Premio Cronista 2024 a Michele Varì per il progetto Miché

Il Consiglio Direttivo del Gruppo Cronisti Liguri ha assegnato i prestigiosi premi per l’attività giornalistica dell’anno, celebrando tre professionisti che si sono distinti per dedizione, capacità narrativa e innovazione. Michele Varì, storico cronista del Corriere Mercantile, ha conquistato il Premio Cronista 2024. Varì è stato premiato per la sua serie televisiva Miché, un progetto che dà voce a persone emarginate, spesso coinvolte in vicende di cronaca o situazioni di disagio sociale. Miché è oggi una delle trasmissioni più seguite dell’emittente ligure Primocanale. L’Associazione Ligure dei Giornalisti, nel riconoscere il suo impegno, lo ha descritto come “sempre sul pezzo”, elogiando la sua sensibilità nel trattare storie umane complesse. Accanto a lui, Erica Manna, cronista de La Repubblica, ha ricevuto il secondo riconoscimento per la sua capacità di raccontare, con precisione e umanità, storie che parlano di ultimi, migranti e disagiati. Già vincitrice del premio nazionale Scarlata di Palermo per i suoi reportage sul crollo del Ponte Morandi, Manna continua a distinguersi come una voce autorevole nel panorama giornalistico nazionale. Il terzo premiato è Fabio Canessa, giovane reporter del quotidiano online Genova24. Canessa si è fatto notare per il suo approccio innovativo, utilizzando nuove tecnologie e linguaggi per raccontare la cronaca, sia nera che bianca, con uno stile fresco e diretto. Infine, il premio “Rapporti con la stampa” è stato assegnato a Paola Zappavigna, dirigente della Polizia Stradale. Zappavigna è stata lodata per la sua comunicazione tempestiva e puntuale nei confronti dei cronisti liguri, un elemento essenziale per garantire un’informazione trasparente e accurata. I riconoscimenti saranno consegnati oggi, giovedì 12 dicembre, alle 11.30, nella suggestiva sala dell’area archeologica dei Giardini Luzzati, durante un evento che prevede anche la proiezione del video-documentario Cronaca di un anno di Cronaca 2024, un racconto dei fatti più significativi dell’anno appena trascorso.
Il nuovo Codice: regole aggiornate dal giugno 2025

Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha approvato all’unanimità il nuovo Codice deontologico delle giornaliste e dei giornalisti, che andrà a sostituire l’attuale Testo Unico dei doveri del giornalista. Questo nuovo documento rappresenta il frutto di un lavoro complesso e condiviso con enti, sindacati e associazioni che hanno collaborato con l’Ordine nel corso degli anni. Il nuovo Codice deontologico, che entrerà in vigore il 1° giugno 2025, è stato sviluppato grazie al lavoro della commissione giuridica presieduta da Enrico Romagnoli. Il processo ha richiesto un lungo periodo di confronto con enti e istituzioni di riferimento. Il risultato è un documento sintetico e molto più agile, che raccoglie e semplifica le regole essenziali che i giornalisti dovranno rispettare. Questo aggiornamento rappresenta una vera e propria innovazione nel quadro storico della deontologia giornalistica. Tra le principali novità introdotte dal nuovo Codice figurano le regole relative all’uso dell’Intelligenza artificiale, tema sempre più attuale e rilevante nel mondo della comunicazione. Questo passo avanti permette di disciplinare l’uso delle tecnologie emergenti, assicurando un approccio responsabile e corretto nei confronti dell’informazione e dei cittadini. Le carte deontologiche già esistenti, che hanno storicamente delineato i principi etici della professione, continueranno a fungere da cornice al nuovo Codice, offrendo approfondimenti utili per l’operato quotidiano dei giornalisti. Fino al 31 maggio 2025 resterà in vigore l’attuale Testo unico della deontologia. Il nuovo Codice entrerà in vigore il 1° giugno 2025, dando così tempo ai professionisti dell’informazione di adeguarsi alle nuove regole.
