“Il Foglio AI”, da esperimento a progetto editoriale stabile: in edicola ogni martedì

Il Foglio AI diventa settimanale

A un mese dall’inizio dell’esperimento, la redazione del Foglio annuncia che il Foglio AI, il progetto che ha dato vita al primo quotidiano scritto interamente con l’ausilio di un’intelligenza artificiale, proseguirà con una nuova formula. L’AI utilizzata, allenata nel corso del tempo con prompt personalizzati e una linea editoriale coerente, è stata parte attiva del lavoro quotidiano del giornale per trenta giorni consecutivi. L’esperimento è stato ideato e diretto da Claudio Cerasa, che ha affiancato l’intelligenza artificiale nella produzione di articoli, editoriali, rubriche, lettere al direttore e contenuti di attualità, con una metodologia redazionale strutturata e condivisa. Ogni giorno, alle ore 12, la redazione si riuniva per discutere idee, notizie, interviste, intuizioni e provocazioni. Da questo confronto nascevano le istruzioni, i cosiddetti prompt, destinati a generare gli articoli firmati Foglio AI. I prompt contenevano indicazioni su tono, stile, taglio, lunghezza e obiettivo dei pezzi. L’interazione tra redazione e intelligenza artificiale si è evoluta: inizialmente i comandi erano lunghi e dettagliati, poi sempre più sintetici, grazie a una crescente comprensione del linguaggio editoriale interno da parte dell’AI. Nel corso del mese, la macchina ha prodotto contenuti che hanno suscitato reazioni sia interne che esterne. L’AI ha mostrato capacità di sintesi, rielaborazione, imitazione di stili e generazione di contenuti su misura. Ha anche commesso errori, riconosciuti e documentati: date inesatte, confusione tra nomi simili, riferimenti errati a eventi passati, fino all’ostinata difficoltà nel collocare Donald Trump come presidente eletto nel 2024. Alcuni articoli sono stati corretti, altri lasciati volutamente imperfetti per dimostrare i limiti della tecnologia. La sperimentazione ha incluso test specifici: analisi di discorsi politici, lettura di documenti, traduzione di immagini in articoli, commenti su classifiche letterarie, simulazioni di lettere immaginarie tra figure pubbliche, editoriali polemici, stroncature ironiche, articoli scritti e riscritti con tono politico, adolescenziale, giornalistico o narrativo. L’AI è stata anche coinvolta nella scrittura di lettere d’amore, oroscopi e dialoghi immaginari tra intellettuali e personaggi storici. Il progetto ha generato migliaia di righe di testo, tutte verificate, selezionate e integrate dalla redazione. Secondo Cerasa, il valore dell’AI non è nella sostituzione dell’intelligenza naturale, ma nella sua integrazione all’interno del processo creativo redazionale. I giornalisti hanno utilizzato l’intelligenza artificiale per comprendere meglio dove migliorare, cosa delegare, cosa mantenere esclusivamente umano. L’AI non può fornire fonti, non può costruire inchieste originali, non può creare idee dal nulla, ma può aiutare a elaborarle, a raffinarle, a verificarle, a metterle in ordine. Il Foglio AI, che nel primo mese è stato pubblicato ogni giorno come edizione speciale del quotidiano, proseguirà ora in forma settimanale, ogni martedì, con una testata autonoma e quattro pagine dedicate. Tratterà temi di attualità, innovazione, intelligenza artificiale e approfondimenti sulla trasformazione dei linguaggi editoriali. Il progetto continuerà anche in forma ibrida: articoli firmati Foglio AI compariranno saltuariamente nel quotidiano, con una chiara indicazione della loro origine. Il Foglio utilizzerà l’esperienza accumulata per sviluppare nuove iniziative: una scuola di giornalismo AI-based, borse di studio, eventi, workshop, newsletter tematiche, progetti multimediali e un osservatorio dedicato all’uso dell’intelligenza artificiale nei media. L’obiettivo è offrire strumenti, formazione e riflessione sul rapporto tra scrittura, tecnologia e creatività. L’interazione tra il direttore e l’intelligenza artificiale è stata raccontata anche sotto forma di intervista reciproca. Una parte significativa dell’esperimento si è svolta proprio in questa forma: botta e risposta in cui l’AI faceva domande al direttore, ribaltando i ruoli e mostrando la possibilità di un giornalismo dialogico tra umano e macchina. L’AI è stata istruita per parlare di sé, riflettere sui propri limiti, rispondere a provocazioni, proporre soluzioni editoriali e simulare riflessioni personali. L’intero progetto ha ricevuto attenzione internazionale, è stato citato da numerosi media stranieri e ha rappresentato un caso di studio unico per l’editoria. Non si è trattato di una semplice dimostrazione tecnologica, ma di un esperimento quotidiano redazionale, completo di errori, revisioni, scelte editoriali e scommesse sulla sostenibilità di un modello innovativo. Il Foglio ha confermato che continuerà a esplorare le potenzialità dell’AI, non per sostituire il lavoro umano ma per affiancarlo, rafforzarlo, e spingere l’intero sistema giornalistico a confrontarsi con il cambiamento. Il progetto si evolverà anche come strumento di educazione: non solo a usare l’AI, ma a capire quando e come usarla, e soprattutto quando è necessario spegnerla per tornare a osservare, telefonare, incontrare, litigare, vivere il mestiere. L’esperimento ha mostrato come, anche nel rapporto con una macchina, sia possibile costruire una relazione editoriale fondata su regole, linguaggi condivisi, obiettivi chiari e verificabili. E ha ribadito che il giornalismo, anche nell’era dell’automazione, resta un mestiere che si costruisce nella comunità umana, nel confronto, nel dubbio e nella passione per la scrittura. Il Foglio AI continuerà. Con un nuovo formato, ma con lo stesso obiettivo: esplorare il possibile, senza rinunciare al reale. (Foto: @Il Foglio)

