Il Piccolo e Messaggero Veneto in sciopero per 48 ore

Le assemblee dei giornalisti de Il Piccolo e del Messaggero Veneto hanno annunciato due giorni di sciopero (in data da definirsi), in segno di protesta contro le scelte di riorganizzazione del gruppo editoriale Nem, accusato di penalizzare le testate friulane. La decisione è stata comunicata lunedì 27 gennaio 2025 e rilanciata dall’Assostampa Friuli Venezia Giulia, che ha espresso solidarietà ai giornalisti delle due storiche redazioni. Il motivo dello sciopero risiede nella scelta dell’editore di destinare le ultime quattro assunzioni esclusivamente alle testate venete, lasciando vacanti due posti a Il Piccolo e al Messaggero Veneto, senza prevedere alcuna sostituzione. Questa decisione, pur formalmente legittima, ha sollevato critiche per il mancato equilibrio territoriale, andando a ridurre ulteriormente gli organici nelle redazioni friulane, già provate da un anno di pesanti sacrifici. Le assemblee denunciano inoltre un insieme di problematiche che aggravano la situazione: dal prezzo per copia più alto rispetto a quello delle testate venete, che penalizza le vendite nel Friuli Venezia Giulia, a infrastrutture tecnologiche obsolete che ostacolano il lavoro quotidiano. I giornalisti segnalano guasti frequenti al software, interruzioni di rete, un archivio malfunzionante e difficoltà operative che vanno dalla mancanza di personale poligrafico fino a telefoni muti e orari di apertura ridotti per assenza di front office. Nonostante l’azienda abbia comunicato di aver raggiunto l’equilibrio economico già nel primo anno, il gruppo Nem non ha ancora definito un piano per il reclutamento di nuovi collaboratori né per l’assunzione di giovani praticanti, preferendo puntare su costose figure esterne di vertice. Questa scelta, secondo i giornalisti, demotiva il personale interno, che da tempo regge il carico di lavoro con impegno straordinario. Le assemblee sottolineano che Il Piccolo e il Messaggero Veneto rappresentano un presidio essenziale per il territorio e chiedono all’editore e alla direzione di aprire immediatamente un confronto con i Comitati di redazione. L’obiettivo è salvaguardare l’autonomia e l’autorevolezza delle testate, garantendo livelli occupazionali adeguati e un supporto concreto al lavoro giornalistico. (Credits foto copertina: FNSI)
Murdoch paga 1 miliardo e si scusa con il principe Harry

Il 22 gennaio 2025, il principe Harry ha ottenuto una “vittoria monumentale” contro News Group Newspapers (NGN) di Rupert Murdoch, che include l’editore di The Sun. La causa, che riguarda le pratiche illecite dei tabloid britannici, è stata risolta con delle scuse pubbliche e un risarcimento sostanziale per l’intrusione nella sua vita privata, tra il 1996 e il 2011. News Group Newspapers (NGN) ha offerto scuse complete e inequivocabili al principe Harry per gravi intrusioni nella sua vita privata, tra cui intercettazioni telefoniche, sorveglianza e uso improprio di informazioni personali da parte dei giornalisti di The Sun e News of the World tra il 1996 e il 2011. NGN ha ammesso il danno arrecato anche alla sua famiglia, inclusa la defunta madre Diana, accettando di risarcire Harry con un’importante somma. Si è scusata anche con Lord Tom Watson per intrusioni simili durante il suo mandato al governo tra il 2009 e il 2011, riconoscendo l’impatto negativo sulle sue relazioni familiari e risarcendolo con danni significativi. News Group Newspapers ha risolto oltre 1.300 reclami, spendendo più di 1 miliardo di sterline in risarcimenti e spese legali, dichiarando che l’accordo con il principe Harry “traccia una linea sul passato” e pone fine a un decennio di contenziosi. Tuttavia, l’avvocato di Harry, David Sherborne, ha accusato la società di “spergiuri e insabbiamenti”, sostenendo che ha cancellato milioni di e-mail per ostacolare la giustizia. News Group ha negato queste accuse, ma ha ammesso gli illeciti commessi da investigatori privati assunti da The Sun, non riconoscendo tuttavia l’hacking da parte dei propri giornalisti. Il caso contro The Daily Mail, previsto per l’anno prossimo, solleva interrogativi su come evolverà la battaglia legale di Harry contro i media.
