Il nuovo Codice: regole aggiornate dal giugno 2025

Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha approvato all’unanimità il nuovo Codice deontologico delle giornaliste e dei giornalisti, che andrà a sostituire l’attuale Testo Unico dei doveri del giornalista. Questo nuovo documento rappresenta il frutto di un lavoro complesso e condiviso con enti, sindacati e associazioni che hanno collaborato con l’Ordine nel corso degli anni. Il nuovo Codice deontologico, che entrerà in vigore il 1° giugno 2025, è stato sviluppato grazie al lavoro della commissione giuridica presieduta da Enrico Romagnoli. Il processo ha richiesto un lungo periodo di confronto con enti e istituzioni di riferimento. Il risultato è un documento sintetico e molto più agile, che raccoglie e semplifica le regole essenziali che i giornalisti dovranno rispettare. Questo aggiornamento rappresenta una vera e propria innovazione nel quadro storico della deontologia giornalistica. Tra le principali novità introdotte dal nuovo Codice figurano le regole relative all’uso dell’Intelligenza artificiale, tema sempre più attuale e rilevante nel mondo della comunicazione. Questo passo avanti permette di disciplinare l’uso delle tecnologie emergenti, assicurando un approccio responsabile e corretto nei confronti dell’informazione e dei cittadini. Le carte deontologiche già esistenti, che hanno storicamente delineato i principi etici della professione, continueranno a fungere da cornice al nuovo Codice, offrendo approfondimenti utili per l’operato quotidiano dei giornalisti. Fino al 31 maggio 2025 resterà in vigore l’attuale Testo unico della deontologia. Il nuovo Codice entrerà in vigore il 1° giugno 2025, dando così tempo ai professionisti dell’informazione di adeguarsi alle nuove regole.
Menzioni di guerra nei TG: TgCom24 in testa con 990

Mentre il Natale si avvicina, la pace sembra lontana dal panorama globale. Secondo il monitoraggio di Mediamonitor.it, piattaforma basata sulle tecnologie di Cedat 85, negli ultimi 30 giorni il termine “guerra” è stato citato 13.839 volte su radio e tv italiane, una media di una citazione ogni 3 minuti. L’analisi copre il periodo tra il 9 novembre e il 9 dicembre. Israele-Palestina e Ucraina dominano l’informazione I conflitti principali che catturano l’attenzione dei media italiani restano la guerra tra Russia e Ucraina e il conflitto in Palestina. La guerra in Ucraina, scoppiata quasi tre anni fa, ha ottenuto 4.374 citazioni, superando di poco il conflitto israelo-palestinese con 4.028 menzioni. Nonostante l’impegno di Joe Biden nel sostenere la difesa di Kiev, autorizzando anche la fornitura di mine antiuomo, il presidente americano ha totalizzato solo 563 citazioni. Molto più presente sui media è il rivale Donald Trump: con 1.521 menzioni, il tycoon supera non solo Biden, ma anche Volodymyr Zelensky (713) e il leader israeliano Benjamin Netanyahu (934). Al centro del dibattito c’è anche Vladimir Putin, citato 1.303 volte. Focus sulla Siria: 3.085 citazioni dopo Aleppo Dal 27 novembre, giorno in cui il gruppo islamista al-Sham ha preso il controllo di Aleppo, il conflitto siriano ha attirato maggiore attenzione. Mediamonitor.it ha registrato 3.085 citazioni per la guerra civile in Siria, contro le 1.717 relative alla guerra in Ucraina nello stesso periodo. I media italiani si sono concentrati su Bashar al-Assad (2.332 menzioni), sulla caduta di Damasco in mano ai jihadisti tra il 7 e l’8 dicembre (2.202 citazioni) e sulla città di Aleppo, epicentro della nuova offensiva ribelle (1.708 menzioni). Allnews: TgCom24 al primo posto per copertura Analizzando i canali allnews come TgCom24, RaiNews24 e SkyTg24, emerge una copertura intensa dei conflitti. TgCom24 è il più attivo con 990 citazioni, seguito da RaiNews24 (947) e SkyTg24 (936). Tuttavia, RaiNews24 si distingue per aver dedicato maggiore spazio a: Israele-Palestina: 653 citazioni (contro 509 di SkyTg24 e 442 di TgCom24). Russia-Ucraina: 591 menzioni (contro 553 e 477). Siria: 304 citazioni (contro 296 e 285).
IFJ: 104 giornalisti uccisi e 520 incarcerati nel 2024