Corriere della Sera, pensionati in attività oltre i limiti contrattuali

Corriere della Sera redazione via Solferino

Le giornaliste e i giornalisti del Corriere della Sera hanno diffuso una nota interna in cui segnalano un utilizzo improprio di colleghi pensionati all’interno della redazione. Secondo quanto riportato, i giornalisti in quiescenza verrebbero impiegati in attività che vanno oltre i limiti contrattuali previsti per le collaborazioni, assumendo incarichi che comprendono coperture giornalistiche, ruoli organizzativi e presenze in riunioni operative, sia in Italia che all’estero. La denuncia, che arriva dalla redazione del quotidiano milanese, si fonda sull’osservazione di diversi casi verificatisi nell’ultimo anno, nei quali pensionati avrebbero partecipato a conferenze stampa, mantenuto accessi attivi ai sistemi editoriali e in alcuni casi sarebbero stati identificati come inviati ufficiali del giornale. Tali pratiche, secondo quanto scritto nella nota, contraddicono le norme in vigore e rappresentano un ostacolo al rinnovamento interno, sottraendo spazio a giovani professionisti e limitando le possibilità di sviluppo delle competenze già presenti in redazione. Pur riconoscendo il valore dell’esperienza maturata dai colleghi in pensione, i firmatari del documento ritengono che la loro collaborazione debba restare entro i confini del ruolo previsto dal contratto, senza sovrapporsi a compiti che spettano ai giornalisti in servizio. A questo si aggiunge una critica esplicita all’uso delle partite IVA, ritenute un’alternativa impropria ai contratti a termine, che finisce per generare figure prive di tutele e prospettive di carriera interna. La redazione ribadisce quindi la richiesta di: limitare l’uso dei pensionati alle collaborazioni con compiti di scrittura al di fuori delle coperture istituzionali e dei servizi quotidiani che possono essere garantiti da giornalisti dipendenti, escludendo gli incarichi di inviato e i ruoli di coordinamento e di coinvolgimento nella ideazione e fattura del giornale e dei suoi contenuti speciali. Investire sui giovani con contratti equi e rispettosi dei compiti, assicurando loro possibilità di crescita e formazione sul campo. Garantire più attenzione ai percorsi di carriera interna e alle legittime aspettative dei giornalisti dipendenti che hanno dimostrato impegno, passione e competenza. Nella parte conclusiva del documento, i giornalisti si dichiarano consapevoli delle difficoltà economiche generali del settore, ma sottolineano l’importanza di un ricambio generazionale per garantire la continuità e la qualità della testata nel tempo. A seguito della nota, il direttore del Corriere della Sera, in accordo con l’editore, ha replicato che il ricorso ai collaboratori avviene nel rispetto del contratto nazionale e in un’ottica di valorizzazione delle competenze professionali. Ha inoltre ricordato che dal 2016 a oggi sono stati assunti 66 redattori, definendo questo numero un investimento senza precedenti nel panorama editoriale italiano.