Menzioni di guerra nei TG: TgCom24 in testa con 990

Mentre il Natale si avvicina, la pace sembra lontana dal panorama globale. Secondo il monitoraggio di Mediamonitor.it, piattaforma basata sulle tecnologie di Cedat 85, negli ultimi 30 giorni il termine “guerra” è stato citato 13.839 volte su radio e tv italiane, una media di una citazione ogni 3 minuti. L’analisi copre il periodo tra il 9 novembre e il 9 dicembre. Israele-Palestina e Ucraina dominano l’informazione I conflitti principali che catturano l’attenzione dei media italiani restano la guerra tra Russia e Ucraina e il conflitto in Palestina. La guerra in Ucraina, scoppiata quasi tre anni fa, ha ottenuto 4.374 citazioni, superando di poco il conflitto israelo-palestinese con 4.028 menzioni. Nonostante l’impegno di Joe Biden nel sostenere la difesa di Kiev, autorizzando anche la fornitura di mine antiuomo, il presidente americano ha totalizzato solo 563 citazioni. Molto più presente sui media è il rivale Donald Trump: con 1.521 menzioni, il tycoon supera non solo Biden, ma anche Volodymyr Zelensky (713) e il leader israeliano Benjamin Netanyahu (934). Al centro del dibattito c’è anche Vladimir Putin, citato 1.303 volte. Focus sulla Siria: 3.085 citazioni dopo Aleppo Dal 27 novembre, giorno in cui il gruppo islamista al-Sham ha preso il controllo di Aleppo, il conflitto siriano ha attirato maggiore attenzione. Mediamonitor.it ha registrato 3.085 citazioni per la guerra civile in Siria, contro le 1.717 relative alla guerra in Ucraina nello stesso periodo. I media italiani si sono concentrati su Bashar al-Assad (2.332 menzioni), sulla caduta di Damasco in mano ai jihadisti tra il 7 e l’8 dicembre (2.202 citazioni) e sulla città di Aleppo, epicentro della nuova offensiva ribelle (1.708 menzioni). Allnews: TgCom24 al primo posto per copertura Analizzando i canali allnews come TgCom24, RaiNews24 e SkyTg24, emerge una copertura intensa dei conflitti. TgCom24 è il più attivo con 990 citazioni, seguito da RaiNews24 (947) e SkyTg24 (936). Tuttavia, RaiNews24 si distingue per aver dedicato maggiore spazio a: Israele-Palestina: 653 citazioni (contro 509 di SkyTg24 e 442 di TgCom24). Russia-Ucraina: 591 menzioni (contro 553 e 477). Siria: 304 citazioni (contro 296 e 285).
IFJ: 104 giornalisti uccisi e 520 incarcerati nel 2024

In occasione della Giornata internazionale dei diritti umani, la Federazione internazionale dei giornalisti (IFJ) ha lanciato un allarme globale: la situazione dei giornalisti resta drammatica. Nonostante un lieve calo dei morti rispetto al 2023, oltre 100 operatori dei media hanno perso la vita nel 2024, mentre cresce vertiginosamente il numero di giornalisti incarcerati. Secondo i dati diffusi dall’IFJ, aggiornati al 10 dicembre, sono 104 i reporter uccisi dall’inizio dell’anno. Sebbene inferiore rispetto ai 129 decessi registrati nel 2023, il bilancio resta tragico. Il segretario generale dell’IFJ, Anthony Bellanger, ha descritto il 2024 come “un anno particolarmente mortale“, puntando il dito contro il conflitto in Palestina, dove hanno perso la vita 55 giornalisti palestinesi. “Dal 7 ottobre 2023, il numero di professionisti dei media palestinesi uccisi ha raggiunto quota 138, rendendo la regione una delle più pericolose nella storia del giornalismo moderno“, ha dichiarato Bellanger. Aree più pericolose per i giornalisti Oltre al Medio Oriente, altre regioni emergono come luoghi ad alto rischio per i giornalisti. L’area Asia-Pacifico si colloca al secondo posto con 20 morti, distribuiti tra Pakistan (6), Bangladesh (5), India (3) e Myanmar/Birmania (3). Indonesia e Kazakistan registrano un decesso ciascuno. In Europa, la guerra in Ucraina ha provocato 4 morti nel 2024, un numero stabile rispetto all’anno precedente ma drasticamente ridotto rispetto ai 13 decessi del 2022. L’Africa conta 8 giornalisti uccisi: il Sudan spicca con 5 morti, seguito da Somalia (2) e Ciad (1). Nonostante un lieve calo, la situazione resta critica. Anche in America Latina si registra una diminuzione. Da regione altamente pericolosa prima della guerra a Gaza, nel 2024 si segnalano 6 decessi, invariati rispetto al 2023 ma significativamente inferiori ai 30 del 2022. Tra le vittime si contano 5 giornalisti messicani e 1 colombiano. Il record negativo dei giornalisti incarcerati Accanto ai dati sulle morti, l’IFJ evidenzia un dato altrettanto allarmante: il numero di giornalisti incarcerati nel mondo ha raggiunto livelli record. Al 10 dicembre 2024, sono 520 i professionisti dei media detenuti, contro i 427 del 2023 e i 375 del 2022. La Cina, inclusa Hong Kong, si conferma “la più grande prigione al mondo per giornalisti”, con 135 detenuti. Questo dato sottolinea le sfide enormi che la libertà di stampa affronta in un contesto globale segnato dall’ascesa di regimi autoritari. Appello dell’IFJ per una maggiore protezione Durante la celebrazione della Giornata internazionale dei diritti umani, l’IFJ ha ribadito la necessità di misure concrete per proteggere i giornalisti. “Queste cifre dimostrano quanto sia fragile la libertà di stampa“, ha affermato Anthony Bellanger, sollecitando le Nazioni Unite ad adottare una convenzione vincolante sulla sicurezza dei giornalisti. La richiesta è chiara: garantire protezione e giustizia per chi rischia la vita per informare il pubblico.
