Chloe Malle nuova direttrice di Vogue USA al posto di Anna Wintour, che guarda il futuro

Condé Nast ha nominato Chloe Malle nuova Head of Editorial Content di Vogue USA, segnando l’inizio di una nuova fase per il celebre magazine di moda. La decisione arriva poco prima della New York Fashion Week, in programma dall’11 al 16 settembre, e conferma le indiscrezioni che circolavano da settimane sull’addio di Anna Wintour alla direzione operativa della storica edizione statunitense. Malle, newyorkese di 39 anni, lavora nella redazione di Vogue da oltre 15 anni, dove ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità, fino a dirigere Vogue.com e condurre il podcast ufficiale della rivista, The Run Through. La stessa Anna Wintour, che ha guidato Vogue USA per 37 anni, ha annunciato la nomina alla redazione: “Chloe Malle sarà la nuova Head of Editorial Content della nostra edizione statunitense, guidando il magazine americano e orientandone la copertura digitale”. Wintour continuerà a ricoprire i ruoli di Global Editorial Director di Vogue e Chief Content Officer per Condé Nast, concentrandosi sulla crescita multipiattaforma del brand e sull’organizzazione di eventi globali come il Met Gala e Vogue World. Prima di approdare a Vogue, Chloe Malle ha studiato alla Riverdale Country School di New York e si è laureata in letteratura comparata alla Brown University, completando parte del percorso alla Sorbona di Parigi. Ha collaborato con il New York Observer e con il New York Times Style come freelance, costruendo un profilo professionale riconosciuto nel settore editoriale. Sotto la sua gestione, Vogue.com ha registrato un’importante crescita digitale, con un incremento significativo di lettori e interazioni, soprattutto in occasione di eventi di grande richiamo. Tra i progetti più noti curati da Malle spiccano il numero speciale “Dogue”, dedicato ai cani celebri, e la cover story su Lauren Sánchez in occasione delle nozze con Jeff Bezos, che ha avuto ampia risonanza internazionale.
È morto Emilio Fede, simbolo del “giornale in diretta”: il “suo” Tg4 non lo celebra nei titoli

Emilio Fede è morto. Aveva 94 anni. La notizia del decesso, arrivata intorno alle 18.30, non ha trovato spazio di rilievo nel Tg4 che diresse dal 1992 al 2012. L’edizione delle 19 non ha dato alcun annuncio né nei titoli né in apertura, ma solo a telegiornale inoltrato. In conduzione, Stefania Cavallaro ha letto un breve e freddo comunicato accompagnato da poche immagini di repertorio. Nel corso della sua lunga carriera, iniziata negli anni Sessanta in Rai come inviato di guerra, Emilio Fede divenne uno dei volti più riconoscibili della televisione italiana. Dopo aver diretto il Tg1, fu chiamato da Silvio Berlusconi a guidare il Tg4 su Fininvest. Rimase al vertice del telegiornale per vent’anni, segnando un’epoca del piccolo schermo. “Sono il direttore più criticato, ma anche il più guardato”, aveva dichiarato in passato. I suoi editoriali, le pause studiate e il tono enfatico resero il suo stile unico e inconfondibile. Il Tg4 diretto da Fede rappresentò per vent’anni un punto di riferimento per una parte del pubblico, diventando uno dei simboli del giornalismo televisivo dell’epoca. Secondo quanto riportato da Primaonline, la scomparsa di Emilio Fede offre l’occasione per riflettere sull’evoluzione del giornalismo televisivo e sul ruolo dei conduttori. Fede fu il primo direttore a “fare il giornale in diretta”, adattando ritmo e linguaggio al flusso delle notizie e superando la rigidità dei tg tradizionali, soprattutto quelli Rai. Insieme a Mentana, mostrò come un telegiornale potesse cambiare velocità e direzione seguendo l’attualità, trasformando il conduttore in protagonista della narrazione. Introdusse inoltre il marketing giornalistico, instaurando un dialogo diretto e provocatorio con il pubblico. Oggi il suo modello andrebbe arricchito da un linguaggio ipertestuale, capace di integrare fonti, link e percorsi online per consentire agli spettatori di costruire un tg personalizzato. La sua carriera subì un brusco arresto nel 2012, quando lasciò Mediaset dopo il coinvolgimento nell’inchiesta Ruby. In quell’occasione aveva commentato: “Sono caduto, ma non ho mai smesso di essere Emilio Fede”.