Nasce “Moneta”, il settimanale economico allegato a Il Giornale, Libero e Il Tempo

Debutta in edicola con il Giornale il nuovo settimanale “Moneta”, allegato gratuitamente ogni sabato anche a Libero e Il Tempo. Si tratta di una nuova testata cartacea, con aggiornamenti digitali, interamente dedicata a economia, finanza e risparmio, pensata per offrire ai lettori uno strumento stabile di orientamento in un contesto globale segnato da forte instabilità economica e geopolitica. Il progetto è stato sviluppato congiuntamente dagli editori e dai direttori dei tre quotidiani, con l’intenzione di affiancare all’informazione generalista un approfondimento specifico sul tema del denaro, spesso trascurato per limiti di spazio e formato. Diretto dal giornalista economico Osvaldo De Paolini, “Moneta” vuole rispondere alla crescente domanda di consapevolezza da parte di un pubblico alle prese con inflazione, mutui, previdenza, mercati volatili, tecnologie emergenti e scenari geopolitici in evoluzione. Il nuovo settimanale si propone come un’informazione economica accessibile ma rigorosa, attenta alle esigenze quotidiane dei cittadini e alle trasformazioni strutturali del sistema economico. Nel numero inaugurale sono presenti due servizi esclusivi. Il primo è una sintesi di un rapporto riservato che individua oltre 50 obiettivi industriali italiani sensibili in caso di un conflitto internazionale. Il secondo è una intervista all’architetto Massimiliano Fuksas, che anticipa i temi del Salone del Mobile di Milano, raccontando il suo punto di vista sull’architettura contemporanea e sul design. La rivista dedicherà ampio spazio a temi come sistema bancario, start-up, agricoltura, finanza innovativa, pensioni, investimenti, industria 4.0 e mercati globali, offrendo ogni settimana 40 pagine di contenuti, inclusi approfondimenti, dossier e voci dai protagonisti del mondo produttivo italiano. Il settimanale sarà disponibile anche in versione digitale, con aggiornamenti continui, analisi e breaking news. Il lancio sarà seguito da due eventi ufficiali: l’11 aprile a Milano nella sede della Borsa Italiana e il 17 aprile a Roma presso il Tempio di Adriano, sede della Camera di Commercio. L’obiettivo è costruire un ecosistema informativo integrato, capace di affiancare la carta stampata con il dinamismo della rete e offrire ai lettori un punto di riferimento solido per comprendere e affrontare le trasformazioni economiche in corso. (In foto, Vittorio Feltri)

La Casa Bianca valuta un nuovo assetto dei posti stampa e dà più spazio alle nuove voci emergenti

