Foto fake di al-Sharif con Sinwar, il post di Brunori (Rai) divide e scatena proteste

L’11 agosto, dopo l’uccisione del giornalista di Al Jazeera, Anas al-Sharif, alcuni utenti su social media hanno condiviso una foto in cui appare insieme a Yahya Sinwar, leader di Hamas assassinato nel 2024. Il post, rilanciato anche dal giornalista Rai Giovan Battista Brunori, è stato accusato di essere un fotomontaggio e non è stato verificato da fonti indipendenti. L’IDF ha usato queste immagini per sostenere la sua tesi: secondo l’esercito, al-Sharif era legato a una cellula terroristica, mascherato da giornalista. Al Jazeera ha respinto queste affermazioni, dichiarando che si tratta di una diffamazione, con prove presumibilmente costruite per giustificare l’attacco. Al momento, nessuna verifica indipendente conferma l’autenticità delle immagini. Le reazioni non si sono fatte attendere. Roberto Natale, membro del Cda Rai, ha definito il post “un megafono della propaganda israeliana”, mentre il Movimento 5 Stelle ha parlato di “complicità con un criminale di guerra” riferendosi al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Sui social media, numerosi utenti hanno accusato Brunori di alimentare una narrazione parziale, chiedendo un “repulisti” all’interno dell’emittente pubblica per garantire imparzialità e rispetto dei principi del giornalismo. Nel frattempo, l’Idf ha ribadito di avere “documenti inequivocabili” che proverebbero il coinvolgimento di al-Sharif in una cellula terroristica responsabile di attacchi missilistici. Nessuna indagine indipendente o organizzazione per i diritti umani ha finora confermato tali affermazioni. L’Euro-Med Human Rights Monitor ha denunciato la mancanza di prove concrete, mentre Irene Khan, relatrice speciale dell’ONU sulla libertà di espressione, ha espresso preoccupazione per le accuse e le minacce contro i giornalisti di Gaza, ribadendo la necessità di proteggere la libertà di stampa anche in contesti di conflitto.
Gaza, raid israeliano uccide sei reporter di Al Jazeera. IFJ: “Colpire i giornalisti è crimine di guerra”

Il 10 agosto 2025, un raid aereo israeliano ha ucciso sei giornalisti palestinesi dell’emittente Al Jazeera a Gaza City, mentre si trovavano in una tenda all’esterno dell’ospedale Al-Shifa. Le vittime sono il giornalista Anas Al-Sharif, 28 anni, il corrispondente Mohammed Qreiqeh, i cameraman Ibrahim Zaher e Mohammed Noufal, il producer Moamen Aliwa e, l’11 agosto, il fotoreporter freelance Mohammed Al-Khaldi, morto per le ferite riportate. L’esercito israeliano (Idf) ha rivendicato l’operazione, dichiarando che l’obiettivo principale era Al-Sharif, accusato di far parte di Hamas e di guidare una “cellula terroristica” responsabile di attacchi missilistici. L’emittente e il giornalista avevano sempre negato le accuse, sostenendo che le prove presentate da Israele fossero “fabbricate”. Il Committee to Protect Journalists (Cpj) ha ricordato che Al-Sharif era da tempo nel mirino delle autorità israeliane e che, nelle ultime settimane, era stato al centro di una campagna diffamatoria. Il reporter aveva documentato la crisi alimentare nella Striscia, mostrando in video le conseguenze della fame sulla popolazione e raccontando di non avere più le forze per lavorare. “Se queste parole vi giungono, sappiate che Israele è riuscito a uccidermi e a mettere a tacere la mia voce. Vi affido la Palestina, il gioiello della corona del mondo musulmano, il battito cardiaco di ogni persona libera in questo mondo. Vi affido il suo popolo, i suoi bambini innocenti e oppressi che non hanno mai avuto il tempo di sognare o di vivere in sicurezza e pace”. I funerali si sono svolti a Gaza City il giorno successivo: i corpi, avvolti in giubbotti con la scritta “Press”, sono stati portati in processione prima della sepoltura. L’Al Jazeera Media Network ha definito l’attacco “un tentativo disperato di silenziare le voci di Gaza prima della sua occupazione”. Il direttore di Al Jazeera English, Salah Negm, ha dichiarato alla BBC che “non sorprende” l’accusa israeliana, ma che “non hanno provato nulla” e che è “ridicolo” continuare a chiamare “terroristi” i giornalisti di Gaza. La Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) e il Sindacato dei Giornalisti Palestinesi (PJS) hanno condannato l’uccisione come “un crimine di guerra” e chiesto una convenzione internazionale vincolante per la protezione dei reporter. “Dopo una campagna diffamatoria contro i giornalisti di Gaza, Israele ha ucciso cinque membri dello staff di Al Jazeera”, ha affermato il segretario generale dell’IFJ Anthony Bellanger, invitando alla responsabilità davanti alla Corte Penale Internazionale. La Fnsi ha chiesto prove pubbliche e credibili a sostegno delle accuse contro Al-Sharif, sottolineando che “in assenza di prove, si tratterebbe di una confessione di una violazione di un diritto umano: la libertà di stampa”. Stampa Romana ha parlato di “mattanza” di giornalisti palestinesi, ricordando che oltre 230 operatori dell’informazione sono stati uccisi a Gaza dall’ottobre 2023. Secondo l’ONU, l’uccisione mirata di giornalisti è una “grave violazione del diritto internazionale umanitario”. Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha definito “inaccettabili” gli attacchi ai reporter. (In copertina, Anas al-Sharif)