Addio a Maria Rita Viaggi, storica “Signorina Buonasera” della Rai

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Si è spenta a 69 anni Maria Rita Viaggi, una delle indimenticabili “Signorine Buonasera” della Rai, le annunciatrici che ogni sera presentavano agli italiani il palinsesto della televisione pubblica. Viaggi è stata colta da un malore improvviso mercoledì 3 luglio nella sua casa di Grosseto, la città natale dove era tornata a vivere dopo aver lasciato la Rai. Al momento del malore, era in casa con il marito Vincenzo Gerghi, ma i tentativi dei sanitari del 118 di rianimarla sono stati vani. Nata a Grosseto il 12 novembre 1954, Maria Rita Viaggi ha intrapreso la sua carriera nel mondo dello spettacolo a Roma, dove fu annunciatrice televisiva presso emittenti locali. Negli anni ’80 debuttò come annunciatrice della Rai e fino al 2003 ha condotto il meteo del Tg1. La sua carriera in Rai iniziò come supplente negli anni ’80, sostituendo le colleghe assenti per malattia o maternità, fino alla sua definitiva assunzione nel 1988. Viaggi era un’autodidatta con molteplici talenti: studiò giurisprudenza, danza classica, recitazione e dizione. Imparò a suonare la chitarra e il pianoforte da sola. Oltre alla sua attività di annunciatrice, era esperta di teologia e di storia delle religioni e una musicista appassionata. Negli anni ha scritto e inciso canzoni religiose per le Edizioni Paoline, guadagnandosi così il soprannome di “annunciatrice di Dio”. Tra i suoi album si ricordano “Viaggi per pregare” (1994), “Padre Pio. Una voce per il terzo millennio” (1998) e “Propheta” (2002). Un momento particolarmente significativo della sua carriera avvenne l’8 dicembre 2002, quando Maria Rita Viaggi aprì con la sua canzone “La pupilla di Dio” la diretta del tradizionale omaggio di Giovanni Paolo II alla statua della Madonna Immacolata di Piazza di Spagna a Roma. Il 21 e 22 dicembre dello stesso anno, condusse a Villa Borghese due serate di gala dal titolo “Natale di Stelle 2002” e “Kristianamente musica”. Fu ospite per l’intera giornata del 22 dicembre del Canale Alice nel programma condotto dall’ex collega Rosanna Vaudetti, dove presentò “Il decalogo sublimato del cibo cristiano” e la canzone “Non uccidere l’Agnello di Dio”. Maria Rita Viaggi è stata anche una figura di rilievo nelle previsioni meteo regionali dei telegiornali RAI regionali e ha partecipato al Gran Galà per i 50 anni della Tv italiana, condotto da Pippo Baudo il 3 gennaio 2004. La notizia della sua scomparsa ha suscitato profonda commozione. Ilaria Moscato, un’altra ex “Signorina Buonasera”, l’ha ricordata con un semplice ma sentito saluto: “Ciao, Maria Rita”. La sua figura rimarrà impressa nella memoria di tanti italiani che, per anni, hanno ascoltato la sua voce annunciare le trasmissioni televisive della Rai.

La Rai sospende Serena Bortone per 6 giorni dopo il caso Scurati

Serena Bortone

La Rai ha sospeso Serena Bortone per sei giorni, in seguito a un procedimento disciplinare avviato per il caso che ha coinvolto lo scrittore Antonio Scurati a fine aprile. Serena Bortone è stata oggetto di un procedimento disciplinare per aver criticato sui social la mancata trasmissione del monologo di Antonio Scurati sul 25 aprile, previsto nel programma “Chesarà…”. Questo episodio ha suscitato proteste sia dall’opposizione politica sia dai sindacati. Durante la Festa del Foglio, l’amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio, aveva dichiarato che Bortone avrebbe meritato il licenziamento, sostenendo che nessun dipendente può criticare pubblicamente la propria azienda. Sergio ha poi negato qualsiasi censura, affermando di aver invitato Bortone a trasmettere il monologo tramite un messaggio WhatsApp, ma che lo scrittore aveva rifiutato perché non pagato. In vista della presentazione ufficiale della nuova stagione televisiva, prevista a Napoli il 19 luglio, sono circolate varie voci sul futuro di Bortone in Rai, con ipotesi di un suo ridimensionamento o addirittura di un allontanamento da Viale Mazzini. Queste speculazioni non sono state attenuate dal saluto di Bortone al pubblico durante l’ultima puntata di Che sarà. Secondo le anticipazioni, nella prossima stagione autunnale, Bortone dovrebbe condurre un programma culturale su Rai3, il sabato alle 20.15.