Karoline Leavitt parla durante una conferenza stampa alla Casa Bianca

La Casa Bianca sta valutando la possibilità di ridefinire la mappa dei posti nella sala stampa, finora gestita dalla White House Correspondents’ Association (WHCA), aprendo un nuovo fronte di tensione tra l’amministrazione Trump e la stampa accreditata. Secondo quanto riportato da Axios, la proposta è parte di una più ampia riorganizzazione con l’obiettivo dichiarato di aggiornare la sala alle trasformazioni dell’ecosistema mediatico, con maggiore spazio previsto per nuove piattaforme e voci emergenti. I criteri attuali privilegiano testate storiche come le agenzie di stampa e le principali emittenti, assegnando loro le prime file. La nuova mappa, nelle intenzioni della Casa Bianca, dovrebbe riflettere “il modo in cui i media vengono consumati oggi”. La WHCA ha definito l’ipotesi un tentativo di sovvertire il sistema di autogestione della stampa alla Casa Bianca. In una comunicazione ai suoi membri, l’associazione ha avvertito che, se attuata, la mossa renderà ancora più evidente l’intenzione del governo di prendere il controllo del sistema con cui i media si organizzano in modo indipendente, facilitando eventuali punizioni per una copertura non allineata. Il confronto arriva dopo settimane di tensioni. A febbraio, la Casa Bianca ha revocato all’Associated Press l’accesso a vari eventi, accusandola di non adeguarsi a una direttiva stilistica sull’uso della denominazione “Golfo d’America” al posto di “Golfo del Messico”. L’AP ha avviato un’azione legale, chiedendo un’ingiunzione. Allo stesso tempo, la WHCA ha invitato i membri a indossare simboli del Primo Emendamento durante le apparizioni pubbliche in segno di protesta. Domenica, la dirigenza della WHCA si è riunita per discutere possibili risposte, tra cui anche un’azione simbolica che prevede il ritorno ai seggi tradizionali in caso di imposizione della nuova disposizione. Alcuni membri hanno riferito che il clima resta incerto e che ogni decisione verrà presa in base all’evoluzione della situazione. Interpellato sull’ipotesi di protesta, il direttore delle comunicazioni della Casa Bianca, Steven Cheung, ha risposto con una risata pubblicata sui social. Intanto, la stessa portavoce Leavitt ha dichiarato che la sala briefing “non appartiene ai giornalisti d’élite di Washington” e che la Casa Bianca ha cercato di avviare un confronto sui cambiamenti proposti. Nel frattempo, l’associazione ha rinunciato alla partecipazione della comica Amber Ruffin alla cena annuale dei corrispondenti, dopo le critiche dell’amministrazione. Il presidente della WHCA, Eugene Daniels, ha motivato la scelta come una decisione per mantenere il focus sull’attività giornalistica e sul supporto alla nuova generazione di cronisti. Secondo alcune fonti, l’obiettivo dell’amministrazione non sarebbe quello di escludere i media tradizionali, ma di rivedere il sistema in chiave più rappresentativa del panorama attuale. Un seggio per i “nuovi media” è già stato previsto nei briefing recenti. Tuttavia, nella comunità giornalistica cresce il timore che la redistribuzione dei posti possa trasformarsi in un criterio di accesso condizionato alla linea editoriale. (In copertina, la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, parla durante una conferenza stampa alla Casa Bianca il 26 marzo. Foto di Jabin Botsford/The Washington Post)

