ha confermato di aver ricevuto la lettera e ha dichiarato che “risponderà”. Le accuse si sono intrecciate con le dimissioni del direttore generale Tim Davie e della responsabile delle Bbc News Deborah Turness, arrivate dopo giorni di critiche internazionali per il servizio contestato. Davie ha dichiarato: “Ho deciso di lasciare la Bbc dopo 20 anni. Questa è una decisione interamente mia”. Ha riconosciuto che “sono stati commessi alcuni errori” e ha aggiunto: “In qualità di direttore generale, devo assumermi la responsabilità ultima”. Ha spiegato inoltre che la Bbc “deve essere sempre aperta, trasparente e responsabile”. Turness ha affermato che “l’attuale controversia sul presidente Trump ha raggiunto uno stadio tale da danneggiare la Bbc” e ha aggiunto: “La responsabilità ricade su di me”. Ha però precisato che “sebbene siano stati commessi degli errori, le recenti accuse secondo cui Bbc News sarebbe istituzionalmente faziosa sono sbagliate”. L’episodio ruota attorno a un servizio in cui la frase di Trump “combattere come matti” era stata messa in evidenza, mentre mancava il riferimento alla protesta “pacifica e patriottica”. La polemica ha alimentato un dibattito sulla correttezza del montaggio e sulla fiducia nelle immagini trasmesse, mentre Trump ha definito i giornalisti coinvolti “corrotti” e ha sostenuto che il video avrebbe potuto alterare la percezione degli eventi del 6 gennaio. La rete ha ammesso l’errore tecnico e si prepara a chiarire la propria posizione nelle sedi formali.

Scandalo sul caso Trump, si dimettono i vertici della BBC

BBC logo

A Londra, nella serata di ieri, il direttore generale della BBC, Tim Davie, e la responsabile dei servizi giornalistici, Deborah Turness, si sono dimessi dopo una settimana di polemiche scoppiate nel Regno Unito, negli Stati Uniti e all’interno del dibattito politico britannico. La vicenda nasce da accuse rivolte all’emittente pubblica secondo cui un suo documentario avrebbe modificato alcune parti del discorso tenuto da Donald Trump il 6 gennaio 2021, inducendo gli spettatori a credere che l’allora presidente avesse incitato in modo diretto l’assalto al Campidoglio. L’episodio è emerso quando il Telegraph ha pubblicato un documento di 19 pagine preparato da un ex consulente sugli standard editoriali della BBC, che segnalava presunte manipolazioni nella copertura della presidenza Trump, del conflitto a Gaza e delle questioni trans. Nel documento si indicava che, nel programma dedicato al 6 gennaio, alcune frasi del discorso di Trump sarebbero state montate in modo tale da far apparire l’intervento più diretto e aggressivo rispetto alla versione originale. Nella clip integrale, Trump aveva invitato i sostenitori a camminare con lui “per sostenere i nostri coraggiosi senatori e deputati”, mentre nel documentario risultava al centro un passaggio che sembrava collegarlo più esplicitamente alla folla diretta al Campidoglio. Alla pubblicazione delle accuse è seguita una reazione immediata da parte della Casa Bianca. La portavoce Karoline Leavitt ha definito la BBC “una fonte di notizie false al 100%” e una “macchina di propaganda”, aggiungendo che la clip del documentario era “selettivamente modificata” e che avrebbe “tratto in inganno completamente” gli spettatori. La polemica è cresciuta quando l’ex primo ministro Boris Johnson ha invitato i cittadini a boicottare il canone televisivo finché Davie non avesse lasciato l’incarico. Parallelamente, alcuni commentatori sostenevano che le critiche contro la BBC fossero alimentate anche da rivalità politiche interne al Regno Unito. La posizione di Davie si è ulteriormente indebolita quando, durante un’intervista trasmessa proprio dalla BBC, la ministra britannica della Cultura, Lisa Nandy, ha affermato che “le decisioni sugli standard editoriali, le linee guida e il linguaggio utilizzato sono del tutto incoerenti”, spiegando che la copertura giornalistica non sempre rispetta “gli standard migliori”. Le sue parole hanno contribuito a rendere inevitabile il passo indietro dei vertici dell’emittente. Turness, presentando le proprie dimissioni, ha dichiarato che la controversia sul documentario “ha raggiunto uno livello tale da danneggiare la BBC, un’istituzione che amo”. Ha aggiunto: “La responsabilità ricade su di me. Sebbene siano stati commessi degli errori, voglio essere assolutamente chiara: le recenti accuse secondo cui BBC News sarebbe istituzionalmente faziosa sono sbagliate”. Davie, da parte sua, ha riconosciuto: “Ci sono stati degli errori e in quanto direttore generale devo assumerne la responsabilità ultima”. Ha ricordato inoltre il ruolo della BBC in un Paese “gentile, tollerante e curioso”, affermando che l’emittente deve essere “aperta, trasparente e responsabile”.