Crisi a THR Roma: giornalisti si dimettono in massa

THR Roma

“Solidarietà massima ai colleghi di The Hollywood Reporter Roma, che si sono oggi dimessi in massa per giusta causa dopo ripetuti scioperi causa mancati pagamenti degli stipendi e l’assenza di una qualsivoglia prospettiva realistica della testata. Nel mio piccolo, grazie sia al direttore Boris Sollazzo che al vicedirettore Pino Gagliardi. Da semplice collaboratore esterno ho resistito fino ai 9 mesi di arretrati. Un super progetto naufragato in 12 mesi. Profonda amarezza”. Questo è il messaggio di Federico Boni, redattore di The Hollywood Reporter Roma, pubblicato sul suo profilo Facebook. Le sue parole riecheggiano la delusione e la frustrazione di una redazione che, nonostante gli sforzi e la dedizione, ha dovuto affrontare gravi difficoltà economiche e gestionali. La redazione di The Hollywood Reporter Roma denuncia da tempo il mancato pagamento degli stipendi, dichiarando uno sciopero a oltranza dal 24 giugno, dopo una precedente astensione di cinque giorni. La situazione, aggravata negli ultimi mesi, era già critica a marzo, quando i giornalisti avevano scioperato per i medesimi motivi. Nonostante le giustificazioni dell’editore Gian Marco Sandri riguardo problemi di liquidità e ritardi nei pagamenti dei clienti, non sono stati fatti progressi. In una nota ufficiale, si è ribadito l’assenza di prospettive realistiche e sostenibili da parte dell’azienda. Il direttore Boris Sollazzo ha espresso solidarietà alla redazione, riconoscendo la precarietà della situazione. La crisi si è accentuata dopo il cambio di direzione a febbraio, con Sollazzo che ha sostituito Concita De Gregorio. I giornalisti hanno dichiarato che difenderanno i loro diritti fino a ottenere atti concreti dall’azienda, mentre l’editore auspica un ritorno al lavoro e prevede un equilibrio finanziario entro il terzo trimestre del 2024. La solidarietà espressa da Federico Boni riflette un sentimento diffuso di amarezza e disillusione per un progetto che, nonostante le grandi potenzialità, è naufragato nel giro di un anno.

Il New York Times chiede a Biden di ritirarsi: “Non è più all’altezza”