“Il Foglio AI”, visita della stampa estera in redazione

Claudio Cerasa con i colleghi della stampa estera

Il mondo si è accorto subito. Quando Il Foglio ha deciso di affidare interamente a un’intelligenza artificiale la realizzazione di un supplemento cartaceo, la notizia ha attraversato confini, lingue e redazioni. A partire da metà marzo, la pubblicazione del primo giornale stampato realizzato senza penne umane ha suscitato attenzione in tutta la stampa internazionale. A sorprendere non è stata solo la tecnologia impiegata, ma la scelta editoriale: un quotidiano generalista, noto per l’uso della parola come esercizio di giudizio, ha scelto di sperimentare cosa succede quando il linguaggio viene generato da un software. Il progetto, pensato per durare un mese, ha acceso il dibattito su cosa significhi oggi fare giornalismo, su cosa resti della scrittura umana quando anche lo stile diventa replicabile e su quanto spazio possa trovare l’intelligenza artificiale all’interno di una redazione. Non si è trattato di un’imitazione in incognito: ogni pagina è stata esplicitamente firmata da un algoritmo, guidato da input redazionali. Proprio questa trasparenza ha alimentato l’interesse: il tentativo dichiarato di esplorare i limiti e le potenzialità della tecnologia generativa applicata al giornalismo. Il 26 marzo una quarantina di giornalisti della stampa estera in Italia hanno fatto visita alla redazione per incontrare il direttore Claudio Cerasa e scoprire la rivoluzione del Foglio AI. Le prime reazioni sono arrivate dal Regno Unito, con The Guardian, BBC e Reuters che hanno raccontato l’esperimento in chiave tecnica e culturale. Da lì la notizia si è diffusa rapidamente, alimentata anche dalle agenzie internazionali. Negli Stati Uniti se ne sono occupati New York Times, Washington Post, CNN, Politico, GizMondo, TweakTown, il sito Open Tools e il centro studi Poynter, ciascuno con un’angolatura diversa: dalla trasparenza del processo al ruolo dell’editing, fino alle implicazioni etiche e professionali. In Francia, Germania, Spagna e in decine di altri Paesi, l’esperimento è diventato un caso. Testate storiche, siti specializzati, radio e televisioni si sono chiesti cosa accade al mestiere giornalistico quando a scrivere è un’intelligenza senza corpo. Molti hanno colto l’aspetto simbolico: una redazione reale, con lettori veri, ha messo alla prova un contenuto completamente artificiale. Un gesto che, per alcuni osservatori, segna una soglia superata nel rapporto tra informazione e automazione. RASSEGNA PER PAESI Regno Unito: The Guardian ha parlato di paradosso editoriale. La BBC ha analizzato strumenti e contesto. Reuters ha riportato i fatti con taglio sobrio e informativo. Stati Uniti: New York Times ha evidenziato il valore simbolico. Washington Post ha parlato di “laboratorio italiano”. CNN, Politico, GizMondo, TweakTown, Poynter e Open Tools hanno esaminato effetti editoriali, trasparenza e impatto culturale. Francia: Le Figaro, Le Monde, HuffPost France, Bfmtv, Le Point, Radio France, AFP, RTBF e 21 News hanno trattato il tema tra riflessione editoriale e stupore per il primato italiano. Germania: Frankfurter Allgemeine Zeitung, Süddeutsche Zeitung, Der Spiegel, Heise Online hanno discusso di tecnica, cultura, responsabilità editoriale e trasformazione della redazione. Spagna: El País ha proposto un’analisi letteraria e filosofica della lettura di un contenuto senza autore umano. Brasile: Folha de S.Paulo, Notícias Favoritas, Espressa Noticias hanno commentato innovazione, impatto e criticità nel contesto latinoamericano. India: Indian Express, The Hindu e l’emittente Wion hanno dato spazio al caso, sollevando interrogativi sul futuro dei giornalisti. Colombia: Enter.co ha discusso il valore potenziale dell’AI per la sopravvivenza della carta stampata. Lussemburgo: L’Essentiel ha definito il caso una svolta per l’etica editoriale e l’innovazione. Russia: Pravda e BZNS Media hanno analizzato la capacità dell’AI di produrre contenuti analitici. Corea del Sud: l’agenzia Yonhap ha discusso processi e implicazioni per il giornalismo. Taiwan: Central News Agency ha pubblicato un articolo e un video con visita alla redazione e intervista al direttore Cerasa. Svizzera: NZZ e RSI hanno trattato il tema dell’AI nel giornalismo a partire dal caso italiano. Paesi Bassi: NOS ha raccontato la sperimentazione e sollevato interrogativi su controllo e credibilità. Danimarca: POV International e Journalisten.dk hanno discusso del rapporto tra innovazione e verifica umana. Egitto: Enterprise News ha analizzato l’impatto dell’AI nel giornalismo del Medio Oriente e Nord Africa. Slovenia: Mmc RTV Slovenija ha evidenziato le opportunità e i rischi del progetto. Turchia: Bizsiziz e Yeniçağ Gazetesi hanno spiegato l’iniziativa e riportato opinioni di esperti internazionali. Messico: Tv Azteca Yucatán ha descritto l’originalità e gli obiettivi dichiarati dell’esperimento. (nelle foto, il Direttore Claudio Cerasa con i colleghi della stampa estera, il 26 marzo. Credits: Il Foglio)

