Corriere della Sera, pensionati in attività oltre i limiti contrattuali

Le giornaliste e i giornalisti del Corriere della Sera hanno diffuso una nota interna in cui segnalano un utilizzo improprio di colleghi pensionati all’interno della redazione. Secondo quanto riportato, i giornalisti in quiescenza verrebbero impiegati in attività che vanno oltre i limiti contrattuali previsti per le collaborazioni, assumendo incarichi che comprendono coperture giornalistiche, ruoli organizzativi e presenze in riunioni operative, sia in Italia che all’estero. La denuncia, che arriva dalla redazione del quotidiano milanese, si fonda sull’osservazione di diversi casi verificatisi nell’ultimo anno, nei quali pensionati avrebbero partecipato a conferenze stampa, mantenuto accessi attivi ai sistemi editoriali e in alcuni casi sarebbero stati identificati come inviati ufficiali del giornale. Tali pratiche, secondo quanto scritto nella nota, contraddicono le norme in vigore e rappresentano un ostacolo al rinnovamento interno, sottraendo spazio a giovani professionisti e limitando le possibilità di sviluppo delle competenze già presenti in redazione. Pur riconoscendo il valore dell’esperienza maturata dai colleghi in pensione, i firmatari del documento ritengono che la loro collaborazione debba restare entro i confini del ruolo previsto dal contratto, senza sovrapporsi a compiti che spettano ai giornalisti in servizio. A questo si aggiunge una critica esplicita all’uso delle partite IVA, ritenute un’alternativa impropria ai contratti a termine, che finisce per generare figure prive di tutele e prospettive di carriera interna. La redazione ribadisce quindi la richiesta di: limitare l’uso dei pensionati alle collaborazioni con compiti di scrittura al di fuori delle coperture istituzionali e dei servizi quotidiani che possono essere garantiti da giornalisti dipendenti, escludendo gli incarichi di inviato e i ruoli di coordinamento e di coinvolgimento nella ideazione e fattura del giornale e dei suoi contenuti speciali. Investire sui giovani con contratti equi e rispettosi dei compiti, assicurando loro possibilità di crescita e formazione sul campo. Garantire più attenzione ai percorsi di carriera interna e alle legittime aspettative dei giornalisti dipendenti che hanno dimostrato impegno, passione e competenza. Nella parte conclusiva del documento, i giornalisti si dichiarano consapevoli delle difficoltà economiche generali del settore, ma sottolineano l’importanza di un ricambio generazionale per garantire la continuità e la qualità della testata nel tempo. A seguito della nota, il direttore del Corriere della Sera, in accordo con l’editore, ha replicato che il ricorso ai collaboratori avviene nel rispetto del contratto nazionale e in un’ottica di valorizzazione delle competenze professionali. Ha inoltre ricordato che dal 2016 a oggi sono stati assunti 66 redattori, definendo questo numero un investimento senza precedenti nel panorama editoriale italiano.
Nasce “Moneta”, il settimanale economico allegato a Il Giornale, Libero e Il Tempo

Debutta in edicola con il Giornale il nuovo settimanale “Moneta”, allegato gratuitamente ogni sabato anche a Libero e Il Tempo. Si tratta di una nuova testata cartacea, con aggiornamenti digitali, interamente dedicata a economia, finanza e risparmio, pensata per offrire ai lettori uno strumento stabile di orientamento in un contesto globale segnato da forte instabilità economica e geopolitica. Il progetto è stato sviluppato congiuntamente dagli editori e dai direttori dei tre quotidiani, con l’intenzione di affiancare all’informazione generalista un approfondimento specifico sul tema del denaro, spesso trascurato per limiti di spazio e formato. Diretto dal giornalista economico Osvaldo De Paolini, “Moneta” vuole rispondere alla crescente domanda di consapevolezza da parte di un pubblico alle prese con inflazione, mutui, previdenza, mercati volatili, tecnologie emergenti e scenari geopolitici in evoluzione. Il nuovo settimanale si propone come un’informazione