Il Washington Post cambia missione: da guardiano della democrazia a narratore per tutta l’America

Il Washington Post, storica testata americana, ha avviato un cambiamento strategico che ne ridefinisce l’identità. Dalla proclamazione del 2017, “Democracy Dies in Darkness” (La democrazia muore nell’oscurità), il giornale si era imposto come un punto di riferimento per il giornalismo investigativo e la denuncia degli abusi di potere. Ora, con la dichiarazione interna “Riveting Storytelling for All of America” (Narrazione avvincente per tutta l’America), si propone di parlare a un pubblico più ampio, inclusivo e diversificato. Questa nuova direzione non sostituisce lo slogan originale, che rimane un simbolo pubblico, ma traccia una rotta per il futuro del giornale. La strategia è stata annunciata da Suzi Watford, responsabile della strategia aziendale, che ha sottolineato la necessità di combinare uno spirito investigativo con fonti credibili e di raccontare storie di grande impatto in formati che rispondano alle esigenze moderne. L’ambizione di Bezos: un giornale per tutta la nazione Dietro questa trasformazione c’è l’influenza di Jeff Bezos, proprietario del Washington Post dal 2013. Bezos ha più volte espresso il desiderio di ampliare la platea dei lettori, raggiungendo i colletti blu delle zone rurali, tradizionalmente più conservatrici. L’obiettivo è rendere il Post una piattaforma capace di parlare a tutto il Paese, superando le divisioni ideologiche. Tra i piani per raggiungere questo traguardo, vi sono: espansione dei contenuti di opinione, accogliendo punti di vista più vari e diversificati. distinzione più netta tra informazione e opinione, per garantire maggiore trasparenza. uso di intelligenza artificiale per personalizzare i contenuti e migliorare l’esperienza utente. Obiettivo ambizioso: 200 milioni di utenti La visione di Bezos è ambiziosa. L’obiettivo dichiarato è raggiungere 200 milioni di utenti paganti, un traguardo che la dirigenza ha definito un “Big Hairy Audacious Goal” (BHAG), ovvero un obiettivo audace e visionario. Per il momento, però, il Post è ben lontano da questa meta: attualmente conta meno di 3 milioni di abbonati digitali, contro gli 11 milioni del rivale New York Times. Per raggiungere il target, il Post intende esplorare nuove forme di monetizzazione, sfruttando i milioni di lettori che accedono ai contenuti tramite piattaforme come Apple News, social media e podcast. Tuttavia, questi utenti sono difficili da convertire in ricavi, poiché gran parte dei guadagni pubblicitari viene assorbita da intermediari. Una redazione in crisi Nonostante le grandi ambizioni, il clima interno al Washington Post è teso. Dal 2023, il giornale ha registrato perdite significative, pari a 77 milioni di dollari, e affronta una profonda crisi di fiducia tra i dipendenti. La nomina del CEO Will Lewis, criticato per i suoi legami con testate coinvolte in scandali, ha provocato malumori in redazione. Più di 400 dipendenti hanno firmato una lettera indirizzata a Bezos, esprimendo preoccupazione per le decisioni manageriali che, a loro dire, hanno compromesso l’integrità del giornale e spinto molti colleghi di spicco a lasciare. Il ruolo dell’AI e i principi fondatori La presentazione della nuova missione, guidata da Suzi Watford, descrive l’intelligenza artificiale come un elemento centrale per il futuro del Post. L’obiettivo è trasformare il giornale in una piattaforma dinamica, capace di offrire notizie e approfondimenti in modo tempestivo e personalizzato. Nonostante il focus tecnologico, il Post rimane fedele ai principi enunciati nel 1935 da Eugene Meyer, storico proprietario del giornale. Tra questi: dire sempre la verità, servire i lettori e mantenere l’indipendenza dai proprietari.