Presidential Debate

In un editoriale sorprendente e deciso, il New York Times ha chiesto al presidente Joe Biden di ritirarsi dalla corsa per le elezioni presidenziali del 2024. “Per servire il suo Paese, il presidente Biden dovrebbe lasciare la corsa“, titola il board del quotidiano, facendo eco alla delusione diffusa dopo la disastrosa performance di Biden nel recente confronto televisivo con Donald Trump. BIDEN ACCUSATO, TRUMP DOMINANTE Durante il dibattito televisivo, Joe Biden ha avuto una performance molto deludente. Sin dalla prima domanda sull’economia e l’inflazione, Biden ha mostrato segni di difficoltà: la sua voce era roca e ha faticato a esprimersi chiaramente, interrompendosi spesso e perdendo il filo del discorso. Questo ha portato i commentatori della CNN a parlare di “disastro” e a discutere apertamente la possibilità di una sua sostituzione come candidato Democratico, mentre il partito ha tentato di giustificare la sua prestazione menzionando un raffreddore. Biden aveva l’obiettivo di rassicurare il paese sulle sue condizioni di salute e spostare l’attenzione su Trump, ma ha ottenuto l’effetto opposto. Le sue risposte erano spesso confuse e prive di incisività, come quando ha confuso Medicare con il Covid e ha evitato di parlare di temi cruciali come l’aborto, nonostante fosse un argomento debole per Trump. Anche nei momenti preparati, Biden è apparso sovraccarico di dati, risultando meccanico e meno incisivo. Trump, invece, è apparso sicuro di sé, sfruttando il format del dibattito con microfoni spenti per sembrare più disciplinato. Ha descritto i suoi quattro anni alla presidenza in modo iperbolico, attribuendosi successi esagerati e dando la colpa a Biden per la situazione attuale. Trump ha anche fatto affermazioni false, come dire che Biden è “pagato dalla Cina” o che vuole legalizzare l’aborto post-nascita, ma è riuscito a mantenere un’immagine più efficace e coerente. Il dibattito ha sollevato preoccupazioni significative per la campagna di Biden. La sua età e il sospetto di declino cognitivo sono diventati argomenti centrali, e se i Democratici inizieranno a perdere terreno nei sondaggi, potrebbe intensificarsi la discussione su una sua sostituzione. Tuttavia, la decisione di ritirarsi spetta solo a Biden, e in caso di sostituzione, la scelta del nuovo candidato potrebbe ricadere su Kamala Harris o altri candidati non partecipanti alle primarie. L’APPELLO DEL NEW YORK TIMES Il New York Times ha elogiato Biden per il suo servizio alla nazione e per i progressi compiuti sotto la sua amministrazione, ma ha sottolineato che la sua età e le sue prestazioni attuali rappresentano un rischio troppo grande per i Democratici e per il paese. L’editoriale suggerisce che ci sono altri leader nel Partito Democratico meglio equipaggiati per affrontare Trump e per presentare una visione convincente e energica per il futuro degli Stati Uniti. “Se la corsa si riducesse a una scelta tra Trump e Biden, il presidente in carica sarebbe la scelta inequivocabile di questo consiglio”, scrive il board del New York Times. Tuttavia, dato il pericolo rappresentato da un possibile secondo mandato di Trump, il giornale sottolinea la necessità di un avversario più forte e capace di sconfiggerlo. L’editoriale del New York Times non è solo un appello a Biden affinché rinunci alla candidatura, ma anche un invito ai Democratici a riconoscere la realtà delle condizioni attuali del presidente e a intraprendere un percorso di selezione di un nuovo candidato. “È la migliore occasione per proteggere l’anima della nazione – la causa che ha portato Biden a candidarsi alla presidenza nel 2019 – dalle maligne deformazioni di Trump”, conclude l’editoriale. Con le elezioni a soli quattro mesi di distanza, la richiesta del New York Times segna un momento cruciale per la campagna elettorale democratica, aprendo la strada a un dibattito interno sul futuro della leadership del partito e sul miglior modo per affrontare le sfide poste da Donald Trump.

Evan Gershkovich (WSJ) in tribunale per il processo

Evan Gershkovich processo

Nell’ombra di tribunali chiusi e corti regolari si svolge un dramma silenzioso, un’offerta di scambio diplomatico travestita da processo giudiziario. Evan Gershkovich, corrispondente del Wall Street Journal, è diventato il fulcro di un’escalation internazionale tra Russia e Stati Uniti, intrappolato in un labirinto di accuse di spionaggio. Arrestato il 29 marzo 2023 mentre raccoglieva informazioni sui legami tra la Brigata Wagner e l’industria bellica russa, Gershkovich è stato trasferito in una prigione di massima sicurezza a Mosca. Le accuse, lanciate dall’FSB russo, lo dipingono come una pedina della CIA, operante sotto il velo della cospirazione per sottrarre segreti militari russi. Il processo, avviato con porte chiuse presso la Corte regionale Sverdlovskij di Ekaterinburg, segna un punto di non ritorno nelle relazioni internazionali. Né familiari, né rappresentanti consolari americani possono assistere agli atti giudiziari; solo il giudice, il procuratore, l’imputato e i suoi legali sono presenti. È un rituale noto in Russia per casi di presunto spionaggio, dove il velo di segretezza alimenta speculazioni e teorie sulle motivazioni politiche nascoste dietro ai procedimenti legali. Per Gershkovich, nato a New York da genitori russi, il giornalismo è stato un viaggio per esplorare le radici familiari e narrare le sfumature della società russa. Dal Moscow Times al Wall Street Journal, ha documentato crisi e cambiamenti in un paese complesso e contraddittorio, fino a trovarsi al centro di un confronto geopolitico. La sua detenzione non è solo un colpo per la libertà di stampa, ma anche un pezzo pregiato nel “fondo di scambio” russo. Mosca ha ripetutamente suggerito uno scambio con cittadini russi detenuti all’estero, cercando di negoziare il rilascio di Gershkovich come parte di un accordo più ampio. Un’offerta che riflette il cinismo e la strategia di Putin nel coltivare le relazioni internazionali, non più basate su principi morali, ma su calcoli politici e interessi di stato. Mentre il processo avanza, la famiglia di Gershkovich e il Wall Street Journal denunciano le accuse come montature, ribadendo che il giornalismo non può essere criminalizzato. Tuttavia, il destino di Gershkovich rimane incerto, legato a un gioco diplomatico in cui le vite umane sono moneta di scambio. E mentre il mondo osserva, l’America è chiamata a pagare un prezzo alto per riavere il suo cittadino – un prezzo misurato non solo in anni di detenzione, ma anche nel compromesso dei suoi valori fondamentali.