Copie PDF de L’Adige piratate online, scatta la denuncia

L’Adige ha presentato una denuncia alla Polizia Postale contro la diffusione illegale delle copie digitali del quotidiano tramite Telegram e WhatsApp. La notizia è stata confermata dal giornale stesso con un articolo pubblicato sabato 30 agosto 2025. L’azione legale arriva dopo mesi di monitoraggio di un fenomeno che il quotidiano definisce “strutturato e industriale”, con migliaia di copie piratate ogni giorno. Secondo quanto riportato, poche ore dopo l’uscita dell’edizione digitale, spesso nel cuore della notte, un utente con abbonamento regolare scarica il file PDF del giornale. Da quel momento, il documento viene caricato su canali Telegram e gruppi WhatsApp che operano come edicole digitali abusive, permettendo la diffusione gratuita del quotidiano a un vasto pubblico. Questi canali, gestiti da amministratori anonimi, funzionano come vere centrali di smistamento, causando gravi danni economici agli editori e mettendo a rischio i posti di lavoro di giornalisti, grafici, tipografi e dell’intera filiera editoriale. Nel suo articolo, L’Adige afferma: “Un clic per scaricare, un istante per condividere. E un intero giornale, frutto del lavoro di decine di professionisti, dalla redazione alla tipografia, finisce illegalmente nelle mani di migliaia di utenti”. Il quotidiano parla di un “punto di non ritorno” e sottolinea che “non si tratta più di tollerare un fenomeno marginale, ma di combattere una pratica industriale che minaccia di dare il colpo di grazia a un settore già in profonda crisi”. La denuncia punta a colpire i responsabili principali. Gli investigatori della Polizia Postale, specializzati in crimini informatici, avranno il compito di risalire la catena di distribuzione: dagli utilizzatori finali, agli amministratori dei canali, fino a chi carica i file originali. L’articolo ricorda inoltre che la legge 633/1941 sul diritto d’autore vieta la condivisione non autorizzata di opere creative, compresi i giornali. La normativa stabilisce che chi distribuisce copie protette senza permesso commette un reato penale, rischiando fino a tre anni di reclusione e multe che possono superare i 15.000 euro. Chi scarica copie piratate, invece, può ricevere una sanzione amministrativa a partire da 154 euro e potrebbe essere obbligato a risarcire i danni. A sostegno dell’iniziativa, il Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige ha diffuso una nota ufficiale: “Anche attraverso le denunce penali si deve combattere la pirateria che attenta al lavoro giornalistico ed alle risorse degli editori; soprattutto si deve invertire il paradigma che l’informazione professionale di qualità ha un costo e non può essere gratuita”.
Il quotidiano La Sicilia riapre a Palermo dopo il restyling

La Sicilia ha riaperto oggi una redazione a Palermo, offrendo ai cittadini un’informazione quotidiana aggiornata e di qualità dal capoluogo regionale. La notizia è stata accolta con favore dal segretario regionale del Pd Sicilia, Anthony Barbagallo, che ha dichiarato: “È sempre una buona notizia quando un giornale si rinnova, ampliando l’offerta di informazione per i cittadini. Lo è ancora di più per il quotidiano La Sicilia, che da oggi ritorna con una redazione a Palermo, offrendo ogni giorno l’informazione aggiornata e di qualità anche dal capoluogo di regione”. Barbagallo ha sottolineato l’importanza della scelta, spiegando che “in un momento in cui l’informazione di qualità si contrae, per gli alti costi e le nuove tecnologie, non può che far piacere quando un giornale con la storia de La Sicilia decide di andare in controtendenza, investendo sui giornalisti e le notizie di qualità”. Ha quindi formulato “i migliori auguri alla redazione di Palermo e a La Sicilia”. La riapertura della redazione arriva a poche settimane dal restyling grafico lanciato l’11 agosto, con cui il quotidiano ha introdotto un nuovo font più raffinato, un corpo testo ingrandito per facilitare la lettura e una palette colori rinnovata per un aspetto più fresco e luminoso. Nei prossimi mesi il cambiamento coinvolgerà anche il sito web e l’applicazione digitale, con l’obiettivo di offrire ai lettori un’esperienza più chiara, intuitiva e moderna. Il direttore Antonello Piraneo ha spiegato che “la grafica è sostanza” e che l’aggiornamento “vuole essere un segnale chiaro”. Ha aggiunto: “Nel giorno dell’11 agosto, quando tutto rallenta, la nostra squadra ha accelerato, condividendo l’entusiasmo dell’editore Salvatore Palella per questa sfida imprenditoriale e affettiva”. Piraneo ha sottolineato anche il valore del marchio: “La Sicilia è un brand potente, legato a una regione ricca di identità e va valorizzato”. Il nuovo progetto editoriale punta su un’impaginazione più agile, con sezioni distinte dedicate a cronaca, economia, spettacolo e sport, ognuna con una propria palette cromatica per facilitare la navigazione. Il font per i titoli è stato reso più moderno e leggero, mentre il testo degli articoli è stato ampliato per migliorare la leggibilità. Il quotidiano punta a rafforzare il proprio ruolo sul territorio con un’informazione sempre più approfondita e autorevole, capace di raccontare sia i territori locali sia i mondi lontani, come recita il claim scelto per il lancio. Il rinnovamento non si ferma qui: dietro le quinte si lavora per offrire un giornale più radicato nella realtà regionale, con un sito e un’app completamente riprogettati, per rispondere alle esigenze di lettori sempre più digitali.
