Trump vola in Medio Oriente senza stampa a bordo

Donald Trump sale a bordo dell'Air Force One

L’Associazione dei corrispondenti della Casa Bianca ha espresso profonda preoccupazione per la decisione dell’amministrazione Trump di impedire ai giornalisti di viaggiare con il presidente a bordo dell’Air Force One durante la sua missione in Medio Oriente. La partenza è avvenuta senza alcun membro della stampa a bordo, contrariamente alla prassi consolidata in cui un gruppo selezionato di giornalisti accompagna il capo di Stato nei viaggi ufficiali. All’interno dell’aereo presidenziale non erano presenti rappresentanti di testate di rilievo internazionale come Associated Press, Bloomberg e Reuters. Tradizionalmente, questi reporter hanno il compito di garantire una copertura tempestiva e imparziale degli spostamenti e delle dichiarazioni del presidente, fornendo aggiornamenti accessibili a milioni di cittadini attraverso testate in tutto il mondo. In una nota ufficiale, l’Associazione dei corrispondenti ha dichiarato che questa esclusione rappresenta un “danno per ogni americano che merita di sapere cosa sta facendo il suo leader eletto, il più rapidamente possibile”. La mancanza di copertura diretta da parte di giornalisti indipendenti solleva interrogativi sul rispetto dei principi di trasparenza e sull’accesso equo all’informazione riguardo alle attività presidenziali. L’episodio si inserisce in un contesto di tensioni prolungate tra la Casa Bianca e alcune testate giornalistiche. In precedenza, l’Associated Press era stata esclusa dalla copertura di eventi minori dopo essersi rifiutata di adottare la denominazione “Golfo d’America” al posto di “Golfo del Messico”, come richiesto in un ordine esecutivo firmato dal presidente Trump. La disputa legale che ne è seguita ha portato l’amministrazione ad adottare una nuova politica sui media, introducendo una rotazione tra giornalisti delle agenzie e della stampa scritta per l’accesso a eventi presidenziali a bordo dell’Air Force One e nello Studio Ovale. Nel contesto di questa rotazione, un giornalista di Reuters era stato autorizzato ad accompagnare il presidente in occasione del funerale di Papa Francesco. Tuttavia, il viaggio in Medio Oriente ha segnato un cambio di rotta, con l’esclusione totale dei reporter. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, non ha risposto alle richieste di commento inviate dai media. (In foto, Trump mentre sale a bordo dell’Air Force One. @AP Photo/Manuel Balce Ceneta)

Papa Leone XIV: i giornalisti siano “operatori di pace” e responsabili nell’uso dell’AI