In occasione della Giornata internazionale dei diritti umani, la Federazione internazionale dei giornalisti (IFJ) ha lanciato un allarme globale: la situazione dei giornalisti resta drammatica. Nonostante un lieve calo dei morti rispetto al 2023, oltre 100 operatori dei media hanno perso la vita nel 2024, mentre cresce vertiginosamente il numero di giornalisti incarcerati. Secondo i dati diffusi dall’IFJ, aggiornati al 10 dicembre, sono 104 i reporter uccisi dall’inizio dell’anno. Sebbene inferiore rispetto ai 129 decessi registrati nel 2023, il bilancio resta tragico. Il segretario generale dell’IFJ, Anthony Bellanger, ha descritto il 2024 come “un anno particolarmente mortale“, puntando il dito contro il conflitto in Palestina, dove hanno perso la vita 55 giornalisti palestinesi. “Dal 7 ottobre 2023, il numero di professionisti dei media palestinesi uccisi ha raggiunto quota 138, rendendo la regione una delle più pericolose nella storia del giornalismo moderno“, ha dichiarato Bellanger. Aree più pericolose per i giornalisti Oltre al Medio Oriente, altre regioni emergono come luoghi ad alto rischio per i giornalisti. L’area Asia-Pacifico si colloca al secondo posto con 20 morti, distribuiti tra Pakistan (6), Bangladesh (5), India (3) e Myanmar/Birmania (3). Indonesia e Kazakistan registrano un decesso ciascuno. In Europa, la guerra in Ucraina ha provocato 4 morti nel 2024, un numero stabile rispetto all’anno precedente ma drasticamente ridotto rispetto ai 13 decessi del 2022. L’Africa conta 8 giornalisti uccisi: il Sudan spicca con 5 morti, seguito da Somalia (2) e Ciad (1). Nonostante un lieve calo, la situazione resta critica. Anche in America Latina si registra una diminuzione. Da regione altamente pericolosa prima della guerra a Gaza, nel 2024 si segnalano 6 decessi, invariati rispetto al 2023 ma significativamente inferiori ai 30 del 2022. Tra le vittime si contano 5 giornalisti messicani e 1 colombiano. Il record negativo dei giornalisti incarcerati Accanto ai dati sulle morti, l’IFJ evidenzia un dato altrettanto allarmante: il numero di giornalisti incarcerati nel mondo ha raggiunto livelli record. Al 10 dicembre 2024, sono 520 i professionisti dei media detenuti, contro i 427 del 2023 e i 375 del 2022. La Cina, inclusa Hong Kong, si conferma “la più grande prigione al mondo per giornalisti”, con 135 detenuti. Questo dato sottolinea le sfide enormi che la libertà di stampa affronta in un contesto globale segnato dall’ascesa di regimi autoritari. Appello dell’IFJ per una maggiore protezione Durante la celebrazione della Giornata internazionale dei diritti umani, l’IFJ ha ribadito la necessità di misure concrete per proteggere i giornalisti. “Queste cifre dimostrano quanto sia fragile la libertà di stampa“, ha affermato Anthony Bellanger, sollecitando le Nazioni Unite ad adottare una convenzione vincolante sulla sicurezza dei giornalisti. La richiesta è chiara: garantire protezione e giustizia per chi rischia la vita per informare il pubblico.