Il Foglio augura la morte a Sigfrido Ranucci

Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, è finito al centro di una polemica dopo un articolo pubblicato su Il Foglio nella rubrica “Andrea’s Version”. L’articolo, firmato da Andrea Marcenaro, ha suscitato scalpore per le frasi offensive rivolte al giornalista. Tra queste, un riferimento al suo lavoro da inviato durante lo tsunami del 2005 in Sumatra, che causò oltre 250 mila morti: “Era il 2005, per Ranucci purtroppo sembrava fatta. È riuscito a tornare”. Ranucci ha commentato l’accaduto sui suoi profili social, denunciando l’attacco personale: Il Foglio “si mostra dispiaciuto che io non sia morto. Tra tutti gli attacchi di questi giorni dopo la puntata sulla Mafia e ciò che sta accadendo in Palestina, spunta questa perla”. La puntata di Report citata, andata in onda su Rai 3, trattava delle stragi del 1993. Questo ha attirato critiche feroci, tra cui quelle di Marina Berlusconi, che ha definito il programma “il peggior pattume mediatico-giudiziario”. A questa ondata di attacchi si è aggiunto il controverso articolo de Il Foglio, che ha portato il dibattito su un livello personale. L’articolo è stato duramente condannato dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, che ha espresso solidarietà a Ranucci: “La libertà di critica, anche aspra, è sempre ammessa, anche fra giornalisti; ma quanto scritto nella rubrica Andrea’s version è spregevole e non fa onore ad una testata come Il Foglio”, si legge nella nota: “Non si può augurare la morte di nessuno, men che meno di un collega; nel caso specifico Sigfrido Ranucci a cui va la nostra solidarietà. Questo è un esempio di quello che potremmo definire pessimo giornalismo”. Anche il figlio del giornalista, Emanuele Ranucci, ha reagito pubblicamente, rivolgendosi direttamente all’autore dell’articolo. Su Facebook ha scritto: “Caro Andrea, sono il figlio di Sigfrido Ranucci e, nonostante alcune volte me ne sorprenda anche io, non sono ancora orfano di padre”. Egli denuncia le difficoltà vissute dalla famiglia a causa delle minacce e del lavoro del padre. Racconta episodi dolorosi, come la scorta costante, i proiettili nella posta e le minacce quotidiane, sottolineando la forza e la dedizione del genitore. Conclude: “Il morto del giorno è il giornalismo italiano”.
Cecilia Sala è stata liberata

La giornalista Cecilia Sala, arrestata in Iran circa tre settimane fa, è stata finalmente liberata. La notizia è stata annunciata dal governo italiano poche ore fa, confermando che Sala è attualmente su un volo proveniente da Teheran e diretto a Roma Ciampino, con arrivo previsto alle 16:15. Ad accoglierla ci saranno la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Cecilia Sala, 29 anni, è una giornalista di Chora Media e del Foglio. Era stata arrestata il 19 dicembre in un albergo a Teheran, dove si trovava con un visto giornalistico regolare. Durante la sua detenzione, trascorsa in condizioni estremamente dure nel famigerato carcere di Evin, Sala dormiva per terra in una cella con luci perennemente accese e aveva un accesso limitatissimo all’esterno. L’unica visita ricevuta è stata quella dell’ambasciatrice italiana in Iran. Negli ultimi giorni, le condizioni di detenzione di Sala erano migliorate: era stata trasferita in una stanza più grande condivisa con un’altra detenuta. I carcerieri le avevano consegnato il libro Kafka sulla spiaggia di Haruki Murakami, che Sala aveva deciso di leggere “a distanza” con il suo compagno, Daniele Raineri, anch’egli giornalista. L’arresto di Sala era collegato alla detenzione di Mohammed Abedini Najafabadi, cittadino iraniano fermato in Italia il 16 dicembre su richiesta degli Stati Uniti per accuse legate al traffico di tecnologia bellica. Fonti governative hanno rivelato che la liberazione di Sala è stata resa possibile grazie a un accordo diplomatico che sospende temporaneamente l’estradizione di Abedini verso gli Stati Uniti. L’annuncio ufficiale della liberazione è stato accolto con un lungo applauso al Senato.