Garante della Privacy diffida Report e ne chiede lo stop, ma la puntata va in onda

Rai3 Report

Il 2 novembre 2025, Agostino Ghiglia, membro del Garante per la Privacy, ha inviato una diffida alla redazione di Report, la trasmissione di Rai3 condotta da Sigfrido Ranucci, chiedendo di non mandare in onda il servizio previsto per la serata. Il servizio, secondo quanto annunciato, avrebbe riguardato il coinvolgimento di Ghiglia nella procedura che ha portato a una multa da 150mila euro nei confronti di Report per la pubblicazione dell’audio privato tra l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie, la giornalista Federica Corsini. Nella diffida, Ghiglia contesta una presunta acquisizione illecita di dati personali, che a suo dire costituirebbe una violazione della corrispondenza privata. Ha chiesto inoltre la rimozione del materiale dai social e la non diffusione televisiva. Dal canto suo, Sigfrido Ranucci ha anticipato che la puntata analizzerà il funzionamento del Garante per la Privacy, domandandosi “Quanto è indipendente e trasparente?”. Nonostante la richiesta di Ghiglia, fonti Rai hanno confermato che la trasmissione andrà regolarmente in onda, spiegando che gli uffici legali non hanno riscontrato motivi per bloccarla e che un eventuale stop potrebbe causare accuse di censura e danni economici per l’azienda. Il caso nasce dopo che Report aveva mostrato un video in cui Ghiglia, ex parlamentare di Alleanza Nazionale, veniva ripreso mentre entrava nella sede di Fratelli d’Italia, in via della Scrofa a Roma, il 23 ottobre, poche ore prima della sanzione a Report per la diffusione dell’audio privato. In quella conversazione, Sangiuliano raccontava della propria relazione con Maria Rosaria Boccia, fatto che aveva portato alle sue dimissioni da ministro. Corsini aveva definito la pubblicazione “illegittima, servita solo ad umiliarmi”. Sulla vicenda è intervenuta anche Arianna Meloni, sorella della premier e responsabile della segreteria politica di Fratelli d’Italia, affermando: “C’è un clima da caccia alle streghe, non userei una telefonata tra coniugi nemmeno contro il peggior nemico”. Secondo quanto emerso, Sangiuliano e Corsini avevano presentato due reclami al Garante, scrivendo a Ghiglia: “Buona domenica, caro Agostino. Non chiediamo alcun trattamento di favore, ma solo i diritti di ogni cittadino”. Report sostiene che Ghiglia avrebbe chiesto alla dirigente Cristina Luciani, sua assistente, di trattare i reclami con urgenza. Ghiglia, però, ha dichiarato che la sua presenza in via della Scrofa era dovuta a un incontro con Italo Bocchino, direttore de Il Secolo d’Italia, per la presentazione di un libro, e non per motivi politici. Ha aggiunto: “Ho incontrato Arianna Meloni solo per un saluto. “Vado da Arianna” significava che andavo al Secolo d’Italia, che ha sede nello stesso palazzo di Fratelli d’Italia”. In risposta alla diffida, Ranucci ha affermato: “Non c’è stato nessun materiale trafugato o intrusioni informatiche. Ciò che tenta di fare Ghiglia è mettere un bavaglio, si tratta di interruzione di servizio pubblico”. Ghiglia, a sua volta, ha replicato parlando di una presunta violazione della sua corrispondenza e di una intrusione nella sua vita privata, dichiarando: “Sono stato pedinato, e le mie chat sembrano nella disponibilità di Report da tempo. Stiamo parlando di mail del Garante, un’Autorità pubblica”. La vicenda ha suscitato reazioni politiche. Il deputato Walter Verini del Partito Democratico ha definito “grave” la condotta di Ghiglia, chiedendone le dimissioni. Anche i parlamentari del Movimento 5 Stelle hanno diffuso una nota in cui sostengono che Ghiglia “non esercita il suo ruolo con disciplina e onore”.