Gian Marco Chiocci lascia il Tg1, sarà portavoce di Giorgia Meloni dal 15 settembre

Il direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci diventerà il nuovo portavoce della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La notizia è stata diffusa oggi da Il Foglio e trova conferme sia a Palazzo Chigi sia all’interno della Rai. L’ingresso di Chiocci nello staff della premier dovrebbe avvenire dal 15 settembre, ma non si esclude un’accelerazione dei tempi. La decisione arriva dopo settimane di valutazioni e di incontri riservati per definire il futuro della comunicazione istituzionale della presidente del Consiglio. Tuttavia, in una dichiarazione all’Adnkronos, Chiocci ha precisato: “Io portavoce di Meloni? Allo stato non c’è nulla, informerei prima l’azienda”. Secondo fonti vicine alla maggioranza, la scelta di Meloni nasce dall’esigenza di rafforzare la strategia comunicativa del governo in vista dei prossimi appuntamenti politici. L’autunno porterà infatti un calendario fitto, con la tornata elettorale delle regionali e diversi dossier aperti sul fronte internazionale. Chiocci, considerato figura di massima fiducia della premier, è ritenuto un professionista capace di gestire scenari complessi e media nazionali e internazionali. L’ipotesi di un passaggio a Palazzo Chigi circolava da tempo, ma fino a pochi giorni fa Meloni valutava con cautela l’operazione. Non per motivi professionali, poiché tra i due c’è un rapporto consolidato e di reciproca stima, ma per la necessità di individuare un nuovo direttore del Tg1 che possa garantire continuità alla principale testata giornalistica della Rai. Il “casting” per la direzione è già iniziato e il cambio è considerato imminente. Chiocci, nato a Gubbio, ha una lunga carriera da cronista e direttore. Ha lavorato per anni al Giornale, dove firmò lo scoop sulla casa di Montecarlo di Gianfranco Fini nel 2010. Ha diretto Il Tempo e Adnkronos prima di approdare al Tg1 nel maggio 2023. Durante il suo mandato alla guida del telegiornale, ha realizzato interviste e inchieste che hanno segnato passaggi delicati per l’informazione, come il colloquio televisivo con Gennaro Sangiuliano, che portò a conseguenze politiche rilevanti. Tuttavia, il periodo è stato segnato anche da tensioni interne, culminate con il sorpasso del Tg5 nell’edizione serale del 28 agosto. Accanto a Chiocci resterà Fabrizio Alfano, attuale capo ufficio stampa di Palazzo Chigi, che continuerà a seguire la gestione dei rapporti con la stampa italiana e internazionale. Alfano, con un passato all’Agi e come portavoce di Gianfranco Fini alla presidenza della Camera, ha già coordinato la comunicazione di Meloni negli ultimi due anni e continuerà a farlo. (In foto, la premier Meloni e Gian Marco Chiocci)
Tg1, allarme ascolti. Natale (Rai): “Serve una svolta nei contenuti e nel linguaggio”

“Chi ha a cuore la tenuta del servizio pubblico non può sottovalutare il segnale di allarme che viene dagli ascolti del Tg1. A differenza dell’estate scorsa, la crisi non può nemmeno essere addebitata a problemi di traino, dati i buoni risultati conseguiti quest’anno da Reazione a Catena. L’analisi va puntata su contenuti e linguaggi del tg, senza guardare altrove”. Lo afferma, come riportato dall’agenzia Ansa venerdì 29 agosto 2025, il consigliere di amministrazione Rai Roberto Natale. “Un esame – prosegue Natale – che si fa sempre più urgente, come urgente è una riflessione sul complesso dell’offerta informativa Rai: anche in questa stagione, tranne lodevoli eccezioni, troppi sono stati gli spazi che altre emittenti hanno occupato – conclude – senza trovare concorrenza”.