Papa Leone XIV ai media

Papa Prevost ha incontrato questa mattina, alle ore 11 nell’Aula Paolo VI, i rappresentanti dei media internazionali, in occasione del primo appuntamento ufficiale con la stampa mondiale dopo la sua elezione. L’incontro, nel solco del dialogo avviato da Papa Francesco, ha visto il Pontefice rivolgersi ai giornalisti con un discorso centrato sul ruolo etico dell’informazione, la responsabilità della comunicazione nei contesti di crisi e il valore della libertà di stampa. Rivolgendosi ai presenti con un saluto formale, Papa Prevost ha sottolineato che il tempo attuale rappresenta per la Chiesa un “tempo di Grazia”, richiamando poi le parole del Vangelo: “Beati gli operatori di pace”. Il Pontefice ha evidenziato come questa esortazione interpelli direttamente il mondo dell’informazione, chiamato a rifiutare logiche di conflitto, linguaggi divisivi e modelli comunicativi improntati alla competizione. Ha esortato a una comunicazione che non separi la ricerca della verità dal rispetto per le persone, chiedendo di respingere il paradigma della guerra comunicativa. Nel passaggio centrale del discorso, Papa Prevost ha rivolto un appello alla liberazione dei giornalisti detenuti per aver cercato di raccontare fatti e conflitti, affermando che la libertà di stampa è un diritto fondamentale che permette ai popoli di compiere scelte consapevoli. Ha definito tali operatori “testimoni” e ha ricordato il contributo di quanti documentano la guerra anche a costo della propria incolumità. Il Pontefice ha poi espresso gratitudine alla stampa per la copertura dei recenti eventi ecclesiali, tra cui i riti della Settimana Santa, la morte di Papa Francesco e i giorni del Conclave, sottolineando il loro impegno nel raccontare la varietà e l’unità della Chiesa. Ha ringraziato i giornalisti per aver superato cliché e stereotipi nella narrazione della vita ecclesiale. Ampio spazio è stato dedicato alla trasformazione digitale e al ruolo dell’intelligenza artificiale, definita una sfida che interpella l’intera società. Papa Prevost ha invitato a un uso responsabile degli strumenti tecnologici, affinché siano orientati al bene comune, promuovendo ambienti digitali inclusivi, capaci di generare dialogo e cultura. Citata anche la necessità di “disarmare la comunicazione” da odio, aggressività e pregiudizi, il Papa ha fatto eco al messaggio del suo predecessore per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, chiedendo un linguaggio sobrio e ascoltante, che sappia dare voce a chi non ne ha. Nel concludere il suo intervento, Papa Prevost ha ribadito l’importanza di una comunicazione di pace, in grado di raccontare con rigore sia i conflitti che le speranze, e ha esortato i giornalisti a continuare il proprio servizio alla verità con coraggio e consapevolezza. Il Pontefice ha infine impartito la sua benedizione ai presenti.

Elezione Ordine dei Giornalisti: Bartoli al secondo mandato, Caroprese vice

Bartoli e Caroprese

Carlo Bartoli è stato confermato presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti martedì 6 maggio 2025, durante la seduta di insediamento del nuovo Consiglio nazionale che si è svolta nella sede di via Sommacampagna a Roma. Bartoli ha ottenuto 47 voti su 60 consiglieri; 11 le schede bianche, mentre un voto è andato rispettivamente a Gianluca Amadori e Elena Golino. Il presidente, al suo secondo mandato, ha evidenziato come l’aumento del consenso rispetto alla precedente elezione – avvenuta con 33 voti – rappresenti un segnale di sostegno al percorso già intrapreso. Contestualmente è stato eletto il nuovo vicepresidente: Francesco Caroprese, che ha ricevuto 50 voti. Già vicepresidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Caroprese aveva già fatto parte del Consiglio nazionale tra il 2014 e il 2017. La sua elezione rafforza la continuità istituzionale all’interno dell’organismo di categoria. Sono stati inoltre confermati Paola Spadari nel ruolo di Segretaria generale, con 41 voti, e Gabriele Dossena in quello di tesoriere, con 46 voti. Entrambi già in carica, proseguiranno il loro incarico anche per il nuovo mandato, contribuendo alla stabilità della struttura operativa. Nel corso della stessa seduta, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha proceduto alla nomina del nuovo esecutivo, con la partecipazione di membri sia tra i professionisti che tra i pubblicisti. Per i primi sono stati confermati Gianluca Amadori e Andrea Ferro, già presenti nel precedente esecutivo, e si aggiunge il neo eletto Piero Ricci, ex presidente dell’Ordine dei giornalisti della Puglia. Per la componente dei pubblicisti sono stati confermati Giuseppe Murru e Cristina Deffeyes. Rinnovata anche la composizione del collegio dei revisori dei conti, dove sono stati confermati Giancarlo Ghirra, Antonella Monaco e Francesca Piccioli. (In foto, Bartoli e Caroprese – @odg.it)

Guerra, droga, attentati e diritti. Pulitzer 2025: trionfo per New York Times e Washington Post