economica accessibile ma rigorosa, attenta alle esigenze quotidiane dei cittadini e alle trasformazioni strutturali del sistema economico. Nel numero inaugurale sono presenti due servizi esclusivi. Il primo è una sintesi di un rapporto riservato che individua oltre 50 obiettivi industriali italiani sensibili in caso di un conflitto internazionale. Il secondo è una intervista all’architetto Massimiliano Fuksas, che anticipa i temi del Salone del Mobile di Milano, raccontando il suo punto di vista sull’architettura contemporanea e sul design. La rivista dedicherà ampio spazio a temi come sistema bancario, start-up, agricoltura, finanza innovativa, pensioni, investimenti, industria 4.0 e mercati globali, offrendo ogni settimana 40 pagine di contenuti, inclusi approfondimenti, dossier e voci dai protagonisti del mondo produttivo italiano. Il settimanale sarà disponibile anche in versione digitale, con aggiornamenti continui, analisi e breaking news. Il lancio sarà seguito da due eventi ufficiali: l’11 aprile a Milano nella sede della Borsa Italiana e il 17 aprile a Roma presso il Tempio di Adriano, sede della Camera di Commercio. L’obiettivo è costruire un ecosistema informativo integrato, capace di affiancare la carta stampata con il dinamismo della rete e offrire ai lettori un punto di riferimento solido per comprendere e affrontare le trasformazioni economiche in corso. (In foto, Vittorio Feltri)
Reuters integra AI Suite nei workflow di produzione video

Reuters ha annunciato il lancio della Reuters AI Suite, una nuova gamma di strumenti basati su intelligenza artificiale progettata per assistere nella produzione video. Lo strumento è stato sviluppato internamente per rispondere agli elevati standard di accuratezza e affidabilità dell’agenzia, ed è destinato ai clienti media di Reuters News Agency e Imagen Sports. Il lancio ufficiale avverrà durante il NAB Show di Las Vegas, e la suite sarà inizialmente disponibile in prova per un numero limitato di clienti. La Reuters AI Suite include una serie di funzionalità pensate per ottimizzare i flussi di lavoro video, migliorare l’efficienza produttiva e valorizzare i contenuti. Tra le caratteristiche principali figurano servizi avanzati di trascrizione e traduzione, integrabili nelle infrastrutture dei clienti tramite la Reuters API o la piattaforma di gestione delle risorse multimediali Imagen. Questi strumenti consentono, ad esempio, di generare traduzioni istantanee utilizzabili come sottotitoli e di produrre trascrizioni multilingue che arricchiscono i metadati delle risorse video, rendendole ricercabili in diverse lingue. Reuters afferma che la suite permette di semplificare e velocizzare la ricerca e l’uso dei contenuti video, facendo risparmiare tempo e risorse pur mantenendo alta la qualità del prodotto finale. Secondo Alphonse Hardel, responsabile di Reuters News Agency, l’obiettivo è supportare i clienti “in ogni fase dello sviluppo dei contenuti, dalla pianificazione e produzione alla distribuzione, monetizzazione e protezione della proprietà intellettuale”. Nel corso del 2025, la suite verrà ampliata con nuovi strumenti sviluppati da partner fidati, tra cui rilevamento delle scene e voce sintetica, per soddisfare un numero crescente di casi d’uso. Il software sarà aggiornato regolarmente in parallelo all’evoluzione delle tecnologie di intelligenza artificiale. Il lancio avviene in un momento in cui il settore dei media è chiamato ad affrontare sfide complesse e ad adattarsi rapidamente ai cambiamenti nei comportamenti del pubblico e nelle tecnologie. Con la Reuters AI Suite, l’agenzia mira a democratizzare l’accesso all’intelligenza artificiale, consentendo anche alle redazioni più piccole di sfruttarne il potenziale senza dover affrontare ingenti investimenti iniziali. Il progetto si inserisce nella strategia di Thomson Reuters, che destina ogni anno 200 milioni di dollari allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, consolidando la posizione del gruppo nell’innovazione tecnologica per il settore dei media.