Il Garante della Privacy sanziona Report per l’audio tra Sangiuliano e la moglie Federica Corsini

Sigfrido Ranucci, Report

Il Garante per la protezione dei dati personali ha notificato alla Rai una sanzione di 150mila euro per la violazione del Codice della Privacy, del GDPR e delle Regole deontologiche sull’uso dei dati personali in ambito giornalistico. Il procedimento, avviato nel dicembre 2024, riguarda la diffusione di un audio privato trasmesso durante una puntata di Report l’8 dicembre 2024, in cui veniva riprodotta una conversazione telefonica tra Gennaro Sangiuliano, allora ministro della Cultura, e la moglie Federica Corsini, giornalista Rai. Durante la stessa riunione, il Garante ha giudicato infondato il reclamo presentato da Sangiuliano contro alcune testate giornalistiche, ritenendo che i loro articoli non violassero la sfera privata dell’ex ministro. A poche ore dalla decisione, il conduttore di Report Sigfrido Ranucci, oggetto di un attentato intimidatorio il 17 ottobre, ha espresso la propria posizione in una conferenza stampa al Parlamento europeo di Strasburgo. “In questi giorni raccolgo solidarietà bipartisan, ma si sta rivelando ipocrita: da una parte solidarietà, dall’altra qualcuno sta armando il Garante della privacy per punire Report e dare un segnale esemplare ad altre trasmissioni”, ha dichiarato Ranucci. “Chiedo che il Garante europeo verifichi come sta operando il Garante della privacy italiano, perché sembra agire come un’emanazione del governo”. Il giornalista ha poi aggiunto: “Proprio oggi, dopo giornate di solidarietà, è apparso su un giornale di Angelucci un articolo contro di noi: l’ennesima prova della campagna diffamatoria contro chi lavora per la libertà di stampa in questo Paese”. Ranucci ha ringraziato l’Unione europea per l’approvazione dell’European Media Freedom Act, che, secondo lui, “dovrebbe presto liberare la Rai e ogni altro mezzo di informazione dai legami con la politica”. La risposta del Garante Privacy non si è fatta attendere. In una nota ufficiale, l’Autorità ha dichiarato: “In relazione alle gravissime affermazioni rese dal dottor Sigfrido Ranucci nel corso della conferenza stampa al Parlamento europeo di Strasburgo, il Garante ribadisce l’assoluta indipendenza e trasparenza del proprio operato a difesa della legalità”. L’Autorità ha inoltre precisato di riservarsi ogni iniziativa a propria tutela, sottolineando che la decisione di sanzionare la Rai è stata presa collegialmente e senza alcuna influenza esterna. La vicenda ha avuto anche un risvolto politico. I componenti del Partito Democratico nella Commissione di Vigilanza Rai hanno diffuso una nota chiedendo spiegazioni sull’accaduto. “Non solo il governo e i partiti di maggioranza non hanno ritirato le querele temerarie contro Ranucci, ma da quanto apprendiamo il Garante della Privacy si sarebbe mosso su input politico per sanzionare in modo esemplare le puntate di Report che riguardavano l’origine del caso Boccia e le sue dimissioni”, si legge nel comunicato.

Ordigno esplode sotto l’auto di Sigfrido Ranucci: paura per la figlia, potevano ucciderla

Bomba auto Ranucci

Questa notte, intorno alle 22, a Campo Ascolano, frazione tra Roma e Pomezia, un ordigno esplosivo è stato piazzato sotto l’auto del giornalista e conduttore di Report, Sigfrido Ranucci. L’esplosione ha distrutto il veicolo e danneggiato gravemente anche l’altra macchina di famiglia e la facciata dell’abitazione vicina. Sul posto sono intervenuti carabinieri, Digos, vigili del fuoco e polizia scientifica per i rilievi e la messa in sicurezza dell’area. La Procura competente è stata immediatamente informata e ha avviato le indagini. Nel post pubblicato sul profilo social della trasmissione Report si legge: “L’auto è saltata in aria, danneggiando anche l’altra auto di famiglia e la casa accanto. La potenza dell’esplosione è stata tale per cui avrebbe potuto uccidere chi fosse passato in quel momento”. Secondo quanto riferito dal giornalista, “è stato utilizzato almeno un chilo di esplosivo”. Nessuno è rimasto ferito, ma i danni materiali sono ingenti. La seconda auto coinvolta, usata abitualmente dalla figlia di Ranucci, era stata parcheggiata pochi minuti prima, intorno alle 21.40. In un’intervista rilasciata al Corriere, Ranucci ha raccontato: “Mia figlia è passata davanti alla mia auto pochi minuti prima dell’esplosione, potevano ammazzarla”. Il giornalista ha aggiunto che “potrebbe non essere una coincidenza” il fatto che, pochi giorni prima, avesse annunciato i temi delle nuove inchieste di Report. Le indagini puntano ora a chiarire se ci sia un legame tra l’attentato e l’attività professionale del conduttore. Gli investigatori stanno esaminando le telecamere di sorveglianza della zona e raccogliendo testimonianze per ricostruire le fasi dell’attentato. Le fiamme, divampate subito dopo la deflagrazione, sono state domate dai vigili del fuoco, che hanno lavorato a lungo per impedire che l’incendio si estendesse ad altre abitazioni. Gli artificieri e la scientifica hanno rinvenuto diversi frammenti riconducibili a due distinti ordigni artigianali. (Credits foto di copertina: www.corriere.it)