A New York il 28/3 il via al lab AI per redazioni: selezionati 23 da 12 paesi

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Il 28 marzo 2025 prenderà il via a New York l’AI Journalism Lab: Adoption Cohort, un programma internazionale promosso dall’AI Journalism Labs della Craig Newmark Graduate School of Journalism presso la CUNY, in collaborazione con Microsoft. La nuova coorte è composta da 23 professionisti del giornalismo provenienti da 12 paesi – tra cui Canada, Colombia, Etiopia, Indonesia, Nigeria, Filippine, Porto Rico, Romania, Turchia, Stati Uniti e Uruguay – selezionati per partecipare a un percorso formativo sulla adozione dell’intelligenza artificiale nelle redazioni. Il laboratorio, della durata di oltre tre mesi, si svolgerà virtualmente fino al 2 luglio 2025, ad eccezione dell’incontro inaugurale che si terrà in presenza alla Newmark J-School il 28 e 29 marzo. L’obiettivo è fornire ai partecipanti competenze e strumenti per implementare pratiche basate su intelligenza artificiale nei flussi di lavoro giornalistici. Secondo quanto dichiarato da Marie Gilot, direttore esecutivo di J+, i partecipanti sono già coinvolti attivamente nell’uso dell’AI nel giornalismo e il programma mira a rafforzarne le capacità in termini di leadership, innovazione e sicurezza nell’introduzione di nuove tecnologie. I profili selezionati comprendono giornalisti, produttori, reporter e manager, con esperienze che vanno dal giornalismo locale e internazionale alla gestione prodotti, dal coinvolgimento del pubblico alla narrazione basata sui dati. Noreen Gillespie, Journalism Director per Microsoft, ha sottolineato che l’intelligenza artificiale rappresenta un’opportunità strategica per le redazioni, ma che il processo di adozione può risultare complesso. Il programma è stato progettato per aiutare i partecipanti a integrare in modo efficace l’AI nel giornalismo, con particolare attenzione all’impatto sulle comunità servite. (Credits photo)

Nasce “Il Foglio AI”, il primo quotidiano scritto dall’AI

Claudio Cerasa

Il quotidiano “Il Foglio” lancia una sfida innovativa: dal 18 marzo, per un mese, in edicola arriverà un’edizione interamente realizzata con intelligenza artificiale. Come riportato da Primaonline, l’iniziativa, annunciata dal direttore Claudio Cerasa, segna un primato globale: nessun altro giornale ha mai sperimentato un’AI in grado di scrivere articoli, titoli, catenacci e persino ironizzare sui fatti del giorno. Un progetto ambizioso che metterà alla prova il ruolo della tecnologia nel giornalismo e la capacità dell’AI di trasformare la teoria in pratica concreta. “Un altro Foglio, un nuovo Foglio, fatto con un’intelligenza diversa”, spiega Cerasa, sottolineando come il giornale affronterà un mese di sperimentazione in cui i giornalisti porranno le domande e il Foglio AI fornirà le risposte. L’obiettivo è testare l’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro redazionale e sulle dinamiche quotidiane della redazione. Il quotidiano, composto da quattro pagine, conterrà ventidue articoli e tre editoriali e, secondo il direttore, sarà ancora più ottimista dell’edizione tradizionale, capace anche di entrare in polemica con la linea del giornale stesso. L’esperimento non si limiterà a verificare la funzionalità della tecnologia, ma porrà anche domande più profonde sulla natura del giornalismo e sul futuro della scrittura. Cosa significa affidare l’informazione a un’intelligenza non umana? Può l’AI garantire lo stesso livello di analisi critica e profondità di pensiero dei giornalisti in carne e ossa? Alla fine del mese, il team del Foglio tirerà le somme e analizzerà l’impatto dell’AI sulla produzione giornalistica e sul rapporto con i lettori. Il Foglio AI uscirà ogni giorno dal martedì al venerdì, dando vita a un’inedita collaborazione tra uomo e macchina. Un esperimento che promette di sollevare riflessioni su un futuro in cui l’intelligenza artificiale non sarà più solo un’ipotesi teorica, ma una realtà tangibile nell’ecosistema mediatico. Se l’iniziativa suscita curiosità o perplessità, i lettori potranno esprimere opinioni e suggerimenti scrivendo a lettere@ilfoglio.it. (In copertina, Claudio Cerasa)

Trump, la guerra alla “follia woke” e la censura: la lista nera delle parole che vanno abolite