Charlie Hebdo: dieci anni dopo la strage, la satira resiste

Il 7 gennaio 2015, i fratelli Kouachi fecero irruzione nella sede del settimanale satirico Charlie Hebdo, nel cuore di Parigi, uccidendo dodici persone. Tra le vittime si contavano alcuni dei più celebri disegnatori francesi, come Cabu, Charb, Honoré, Tignous e Wolinski. L’attentato, rivendicato da al-Qaida, scosse profondamente la Francia e il mondo intero, trasformando Charlie Hebdo in un simbolo globale della libertà di espressione e della resistenza alla censura imposta dalla violenza. Dieci anni dopo, il giornale celebra l’anniversario con un’edizione speciale intitolata “Indistruttibile!”, un numero di 32 pagine diffuso in 300.000 copie. In copertina, un lettore seduto su un fucile d’assalto legge, apparentemente sereno, l’edizione storica. L’editoriale firmato dal direttore Riss, sopravvissuto all’attentato, riflette sull’importanza della satira e sulla sua capacità di incarnare l’ottimismo: “Se si ha voglia di ridere, vuol dire che si ha voglia di vivere – prosegue Riss -. La risata, l’ironia, la caricatura sono manifestazioni di ottimismo. Qualunque cosa accada, drammatica o felice, la voglia di ridere non scomparirà mai”. Per l’occasione, il giornale ha lanciato il concorso internazionale #RiredeDieu (Ridere di Dio), invitando vignettisti di tutto il mondo a esplorare il rapporto tra religione e libertà di espressione. Delle 350 vignette ricevute, circa 40 sono state pubblicate nel numero commemorativo. Le immagini provocatorie – tra cui un Cristo in croce che si filma con un telefono – riaffermano il diritto di criticare dogmi religiosi, un tema caro a Charlie Hebdo sin dalle contestate caricature di Maometto pubblicate nel 2006. Il numero speciale include anche i risultati di un sondaggio condotto dall’Ifop, che evidenzia come il 76% dei francesi consideri la libertà di espressione un diritto fondamentale, mentre il 62% si dice favorevole alla possibilità di criticare simboli religiosi anche in modo offensivo. Per Riss, questa libertà è oggi più che mai in pericolo, con la democrazia minacciata da “nuove forze oscurantiste”. Alle commemorazioni ufficiali hanno partecipato il presidente Emmanuel Macron e la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, sottolineando l’importanza di mantenere alta la guardia contro il terrorismo. Macron ha ribadito che “il rischio resta significativo nelle nostre società” e ha esortato a continuare la lotta per difendere i valori della Repubblica. Anche la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha ricordato l’attentato con un messaggio su X: “Gli uomini e le donne di Charlie Hebdo sono stati assassinati per ciò che rappresentavano. I valori della Francia e dell’Europa. Libertà di espressione. Democrazia. Pluralismo. Onoriamo la loro memoria. E combattiamo instancabilmente contro il terrorismo e il fondamentalismo religioso”.