Cesara Buonamici definisce una bambina “handicappata” durante il Tg5. Poi le scuse

Cesara Buonamici Tg5

Durante la diretta delle ore 20 del Tg5 di martedì 2 settembre, la giornalista Cesara Buonamici si è scusata per avere utilizzato, nella puntata precedente, un’espressione oggi considerata offensiva e superata. L’episodio si riferisce al telegiornale andato in onda lunedì 1° settembre, quando, nel presentare un servizio, la conduttrice aveva detto: “Una storia che è finita bene. Questo triciclo, indispensabile per una bambina handicappata, è stato ritrovato. Sentite come”. La frase riguardava un triciclo ortopedico rubato a una bambina con difficoltà motorie, successivamente recuperato. Dopo aver compreso che l’espressione utilizzata non è più accettata nel linguaggio attuale, la giornalista ha precisato che non vi era alcuna intenzione denigratoria e ha presentato le proprie scuse al pubblico durante l’edizione successiva. L’uso del termine handicappato è oggi considerato discriminatorio perché tende a ridurre la persona alla sua condizione, trasformandola in un’etichetta e rischiando di alimentare stereotipi e pregiudizi. Negli ultimi anni, il dibattito sul linguaggio inclusivo ha portato istituzioni, associazioni e media a promuovere espressioni che pongano al centro la persona e non la sua difficoltà. Secondo le linee guida più recenti, e in accordo con la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, è preferibile utilizzare la formula “persona con disabilità”, che valorizza l’individuo e riconosce che la disabilità non è un limite assoluto, ma può derivare dall’interazione tra una condizione personale e le barriere fisiche o sociali che impediscono la piena partecipazione alla vita della collettività.

È morto Emilio Fede, simbolo del “giornale in diretta”: il “suo” Tg4 non lo celebra nei titoli

Emilio Fede al Tg4

Emilio Fede è morto. Aveva 94 anni. La notizia del decesso, arrivata intorno alle 18.30, non ha trovato spazio di rilievo nel Tg4 che diresse dal 1992 al 2012. L’edizione delle 19 non ha dato alcun annuncio né nei titoli né in apertura, ma solo a telegiornale inoltrato. In conduzione, Stefania Cavallaro ha letto un breve e freddo comunicato accompagnato da poche immagini di repertorio. Nel corso della sua lunga carriera, iniziata negli anni Sessanta in Rai come inviato di guerra, Emilio Fede divenne uno dei volti più riconoscibili della televisione italiana. Dopo aver diretto il Tg1, fu chiamato da Silvio Berlusconi a guidare il Tg4 su Fininvest. Rimase al vertice del telegiornale per vent’anni, segnando un’epoca del piccolo schermo. “Sono il direttore più criticato, ma anche il più guardato”, aveva dichiarato in passato. I suoi editoriali, le pause studiate e il tono enfatico resero il suo stile unico e inconfondibile. Il Tg4 diretto da Fede rappresentò per vent’anni un punto di riferimento per una parte del pubblico, diventando uno dei simboli del giornalismo televisivo dell’epoca. Secondo quanto riportato da Primaonline, la scomparsa di Emilio Fede offre l’occasione per riflettere sull’evoluzione del giornalismo televisivo e sul ruolo dei conduttori. Fede fu il primo direttore a “fare il giornale in diretta”, adattando ritmo e linguaggio al flusso delle notizie e superando la rigidità dei tg tradizionali, soprattutto quelli Rai. Insieme a Mentana, mostrò come un telegiornale potesse cambiare velocità e direzione seguendo l’attualità, trasformando il conduttore in protagonista della narrazione. Introdusse inoltre il marketing giornalistico, instaurando un dialogo diretto e provocatorio con il pubblico. Oggi il suo modello andrebbe arricchito da un linguaggio ipertestuale, capace di integrare fonti, link e percorsi online per consentire agli spettatori di costruire un tg personalizzato. La sua carriera subì un brusco arresto nel 2012, quando lasciò Mediaset dopo il coinvolgimento nell’inchiesta Ruby. In quell’occasione aveva commentato: “Sono caduto, ma non ho mai smesso di essere Emilio Fede”.