Accordo salva-lavoro: niente licenziamenti alla Gazzetta

Il Comitato di Redazione (Cdr) della Gazzetta del Mezzogiorno ha firmato, presso la sede Sepac della Regione Puglia, un accordo con Edime, società editrice del giornale. L’intesa permette il proseguimento della cassa integrazione in deroga per 11 giornalisti coinvolti nella procedura di licenziamento collettivo regolata dalla legge 223. Grazie a questo nuovo accordo, per il secondo anno consecutivo, è stato evitato il licenziamento di collaboratori e giornalisti appartenenti alle redazioni provinciali, chiuse dall’editore il 1° gennaio 2024. Questo risultato giunge al termine di una lunga vertenza iniziata nel 2023: il bilancio dei licenziamenti, originariamente fissato a 46 unità nel piano industriale, oggi è pari a zero. Il risultato è stato reso possibile dagli accordi raggiunti con Assostampa Puglia e Fnsi nel dicembre 2023, che hanno evitato una “macelleria sociale” nelle regioni Puglia e Basilicata. Nessun giornalista è rimasto senza lavoro, nonostante le difficoltà attraversate da un giornale che ha conosciuto il fallimento nel 2020 e la rinascita nel 2022. Oggi, nel 2024, grazie anche all’aumento delle vendite, la Gazzetta del Mezzogiorno è tornata ad essere un giornale competitivo e solido. Il nuovo accordo ha portato al ritiro definitivo della procedura di licenziamento, grazie all’impegno e alla responsabilità del Cdr, unico firmatario. La richiesta di applicare la cassa integrazione a rotazione su tutti i giornalisti della redazione centrale è stata più volte presentata dal Cdr, ma sempre respinta dall’azienda. Nonostante le difficoltà, i giornalisti rimasti in servizio presso la redazione di Bari hanno lavorato con dedizione, mantenendo alta la qualità dell’informazione e il prestigio della testata nelle due regioni. Il percorso della Gazzetta del Mezzogiorno negli ultimi anni rappresenta uno dei capitoli più difficili della sua storia: dal fallimento alla chiusura delle pubblicazioni, fino alla rinascita. Questi sacrifici, sia da parte di chi è rimasto che di chi ha dovuto lasciare, dimostrano che il giornale ha saputo attraversare un momento storico drammatico, mantenendo viva la sua missione editoriale. Oggi, la Gazzetta è un giornale vivo, autorevole e competitivo. Grazie al lavoro di tutti i suoi dipendenti, il quotidiano guarda con fiducia al futuro, mantenendo il suo ruolo di riferimento nel panorama informativo della Puglia e della Basilicata.