I gruppi editoriali giapponesi Nikkei e Asahi denunciano Perplexity AI per violazioni di copyright

Due grandi gruppi editoriali giapponesi, Nikkei e Asahi Shimbun, hanno presentato congiuntamente una causa legale contro Perplexity AI presso il tribunale distrettuale di Tokyo. L’azione, annunciata ieri, riguarda presunte violazioni di copyright legate all’utilizzo non autorizzato di contenuti giornalistici da parte della piattaforma basata su intelligenza artificiale generativa. Secondo i due editori, la società statunitense avrebbe copiato e archiviato senza consenso articoli e materiali presenti sui loro server, ignorando specifiche misure di protezione tecnica predisposte per impedirne l’uso. I gruppi sostengono che le risposte fornite da Perplexity contengano informazioni errate attribuite in modo improprio a loro testate, con il rischio di danneggiare la credibilità delle fonti originali. Entrambi chiedono risarcimenti pari a 2,2 miliardi di yen ciascuno, equivalenti a circa 15 milioni di dollari, e la cancellazione dei contenuti già acquisiti. In un comunicato ufficiale, Nikkei e Asahi Shimbun hanno definito l’operato di Perplexity come un “free riding su larga scala”, sottolineando che la piattaforma avrebbe sfruttato “il lavoro giornalistico altrui senza alcun compenso”. Il caso giunge in un contesto di crescente tensione tra editori e società di intelligenza artificiale. Negli ultimi mesi, numerose realtà del settore, tra cui New York Times, Condé Nast, BBC e Dow Jones, hanno intrapreso azioni simili contro aziende come OpenAI, Microsoft e Perplexity, accusandole di utilizzare articoli giornalistici per addestrare i propri modelli linguistici e generare risposte senza riconoscere compensi né attribuire correttamente le fonti. In Giappone, anche lo Yomiuri Shimbun aveva già avviato un procedimento contro Perplexity, rafforzando il fronte legale contro le piattaforme basate su AI. Perplexity, che conta oltre 30 milioni di utenti – per la maggior parte negli Stati Uniti – non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito alla nuova causa. L’azienda ha tuttavia iniziato a proporre accordi di revenue sharing con alcuni editori internazionali, come Time, Fortune e Der Spiegel. Questi contratti prevedono compensi diretti per gli editori ogni volta che i loro articoli vengono citati come fonte nei contenuti generati dalla piattaforma. Secondo esperti legali giapponesi, questi procedimenti rappresentano “casi di prova” che potrebbero stabilire nuovi parametri per la tutela del copyright nell’era dell’intelligenza artificiale. Kensaku Fukui, avvocato specializzato in diritto d’autore, ha spiegato che “il diritto d’autore sia in un certo senso permissivo per quanto riguarda l’addestramento dell’intelligenza artificiale per opere protette da copyright esistenti… ci sono alcune restrizioni”.