La Casa Bianca valuta un nuovo assetto dei posti stampa e dà più spazio alle nuove voci emergenti

La Casa Bianca sta valutando la possibilità di ridefinire la mappa dei posti nella sala stampa, finora gestita dalla White House Correspondents’ Association (WHCA), aprendo un nuovo fronte di tensione tra l’amministrazione Trump e la stampa accreditata. Secondo quanto riportato da Axios, la proposta è parte di una più ampia riorganizzazione con l’obiettivo dichiarato di aggiornare la sala alle trasformazioni dell’ecosistema mediatico, con maggiore spazio previsto per nuove piattaforme e voci emergenti. I criteri attuali privilegiano testate storiche come le agenzie di stampa e le principali emittenti, assegnando loro le prime file. La nuova mappa, nelle intenzioni della Casa Bianca, dovrebbe riflettere “il modo in cui i media vengono consumati oggi”. La WHCA ha definito l’ipotesi un tentativo di sovvertire il sistema di autogestione della stampa alla Casa Bianca. In una comunicazione ai suoi membri, l’associazione ha avvertito che, se attuata, la mossa renderà ancora più evidente l’intenzione del governo di prendere il controllo del sistema con cui i media si organizzano in modo indipendente, facilitando eventuali punizioni per una copertura non allineata. Il confronto arriva dopo settimane di tensioni. A febbraio, la Casa Bianca ha revocato all’Associated Press l’accesso a vari eventi, accusandola di non adeguarsi a una direttiva stilistica sull’uso della denominazione “Golfo d’America” al posto di “Golfo del Messico”. L’AP ha avviato un’azione legale, chiedendo un’ingiunzione. Allo stesso tempo, la WHCA ha invitato i membri a indossare simboli del Primo Emendamento durante le apparizioni pubbliche in segno di protesta. Domenica, la dirigenza della WHCA si è riunita per discutere possibili risposte, tra cui anche un’azione simbolica che prevede il ritorno ai seggi tradizionali in caso di imposizione della nuova disposizione. Alcuni membri hanno riferito che il clima resta incerto e che ogni decisione verrà presa in base all’evoluzione della situazione. Interpellato sull’ipotesi di protesta, il direttore delle comunicazioni della Casa Bianca, Steven Cheung, ha risposto con una risata pubblicata sui social. Intanto, la stessa portavoce Leavitt ha dichiarato che la sala briefing “non appartiene ai giornalisti d’élite di Washington” e che la Casa Bianca ha cercato di avviare un confronto sui cambiamenti proposti. Nel frattempo, l’associazione ha rinunciato alla partecipazione della comica Amber Ruffin alla cena annuale dei corrispondenti, dopo le critiche dell’amministrazione. Il presidente della WHCA, Eugene Daniels, ha motivato la scelta come una decisione per mantenere il focus sull’attività giornalistica e sul supporto alla nuova generazione di cronisti. Secondo alcune fonti, l’obiettivo dell’amministrazione non sarebbe quello di escludere i media tradizionali, ma di rivedere il sistema in chiave più rappresentativa del panorama attuale. Un seggio per i “nuovi media” è già stato previsto nei briefing recenti. Tuttavia, nella comunità giornalistica cresce il timore che la redistribuzione dei posti possa trasformarsi in un criterio di accesso condizionato alla linea editoriale. (In copertina, la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, parla durante una conferenza stampa alla Casa Bianca il 26 marzo. Foto di Jabin Botsford/The Washington Post)
NYT adotta l’AI in redazione, ma impone limiti d’uso

Il New York Times ha ufficialmente autorizzato l’uso dell’intelligenza artificiale nei propri processi redazionali e di sviluppo prodotto, informando lo staff con una serie di comunicazioni interne. La testata ha annunciato l’avvio di corsi di formazione AI per la redazione e il lancio di Echo, uno strumento proprietario interno, ancora in fase beta, progettato per assistere i giornalisti nel riassumere articoli, briefing e contenuti interattivi. La linea guida editoriale aggiornata, diffusa in forma scritta e video, definisce opportunità, limiti e applicazioni approvate, escludendo usi impropri o rischiosi, come la generazione autonoma di articoli completi, l’elaborazione di contenuti protetti da copyright o la violazione della riservatezza delle fonti. Secondo i documenti condivisi, l’intelligenza artificiale potrà essere utilizzata per generare titoli SEO, testi per i social media, riassunti, suggerimenti di stile, domande per interviste, analisi di documenti e immagini dagli archivi del Times, creazione di quiz, schede informative, FAQ e contenuti da newsletter. Il giornale ha incluso esempi pratici, come il riassunto di rapporti governativi o di opere teatrali, la revisione di paragrafi o la scrittura di post promozionali sui social. Tra gli strumenti