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Lunedì 5 maggio 2025, la Columbia University ha annunciato i vincitori dei Premi Pulitzer: 4 RICONOSCIMENTI AL NEW YORK TIMES Il New York Times è stato premiato, con quattro riconoscimenti, per le sue inchieste sulla guerra civile in Sudan, sul ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan, sulla crisi degli oppioidi in collaborazione con il Baltimore Banner e per le fotografie scattate durante il tentato assassinio di Donald Trump in Pennsylvania. Il premio per il giornalismo internazionale è stato attribuito a Declan Walsh e allo staff del Times per la copertura del conflitto sudanese, che ha documentato il coinvolgimento degli Emirati Arabi Uniti e il bilancio crescente delle vittime. Nella categoria giornalismo esplicativo, Azam Ahmed, Christina Goldbaum e Matthieu Aikins sono stati premiati per un’inchiesta sulle sparizioni forzate da parte di un generale afghano sostenuto dalle forze statunitensi durante la ritirata americana. Il premio per il giornalismo locale è andato al team formato da Alissa Zhu, Nick Thieme e Jessica Gallagher, insieme alla redazione del Baltimore Banner, per un’indagine che ha evidenziato l’ampiezza della crisi del fentanyl a Baltimora, città diventata epicentro delle overdose negli Stati Uniti. Nella categoria fotografia dell’ultima ora, Doug Mills del New York Times ha ricevuto il riconoscimento per le immagini scattate al comizio di Butler, in Pennsylvania, durante l’attentato fallito a Trump, tra cui una fotografia che mostra il passaggio di un proiettile WASHINGTON POST: CRONACA IN DIRETTA Il Washington Post si è aggiudicato il Premio Pulitzer 2025 per il giornalismo d’informazione grazie alla sua copertura tempestiva e approfondita del tentativo di assassinare Donald Trump, avvenuto il 13 luglio 2024 durante un comizio elettorale a Butler, Pennsylvania. L’attacco si è consumato in pochi secondi, mentre l’ex presidente parlava sul palco: colpi di arma da fuoco hanno ferito Trump all’orecchio, scatenando il panico tra la folla. Gli agenti dei Servizi Segreti lo hanno subito portato al riparo, mentre le prime notizie cominciavano a rimbalzare online. Alle 18:21, il Post ha pubblicato il primo aggiornamento in tempo reale, seguito da un avviso push mobile, un banner in homepage, e alle 18:44 le prime immagini scioccanti del fotoreporter Jabin Botsford, che ritraevano Trump col volto insanguinato. Alle 18:51, il giornale ha riferito che Trump era in salvo, secondo fonti ufficiali. Il lavoro del team del Post è stato fulmineo ma anche meticoloso. Botsford, presente a pochi metri dal palco, ha continuato a scattare foto e a filmare la scena con occhiali Ray-Ban Meta. Contemporaneamente, il giornalista Isaac Arnsdorf inviava aggiornamenti dalla postazione stampa, arricchendo la copertura live. Alle 21:18, appena tre ore dopo l’attacco, il Post ha pubblicato un dettagliato resoconto firmato Arnsdorf e Botsford, che ha superato per vividezza e precisione quello di molte testate concorrenti. Nei giorni successivi, il Post ha approfondito l’evento con un’inchiesta visiva e forense. Tre giorni dopo, ha rivelato che Thomas Matthew Crooks, l’attentatore, era riuscito a eludere i cecchini salendo su un tetto la cui