La Rai presenta “Newsroom” di Monica Maggioni

Newsroom Rai Replay

Dal 26 giugno, Raiplay ospiterà un nuovo programma ideato e condotto da Monica Maggioni: “Newsroom”. La docuserie, composta da quattro episodi di mezz’ora per ogni tema trattato, verrà trasmessa in prima serata su Rai 3 a partire dal 17 luglio. Un progetto che punta a indagare la complessità della realtà contemporanea attraverso l’analisi approfondita e il reportage. “Newsroom” rappresenta un percorso di approfondimento giornalistico che prende vita all’interno di una redazione. Qui, un team di giornalisti si pone domande, avvia inchieste e analizza le attualità per rispondere ai quesiti di una società multiforme, spesso raccontata in modo superficiale. Secondo una nota della Rai, il programma includerà reportage, analisi dei dati, testimonianze dei protagonisti e interventi di esperti, combinando grandi interviste con i racconti degli inviati presenti in numerosi paesi del mondo. Una delle peculiarità di “Newsroom” è l’obiettivo di creare un legame tra l’audience generalista e quella digitale, partendo dalla pubblicazione sulla piattaforma di streaming video della Rai. Realizzato in collaborazione con la Direzione Approfondimento e la Direzione Contenuti Digitali e Transmediali, il programma mira a innovare il modo di fare informazione, rendendola accessibile a un pubblico più ampio e diversificato. Le prime tre serie di “Newsroom”, disponibili su Raiplay il 26 giugno, il 3 e il 10 luglio, esploreranno il mondo del fast fashion, analizzandone gli impatti sociali, ambientali ed economici. Successivamente, le telecamere del programma si sposteranno sull’isola di Haiti, un tempo paradiso turistico ora devastato da crisi e violenze, e nell’Artico, una regione incontaminata che è diventata una zona di confronto armato tra Russia e NATO. Il fenomeno del fast fashion sarà il primo argomento trattato da “Newsroom”. Ogni anno nel mondo si producono 150 miliardi di nuovi capi di abbigliamento, venduti a prezzi stracciati e di qualità sempre più scadente. Questi indumenti vengono indossati poche volte prima di essere abbandonati e smaltiti. Ma dove finiscono questi vestiti? “Newsroom” seguirà le rotte di questi capi fino al Ghana, dove inquinano le spiagge e l’oceano, e al deserto di Atacama in Cile, trasformati in immense discariche a cielo aperto. Dietro ogni maglietta venduta a pochi euro non si cela solo l’inquinamento, ma anche lo sfruttamento di manodopera a basso costo e un enorme volume di affari controllato dalla criminalità organizzata.

Evan Gershkovich (WSJ) in tribunale per il processo

Evan Gershkovich processo

Nell’ombra di tribunali chiusi e corti regolari si svolge un dramma silenzioso, un’offerta di scambio diplomatico travestita da processo giudiziario. Evan Gershkovich, corrispondente del Wall Street Journal, è diventato il fulcro di un’escalation internazionale tra Russia e Stati Uniti, intrappolato in un labirinto di accuse di spionaggio. Arrestato il 29 marzo 2023 mentre raccoglieva informazioni sui legami tra la Brigata Wagner e l’industria bellica russa, Gershkovich è stato trasferito in una prigione di massima sicurezza a Mosca. Le accuse, lanciate dall’FSB russo, lo dipingono come una pedina della CIA, operante sotto il velo della cospirazione per sottrarre segreti militari russi. Il processo, avviato con porte chiuse presso la Corte regionale Sverdlovskij di Ekaterinburg, segna un punto di non ritorno nelle relazioni internazionali. Né familiari, né rappresentanti consolari americani possono assistere agli atti giudiziari; solo il giudice, il procuratore, l’imputato e i suoi legali sono presenti. È un rituale noto in Russia per casi di presunto spionaggio, dove il velo di segretezza alimenta speculazioni e teorie sulle motivazioni politiche nascoste dietro ai procedimenti legali. Per Gershkovich, nato a New York da genitori russi, il giornalismo è stato un viaggio per esplorare le radici familiari e narrare le sfumature della società russa. Dal Moscow Times al Wall Street Journal, ha documentato crisi e cambiamenti in un paese complesso e contraddittorio, fino a trovarsi al centro di un confronto geopolitico. La sua detenzione non è solo un colpo per la libertà di stampa, ma anche un pezzo pregiato nel “fondo di scambio” russo. Mosca ha ripetutamente suggerito uno scambio con cittadini russi detenuti all’estero, cercando di negoziare il rilascio di Gershkovich come parte di un accordo più ampio. Un’offerta che riflette il cinismo e la strategia di Putin nel coltivare le relazioni internazionali, non più basate su principi morali, ma su calcoli politici e interessi di stato. Mentre il processo avanza, la famiglia di Gershkovich e il Wall Street Journal denunciano le accuse come montature, ribadendo che il giornalismo non può essere criminalizzato. Tuttavia, il destino di Gershkovich rimane incerto, legato a un gioco diplomatico in cui le vite umane sono moneta di scambio. E mentre il mondo osserva, l’America è chiamata a pagare un prezzo alto per riavere il suo cittadino – un prezzo misurato non solo in anni di detenzione, ma anche nel compromesso dei suoi valori fondamentali.