Washington Post: Robert Winnett rimane al Telegraph

The Washington Post Headquarter

Robert Winnett ha deciso di non assumere la direzione del Washington Post a seguito di notizie che hanno sollevato dubbi sui suoi legami con pratiche non etiche di raccolta di notizie in Gran Bretagna. Resterà al Daily Telegraph, dove attualmente ricopre il ruolo di vicedirettore. La notizia è stata comunicata venerdì sia ai dipendenti del Telegraph che allo staff del Post tramite e-mail. Chris Evans, caporedattore del Telegraph, ha dichiarato: “Sono lieto di annunciare che Rob Winnett ha deciso di restare con noi. Come tutti sapete, è un ragazzo di talento e la loro perdita è il nostro guadagno“. Will Lewis, amministratore delegato del Washington Post, ha confermato la notizia ai dipendenti del Post, esprimendo il suo rammarico per il ritiro di Winnett e lodandolo come un “editore e giornalista di incredibile talento“. Secondo fonti vicine alla questione, Winnett ha scelto di ritirarsi dalla posizione di direttore della redazione del Post. Lewis ha annunciato che il Post avvierà una nuova ricerca per coprire il ruolo vacante, ricerca che in passato ha richiesto tempi lunghi e culminato con un’intervista a Jeff Bezos, il fondatore di Amazon e proprietario del giornale. La decisione di Winnett di rimanere in Gran Bretagna rappresenta l’ultimo episodio di una serie di sconvolgimenti al Post. All’inizio del mese, Sally Buzbee, direttrice esecutiva del giornale, ha rassegnato improvvisamente le dimissioni, coincidenti con l’annuncio di Lewis di un piano per riorganizzare drasticamente la redazione del Post, prevedendo l’installazione di Winnett come caporedattore permanente. Le settimane successive hanno visto numerosi articoli sollevare dubbi sull’etica giornalistica di Winnett e Lewis. Ciò ha portato molti giornalisti del Post a diventare scettici sulla capacità della coppia di guidare un’istituzione così prestigiosa. Bezos, proprietario del giornale da oltre un decennio, è intervenuto rassicurando gli editori senior che gli standard del Post rimarranno elevati. Winnett, noto per la sua incessante ricerca di scoop, si è guadagnato il soprannome di “Rat Boy”. Tuttavia, la notizia del suo ritiro ha sollevato sollievo tra alcuni giornalisti del Post. “Rat Boy è uscito!” ha esclamato un giornalista in un messaggio di testo. Lewis aveva inizialmente annunciato che Winnett avrebbe assunto la direzione del Post dopo le elezioni presidenziali americane di novembre, con Matt Murray, ex redattore capo del Wall Street Journal, che avrebbe ricoperto il ruolo di caporedattore ad interim fino ad allora. Nella sua e-mail di venerdì, Lewis ha confermato che Murray continuerà a ricoprire il ruolo fino a dopo le elezioni, mentre il Post pianifica di creare una nuova divisione focalizzata sul giornalismo di servizio e sui social media nel primo trimestre del prossimo anno. La decisione di Winnett rappresenta una grave battuta d’arresto per Lewis, criticato nelle ultime settimane per la sua gestione delle situazioni etiche e dei conflitti interni. Il New York Times ha recentemente riportato che Lewis e Winnett avrebbero utilizzato documenti ottenuti in modo fraudolento per articoli pubblicati sul Sunday Times di Londra. Il Washington Post ha successivamente condotto un’indagine sui legami di Winnett con John Ford, un investigatore privato che ha ammesso di aver utilizzato metodi non etici per ottenere esclusive. Nonostante l’angoscia espressa privatamente dalla redazione, alcuni giornalisti di spicco del Post hanno pubblicamente chiesto le dimissioni di Lewis per il bene del giornale e del pubblico, affermando che ha perso la fiducia della redazione e non la riconquisterà mai. La ricerca di un nuovo direttore per il Post è stata condotta da Patty Stonesifer, dirigente tecnologica e confidente di Bezos, che ha incontrato i dipendenti del Post per discutere delle questioni attuali e della nuova divisione di giornalismo di servizio. Prima che lo scandalo travolgesse il Post, Lewis aveva elogiato Winnett come un “brillante giornalista investigativo” che avrebbe “ripristinato un grado ancora maggiore di rigore investigativo” al giornale, promettendo che per Winnett si prospettavano giorni difficili.