autorizzati figurano GitHub Copilot per la codifica, Vertex AI di Google per lo sviluppo, NotebookLM, ChatExplorer, soluzioni AI di Amazon e l’API di OpenAI (non ChatGPT), utilizzabile solo con autorizzazione legale. Le linee guida specificano che l’AI non dovrà essere usata per scrivere articoli per intero, superare paywall, né per pubblicare immagini o video generati, salvo che ciò avvenga a scopo dimostrativo e con etichettatura chiara. Il Times avverte che l’uso scorretto di strumenti non autorizzati potrebbe compromettere il diritto a proteggere fonti e appunti giornalistici. L’adozione dell’AI è stata preceduta da una sperimentazione condotta da un gruppo pilota interno, attivo già dall’anno precedente. La mossa del Times si inserisce in un contesto delicato: l’azienda è attualmente impegnata in una causa legale contro OpenAI, accusata di aver usato i suoi contenuti per addestrare modelli senza consenso, in presunta violazione del diritto d’autore. Da parte sua, Microsoft, principale investitore di OpenAI, ha definito l’azione del giornale come un tentativo di ostacolare l’innovazione tecnologica. Il Times, pur non rilasciando commenti diretti, ha pubblicato sul proprio sito le linee guida editoriali aggiornate sull’uso dell’intelligenza artificiale. Nonostante l’entusiasmo ufficiale, tra i dipendenti permangono timori e scetticismo. Alcuni redattori, sentiti internamente, temono che gli strumenti AI possano produrre titoli e testi meno creativi o favorire una scrittura più pigra e meno accurata. La tensione si è ulteriormente acuita dopo che il CEO di Perplexity, azienda AI, aveva pubblicamente offerto di sostituire con strumenti automatici i dipendenti tecnici del Times in sciopero, suscitando reazioni negative nello staff.
ChatGPT crea immagini Ghibli: arte o violazione del diritto?

Negli ultimi giorni, una massiccia diffusione online di immagini in stile Studio Ghibli, generate con il nuovo sistema GPT-4o di ChatGPT, ha sollevato interrogativi legati al diritto d’autore. Il fenomeno, divenuto rapidamente virale, ha portato l’amministratore delegato di OpenAI, Sam Altman, a commentare ironicamente su X: “Le nostre GPU stanno fondendo”, alludendo all’elevato traffico verso i server dell’azienda. L’afflusso ha infatti causato temporanee limitazioni di utilizzo e messaggi di “over capacity”, in particolare sulla piattaforma video Sora. Le immagini, che richiamano i tratti visivi dell’animazione creata da Hayao Miyazaki, hanno generato un’ondata globale di ritratti e meme condivisi sui social. Tuttavia, né Miyazaki né Studio Ghibli si sono finora espressi pubblicamente sul fenomeno. La questione centrale riguarda la liceità dell’uso di stili artistici riconoscibili da parte dell’intelligenza artificiale. Secondo l’avvocato Evan Brown, esperto di proprietà intellettuale, lo stile visivo in sé non è protetto da copyright secondo la legislazione statunitense, rendendo legittima la generazione di contenuti “in stile Ghibli”, a meno che durante la fase di addestramento dell’IA non siano stati utilizzati materiali coperti da diritto d’autore. Il punto legale cruciale resta quindi la provenienza dei dati usati per il training dei modelli generativi. Se questi includono contenuti originali senza autorizzazione, si entra in una zona grigia giuridica, soggetta a interpretazioni e a procedimenti legali in corso, come quello intentato dal New York Times contro OpenAI. La stessa azienda ha dichiarato che ChatGPT evita di replicare “lo stile di artisti viventi”, pur consentendo la replica di stili attribuiti a studi di produzione. Nel caso dello Studio Ghibli, però, questa distinzione si complica: lo stile dello studio è fortemente identificabile con Miyazaki, tuttora vivente e attivo. La controversia riporta alla memoria le dichiarazioni dello stesso Miyazaki, risalenti al 2016, quando definì “un insulto alla vita” l’uso dell’intelligenza artificiale in animazione, dopo aver visionato una demo di movimento generato al computer. L’animatore giapponese ha da sempre difeso l’artigianalità e i valori umani del disegno a mano, fondando nel 1985 lo Studio Ghibli proprio per sfuggire alla produzione seriale e ai vincoli tecnici. Le immagini AI oggi in circolazione sono spesso usate fuori contesto, in forme grottesche o satiriche, comprese rielaborazioni da parte di soggetti politici come Fratelli d’Italia o Casa Bianca, fatto che alcuni utenti hanno giudicato irrispettoso del significato culturale originario dell’opera di Miyazaki. La controversia si intreccia così con riflessioni più ampie sull’automazione creativa e il concetto stesso di arte, alimentando un dibattito che riguarda sia l’estetica che la sostenibilità economica dei contenuti digitali in un’epoca di IA generativa.