Donald Trump

Donald Trump, da sempre sostenitore della libertà d’espressione, si trova ora al centro di un evidente paradosso: mentre proclama la sua battaglia contro la censura, impone drastiche restrizioni sul linguaggio utilizzato nelle agenzie federali americane. Primaonline riporta che, secondo un’inchiesta del New York Times, numerose parole e concetti sono stati eliminati dai documenti ufficiali, dai siti web governativi e dalle linee guida interne, creando una vera e propria lista di termini proibiti. Tra questi si trovano riferimenti all’identità di genere, alla diversità, all’equità e all’inclusione, ma anche espressioni legate all’ambiente, alla giustizia sociale e ai diritti delle minoranze. L’ossessione di Trump per la lotta contro quella che definisce la “follia woke” si traduce in una vera e propria epurazione lessicale, con la volontà di cancellare dall’apparato statale ogni riferimento a tematiche che possano richiamare il progressismo. La parola “transgender”, ad esempio, è stata rimossa, così come “women” e “LGBTQ+”. Anche termini come “cambiamento climatico”, “patrimonio culturale”, “pregiudizi” e persino “discorsi d’odio” sono stati banditi. Una delle decisioni più discusse riguarda la cancellazione del nome “Enola Gay” da documenti ufficiali e foto del Pentagono, per via del termine “gay” presente nel nome del bombardiere che sganciò l’atomica su Hiroshima. La campagna di Trump si estende anche oltre la censura linguistica. Il presidente ha ordinato la sospensione di celebrazioni come il Martin Luther King Day, il Giorno della Memoria e il Pride Month, eliminando qualsiasi riferimento alla diversità, equità e inclusione nei luoghi di lavoro federali. Questa politica ha conseguenze tangibili non solo nel linguaggio istituzionale, ma anche nella vita accademica e scientifica: molte università e enti di ricerca temono la perdita di finanziamenti e si stanno adeguando al nuovo corso. Perfino la NASA ha eliminato dal proprio sito le informazioni sulle donne nel campo STEM, mentre interi dipartimenti di studi di genere, clima e migrazioni stanno chiudendo. L’amministrazione Trump giustifica queste misure come una reazione alla cancel culture, ma in realtà sta praticando una forma selettiva della stessa strategia, eliminando dal dibattito pubblico ogni voce contraria alla sua visione conservatrice. La scelta delle parole proibite non è casuale: riflette una chiara volontà di riscrivere la narrazione sociale e politica degli Stati Uniti, plasmando il linguaggio in modo da eliminare concetti scomodi. Le parole hanno potere e, come sottolinea il New York Times, questa epurazione linguistica è uno specchio delle priorità ideologiche dell’amministrazione. Il caso americano ha anche un’eco internazionale, con paralleli inquietanti. In Argentina, il presidente Javier Milei, sostenitore di una crociata contro il politicamente corretto, ha reintrodotto nel linguaggio istituzionale termini offensivi come “imbecille”, “ritardato” e “idiota” per riferirsi alle persone con disabilità intellettive, oltre a voler eliminare il concetto di femminicidio dal Codice penale. Trump e Milei condividono una visione del mondo in cui il linguaggio deve essere uno strumento di potere e controllo, piuttosto che un mezzo per rappresentare la complessità della realtà. Non è un caso che anche Elon Musk, alleato di Trump, abbia recentemente emulato il leader argentino, brandendo una motosega come simbolo di questa battaglia culturale. Le implicazioni di questa censura vanno oltre la semplice scelta di parole. Eliminare termini come “etnia”, “discriminazione” o “disparità di genere” non cambia la realtà, ma impedisce di affrontarla apertamente, con conseguenze concrete sulla ricerca, sulla politica sociale e sul dibattito pubblico. L’effetto è un arretramento del discorso democratico, in cui la libertà di espressione viene sacrificata sull’altare di una narrativa ideologica sempre più ristretta e autoritaria.