Etica e lavoro precario: la contraddizione di TV2000

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In questi giorni TV2000, la rete televisiva di proprietà della Conferenza episcopale italiana, è al centro di un acceso dibattito riguardante il trattamento riservato a circa 40 lavoratori precari, tra cui giornalisti professionisti, autori e consulenti vari. Il Coordinamento dei precari della rete TV2000 ha diffuso martedì 18 giugno 2024 una nota in cui denuncia una situazione che definisce come “transazione capestro“. Secondo il comunicato, i lavoratori, alcuni dei quali con contratti continuativi in essere da oltre 10 anni, sono stati costretti a firmare un accordo presso una Commissione di Conciliazione istituita all’Università Luiss. Questo documento, secondo i lavoratori, li obbligherebbe a dichiarazioni non veritiere riguardanti inesistenti “generiche rivendicazioni” sui compensi pattuiti. Inoltre, dietro il versamento di soli 500 euro, i firmatari sarebbero costretti a rinunciare a qualsiasi diritto acquisito nel precedente rapporto di lavoro con l’azienda. ACCORDO CONTROVERSO “Dunque – prosegue il comunicato – una transazione capestro su una controversia che non esiste. Naturalmente chi non firma questa “transazione” non potrà firmare nemmeno il rinnovo del contratto”. La nota sottolinea inoltre che la parola “transazione” implica un accordo consensuale tra le parti, mentre qui ci si trova di fronte a un’imposizione unilaterale da parte dell’amministratore delegato Massimo Porfiri e del direttore del personale Luciano Flussi. Il tutto avviene nel silenzio del direttore di rete Vincenzo Morgante e dell’editore. QUESTIONE ETICA E MORALE Ciò che rende la vicenda ancora più scabrosa è il fatto che TV2000 e Radio in Blu sono finanziate con i fondi affidati ai vescovi italiani, denaro che si suppone debba essere utilizzato in modo etico. Tuttavia, l’azienda sembra operare con criteri che violano i diritti dei lavoratori. “O forse ricattare i lavoratori più deboli, quelli a partita IVA, rientra tra i suggerimenti della dottrina sociale della Chiesa?” si domanda il Coordinamento dei precari. Questo comportamento appare in netto contrasto con i principi espressi da Papa Francesco, che durante la sua visita allo Stabilimento Ilva di Genova il 27 maggio 2017 aveva criticato duramente “l’economia che perde i volti” e passa sopra “le persone da tagliare e licenziare”, senza dimenticare i suoi numerosi interventi contro “l’abuso del lavoro precario”. SILENZI ASSORDANTI Il comunicato si chiude con un appello ai vescovi italiani, chiedendo il loro parere su quanto sta accadendo all’interno della loro rete televisiva. Tuttavia, finora, i silenzi attorno a questa vicenda sono stati numerosi e assordanti, lasciando 40 famiglie in una situazione di estrema incertezza e con il “coltello alla gola“. La questione sollevata dal Coordinamento dei precari di TV2000 non solo mette in luce le problematiche legate al lavoro precario e alla mancanza di diritti per i lavoratori, ma solleva anche importanti interrogativi sull’etica e la responsabilità sociale delle istituzioni che gestiscono tali reti televisive. Resta da vedere se i vescovi italiani e gli altri responsabili della rete risponderanno a queste preoccupazioni e prenderanno provvedimenti per risolvere la situazione in modo giusto ed equo. (In foto, Vincenzo Morgante, direttore di TG2000)    