New York Times: Horowitz a Madrid, Motoko Rich guida Roma

Dopo sette anni come corrispondente a Roma, il giornalista Jason Horowitz lascia l’Italia per assumere il ruolo di capo dell’ufficio di Madrid per il New York Times. A succedergli nella capitale italiana sarà Motoko Rich, attuale capo dell’ufficio di Tokyo, con alle spalle una carriera di oltre vent’anni nel prestigioso quotidiano statunitense. Il cambio di sede, annunciato dal NYT attraverso una nota ufficiale, segna un avvicendamento significativo per la copertura internazionale dell’Europa e, in particolare, dell’Italia. Horowitz, noto per la sua abilità nel raccontare storie con profondità e umanità, ha lasciato un segno importante con reportage che spaziano dalla politica ai costumi, dalla cultura alle sfide sociali del Paese. Celebri i suoi articoli su Silvio Berlusconi, Papa Francesco e su personalità contemporanee come Giorgia Meloni, di cui ha svelato le ispirazioni letterarie tratte da Il Signore degli Anelli. Durante la pandemia, la sua copertura dell’emergenza Covid ha contribuito a rendere il New York Times finalista al Premio Pulitzer nel 2021. Motoko Rich, 54 anni, è una giornalista affermata e rispettata, con un passato al Financial Times e al Wall Street Journal. Da capo dell’ufficio di Tokyo dal 2016, ha offerto una copertura variegata e innovativa su eventi cruciali come l’abdicazione dell’imperatore del Giappone, le Olimpiadi di Tokyo e Pyeongchang, e i vertici USA-Corea del Nord a Singapore e Hanoi. I suoi reportage sono stati spesso premiati, inclusa la menzione per il Bob Considine Award nel 2017 grazie alla copertura del programma nucleare della Corea del Nord. Andy Parsons, editor del desk Asia, ha dichiarato: “Motoko è una delle nostre corrispondenti più rispettate. Con il suo impegno e la sua perspicacia, la copertura dell’Italia è in ottime mani”. Motoko Rich porta a Roma una lunga esperienza maturata in contesti globali, spaziando tra temi economici, culturali e politici. Cresciuta tra New Jersey, Tokyo e la California, ha dimostrato nel corso della sua carriera un approccio rigoroso e creativo al giornalismo. (In foto, Motoko Rich)
Tweet contro la destra: RSI licenzia Paola Nurnberg

La giornalista Paola Nurnberg, collaboratrice della Radiotelevisione Svizzera (RSI), è stata licenziata dopo la pubblicazione di un tweet sul suo profilo X il 24 settembre 2024. Secondo quanto riportato da Ticino Online, il contenuto del post, critico nei confronti della destra, sarebbe stato la causa ufficiale dell’allontanamento. Nel tweet incriminato, Nurnberg ha scritto: “Il pensiero della destra (non solo in Italia) attecchisce perché non è elaborato. È semplice, è di pancia, fa credere alla gente di essere nel giusto e di non avere pregiudizi. Concima, insomma, l’ignoranza. Sta alle singole persone scegliere se evolvere, emanciparsi, oppure no”. Parole che hanno suscitato polemiche e che, secondo l’emittente, avrebbero violato le linee guida aziendali che regolano la condotta sui social network dei dipendenti. La RSI, tuttavia, non ha fornito dettagli, limitandosi a dichiarare: “Esistono linee guida interne che devono essere rispettate da tutti i dipendenti della SRG SSR”. La vicenda è stata fortemente criticata dal sindacato Unia, che parla di licenziamento sproporzionato e annuncia una vertenza legale per licenziamento abusivo. Matteo Poretti, sindacalista di Unia, ha dichiarato: “Nemmeno un richiamo. Ha sbagliato? Certo, non doveva scriverlo. Ma da qui a licenziarla. A questo punto bisognerebbe licenziare metà del personale della RSI”. Poretti, con vent’anni di esperienza sindacale, ha definito il provvedimento senza precedenti: “Una cosa del genere non mi era mai capitata”. Il sindacato ha promesso battaglia legale e non esclude altre azioni di denuncia contro l’azienda. Oltre al tweet, emerge una seconda ipotesi avanzata dallo stesso sindacato: il licenziamento potrebbe essere legato alla denuncia di molestie presentata da Paola Nurnberg nel 2020. La giornalista, infatti, aveva segnalato episodi di molestie all’interno della RSI, accuse che furono accertate, ma seguite da un chiaro isolamento professionale. Nurnberg venne infatti spostata dalla televisione alla radio, perdendo visibilità come volto noto dell’emittente. Secondo Poretti, questo contesto getta un’ombra sulla reale motivazione del licenziamento: “È possibile che ci siano stati attriti venutisi a creare dopo la conferma che Paola è stata vittima di molestie”. Paola Nurnberg ha ammesso di aver sbagliato modi e tempi nell’esprimere quel concetto sui social, ma ha sottolineato di non aver avuto modo di rimediare: “Le direttive erano chiare e io ho scelto certamente il modo e il tempo sbagliati per esprimere quel concetto, ma non mi è stata data la possibilità di riparare. Dopo la mail in cui mi si convocava a causa di questo post ho risposto immediatamente chiedendo cosa potessi fare. Non mi è stato più detto nulla”. Sul possibile legame tra la denuncia di molestie e il licenziamento, la giornalista ha detto chiaramente: “Se ne discuterà nelle sedi opportune. Certo è che dopo la denuncia, smisi di essere un volto della televisione per diventare una voce. Mi spostarono, semplicemente”. (in foto, Paola Nurnberg mentre conduce il tg RSI)