Attacco a Gaza, giornalisti tra le vittime del raid israeliano

Un attacco israeliano con un drone kamikaze ha colpito il complesso ospedaliero Nasser di Khan Younis, nella Striscia di Gaza, causando la morte di 19 persone, tra cui diversi giornalisti e operatori dei media. L’episodio è avvenuto nella giornata di ieri e il numero delle vittime potrebbe aumentare, secondo fonti locali. Tra i reporter deceduti figurano Hossam al-Masri, cameraman della Reuters, Moaz Abu Taha, collaboratore freelance della stessa agenzia, Mohammed Salam, fotoreporter di Al Jazeera, Mariam Abu Daqa, video-reporter freelance per l’Associated Press e Independent Arabic, e Ahmed Abu Aziz, collaboratore di Quds Feed Network. Un altro fotoreporter della Reuters, Hatem Khaled, è rimasto ferito e versa in gravi condizioni. La Reuters ha confermato la morte di al-Masri, spiegando che stava documentando l’attacco in diretta. “Il video si è improvvisamente interrotto nel momento dell’attacco iniziale, come mostrano le immagini della Reuters”, ha scritto l’agenzia. L’Associated Press ha ricordato Mariam Abu Daqa sottolineando che “il suo lavoro recente includeva storie toccanti di bambini affamati e malnutriti a Gaza”. L’agenzia ha dichiarato di fare “tutto il possibile per garantire la sicurezza dei nostri giornalisti a Gaza”. Il sindacato dei giornalisti palestinesi ha definito l’operazione “un nuovo terribile massacro contro la stampa palestinese” e ha riferito che, oltre ai quattro reporter uccisi, ci sono diversi feriti tra cui i fotografi Hatem Omar e Jamal Badah. Secondo il sindacato, dall’inizio del conflitto sono “più di 244” i giornalisti e operatori dei media rimasti uccisi nella Striscia di Gaza. In una nota, l’organizzazione accusa l’esercito israeliano di voler “colpire la voce libera, la telecamera testimone e i cavalieri della parola”. Anche la ONG internazionale Reporter senza frontiere (Rsf) ha espresso preoccupazione. “Stanno facendo tutto il possibile per mettere a tacere le voci indipendenti che cercano di riferire su Gaza”, ha dichiarato il direttore generale Thibaut Bruttin, sottolineando che si tratta di “un regresso senza precedenti” per la sicurezza dei giornalisti. L’esercito israeliano ha annunciato l’apertura di un’indagine interna sul duplice attacco, respingendo le accuse di voler colpire volontariamente la stampa. “Il Capo di Stato Maggiore ha ordinato un’indagine preliminare il prima possibile”, si legge in un comunicato diffuso su Telegram. “L’Idf si rammarica per eventuali danni a persone non coinvolte e non prende di mira i giornalisti in quanto tali”. Sulla vicenda è intervenuto anche il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, che ha dichiarato: “Crediamo che sia giusto garantire l’incolumità dei giornalisti ed è giusto che possano compiere il loro lavoro anche nella Striscia di Gaza”. Tajani ha ricordato che l’Italia “ha già approvato un documento congiunto con altri Paesi” a tutela della libertà di stampa. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e la Federazione degli Ordini dei Medici hanno diffuso una dichiarazione congiunta, denunciando “ancora un raid mirato su un ospedale, con giornalisti, operatori sanitari e pazienti tra le vittime”. Entrambe le organizzazioni hanno chiesto alla comunità internazionale di “garantire l’agibilità della stampa e consentire ai medici di svolgere il proprio mestiere”. Nel frattempo, prosegue la raccolta fondi organizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti a sostegno dei reporter palestinesi e delle famiglie delle vittime.
Giappone e India dominano la classifica mondiale dei giornali

La diffusione dei quotidiani nel mondo continua a registrare numeri elevati in alcuni Paesi, nonostante il calo generale della stampa cartacea. Secondo gli ultimi dati di Press Gazette, Giappone e India dominano la classifica globale, confermando l’importanza culturale e sociale della lettura dei giornali in questi Paesi. Lo Yomiuri Shimbun è oggi il quotidiano più diffuso al mondo, con una tiratura media di 6,2 milioni di copie per l’edizione mattutina e 1,5 milioni per quella serale, come certificato dall’ABC per il 2023. Pubblicato in Giappone, il giornale guida la classifica globale dei quotidiani cartacei con la maggiore diffusione. Il Giappone, con 123 milioni di abitanti, è il dodicesimo Paese più popoloso al mondo, ma resta leader nella circolazione dei quotidiani. Al secondo posto si colloca l’Asahi Shimbun, anch’esso giapponese, con 3.568.000 copie giornaliere nell’edizione mattutina