WSJ, Evan Gershkovich accusato di spionaggio in Russia

Evan Gershkovich

La procura generale federale russa ha formalizzato le accuse di spionaggio contro Evan Gershkovich, giornalista del Wall Street Journal. Il processo si terrà a Ekaterinburg, nella regione degli Urali, in una data ancora da definirsi. La notizia è stata diffusa dall’agenzia di stampa governativa Ria Novosti. Gershkovich rischia fino a vent’anni di carcere per le accuse mosse contro di lui. Secondo la procura russa, Gershkovich avrebbe raccolto informazioni segrete riguardo a una struttura che costruisce e ripara attrezzature militari nella regione di Ekaterinburg. Le autorità sostengono che il giornalista lo abbia fatto per conto della CIA, l’agenzia di intelligence statunitense. Tuttavia, non sono state presentate prove a sostegno di queste accuse. Gershkovich è stato arrestato in Russia nel marzo 2023 con accuse di spionaggio considerate false e pretestuose da molti paesi e osservatori indipendenti. Da allora è detenuto nella prigione di Lefortovo, a Mosca, nota per essere da oltre un secolo uno dei principali luoghi di detenzione di oppositori politici e giornalisti critici nei confronti del governo russo. Fino ad ora si erano tenute solo delle udienze a porte chiuse, che avevano servito a prolungare la sua detenzione preventiva senza formalizzare le accuse. Anche il processo dovrebbe tenersi a porte chiuse. Costruita nel 1881, Lefortovo è conosciuta per la sua storia di detenzione politica. Inizialmente utilizzata per detenuti comuni condannati a pene brevi, dal 1917, anno della rivoluzione bolscevica, assunse una funzione più politica. La polizia segreta sovietica del regime di Iosif Stalin la usava per rinchiudere, interrogare, torturare e spesso uccidere gli oppositori del regime. Lavrentiy Beria, capo del NKVD (Commissariato del popolo per gli affari interni), partecipava personalmente agli interrogatori e alle esecuzioni. Negli ultimi mesi si è parlato più volte di una possibile liberazione di Gershkovich tramite uno scambio di prigionieri. Il governo russo sarebbe particolarmente interessato a Vadim Krasikov, ex agente dei servizi di sicurezza russi (FSB), detenuto in Germania dal 2021 per l’omicidio nel 2019 dell’ex comandante dei ribelli ceceni Zelimkhan Khangoshvili. La settimana scorsa, durante un incontro con alcuni giornalisti internazionali a San Pietroburgo, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che i negoziati con gli Stati Uniti per la liberazione di Gershkovich sono in corso, secondo quanto riportato da AP News. Il caso di Gershkovich è stato trasferito per il processo alla Corte regionale di Sverdlovsk. Come riporta l’Ansa, l’inchiesta, ha detto la Procura, “ha accertato che Gershkovich, su istruzioni della Cia, ha raccolto informazioni segrete nella regione di Sverdlovsk sulle attività dell’industria della difesa Jsc Npk Uralvagonzavod”, il più grande produttore russo di carri armati.