Ann Telnaes lascia il Post per una vignetta su Bezos

La vignettista Ann Telnaes, celebre per il suo stile satirico e vincitrice del Premio Pulitzer, ha rassegnato le dimissioni dal Washington Post. La decisione segue il rifiuto del giornale di pubblicare una sua vignetta che ritraeva Jeff Bezos, proprietario del celebre quotidiano e di Amazon, in un contesto critico. La vignetta mostra figure di spicco del mondo tecnologico e mediatico, tra cui Sam Altman (CEO di OpenAI), Mark Zuckerberg (Meta) e Patrick Soon-Shiong (proprietario del Los Angeles Times), inginocchiati davanti a Donald Trump. L’intento era evidenziare i rapporti ambigui tra questi leader e Trump dopo la sua elezione. La vignetta include anche Topolino, simbolo della Disney, per sottolineare il ruolo di diverse industrie nell’adattarsi politicamente al contesto. In una dichiarazione personale, Telnaes ha scritto: “Lavoro per il Washington Post dal 2008 come vignettista editoriale. Ho ricevuto feedback editoriali e conversazioni produttive, e alcune divergenze, sulle vignette che ho inviato per la pubblicazione, ma in tutto questo tempo non ho mai visto una vignetta eliminata a causa di chi o cosa ho scelto di indirizzare la mia penna. Fino ad ora“. Secondo la vignettista, la vignetta criticava i miliardari del settore tecnologico e mediatico che cercavano di ingraziarsi il presidente eletto Trump, spesso incontrandolo a Mar-a-Lago per discutere contratti governativi e regolamentazioni. Telnaes ha sottolineato che, sebbene sia normale ricevere critiche editoriali su metafore visive o chiarezza del messaggio, in questo caso la vignetta non è stata bocciata per tali motivi. Sebbene le critiche editoriali su metafore visive siano comuni, la vignetta di Telnaes è stata rifiutata per il suo punto di vista. Questo rappresenta un pericoloso cambiamento, minacciando la libertà di stampa. Telnaes, membro del consiglio della Freedom Cartoonists Foundation di Ginevra e dell’ex consiglio di Cartoonists Rights, ha espresso preoccupazione per le crescenti interferenze editoriali negli Stati Uniti, ricordando i rischi affrontati dai vignettisti nei paesi autoritari. Ha aggiunto che le organizzazioni di stampa devono tutelare la libertà di espressione, piuttosto che cercare di compiacere leader autoritari. “I proprietari di tali organizzazioni di informazione sono responsabili della salvaguardia di tale stampa libera, e cercare di entrare nelle grazie di un autocrate in attesa porterà solo a indebolire tale stampa libera“. David Shipley, direttore della sezione opinioni del Washington Post, ha giustificato il rifiuto affermando che la scelta mirava a evitare la ripetizione di argomenti già trattati in articoli precedenti. Tuttavia, la spiegazione non ha convinto molti, che vedono nella decisione una pressione indiretta da parte di Bezos. Questa controversia si aggiunge a precedenti critiche rivolte a Bezos e Patrick Soon-Shiong per presunte interferenze editoriali, come la mancata pubblicazione di endorsement politici durante le recenti elezioni presidenziali. Tali scelte sono state interpretate come tentativi di evitare scontri con il futuro governo. Telnaes ha concluso: “Come vignettista editoriale, il mio lavoro è di tenere sotto controllo le persone e le istituzioni potenti. Per la prima volta, il mio editore mi ha impedito di fare questo lavoro critico. Quindi ho deciso di lasciare il Post . Dubito che la mia decisione causerà molto scalpore e che verrà respinta perché sono solo un vignettista. Ma non smetterò di sostenere la verità del potere attraverso le mie vignette, perché come si dice, ‘La democrazia muore nell’oscurità’“. (In foto, Ann Telnaes)
Micklethwait (Bloomberg): Paywall e IA proteggono il giornalismo, ma con rischi simili al tabacco