New York Times prosegue la causa per violazione del copyright: OpenAI potrebbe pagare fino a 150mila dollari per articolo

La giudice federale Sidney Stein ha dato il via libera alla causa per violazione del copyright promossa dal New York Times contro OpenAI, creatrice di ChatGPT, e contro Microsoft. La decisione consente al quotidiano statunitense e ad altri gruppi editoriali, tra cui MediaNews Group e Tribune Publishing, di proseguire l’azione legale avviata nel dicembre 2023, che contesta l’uso non autorizzato di contenuti giornalistici per l’addestramento di sistemi di intelligenza artificiale. OpenAI e Microsoft avevano chiesto l’archiviazione del procedimento, sostenendo che l’utilizzo rientrasse nell’ambito del cosiddetto “fair use”, ma il tribunale ha rigettato la richiesta. Al centro della causa vi è l’accusa di aver impiegato articoli senza consenso né compenso, permettendo a chatbot come ChatGPT di generare testi che riprendono o riassumono informazioni pubblicate, potenzialmente sostituendo le fonti originali nelle ricerche online. Secondo i querelanti, ciò mette a rischio la sostenibilità economica del settore editoriale, già in difficoltà in un mercato digitale dominato da piattaforme tecnologiche. La giudice Stein ha annunciato che emetterà una sentenza definitiva in tempi rapidi, mentre la causa si inserisce in una cornice più ampia che vede numerose testate agire contro OpenAI per difendere i propri diritti d’autore. Intanto, OpenAI ha modificato ChatGPT per evitare la riproduzione testuale diretta degli articoli, e ha avviato accordi di licenza con alcuni editori. Tra questi ci sono News Corp (editrice del Wall Street Journal), Condé Nast (proprietaria del New Yorker) e Dotdash Meredith, che ha dichiarato ricavi annui pari a 16 milioni di dollari derivanti dall’intesa. Il New York Times, invece, ha scelto la via legale e ha già sostenuto 10,8 milioni di dollari in spese processuali nel solo 2024. Secondo la normativa vigente, ogni violazione riconosciuta del copyright potrebbe costare fino a 150 mila dollari per articolo.
“Il Foglio AI”, visita della stampa estera in redazione

Il mondo si è accorto subito. Quando Il Foglio ha deciso di affidare interamente a un’intelligenza artificiale la realizzazione di un supplemento cartaceo, la notizia ha attraversato confini, lingue e redazioni. A partire da metà marzo, la pubblicazione del primo giornale stampato realizzato senza penne umane ha suscitato attenzione in tutta la stampa internazionale. A sorprendere non è stata solo la tecnologia impiegata, ma la scelta editoriale: un quotidiano generalista, noto per l’uso della parola come esercizio di giudizio, ha scelto di sperimentare cosa succede quando il linguaggio viene generato da un software. Il progetto, pensato per durare un mese, ha acceso il dibattito su cosa significhi oggi fare giornalismo, su cosa resti della scrittura umana quando anche lo stile diventa replicabile e su quanto spazio possa trovare l’intelligenza artificiale all’interno di una redazione. Non si è trattato di un’imitazione in incognito: ogni pagina è stata esplicitamente firmata da un algoritmo, guidato da input redazionali. Proprio questa trasparenza ha alimentato l’interesse: il tentativo dichiarato di esplorare i limiti e le potenzialità della tecnologia generativa applicata al giornalismo. Il 26 marzo una quarantina di giornalisti della stampa estera in Italia hanno fatto visita alla redazione per incontrare il direttore Claudio Cerasa e scoprire la rivoluzione del Foglio AI. Le prime reazioni sono arrivate dal Regno Unito, con The Guardian, BBC e Reuters che hanno raccontato l’esperimento in chiave tecnica e culturale. Da lì la notizia si è diffusa rapidamente, alimentata anche dalle agenzie internazionali. Negli Stati Uniti se ne sono occupati New York Times, Washington Post, CNN, Politico, GizMondo, TweakTown, il