inclinazione e vegetazione circostante ne avevano nascosto la visuale. Il team del Post ha ricostruito digitalmente la scena in 3D, utilizzando immagini satellitari e dati lidar dell’US Geological Survey per ottenere misure precise di edifici e pendenze. In un’altra inchiesta, il Post ha analizzato l’audio della sparatoria, identificando dieci colpi in 16 secondi. Gli otto colpi iniziali sono stati attribuiti a Crooks. Gli ultimi due, distinti per firma acustica, provenivano da fonti diverse: il decimo da un cecchino dei Servizi Segreti, il nono da un agente delle forze dell’ordine locali, che ha probabilmente interrotto l’azione dell’attentatore prima che questi venisse ucciso. Un altro riconoscimento è andato a Ann Telnaes, ex vignettista del Washington Post, è stata premiata per il giornalismo illustrato, dopo essersi dimessa dal giornale in seguito alla censura di una vignetta sul proprietario Jeff Bezos. GLI ALTRI VINCITORI ProPublica ha ricevuto il premio per il servizio pubblico, il più prestigioso dei Pulitzer, per l’inchiesta sulle morti evitabili causate dai divieti sull’aborto, con l’uso di dati ufficiali e testimonianze raccolte da Kavitha Surana, Lizzie Presser, Cassandra Jaramillo e la fotografa Stacy Kranitz. Nella categoria giornalismo investigativo, il premio è stato assegnato a Reuters per “Fentanyl Express”, un’inchiesta sul traffico di sostanze dalla Cina agli Stati Uniti via Messico, illustrando le falle nei controlli doganali. Il Wall Street Journal è stato premiato per il miglior giornalismo nazionale con un’inchiesta su Elon Musk, che ha rivelato aspetti della sua influenza politica, dell’uso di droghe illegali e dei rapporti con Vladimir Putin. Il New Yorker ha ottenuto tre premi: per il commento, per la fotografia di servizio e per il reportage audio con il podcast “In the Dark”, che ha indagato sull’omicidio di civili iracheni da parte dei Marines. Il collaboratore Mosab Abu Toha ha vinto per i suoi saggi sulla vita nella Striscia di Gaza, mentre Moises Saman ha ricevuto il premio per la fotografia con immagini dalla Siria. Il premio per la miglior scrittura è stato assegnato a Mark Warren per un articolo su un pastore suicida in Alabama pubblicato da Esquire. Il riconoscimento per la critica è andato ad Alexandra Lange di Bloomberg CityLab, per i suoi articoli su spazi pubblici e architettura. Il Houston Chronicle ha ricevuto il premio per la scrittura editoriale per un’inchiesta sui passaggi ferroviari pericolosi. Nelle categorie arti e lettere, “James” di Percival Everett ha vinto per la narrativa, mentre “Purpose” di Branden Jacobs-Jenkins è stato premiato nella drammaturgia. I premi per la storia sono andati a Kathleen DuVal e a Edda L. Fields-Black, la biografia è stata vinta da Jason Roberts, l’autobiografia da Tessa Hulls e la saggistica generale da Benjamin Nathans. Marie Howe ha vinto per la poesia con “New and Selected Poems”, e Susie Ibarra per la musica con “Sky Islands”. Una menzione speciale è stata conferita a Chuck Stone, pioniere del giornalismo afroamericano, per il suo contributo al movimento per i diritti civili e la co-fondazione della National Association of Black Journalists. (In copertina, l’immagine di Doug Mills/NYTimes che ha vinto il Pulitzer)