Il Washington Post riorganizza la sua redazione e separa stampa dal digitale

Washington Post redazione

Il Washington Post sta attraversando una fase di profonda trasformazione sotto la guida del direttore esecutivo Matt Murray, con l’obiettivo di ampliare la copertura mediatica e raggiungere un pubblico più vasto. Le modifiche alla struttura redazionale seguono una serie di dimissioni di alto profilo e i cambiamenti voluti dal proprietario Jeff Bezos nella sezione delle opinioni. Una delle partenze più rilevanti è quella della storica editorialista Ruth Marcus, che ha lasciato il giornale dopo la rimozione della sua rubrica critica nei confronti delle nuove politiche editoriali. Anche l’ex direttore esecutivo Marty Baron ha espresso preoccupazione per la direzione intrapresa dal quotidiano. Nell’ambito della riorganizzazione, la redazione nazionale verrà suddivisa in due sezioni distinte: una dedicata al giornalismo nazionale e un’altra focalizzata sulla politica e il governo. Il team economico e di politica economica confluirà in quest’ultima, mentre il desk nazionale si occuperà di temi chiave negli Stati Uniti, con un focus specifico su istruzione, politica locale e dinamiche sociali. Al tempo stesso, i team di economia, tecnologia, salute, scienza e clima saranno accorpati in un nuovo dipartimento per analizzare l’evoluzione dell’economia, l’impatto delle innovazioni tecnologiche e le conseguenze dei cambiamenti climatici sulla vita quotidiana. Per gestire questa riorganizzazione, verranno nominati nuovi capi dipartimento, e l’obiettivo è rendere operativi i cambiamenti entro il 5 maggio. Parallelamente, la strategia editoriale punta a dare maggiore rilevanza ai prodotti digitali, con un team dedicato alla crescita del pubblico e un altro agli aspetti visivi. Murray ha inoltre annunciato l’assunzione di un responsabile della stampa per separare il formato cartaceo dalla produzione digitale, riducendo il peso della lunghezza degli articoli come parametro di qualità. Queste modifiche riflettono una più ampia necessità di rinnovamento del Washington Post, che da anni affronta un calo di profitti e lettori. L’introduzione di una “terza redazione“, denominata WP Ventures, segna un ulteriore passo in questa direzione, concentrandosi su video, audio, newsletter e social engagement. Murray ha riconosciuto che i cambiamenti potrebbero non essere apprezzati da tutti, ma ha sottolineato la necessità di una trasformazione per garantire il futuro del giornale.

Nuovo look per Repubblica: più pagine e approfondimenti, ma il prezzo sale a 1,90€

La Repubblica restyling

La Repubblica cambia volto: un restyling che non è solo estetico, ma un rinnovamento profondo della sua identità. La nuova veste grafica, curata dall’art director Angelo Rinaldi con Francesco Franchi, ridefinisce l’equilibrio tra testo e immagini, valorizzando la lettura e rendendo l’informazione più chiara e accessibile. La grafica non è apparenza, ma sostanza: un linguaggio visivo che si evolve con i tempi e rafforza il legame con i lettori. Il giornale amplia la sua offerta informativa con più pagine, più notizie, più approfondimenti e una maggiore attenzione ai temi economici e finanziari, con un approccio divulgativo. La serializzazione, marchio di fabbrica di Repubblica, si arricchisce ulteriormente per offrire analisi sempre più approfondite e contestualizzate. Il sito web, leader nel panorama digitale, diventa ancora più coerente con la versione cartacea, garantendo una navigazione fluida tra le due dimensioni dell’informazione. Da oggi, il prezzo del quotidiano passa da 1,70 a 1,90 euro, un adeguamento necessario per sostenere un giornalismo di qualità, indipendente e rigoroso. Cresce anche l’attenzione per l’informazione locale, con edizioni dedicate alle principali città italiane, e si rafforza il legame con i settimanali, i mensili e i supplementi che arricchiscono l’offerta editoriale. In un contesto globale segnato da sfide epocali, Repubblica conferma la sua posizione chiara e indipendente. La battaglia contro populismi e sovranismi è prima di tutto culturale, in un momento di crisi della rappresentanza politica. La guerra in Ucraina, le tensioni in Medio Oriente e le trasformazioni negli Stati Uniti pongono interrogativi cruciali sul futuro dell’Europa. Per questo, la proposta di Michele Serra di una manifestazione con sole bandiere europee, in programma il 15 marzo a Roma, ha già raccolto migliaia di adesioni. L’apertura al pluralismo rimane un valore fondante del giornale: voci e opinioni diverse trovano spazio, ma sempre nel segno di una linea editoriale netta e riconoscibile. Essere indipendenti non significa essere neutrali: Repubblica continuerà a prendere posizione sui temi cruciali, offrendo un’informazione autorevole, approfondita e capace di interpretare la realtà. Il restyling non è solo un cambio di grafica, ma il segno tangibile di un impegno costante nell’evoluzione del giornalismo. Come spiegato nell’editoriale di Mario Orfeo, pubblicato oggi in prima pagina, il giornale cambia perché è parte integrante della società, non solo un suo specchio. L’aumento del prezzo è una scelta sofferta ma necessaria per garantire un’informazione di qualità, così come il potenziamento delle pagine di approfondimento e il rafforzamento del dibattito pubblico su temi cruciali. Repubblica conferma il suo impegno nel raccontare i cambiamenti del mondo con indipendenza, chiarezza e profondità.