Chiudono le TV universitarie Cusano Italia TV e Cusano News 7

Cusano Italia TV e Cusano News 7, le emittenti televisive dell’Università Niccolò Cusano, chiuderanno i battenti. Il palinsesto delle due reti “sarà completamente interrotto dopo 5 anni dalla prima messa in onda”. A dare l’annuncio è stata la stessa Università, specificando che oltre 250 professionalità impiegate nel progetto saranno messe in mobilità e resteranno “inesorabilmente senza lavoro”. Un commento amaro arriva dall’amministratore delegato, Stefano Bandecchi: “Vanno a fare gli agricoltori”. La decisione è stata presa a seguito delle vicende che hanno coinvolto l’Ateneo e che hanno portato la magistratura a considerare le attività televisive come non attinenti allo scopo istituzionale della Terza Missione universitaria. Le reti televisive di Unicusano rappresentavano un modello unico nel panorama nazionale ed europeo, configurandosi come un importante spin off universitario. La chiusura pone fine all’unica opportunità di formazione professionale nell’ambito della comunicazione televisiva offerta agli studenti delle facoltà di Lettere, Scienze della Comunicazione e Filosofia. In un’intervista all’Ansa, Bandecchi ha spiegato la situazione finanziaria alla base della decisione: “Dopo otto mesi avevamo trovato un accordo con l’Agenzia delle Entrate del Lazio per 12,5 milioni di euro. Tuttavia, la magistratura e la Guardia di Finanza hanno avuto un’opinione diversa, bloccando l’accordo”. Bandecchi ha chiarito che, secondo le indicazioni giudiziarie, sarebbe stato necessario separare le attività televisive da quelle universitarie. Il risultato? “Intanto 250 persone vanno a fare gli agricoltori”, ha aggiunto con ironia Bandecchi, facendo riferimento alla gravità della situazione occupazionale. “Quando l’operazione sarà conclusa, spariranno parecchie professionalità”. Un’analoga controversia giudiziaria, risalente al 2009, è stata risolta solo la scorsa settimana, a distanza di 15 anni. Concludendo, l’amministratore delegato ha criticato la lentezza e le dinamiche del sistema: “Se questo è il modo in cui vanno le cose in questo Paese… siamo messi bene”. (in copertina, l’AD Stefano Bandecchi)
The Guardian vende The Observer a Tortoise Media

La storica collaborazione tra il The Guardian e il The Observer giunge al termine con la cessione del celebre domenicale a Tortoise Media, una giovane realtà del giornalismo digitale. L’annuncio, avvenuto pochi giorni dopo uno sciopero di due giorni dei giornalisti del Guardian Media Group (GMG), ha sollevato accese polemiche sul futuro della testata e sulla direzione del gruppo editoriale. La vendita prevede che lo Scott Trust, proprietario del The Guardian, diventi uno dei principali azionisti di Tortoise Media grazie a un investimento di 25 milioni di sterline destinati a progetti per il rilancio del The Observer nei prossimi cinque anni. Come parte dell’accordo, lo Scott Trust avrà un posto nel consiglio di amministrazione di Tortoise, presieduto da Matthew Barzun, ex ambasciatore degli Stati Uniti nel Regno Unito. Fondato nel 1791, il The Observer è il più antico quotidiano domenicale del mondo. Questa è la prima volta che cambia proprietà dal 1993, quando venne acquistato dal GMG. La vendita segna una svolta storica per il panorama mediatico britannico e per lo stesso Observer, che dovrà affrontare un profondo processo di trasformazione sotto la guida di Tortoise Media. La decisione di vendere il The Observer è stata fortemente contestata dai giornalisti del GMG, che hanno indetto uno sciopero il 4 e 5 dicembre, la prima protesta di questo genere in oltre 50 anni. Il sindacato dei giornalisti britannici, National Union of Journalists (NUJ), ha definito la vendita un “tradimento” della missione dello Scott Trust di proteggere l’indipendenza editoriale del gruppo. Secondo il NUJ, la cessione del settimanale a un’azienda così giovane e digitale come Tortoise Media potrebbe mettere a rischio la sua tradizione giornalistica e il suo impegno verso il giornalismo progressista. Tuttavia, Tortoise ha dichiarato di voler onorare l’eredità del The Observer, garantendo il rispetto dei termini contrattuali esistenti per i dipendenti e offrendo la possibilità di licenziamenti volontari con incentivi migliorati. James Harding, co-fondatore di Tortoise Media ed ex direttore della BBC, si è detto “onorato ed entusiasta” della sfida di rinnovare il The Observer. La testata verrà rilanciata con l’obiettivo di amplificarne la voce progressista e di adattarla alle nuove esigenze del giornalismo digitale. Nonostante le rassicurazioni, molti osservatori si interrogano sulla sostenibilità del progetto e sul destino di una delle testate più iconiche del Regno Unito. Alcuni potenziali acquirenti rivali, tra cui l’imprenditore ecologista Dale Vince, avevano espresso interesse per il The Observer, ma l’accordo con Tortoise sembra ormai definitivo e verrà formalizzato nei prossimi giorni.