Il Foglio lancia un mensile europeo, distribuito anche a Bruxelles, con contenuti multilingue

Claudio Cerasa Il Foglio

Il Foglio lancerà il primo mensile europeo realizzato da un giornale italiano il prossimo 9 maggio 2025, in occasione della Giornata dell’Europa. Il nuovo periodico, dal titolo Il Foglio Europeo, nasce con l’obiettivo di promuovere un’informazione transnazionale e una cultura condivisa sul presente e sul futuro dell’Unione Europea. Il progetto è diretto da Paola Peduzzi, vicedirettrice del Foglio quotidiano, e si avvale di una partnership strategica con Banca Ifis, presieduta da Ernesto Fürstenberg Fassio. Il lancio ufficiale avverrà mercoledì 7 maggio alle ore 17:30, presso la Camera di Commercio di Roma, con la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni, della cultura, del mondo accademico e dell’informazione. Tra gli invitati figurano i ministri Antonio Tajani e Tommaso Foti, gli ex presidenti del Consiglio Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, lo scienziato Franco Locatelli, il filosofo Massimo Adinolfi, e i rettori di importanti università italiane. Il mensile sarà distribuito ogni primo venerdì del mese, anche nelle edicole di Bruxelles, e sarà disponibile in una versione digitale in lingua inglese. L’intento editoriale, spiegato dal direttore del Foglio Claudio Cerasa, è quello di raccontare con toni “allegri e seri” le dinamiche di costruzione del “popolo europeo”, offrendo uno spazio per idee, visioni e contenuti utili a rafforzare il dialogo tra Italia ed Europa. Il giornale tratterà temi di formazione, informazione, educazione e cultura, con un approccio che mira a favorire una cittadinanza europea consapevole. Banca Ifis svolge un ruolo centrale nella realizzazione del progetto editoriale. L’istituto, fondato da Sebastian Egon Fürstenberg e quotato dal 2003, è attivo nel settore dei servizi finanziari per le piccole e medie imprese, con specializzazione in factoring, leasing e crediti deteriorati. Con circa 2.000 dipendenti, ha chiuso il bilancio 2024 con 161 milioni di euro di utile netto. Attualmente ha in corso una campagna di comunicazione sui principali media italiani e sta concludendo un’Opas sul 100% di Banca Illimity, fondata da Corrado Passera, per un valore di 300 milioni di euro. L’operazione ha ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie, inclusa quella della Bce.

Giornale di Brescia celebra 80 anni tra i vagoni della città

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È stato inaugurato questa mattina a Brescia il progetto celebrativo per gli 80 anni del Giornale di Brescia, che trasforma la metropolitana cittadina e alcuni autobus in una galleria di prima pagine storiche. L’iniziativa, frutto della collaborazione tra Giornale di Brescia e Brescia Mobilità, consente ai viaggiatori di leggere, durante gli spostamenti, i titoli che hanno segnato momenti significativi della storia locale e internazionale. L’esposizione ripercorre episodi che hanno lasciato un’impronta profonda nella memoria collettiva, come l’inaugurazione della scuola di Gualdo, costruita grazie alla solidarietà dei bresciani, o l’attacco terroristico dell’11 settembre negli Stati Uniti. Le pareti del metrò, personalizzate con le prime pagine d’archivio del quotidiano, offrono un viaggio visivo tra cronaca, cultura e memoria. L’obiettivo è quello di creare un legame tra il presente e le pagine di giornale che hanno raccontato il passato. “Una volta si saliva sul treno con il giornale, oggi si sale con il telefonino. Avere la possibilità di vedere cosa racconta quel giornale può essere un’esperienza felice”, ha dichiarato Pierpaolo Camadini, presidente dell’Editoriale Bresciana, nel corso dell’inaugurazione. A sottolineare il valore simbolico dell’iniziativa è stato anche Alessandro Marini, presidente di Brescia Mobilità, che ha definito le due realtà promotrici come “istituzioni della città”. L’iniziativa si inserisce nel calendario delle commemorazioni per l’ottantesimo compleanno del giornale, nato nel 1945, con l’intento di avvicinare la memoria storica alla vita quotidiana dei cittadini. (Foto: @Giornale di Brescia)

Giornata Mondiale della Libertà di Stampa. IFJ: ” È ora di mettere l’AI nell’agenda sociale”