John Micklethwait, direttore editoriale di Bloomberg, ha recentemente affermato che i paywall rappresentano “il modo più sicuro per garantire posti di lavoro giornalistici”. Durante la sua lezione annuale alla City University di Londra, ha sottolineato come, dopo un periodo in cui molti nel settore offrivano contenuti gratuiti, la stampa di qualità stia ora ottenendo risultati positivi grazie all’adozione dei paywall. I PAYWALL: LA SALVEZZA DEL GIORNALISMO DI QUALITÀ Secondo Micklethwait, i paywall rappresentano “il modo più sicuro per garantire posti di lavoro giornalistici”. Questa dichiarazione arriva dopo anni in cui molte testate hanno optato per contenuti gratuiti, una strategia che, secondo il direttore editoriale, ha danneggiato la sostenibilità economica della stampa di qualità. Micklethwait ha evidenziato due principali motivi per implementare i paywall. Sicurezza economica e occupazionale. Micklethwait ha citato l’esempio di The Economist, che ha resistito alle difficoltà del mercato adottando fin dall’inizio un modello a pagamento. Anche Bloomberg segue questa filosofia: oltre al famoso terminale finanziario, l’azienda ha attirato circa 740.000 abbonati paganti nel 2023, registrando una crescita del 50% rispetto all’anno precedente. Indipendenza editoriale. Il passaggio agli abbonamenti, secondo Micklethwait, permette alle redazioni di evitare influenze esterne, come quelle derivanti da sponsor o inserzionisti pubblicitari. Il focus si sposta interamente sul soddisfare i lettori paganti, garantendo così decisioni etiche più semplici e una maggiore libertà editoriale. MAGGIORE ACCESSO AI CONTENUTI Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale (IA), Micklethwait ha dichiarato che Bloomberg utilizza l’automazione in oltre un terzo dei circa 5.000 articoli pubblicati quotidianamente. Ciò include l’uso di computer per monitorare i social media alla ricerca di parole chiave e l’implementazione di riassunti automatizzati in cima agli articoli, che permettono ai lettori di comprendere rapidamente il contenuto. Ha inoltre previsto che l’IA avrà un impatto maggiore sul lavoro degli editori rispetto a quello dei reporter, facilitando compiti come la verifica ortografica, l’aderenza allo stile editoriale e la verifica dei fatti. LE PREVISIONI DI BLOOMBERG Un altro tema centrale del discorso è stato il ruolo crescente dell’intelligenza artificiale nel giornalismo. Bloomberg ha già integrato l’IA in molti processi editoriali e Micklethwait ha fatto 8 previsioni sul futuro dell’IA nel settore: L’intelligenza artificiale cambierà il lavoro dei giornalisti più di quanto non li sostituisca Le ultime notizie continueranno ad avere un valore enorme, ma per periodi di tempo sempre più brevi. La rendicontazione avrà ancora un valore enorme Il cambiamento sarà probabilmente maggiore per gli editori Il mondo della Ricerca lascerà il posto a Domanda e Risposta Le allucinazioni saranno più facili da risolvere nel testo che nel video o nell’audio La personalizzazione diventerà sempre più una realtà La regolamentazione sta arrivando. John Micklethwait non ritiene che l’intelligenza artificiale ridurrà il numero di giornalisti, ma piuttosto che aumenterà la portata e la profondità della copertura giornalistica. Grazie all’automazione, Bloomberg copre più aziende e in modo più approfondito rispetto al passato, mantenendo lo stesso numero di dipendenti. Tra gli utilizzi specifici dell’IA in redazione, Micklethwait prevede la riformattazione delle storie e la combinazione di articoli esistenti per creare bozze iniziali. Ad esempio, un algoritmo potrebbe sintetizzare più articoli per produrre rapidamente una bozza su eventi complessi, come la caduta di Assad in Siria, che i giornalisti affinerebbero successivamente. Le breaking news continueranno a mantenere un valore cruciale, con l’IA che accelera il processo decisionale: il tempo necessario affinché i prezzi di mercato reagiscano alle notizie è passato da dieci a cinque secondi, un trend destinato a proseguire. Tuttavia, Micklethwait sottolinea che il giornalismo originale rimarrà insostituibile, poiché l’IA non può persuadere fonti umane a rivelare informazioni sensibili o segrete. Infine, l’IA avrà un ruolo maggiore nella modifica e revisione degli articoli, aiutando a controllare