L’agenzia SWNS si espande negli Stati Uniti

South West News Service (SWNS), una delle principali agenzie di stampa del Regno Unito, conosciuta per rifornire giornali come The Sun e Mail Online con contenuti originali, annuncia la sua espansione negli Stati Uniti. Questa mossa strategica mira a offrire ai media statunitensi un feed di notizie digitali di alta qualità, unendo contenuti verificati, immagini e video pronti per la pubblicazione. Fondata 50 anni fa a Bristol, nel sud-ovest dell’Inghilterra, SWNS è cresciuta da un format locale di copertura regionale a una vera e propria operazione globale di raccolta di notizie. Con un team di 50 reporter, fotografi, videografi e redattori, l’agenzia è diventata un punto di riferimento per il giornalismo britannico. La sua reputazione è stata recentemente celebrata in occasione dell’anniversario a Londra, dove Tony Gallagher, direttore del Times, ha definito SWNS “un pilastro dei quotidiani nazionali”. SWNS non si limita a fornire contenuti standard. La sua forza risiede nella capacità di scoprire e creare storie uniche che risuonano con il pubblico. Le sue offerte coprono una vasta gamma di argomenti: interesse umano, crimine, scienza, animali, viaggi, salute e reali, tra gli altri. Inoltre, l’agenzia ha integrato i contenuti generati dagli utenti e i video virali nel suo modello operativo, garantendo sempre che tutto sia verificato e autorizzato. “I nostri clienti attribuiscono un valore enorme al fatto che tutto ciò che distribuiamo è creato da zero da un giornalista, controllato, verificato e completamente autorizzato”, ha dichiarato Laura Elvin, responsabile delle notizie di SWNS e figura chiave dell’espansione negli USA. “Non ci limitiamo a concedere in licenza video o a copiare materiale dai social: produciamo storie completamente elaborate, pronte per la pubblicazione e verificate, parlando direttamente alle persone al centro della narrazione”. L’espansione negli Stati Uniti porta con sé nuove opportunità per gli editori americani, spesso alla ricerca di contenuti accattivanti e immediatamente utilizzabili in un contesto digitale competitivo. SWNS punta a riempire il vuoto creato dalle crescenti pressioni economiche sulle redazioni. Il servizio offre: Accesso 24/7 a una piattaforma di notizie in tempo reale. Storie originali create da giornalisti esperti. Avvisi sulle ultime notizie e liste di aggiornamenti mattutini e pomeridiani. Storie esclusive e personalizzate, disponibili anche tramite il servizio di commissione. Archivio vasto di contenuti pronti all’uso. SWNS adotta modelli di partnership versatili, dalla vendita diretta alla condivisione dei ricavi, per adattarsi alle esigenze dei clienti. Inoltre, l’agenzia offre un hub digitale che consente agli editori di scaricare facilmente storie e risorse, con la possibilità di integrazioni tecniche avanzate. Il direttore commerciale di SWNS, Anderson Morgan, ha sottolineato che l’agenzia, forte del successo nel Regno Unito, punta a replicare questa crescita negli Stati Uniti, rispondendo alla crescente domanda di contenuti sicuri e coinvolgenti. Ha evidenziato il forte interesse del pubblico americano per le storie avvincenti di SWNS, definendo questo mercato un’opportunità con un grande potenziale ancora da esplorare.