IFJ Word Press Freedom Day 2025

In occasione della Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, che si celebra ogni anno il 3 maggio, la Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) ha lanciato un appello globale per inserire l’intelligenza artificiale al centro del dialogo sociale tra sindacati dei giornalisti e organizzazioni mediatiche. Il messaggio arriva in linea con il tema proposto quest’anno dall’UNESCO, dedicato all’impatto dell’IA sul giornalismo e sulla libertà di stampa. L’IFJ invita tutti gli attori del settore a lavorare su regole comuni per garantire che la tecnologia venga utilizzata in modo etico, senza mettere a rischio i posti di lavoro, la qualità dell’informazione e l’indipendenza editoriale. Nelle proprie raccomandazioni, adottate nel giugno 2024, la Federazione ha affermato che l’IA non può sostituire i giornalisti umani, e che i contenuti generati da algoritmi non devono essere considerati giornalismo a meno che non siano sottoposti a supervisione e controllo umano. L’IFJ evidenzia che attività come il fact-checking e il pensiero critico restano compiti centrali del giornalismo, e non possono essere delegati a sistemi automatici. Tra le principali preoccupazioni vi sono pregiudizi, stereotipi e errori fattuali che l’IA può amplificare. In particolare, la Federazione segnala la diffusione di deepfake, definiti “un attacco diretto alla democrazia e al diritto fondamentale delle persone a un’informazione affidabile e indipendente“. La crescita dell’IA all’interno delle redazioni è già in corso: la tecnologia viene utilizzata per automatizzare compiti ripetitivi, analizzare dati e produrre testi. Secondo la IFJ, però, l’adozione di queste tecnologie deve avvenire tramite accordi che includano trasparenza, formazione professionale per tutti i giornalisti, anche freelance, e il rispetto del principio che le decisioni editoriali spettano a figure umane. Inoltre, l’organizzazione chiede che venga regolato l’utilizzo delle opere giornalistiche per addestrare i sistemi di IA, garantendo ai giornalisti una giusta retribuzione e la possibilità di rifiutare l’impiego dei propri contenuti in assenza di un accordo di licenza. Il Segretario Generale della IFJ, Anthony Bellanger, ha dichiarato che “il futuro del giornalismo deve mantenere la supervisione umana, la trasparenza e la responsabilità al centro dell’utilizzo dell’IA”. La Federazione invita giornalisti, sindacati, editori e decisori politici a collaborare nella definizione di linee guida condivise, con l’obiettivo di stabilire limiti chiari, proteggere i diritti degli autori e rafforzare la contrattazione collettiva nei processi di trasformazione digitale.

La Casa Bianca lancia sito ufficiale con news pro-Trump “per trovare le vere notizie”

Karoline Leavitt in conferenza stampa

L’amministrazione Trump ha lanciato un nuovo sito web, chiamato White House Wire, che pubblica esclusivamente contenuti favorevoli al presidente. Il portale è accessibile tramite l’indirizzo ufficiale WH.gov/wire e adotta una grafica essenziale ispirata al sito conservatore Drudge Report, con una lista di titoli provenienti da fonti di destra che lodano l’attività del governo. Il sito include anche comunicati stampa, post sui social media di funzionari e altri materiali prodotti direttamente dalla Casa Bianca, con l’obiettivo dichiarato di offrire “trasparenza” a chi sostiene l’agenda presidenziale. Un funzionario, citato da Axios, ha descritto White House Wire come “un luogo per trovare le vere notizie”. Si tratta della prima volta che un’amministrazione statunitense utilizza risorse pubbliche per creare una piattaforma ospitata su un dominio ufficiale della Casa Bianca dedicata a contenuti partigiani. In passato, governi precedenti avevano distribuito newsletter o email istituzionali, ma non avevano messo online un sito strutturato con l’esclusivo scopo di promuovere una narrazione politica unilaterale. Il lancio del sito avviene mentre la stampa tradizionale subisce limitazioni nell’accesso agli eventi ufficiali. Nonostante una recente sentenza abbia ordinato la riammissione dei media indipendenti, i giornalisti della Associated Press non sono stati riaccreditati per gli incontri nello Studio Ovale, a causa del loro rifiuto di utilizzare il termine “Golfo d’America” al posto di “Golfo del Messico”, come richiesto dalla Casa Bianca. In parallelo, la portavoce Karoline Leavitt ha avviato una nuova modalità di comunicazione: briefing riservati ai cosiddetti “Maga influencers”, figure vicine alla linea dell’amministrazione. A queste sessioni hanno accesso solo commentatori o reporter favorevoli a Trump, e le domande poste sono generalmente orientate a sostenere i messaggi governativi. L’esclusione dei media tradizionali e l’uso selettivo dell’informazione hanno già sollevato critiche da parte di giornalisti e organizzazioni che si occupano di libertà di stampa. (In foto, la portavoce Karoline Leavitt)