ortografia, stile e fatti fondamentali, lasciando ai redattori il compito di rifinire i contenuti. LA FINE DELLA RICERCA TRADIZIONALE John Micklethwait ha previsto che la ricerca tradizionale, come la conosciamo oggi, è destinata a scomparire a causa dell’adozione di motori di ricerca basati su intelligenza artificiale e linguaggio naturale. Ha sottolineato l’importanza di proteggere i contenuti editoriali e di negoziare accordi con aziende come OpenAI solo per periodi limitati e somme definite, evitando di cedere eccessivo controllo o valore. Micklethwait ha richiesto maggiore chiarezza legale da parte di tribunali e parlamenti su cosa possa essere utilizzato gratuitamente dall’IA. Ha anche evidenziato che Bloomberg non ha ancora firmato alcun accordo con aziende di intelligenza artificiale generativa, pur riconoscendo che tali intese potrebbero sostenere il giornalismo in futuro, a seconda dell’evoluzione legislativa. Nonostante le sfide poste dalla disinformazione generata dall’IA, Micklethwait rimane ottimista. Ha paragonato la proliferazione di contenuti di bassa qualità all’epoca del New York Sun, un giornale scandalistico che, nonostante il successo iniziale, fu superato da testate che offrivano notizie utili e affidabili. Infine, ha espresso fiducia nel fatto che il settore del giornalismo oggi sia meglio preparato a rispondere alle nuove tecnologie, prevedendo una transizione più rapida verso contenuti di qualità rispetto al passato. DIPENDENZA DA AI, COME DAL TABACCO John Micklethwait ha dichiarato che l’intelligenza artificiale potrebbe finalmente risolvere il “puzzle” della personalizzazione delle notizie, un obiettivo che considera il “Santo Graal del giornalismo”. Tuttavia, ha avvertito dell’esistenza di un “lato oscuro”, rappresentato dalla dipendenza creata dagli algoritmi di raccomandazione sui social media. Ha criticato il fatto che le società di social media non siano responsabili dei contenuti che ospitano, grazie a regole come la Sezione 230, che le equiparano a compagnie telefoniche, esonerandole dalla responsabilità editoriale. Micklethwait ha paragonato questa situazione alle strategie difensive dell’industria del tabacco, che in passato sosteneva che fumare fosse una scelta personale. Con l’avanzare dell’IA, ha sollevato preoccupazioni etiche, come il rischio di manipolazione emotiva: ad esempio, adolescenti che sviluppano relazioni con entità artificiali. Micklethwait è convinto che, proprio come è avvenuto per l’industria del tabacco, anche i giganti della tecnologia saranno chiamati a rispondere delle conseguenze del loro prodotto, soprattutto man mano che cresce la consapevolezza del pubblico sui loro effetti dannosi. BLOOMBERG VS ZXC Micklethwait ha anche criticato la controversa sentenza della Corte Suprema del Regno Unito nel caso Bloomberg vs ZXC. Questa decisione vieta alle
Arresto a Teheran, Cecilia Sala detenuta dal regime

Il 19 dicembre 2024, la giornalista italiana Cecilia Sala, inviata del quotidiano Il Foglio e autrice del podcast Stories per la piattaforma Chora, è stata arrestata a Teheran dalle autorità iraniane. La Farnesina ha confermato il fermo solo venerdì 27 dicembre, dopo giorni di trattative diplomatiche riservate. Sala è attualmente detenuta in una cella di isolamento nella prigione di Evin, struttura tristemente nota per ospitare dissidenti e cittadini stranieri. Secondo una nota di Chora Media, la podcast company per cui Sala lavora, la giornalista si trovava in Iran da una settimana per raccontare storie legate al patriarcato e al contesto sociale del Paese. Avrebbe dovuto fare ritorno a Roma il 20 dicembre, ma la mattina del giorno precedente, dopo uno scambio di messaggi con colleghi e familiari, il suo telefono è diventato muto. I tentativi di contattarla si sono rivelati vani, e la conferma che non si fosse imbarcata sul volo per l’Italia ha alimentato ulteriormente i timori. Poche ore più tardi, il suo telefono si è riacceso per un breve lasso di tempo, permettendole di effettuare una telefonata a sua madre. Sala ha comunicato di essere stata arrestata e di trovarsi in carcere, senza però poter fornire ulteriori dettagli. In una seconda telefonata, ha rassicurato la famiglia dicendo: “Sto bene, ma fate presto”. Immediatamente dopo la scomparsa di Sala, il compagno, il giornalista del Post Daniele Raineri, e la sua redazione hanno allertato l’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri. Da quel momento, il governo italiano si è attivato su più fronti. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani e l’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei, hanno avviato negoziati con le autorità iraniane per ottenere il rilascio della giornalista. Sempre venerdì 27 dicembre, l’ambasciatrice Amadei ha potuto incontrare Sala per verificarne le condizioni di salute e di detenzione. Le autorità iraniane non hanno comunicato ufficialmente le accuse contro di lei, lasciando intendere che le imputazioni potrebbero non essere state ancora formalizzate. Questo modus operandi è tipico di un contesto politico e sociale altamente repressivo. L’Iran è infatti uno dei Paesi peggiori al mondo per la libertà di stampa, classificato al 176° posto su 180 nel Press Freedom Index 2024 di Reporters Without Borders. Dal 2022, il regime ha intensificato la repressione nei confronti dei giornalisti: almeno 79 professionisti sono stati arrestati, molti dei quali condannati con accuse pretestuose. Questo clima di intimidazione si inserisce in una strategia diplomatica più ampia, con l’Iran che utilizza spesso i detenuti stranieri come leva per negoziati internazionali. Il caso di Cecilia Sala richiama altri episodi recenti, come l’arresto del giornalista Reza Valizadeh, condannato a dieci anni di carcere con l’accusa di “collaborazione con un governo ostile”. Cecilia Sala, durante il suo soggiorno in Iran, aveva affrontato temi sensibili per il regime. Nel suo podcast aveva parlato del patriarcato, della detenzione di artisti come la comica Zeinab Musavi, e delle milizie filo-iraniane in Medio Oriente, intervistando personalità di spicco come Hossein Kanaani, fondatore delle Guardie rivoluzionarie. La sua attività giornalistica, riconosciuta per il rigore e l’indipendenza, si è scontrata con un contesto in cui la libertà di stampa è soppressa con sistematica brutalità. Il caso di Cecilia Sala è l’ennesimo monito sulla fragilità del giornalismo in regimi autoritari. L’Italia continua a lavorare intensamente per il rilascio della giornalista, riaffermando un principio fondamentale: il giornalismo non è un crimine.
Giubileo 2025: l’apertura della Porta Santa in diretta tv e radio

Il 24 dicembre 2024, alle ore 19, si aprirà ufficialmente il Giubileo dedicato alla speranza, un evento simbolico e spirituale che accompagnerà i fedeli fino al 6 gennaio 2026. L’atto inaugurale dell’anno giubilare sarà l’apertura della Porta Santa nella Basilica di San Pietro. Questo rito, denso di significato, rappresenta un invito universale alla riflessione, alla pace e alla riconciliazione. La cerimonia di apertura sarà seguita e trasmessa da diversi media italiani, con una copertura completa per permettere a tutti di partecipare, anche a distanza. Rai1 trasmetterà l’evento in diretta a partire dalle 18.40, con la possibilità di seguirlo anche in streaming su RaiPlay. Dopo la cerimonia e la Santa Messa, verrà mandato in onda uno speciale del programma “A sua Immagine”. Tv2000 includerà la diretta nello speciale del programma “Il diario di Papa Francesco”, a partire dalle 17.30. SkyTg24 offrirà una copertura in diretta dell’evento. Anche i media vaticani svolgeranno un ruolo chiave nella diffusione del Giubileo. Vatican News trasmetterà la cerimonia sul proprio canale YouTube, arricchendo la programmazione con interviste, approfondimenti, podcast e vodcast dedicati agli eventi giubilari. La copertura dell’evento non si limiterà alla televisione e al web. RTL 102.5 garantirà la diretta radiofonica, disponibile anche sul canale 36 del digitale terrestre e sulla piattaforma RTL 102.5 Play.