Gian Marco Chiocci lascia il Tg1, sarà portavoce di Giorgia Meloni dal 15 settembre

Chiocci e Meloni

Il direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci diventerà il nuovo portavoce della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La notizia è stata diffusa oggi da Il Foglio e trova conferme sia a Palazzo Chigi sia all’interno della Rai. L’ingresso di Chiocci nello staff della premier dovrebbe avvenire dal 15 settembre, ma non si esclude un’accelerazione dei tempi. La decisione arriva dopo settimane di valutazioni e di incontri riservati per definire il futuro della comunicazione istituzionale della presidente del Consiglio. Tuttavia, in una dichiarazione all’Adnkronos, Chiocci ha precisato: “Io portavoce di Meloni? Allo stato non c’è nulla, informerei prima l’azienda”. Secondo fonti vicine alla maggioranza, la scelta di Meloni nasce dall’esigenza di rafforzare la strategia comunicativa del governo in vista dei prossimi appuntamenti politici. L’autunno porterà infatti un calendario fitto, con la tornata elettorale delle regionali e diversi dossier aperti sul fronte internazionale. Chiocci, considerato figura di massima fiducia della premier, è ritenuto un professionista capace di gestire scenari complessi e media nazionali e internazionali. L’ipotesi di un passaggio a Palazzo Chigi circolava da tempo, ma fino a pochi giorni fa Meloni valutava con cautela l’operazione. Non per motivi professionali, poiché tra i due c’è un rapporto consolidato e di reciproca stima, ma per la necessità di individuare un nuovo direttore del Tg1 che possa garantire continuità alla principale testata giornalistica della Rai. Il “casting” per la direzione è già iniziato e il cambio è considerato imminente. Chiocci, nato a Gubbio, ha una lunga carriera da cronista e direttore. Ha lavorato per anni al Giornale, dove firmò lo scoop sulla casa di Montecarlo di Gianfranco Fini nel 2010. Ha diretto Il Tempo e Adnkronos prima di approdare al Tg1 nel maggio 2023. Durante il suo mandato alla guida del telegiornale, ha realizzato interviste e inchieste che hanno segnato passaggi delicati per l’informazione, come il colloquio televisivo con Gennaro Sangiuliano, che portò a conseguenze politiche rilevanti. Tuttavia, il periodo è stato segnato anche da tensioni interne, culminate con il sorpasso del Tg5 nell’edizione serale del 28 agosto. Accanto a Chiocci resterà Fabrizio Alfano, attuale capo ufficio stampa di Palazzo Chigi, che continuerà a seguire la gestione dei rapporti con la stampa italiana e internazionale. Alfano, con un passato all’Agi e come portavoce di Gianfranco Fini alla presidenza della Camera, ha già coordinato la comunicazione di Meloni negli ultimi due anni e continuerà a farlo. (In foto, la premier Meloni e Gian Marco Chiocci)

Tg1, allarme ascolti. Natale (Rai): “Serve una svolta nei contenuti e nel linguaggio”

Roberto Natale (Rai)

“Chi ha a cuore la tenuta del servizio pubblico non può sottovalutare il segnale di allarme che viene dagli ascolti del Tg1. A differenza dell’estate scorsa, la crisi non può nemmeno essere addebitata a problemi di traino, dati i buoni risultati conseguiti quest’anno da Reazione a Catena. L’analisi va puntata su contenuti e linguaggi del tg, senza guardare altrove”. Lo afferma, come riportato dall’agenzia Ansa venerdì 29 agosto 2025, il consigliere di amministrazione Rai Roberto Natale. “Un esame – prosegue Natale – che si fa sempre più urgente, come urgente è una riflessione sul complesso dell’offerta informativa Rai: anche in questa stagione, tranne lodevoli eccezioni, troppi sono stati gli spazi che altre emittenti hanno occupato – conclude – senza trovare concorrenza”.