sito Open Tools e il centro studi Poynter, ciascuno con un’angolatura diversa: dalla trasparenza del processo al ruolo dell’editing, fino alle implicazioni etiche e professionali. In Francia, Germania, Spagna e in decine di altri Paesi, l’esperimento è diventato un caso. Testate storiche, siti specializzati, radio e televisioni si sono chiesti cosa accade al mestiere giornalistico quando a scrivere è un’intelligenza senza corpo. Molti hanno colto l’aspetto simbolico: una redazione reale, con lettori veri, ha messo alla prova un contenuto completamente artificiale. Un gesto che, per alcuni osservatori, segna una soglia superata nel rapporto tra informazione e automazione. RASSEGNA PER PAESI Regno Unito: The Guardian ha parlato di paradosso editoriale. La BBC ha analizzato strumenti e contesto. Reuters ha riportato i fatti con taglio sobrio e informativo. Stati Uniti: New York Times ha evidenziato il valore simbolico. Washington Post ha parlato di “laboratorio italiano”. CNN, Politico, GizMondo, TweakTown, Poynter e Open Tools hanno esaminato effetti editoriali, trasparenza e impatto culturale. Francia: Le Figaro, Le Monde, HuffPost France, Bfmtv, Le Point, Radio France, AFP, RTBF e 21 News hanno trattato il tema tra riflessione editoriale e stupore per il primato italiano. Germania: Frankfurter Allgemeine Zeitung, Süddeutsche Zeitung, Der Spiegel, Heise Online hanno discusso di tecnica, cultura, responsabilità editoriale e trasformazione della redazione. Spagna: El País ha proposto un’analisi letteraria e filosofica della lettura di un contenuto senza autore umano. Brasile: Folha de S.Paulo, Notícias Favoritas, Espressa Noticias hanno commentato innovazione, impatto e criticità nel contesto latinoamericano. India: Indian Express, The Hindu e l’emittente Wion hanno dato spazio al caso, sollevando interrogativi sul futuro dei giornalisti. Colombia: Enter.co ha discusso il valore potenziale dell’AI per la sopravvivenza della carta stampata. Lussemburgo: L’Essentiel ha definito il caso una svolta per l’etica editoriale e l’innovazione. Russia: Pravda e BZNS Media hanno analizzato la capacità dell’AI di produrre contenuti analitici. Corea del Sud: l’agenzia Yonhap ha discusso processi e implicazioni per il giornalismo. Taiwan: Central News Agency ha pubblicato un articolo e un video con visita alla redazione e intervista al direttore Cerasa. Svizzera: NZZ e RSI hanno trattato il tema dell’AI nel giornalismo a partire dal caso italiano. Paesi Bassi: NOS ha raccontato la sperimentazione e sollevato interrogativi su controllo e credibilità. Danimarca: POV International e Journalisten.dk hanno discusso del rapporto tra innovazione e verifica umana. Egitto: Enterprise News ha analizzato l’impatto dell’AI nel giornalismo del Medio Oriente e Nord Africa. Slovenia: Mmc RTV Slovenija ha evidenziato le opportunità e i rischi del progetto. Turchia: Bizsiziz e Yeniçağ Gazetesi hanno spiegato l’iniziativa e riportato opinioni di esperti internazionali. Messico: Tv Azteca Yucatán ha descritto l’originalità e gli obiettivi dichiarati dell’esperimento. (nelle foto, il Direttore Claudio Cerasa con i colleghi della stampa estera, il 26 marzo. Credits: Il Foglio)
Philadelphia Inquirer chiude il Community and Engagement Desk. Metà dei licenziati sono persone di colore