Bruno Vespa in diretta: “La smettete, basta rompiscatole”

Bruno Vespa furioso con gli autori in diretta

Bruno Vespa si è spazientito durante la puntata speciale di Porta a Porta dedicata alle Elezioni Europee e Amministrative 2024, trasmessa lunedì 10 giugno su Rai1. Il noto conduttore e giornalista ha avuto un acceso battibecco con gli autori del programma che lo incalzavano a chiudere la trasmissione. Il momento di tensione è emerso nelle battute finali della puntata, mentre gli ospiti in studio erano impegnati in un animato confronto. Sullo sfondo, Vespa ha cercato di prendere la parola: “Bene, scusate ma io devo dare la linea al Tg1”. Nonostante i ripetuti tentativi di Vespa di interrompere il dibattito con un cortese “Scusate, scusate, per favore, dobbiamo chiudere”, gli ospiti hanno continuato a parlare. Quando il conduttore ha alzato la voce, rivolgendosi visibilmente infastidito verso qualcuno dietro le quinte, ha esclamato: “Mi state facendo cenno, vi ho visto, la smettete! Ecco, basta per favore”. L’intervento di Vespa ha portato un momento di silenzio nello studio, seguito dalla spiegazione rivolta agli ospiti: “Volevo chiudere perché questi rompiscatole fanno cenni”. Nonostante la drammatica conclusione, la puntata di Porta a Porta non ha ottenuto il successo sperato. Il programma, dedicato agli approfondimenti sulle Elezioni Europee e Amministrative 2024, ha registrato un’audience di soli 886.000 spettatori, pari al 5.87% di share. Un risultato deludente, specialmente se confrontato con Propaganda Live su La7, che ha attratto 894.000 spettatori con il 7.47% di share, e Quarta Repubblica su Rete 4, condotto da Nicola Porro, seguito da 864.000 spettatori con il 6.48% di share.

Fnsi: libertà di stampa a rischio, serve un rinnovo contrattuale

Contratto

Il Consiglio nazionale della Federazione Nazionale Stampa Italiana (Fnsi) si è riunito mercoledì 5 giugno 2024, esprimendo sostegno alla relazione presentata dalla segretaria generale Alessandra Costante. La relazione ha sollevato preoccupazioni significative riguardo alla qualità della libertà di stampa e al rispetto dei diritti civili in Italia, criticità che sono state denunciate anche da organismi internazionali. In un documento ufficiale, il Consiglio ha espresso “profonda inquietudine per le parole della segretaria e del presidente sulle criticità rispetto alla qualità della libertà di stampa e del rispetto dei diritti civili in Italia”. Il documento sottolinea anche l’importanza dell’articolo 36 della Costituzione italiana, che garantisce ai lavoratori una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del loro lavoro, sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa. Il Consiglio nazionale ha dichiarato il proprio appoggio alle azioni che la Segreteria e la Giunta intendono intraprendere nel confronto con gli editori per il rinnovo contrattuale, fermo da otto anni. “Un lasso di tempo che si è tradotto per gli editori in un importante taglio del costo del lavoro e in una maggiore precarizzazione del settore“, ha affermato il Consiglio. Il nuovo contratto dovrà essere inclusivo, aggiornato coi tempi e dovrà recuperare il gap dovuto all’erosione dell’inflazione. Un altro tema centrale discusso durante l’assemblea è stato quello dell‘intelligenza artificiale. Il Consiglio ha condiviso l’idea della segreteria secondo cui i giornalisti dovranno essere i protagonisti nel governare l’AI in redazione. “Il Consiglio respinge fin d’ora l’ipotesi che l’AI possa sostituire il nostro lavoro, un lavoro che è centrale per la democrazia e la sicurezza del nostro Paese”, si legge nel documento. La Fnsi ha sottolineato l’importanza di non ripetere l’errore fatto agli inizi degli anni 2000 con il web, quando gli editori non sono stati in grado di gestire il cambiamento, danneggiando il settore anche economicamente. Infine, il Consiglio nazionale ha espresso ottimismo per la chiusura in avanzo del bilancio federale e ha concordato con la proposta di utilizzare parte dei fondi federali a sostegno delle Associazioni regionali di Stampa che hanno chiuso in negativo. “L’anima della Fnsi sono le Associazioni regionali di Stampa“, ha dichiarato la segretaria Costante, evidenziando l’importanza di sostenere le entità regionali per mantenere viva e forte la missione della Fnsi.