e 1,1 milioni in quella serale. A seguire, il quotidiano indiano Dainik Bhaskar registra 3.567.000 copie al giorno, posizionandosi di pochissimo dietro Asahi. L’unico altro giornale che supera le 3 milioni di copie è il People’s Daily, organo ufficiale del Partito Comunista Cinese, che dichiara una tiratura internazionale complessiva di circa tre milioni di copie, dato confermato anche da altre fonti, tra cui State Media Monitor. La classifica mondiale evidenzia un dominio di Giappone e India, con la maggioranza dei titoli presenti nella top ten. In India, con una popolazione di 1,5 miliardi di persone, la diffusione dei giornali resta elevata, mentre in Giappone incide fortemente la cultura della lettura e la consegna a domicilio delle edizioni mattutine e serali. Secondo il Guinness World Records, nel 2010 lo Yomiuri Shimbun raggiunse un record storico di 10 milioni di copie per l’edizione mattutina e 3,5 milioni per quella serale. Fuori dalla top ten, i principali quotidiani europei e americani restano distanti. Nel Regno Unito, il Daily Mail è il più venduto con 627.000 copie, mentre negli Stati Uniti guida il Wall Street Journal con 473.000 copie giornaliere. USA Today ne vende poco più di 100.000 al giorno. Anche il Bild in Germania è sceso sotto il milione di copie, mentre The Sun si aggira intorno alle 600.000 copie quotidiane. In Indonesia, Kompas distribuisce circa 300.000 copie, mentre in Pakistan il Daily Jang registra 700.000 copie nei giorni feriali e 875.000 la domenica. Parallelamente, il consumo di notizie online continua a crescere. Secondo una classifica di Press Gazette basata su dati Similarweb, Yahoo News Giappone è il sito di informazione più visitato al mondo, con 920 milioni di accessi mensili. Lo segue il portale brasiliano Globo, che a maggio ha registrato 795,7 milioni di visite. (In copertina, lo Yomiuri Shimbun)
Wired e Business Insider rimuovono articoli di Margaux Blanchard per sospetto uso dell’Intelligenza Artificiale

Wired e Business Insider hanno rimosso diversi articoli pubblicati da una presunta giornalista freelance, Margaux Blanchard, dopo che sono emersi dubbi sull’autenticità dei contenuti e sulla possibile generazione tramite intelligenza artificiale. Le verifiche condotte da Press Gazette hanno sollevato domande sulla veridicità di citazioni, fonti e perfino dei luoghi descritti negli articoli. Secondo quanto ricostruito, almeno sei testate tra Regno Unito e Stati Uniti hanno pubblicato articoli firmati da Blanchard. In molti casi, i testi includevano storie dettagliate di persone e situazioni che non risultano verificabili online. Dopo le segnalazioni, quattro testate hanno rimosso i contenuti, una quinta ha aperto un’indagine interna e Index on Censorship ha annunciato il ritiro di un articolo pubblicato sulla propria rivista. Il caso è emerso quando Jacob Furedi, direttore della pubblicazione Dispatch, ha ricevuto una proposta da Blanchard per un reportage su Gravemont, una presunta città mineraria dismessa in Colorado, trasformata – secondo l’autrice – in un centro segreto per addestramento forense. Dopo alcune verifiche, Furedi ha scoperto che Gravemont non esiste e ha dichiarato che la proposta sembrava scritta “da ChatGPT”. Gli articoli di Blanchard sono stati pubblicati su diverse piattaforme, tra cui Wired, Business Insider, Index on Censorship, Cone Magazine, SFGate e Naked Politics. In più casi, i testi riportavano citazioni di esperti e casi di studio di persone inesistenti o non rintracciabili. Wired, ad esempio, aveva diffuso una storia sul matrimonio virtuale di due coppie conosciutesi su Minecraft e Roblox, successivamente rimossa con una nota ufficiale: “L’articolo non soddisfa i nostri standard editoriali”. Anche Business Insider ha eliminato due saggi in prima persona dopo aver ricevuto la segnalazione di Press Gazette. Index on Censorship, oltre a rimuovere il proprio articolo, ha dichiarato: “Sembra essere stato scritto da un’intelligenza artificiale. Stiamo rivedendo i nostri processi”. Secondo Wired, i compensi per articoli narrativi possono partire da 2.500 dollari, mentre Business Insider riconosce mediamente 230 dollari. Gli investigatori ritengono che l’aspetto economico possa essere stato uno dei motivi alla base del caso. Tuttavia, non esistono tracce verificabili di una giornalista di nome Margaux Blanchard su LinkedIn o altre piattaforme professionali. (In copertina, Pagine di Business Insider e Wired che in precedenza contenevano articoli di Margaux Blanchard – Fonte PressGazette)