Trump blocca fondi a NPR e PBS per propaganda politica

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Il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per bloccare i finanziamenti federali destinati a NPR (National Public Radio) e PBS (Public Broadcasting Service), due delle principali emittenti pubbliche statunitensi. Il provvedimento obbliga la Corporation for Public Broadcasting (CPB), organismo incaricato di distribuire i fondi pubblici al sistema radiotelevisivo, a sospendere i trasferimenti economici già in corso e a rifiutare futuri finanziamenti “nei limiti massimi consentiti dalla legge”. L’ordine accusa NPR e PBS di utilizzare risorse statali per “diffondere contenuti politicamente orientati”. Per questo, la Casa Bianca ha anche inoltrato al Congresso una richiesta ufficiale per revocare oltre 1 miliardo di dollari già assegnati alla CPB per i prossimi due anni. La CPB, istituita dal Congresso nel 1967, è un ente privato senza scopo di lucro che riceve fondi pubblici per sostenere il servizio pubblico radiotelevisivo, in particolare in territori meno coperti dal mercato commerciale. Le regole attuali prevedono che i finanziamenti vengano stanziati con due anni di anticipo, misura pensata per tutelare l’autonomia delle emittenti da pressioni politiche dirette. Questo meccanismo solleva dubbi sull’effettiva applicabilità immediata dell’ordine. Le reazioni non si sono fatte attendere. NPR ha diffuso un comunicato ufficiale in cui difende la propria indipendenza editoriale e avverte che il taglio dei fondi colpirebbe centinaia di stazioni locali, riducendo l’accesso a notizie verificate, programmi culturali e comunicazioni di emergenza. PBS, tramite la direttrice esecutiva Paula Kerger, ha chiarito che circa il 15% del proprio bilancio proviene da fondi federali, mentre la maggior parte arriva da sponsor privati, donatori e fondazioni locali. Secondo analisti citati da fonti stampa americane, il provvedimento si inserisce in una più ampia strategia della Casa Bianca per rivedere il ruolo dei media pubblici negli Stati Uniti, in un contesto di crescente tensione tra l’amministrazione e le testate ritenute critiche verso le politiche del governo. Resta incerto se il Congresso accoglierà la richiesta di revoca dei fondi e quale sarà il destino finanziario delle emittenti coinvolte. (Credits foto: Primaonline)

New York Times e CBS sotto accusa per inferenze elettorali. Il Times replica a Trump: “Avanti con le domande”