Il Philadelphia Inquirer ha recentemente annunciato la chiusura del suo Community and Engagement Desk, una redazione istituita nel 2020 con l’obiettivo di migliorare la copertura delle comunità emarginate della città. Questa mossa fa parte di una serie di licenziamenti che hanno coinvolto otto membri dello staff editoriale, quattro dei quali persone di colore. Il Community and Engagement Desk è stato istituito nel 2020 con l’obiettivo di rafforzare la copertura giornalistica delle comunità tradizionalmente poco rappresentate dal Philadelphia Inquirer. Nato all’interno di un più ampio impegno verso la diversità e l’inclusione, il desk operava in modo autonomo rispetto alla redazione centrale, focalizzandosi su temi e storie riguardanti cittadini afroamericani, ispanici, LGBTQ+ e persone con disabilità. Il progetto intendeva colmare lacune storiche nella rappresentazione mediatica di questi gruppi. La composizione demografica di Philadelphia include circa il 40% di persone afroamericane e il 16% di origine ispanica. In questo contesto, l’iniziativa mirava a offrire una copertura più completa e sensibile delle istanze provenienti da segmenti sociali spesso trascurati. L’editrice e CEO Lisa Hughes ha informato lo staff della decisione tramite una nota inviata venerdì 21 marzo 2025, nella quale ha spiegato che l’azienda aveva identificato, già a gennaio, dieci posizioni da eliminare, di cui otto nella redazione. Tuttavia, non ha menzionato specificamente il Community and Engagement Desk. La chiusura del desk ha alimentato dubbi sull’effettivo impegno del Philadelphia Inquirer nei confronti delle politiche di diversità, equità e inclusione (DEI). Il sindacato NewsGuild of Greater Philadelphia ha parlato di una “perdita di fiducia” nella dirigenza, ricordando che il provvedimento segue un precedente taglio al personale avvenuto nel maggio 2023. Il Community and Engagement Desk era stato istituito nel contesto delle proteste legate al movimento Black Lives Matter e rappresentava una delle risposte del giornale alle richieste di una copertura più ampia e inclusiva. La sua soppressione avviene mentre, a livello nazionale, diverse organizzazioni giornalistiche stanno rivedendo le proprie strategie e strutture legate ai programmi DEI. La notizia ha attirato l’attenzione di osservatori del settore, in un momento in cui molte redazioni stanno modificando o riconsiderando il proprio approccio alla copertura delle comunità sottorappresentate. (Photo: William Thomas Cain/Getty Images)
A New York il 28/3 il via al lab AI per redazioni: selezionati 23 da 12 paesi

Il 28 marzo 2025 prenderà il via a New York l’AI Journalism Lab: Adoption Cohort, un programma internazionale promosso dall’AI Journalism Labs della Craig Newmark Graduate School of Journalism presso la CUNY, in collaborazione con Microsoft. La nuova coorte è composta da 23 professionisti del giornalismo provenienti da 12 paesi – tra cui Canada, Colombia, Etiopia, Indonesia, Nigeria, Filippine, Porto Rico, Romania, Turchia, Stati Uniti e Uruguay – selezionati per partecipare a un percorso formativo sulla adozione dell’intelligenza artificiale nelle redazioni. Il laboratorio, della durata di oltre tre mesi, si svolgerà virtualmente fino al 2 luglio 2025, ad eccezione dell’incontro inaugurale che si terrà in presenza alla Newmark J-School il 28 e 29 marzo. L’obiettivo è fornire ai partecipanti competenze e strumenti per implementare pratiche basate su intelligenza artificiale nei flussi di lavoro giornalistici. Secondo quanto dichiarato da Marie Gilot, direttore esecutivo di J+, i partecipanti sono già coinvolti attivamente nell’uso dell’AI nel giornalismo e il programma mira a rafforzarne le capacità in termini di leadership, innovazione e sicurezza nell’introduzione di nuove tecnologie. I profili selezionati comprendono giornalisti, produttori, reporter e manager, con esperienze che vanno dal giornalismo locale e internazionale alla gestione prodotti, dal coinvolgimento del pubblico alla narrazione basata sui dati. Noreen Gillespie, Journalism Director per Microsoft, ha sottolineato che l’intelligenza artificiale rappresenta un’opportunità strategica per le redazioni, ma che il processo di adozione può risultare complesso. Il programma è stato progettato per aiutare i partecipanti a integrare in modo efficace l’AI nel giornalismo, con particolare attenzione all’impatto sulle comunità servite. (Credits photo)