Donald Trump attacca i media

Donald Trump ha lanciato nuovi attacchi contro due tra le più note realtà mediatiche statunitensi, puntando il dito contro il programma “60 Minutes” della CBS e il New York Times, e ventilando una possibile azione legale contro quest’ultimo. In un messaggio pubblicato su Truth Social, Trump ha definito “un vero vincitore” il procedimento legale già avviato contro Paramount Global, proprietaria della CBS, per presunta manipolazione di un’intervista concessa alla trasmissione nell’ottobre scorso dalla vicepresidente Kamala Harris. Secondo Trump, la versione trasmessa avrebbe favorito la candidata democratica, violando i principi di imparzialità e alterando l’impatto sull’opinione pubblica in vista delle elezioni. Nel messaggio, Trump ha accusato 60 Minutes di aver orchestrato una “gigantesca frode ai danni del popolo americano”, citando tra i soggetti danneggiati anche la Commissione Elettorale Federale e la Federal Communications Commission (FCC). Ha inoltre ribadito che l’operato della rete televisiva sarà oggetto di ulteriori azioni legali. Sempre nello stesso intervento su Truth Social, il presidente si è scagliato contro il New York Times, etichettandolo nuovamente come “fallimentare” e promotore di “fake news”. Il Times, secondo Trump, soffrirebbe della cosiddetta “sindrome da sfera di Trump”, un atteggiamento che – a suo dire – configurerebbe una possibile forma di interferenza illecita, anche in ambito elettorale, al momento oggetto di “attento esame”. Il riferimento è a un articolo pubblicato dal quotidiano martedì, in cui si riferiva che la Paramount sarebbe pronta a trattare per un accordo extragiudiziale nella causa intentata da Trump. Nello stesso pezzo, veniva riportato il giudizio di alcuni esperti legali, secondo cui la causa sarebbe “infondata” e rappresenterebbe “una facile vittoria per la CBS”. La pubblicazione di tale valutazione legale ha contribuito a inasprire ulteriormente la posizione del presidente. Il New York Times ha risposto mercoledì con una nota ufficiale: “Il New York Times non si lascerà scoraggiare dalle tattiche intimidatorie dell’amministrazione. Continueremo a indagare sui fatti senza timore o favoritismi e a difendere il diritto dei giornalisti, garantito dal Primo Emendamento, di porre domande a nome del popolo americano”. Secondo Sarah Rumpf di Mediaite, le accuse di manipolazione rivolte a CBS e Paramount non trovano riscontro oggettivo. Rumpf scrive che, come in ogni prodotto televisivo, l’intervista è stata sottoposta a normali tagli di montaggio, senza alterare in modo sostanziale le risposte. Aggiunge che nessuna delle reti coinvolte ha ammesso frodi o violazioni, e che il contenuto trasmesso non ha avuto effetti documentabili sui risultati elettorali. Nel frattempo, un rapporto pubblicato dal Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ) ha evidenziato l’aumento delle pressioni politiche sulla libertà di stampa negli Stati Uniti. Il documento, intitolato “Campanelli d’allarme”, si concentra sui primi 100 giorni del secondo mandato Trump, sottolineando l’intensificarsi del clima di ostilità verso il mondo dell’informazione. La direttrice esecutiva del CPJ, Jodie Ginsberg, ha affermato: “Questo è un momento decisivo per i media statunitensi […] Tutte le nostre libertà dipendono dalla tutela del Primo Emendamento”. Il clima di tensione mediatica è ulteriormente alimentato dal caso del giornalista Ryan Lizza, che ha lasciato Politico per fondare una propria newsletter su Substack. Dopo la fine della relazione con la collega Olivia Nuzzi e il coinvolgimento in una vicenda giudiziaria successivamente ritirata, Lizza ha motivato l’abbandono della testata con il crescente divario tra i fatti e il modo in cui vengono raccontati. In un’intervista alla Columbia Journalism Review, ha elogiato la copertura del New York Times sulla nuova amministrazione. Infine, anche il mondo dello sport è stato coinvolto in dinamiche mediatiche complesse. Bill Belichick, ex allenatore dei New England Patriots e ora coinvolto in un progetto editoriale, ha criticato la CBS per un’intervista andata in onda su CBS News Sunday Morning, in cui è stato chiesto del suo rapporto con la compagna Jordon Hudson, 24 anni. Durante la trasmissione, Hudson è intervenuta per evitare la domanda, episodio che ha generato forte eco mediatica. In una dichiarazione, Belichick ha lamentato che l’intervista, concordata per promuovere un libro, sia stata montata in modo fuorviante, omettendo oltre 30 minuti di conversazione e “creando una narrazione falsa”. La CBS ha risposto affermando che non erano previste limitazioni editoriali e che la natura dell’intervista era stata chiarita con l’editore. La vicenda ha avuto ulteriori sviluppi con la decisione della Università della Carolina del Nord di ritirarsi dalla partecipazione al programma Hard Knocks di HBO, inizialmente previsto per l’estate. Secondo The Athletic, la decisione sarebbe legata alla richiesta di Hudson di essere coinvolta nella produzione, fatto che avrebbe indotto HBO a riconsiderare il progetto.